31 marzo 2023

Figlia della cenere di Ilaria Tuti a cura di Miriam Ballerini


FIGLIA DELLA CENERE
Eri polvere, ma la sofferenza è diventata fuoco – Di Ilaria Tuti

© 2021 Longanesi

ISBN 978-88-304-5156-8 € 18,60 Pag. 366

Un thriller che mi ha rapita, per la trama, la scrittura, l'abilità della scrittrice di intessere frasi che colpiscono. Già lo notate da questa frase che tratteggia la vita di Teresa, il commissario che sta seguendo questa indagine: “ La sua vita era nel punto esatto in cui l'ottovolante termina cigolando la salita e pare sospeso sul vuoto per attimi di terrore, prima di lanciarsi in una discesa folle”.

Vi propongo come ulteriore esempio il confronto che riesce a porci, paragonando l'indagine sulle ossa disseminate da un serial killer e la gravidanza di Teresa: “Scrivere d'ossa strappate quando altre prendevano forma e iniziavano a ruotare nel buio del suo corpo”.

Potrei aggiungere tantissimi altri esempi come questi. Tutto ciò fa, di Tuti, una Scrittrice con la esse maiuscola.

Il libro è suddiviso in capitoli che si alternano: 27 anni prima – oggi. Troviamo una Teresa giovane, appassionata di criminologia, che si informa e cerca di capire a fondo cosa accada nella mente di un serial killer. Un omicida che sta uccidendo uomini anziani, levando e portando via come souvenir dei frammenti di osso.

Si nota la ricerca che la scrittrice ha seguito, perché le informazioni, le indagini, gli aspetti psicologici sono tracciati in modo ineccepibile.

Ho adorato i messaggi positivi, che insegnano, inseriti fra le pagine: “Il carcere era un labirinto in cui la mente poteva smarrirsi, restare impigliata negli angoli acuti di rette intersecanti centinaia di esistenze costrette là dentro... Non era pena rieducativa, ma castigo, e varcarne la soglia significava accettarne l'ombra sulla propria, respirarne l'odore metallico, ferino, maschile. Significava accettare, per un momento, di farsi rinchiudere”.

Quindi, ritroviamo Teresa adulta, ferita fisicamente da una recente indagine che fa riferimento a un libro precedente questo; e che sta andando incontro a una patologia devastante, l'Alzheimer.

Accompagnata dalla sua squadra, soprattutto dall'ispettore Marini, col quale ha un rapporto particolare: “La teneva e l'aveva cara, le voleva bene e la detestava. Ne riceveva forza e voleva essere il suo sostegno”.

Il suo ultimo caso la riporta prepotentemente indietro di ventisette anni, alla cattura di quel famoso serial killer che lei, in tutti quegli anni, non ha mai abbandonato, continuando ad andare a trovarlo in carcere.

Lei che ha continuato a studiare la mentalità di quegli omicidi, comprendendo che dietro ogni assassino vi è un bambino che è stato abusato, maltrattato, schiacciato.

Il serial killer la chiama a sé e lei non può fare altro che incontrarlo ancora e cercare di capire cosa sta accadendo. Pare ci sia un mandante che lo ha costretto a uccidere ancora.

Teresa è una donna forte, circondata da uomini prepotenti: un marito violento che l'ha picchiata fino a farle perdere il bambino che aspettava. Il serial killer col quale instaura un rapporto particolare, tutto da comprendere. I colleghi, i loro soprusi, le battute spiacevoli del questore Lona...

Ci si affeziona a Teresa, proprio come le si è affezionato Marini che non vuole abbandonarla, o meglio, non vuole essere abbandonato da lei.

Eri polvere, ma la sofferenza è diventata fuoco. Ti ha resa incandescente. E dalla cenere della tua vita precedente sei rinata”.

L'unico particolare che mi ha disturbato, ma è un parere assolutamente personale e opinabile, sono dei riferimenti didattici, inseriti nel testo che riguardano “il passato di Aquileia sulle tracce del culto isiaco in dissolvimento, degli albori del cristianesimo”.

Mi hanno ricordato Manzoni e la parte riguardante la peste inserita nei Promessi sposi.

Avrei evitato, perché spezzano la trama. Se qualcuno dovesse incuriosirsi a dei particolari sapientemente inseriti e narrati dalla Tuti, potrebbe essere spinto a una ricerca personale, senza che questa sia per forza presente nel romanzo.

Il finale non ha una fine, forse ci sarà un seguito? Perché abbiamo solo un dubbio su chi possa essere il mandante, non la certezza.



© Miriam Ballerini


Fonte: https://oubliettemagazine.com/2023/02/15/figlia-della-cenere-di-ilaria-tuti-lanciarsi-in-una-discesa-folle/


28 marzo 2023

La strada per le stelle di Carlo Zanzi a cura di Vincenzo Capodiferro


LA STRADA PER LE STELLE

Una storia d’amore sentita e sofferta, di Carlo Zanzi


La strada per le stelle” è un romanzo di Carlo Zanzi, pubblicato da Robin, Torino 2022. Carlo Zanzi è docente in pensione e giornalista pubblicista dal 1993. Ha collaborato con “La Prealpina” ed altre testate. Ha pubblicato tante opere di poesia e prosa, tra l’altro per la Robin il romanzo “Sassolungo”. Come si legge nella descrizione: «è una storia d’amore. È la storia di Anna e Marco, lei di Goito (Mantova), lui di Castelleone (Cremona). Gente di pianura (lei psicologa, lui giornalista), la narrazione si svolge trai luoghi di origine dei protagonisti, Milano e la Val Gardena, dove non poche pagine sono ambientate durante una settimana bianca sulle Dolomiti». Carlo Zanzi è uno scrittore sensibile ed attento alle esigenze della vita, ai profondi dilemmi che assillano l’uomo dalle origini. Le domande più forti sono sempre il senso della vita e Dio, che non manca mai nelle sue riflessioni. La sensibilità di Zanzi la si può gustare nelle lunghe descrizioni naturalistiche a partire dal “Prologo”: «Quando gli orizzonti sono pianeggianti lo sguardo si affina nella ricerca dei dettagli: un albero che si staglia prepotente, un canale che divide un campo, i frutteti che creano geometrie, la squadriglia simmetrica dei pioppi, i pizzo della galaverna, i fiori che spuntano dagli scarti meno nobili …». Si legge quell’amore compassionato della Natura, che, come diceva Schelling, è Spirito visibile, mentre lo Spirito è Natura invisibile. Lo Zanzi è un camminatore attento di heideggeriani “Sentieri interrotti”. È il cantore della Natura, madre sofferente, bisognosa del quarto imperativo categorico di Jonas. Il romanzo racconta l’amore e si staglia in pianura: non è un caso! Essere in pianura non è come essere in montagna, o in riva al mare. La pianura, come il mare, ci apre l’orizzonte: è come il mondo heideggeriano che si contrappone alla terra, chiusa, coprente. La montagna è l’ermo colle di Leopardi, che apre il guardo dell’immaginazione all’Infinito. La montagna è il poggio del “Viandante sul mare di nebbia” di Friedrich, il romantico disperso dinanzi al mistero dell’Infinito. Diverso è guardare dal piano e dal colle. Dal colle lo sguardo è sintetico, via via scendendo si bada di più ai dettagli. Diventa più analitico, calcolatore. In questa storia d’amore si avverte la lotta tra ragione analitica e sintetica, quella gestaltica, per cui “il tutto è più della somma delle parti”. È lotta tra mente e cuore, tra nietzschiani Dioniso e Apollo, Volontà e Rappresentazione, Io ed Es. Il rapporto d’amore non è facile, va costruito, in una società sempre di più baumanianamente liquida, dove impera l’amore liquido, disinteressato, promiscuo ad amicizia, poco impegnativo: «La vita è troppo breve, troppo ingiusta per essere accettabile. È come trovarsi davanti ad una tavola imbandita con ogni ben di Dio – e sarebbe il nostro desiderio di infinito – ed essere costretti ad accontentarsi delle briciole cadute a terra. Fate la vostra scelta. Io, a fatica, la rinnovo ogni giorno». Il romanzo di Zanzi è testimonianza di un amore vero, solido, non liquido, controcorrente, tutto fondato sulla sincerità: «La sincerità fino alla violenza. La sincerità assoluta, disposta a perdere chi avrebbe dovuto seguirla su quella strada. Basta silenzi, allusioni, attese, mezze parole, sotterfugi e falsità per un bene più grande. Basta. Per questo, guardando negli occhi di Marco, Anna decise che avrebbe cominciato proprio con lui». È come il guardare di Dante attraverso gli occhi di Beatrice, il guardare l’Assoluto, anticipando in terra la celeste visione beatifica. Carlo Zanzi è un autore fine, sensibile, pessimista, attento al grande tema esistenziale della morte, l’essere per la morte, che affonda le sue radici nell’”Apparecchio” alfonsiano.


Vincenzo Capodiferro

27 marzo 2023

William P. Young – Il rifugio – a cura di Marcello Sgarbi

 


William P. Young Il rifugio – (Rizzoli)

Collana: Rizzoli best

Pagine: 335

ISBN: 8817027901

Se avete letto “Amabili resti” di Alice Sebald, credo che questo romanzo non vi dispiacerà. Il protagonista è Mack Phillips, straziato dalla disperazione perché la figlia Missy è morta per mano di un maniaco.

Un giorno, nella sua cassetta postale trova un biglietto firmato Pa, nomignolo con cui la moglie di Mack si rivolge a Dio. Pa lo invita a recarsi "al rifugio", il luogo dove proprio un anno prima è stata trovata l’ultima traccia di sua figlia: un vestito macchiato di sangue.

Lo strazio di Mack ha segnato una sostanza tra lui e Dio, ma nonostante tutto in un pomeriggio invernale raggiunge “il rifugio”. L'incontro con l'autore del biglietto riuscirà a cambiare per sempre la sua vita e a restituirgli la capacità di amare. Un romanzo coraggioso, che cerca di dare una risposta alle grandi domande sull’esistenza.

Nulla ci rende soli come i nostri segreti”.

(Paul Tournier)

La tristezza è come un muro tra due giardini”.

(Kahlil Gibran)

Ci sono momenti in cui decidiamo di credere in cose che normalmente considereremmo del tutto irrazionali. Non significa che lo siano davvero, ma di certo non le giudichiamo razionali. Forse esiste una superrazionalità: una ragione al di là delle consuete definizioni di fatti o di logica basate su dati; qualcosa che ha un senso solo se si riesce a vedere un’immagine più globale della realtà. Forse è qui che entra in gioco la fede”.

Ricorda questo: gli umani non sono definiti dalle loro limitazioni, ma dai piani che io ho per loro; non da ciò che sembrano essere, ma da tutto ciò che significa essere creati a mia immagine”.

Gli esseri umani sono così smarriti e corrotti che per voi è quasi inconcepibile che la gente possa lavorare in armonia senza che qualcuno assuma il comando della comunità”.

Non è il lavoro, ma lo scopo che lo rende speciale”.


© Marcello Sgarbi


26 marzo 2023

Il geniale provocatore Salvador Dalí in mostra alla Palazzina di Caccia di Stupinigi A cura di Marco Salvario

Il geniale provocatore Salvador Dalí in mostra alla Palazzina di Caccia di Stupinigi

A cura di Marco Salvario

Ogni mattina, al risveglio, provo un piacere supremo, il piacere di essere Salvador Dalí.”

Io la mattina, al risveglio, mi trascino in bagno davanti allo specchio, cerco di mettere a fuoco la mia immagine spettinata e provo un mal trattenuto desiderio di sputarmi in un occhio. In verità, non credo che l'affermazione di Dalí sia sincera, la ritengo una delle tante provocazioni da lui escogitate per aggiungere al suo mito, abilmente costruito e alimentato, un tocco in più di superiorità. Eppure, devo riconoscerlo, è una frase che denota il carisma di una personalità eccezionale e che lascia intimiditi.



Artista celebrato in tutto il mondo, Salvador Dalí nasce a Figueres in Catalogna nel 1904 e muore nella stessa città nel 1989. Figueres lo ricorda con un museo frequentatissimo, creato dallo stesso artista, dov'è stata costruita la cripta sotterranea che accoglie i suoi resti mortali.

Personaggio sopra le righe già da diciottenne, viene espulso prima di finire gli esami dall'accademia di belle arti di Madrid, per avere asserito che nessuno dei docenti aveva sufficienti qualità per poterlo giudicare.

Dadaista e successivamente surrealista, ha saputo assorbire nelle sue opere la bellezza e l'armonia dei grandi artisti classici. Escluso dal movimento surrealista per non avere preso posizione contro l'ideologia fascista, anzi il suo atteggiamento verso il franchismo è stato spesso di palese approvazione, continua un proprio percorso personale che chiama, con la consueta immodestia, “dalinismo”. Il suo credo politico e religioso è un continuo oscillare tra le tendenze più diverse, cercando ovunque elementi estremi e rivoluzionari; egli stesso si è definito al medesimo tempo anarchico e monarchico, lodando istituzioni come la Santa Inquisizione spagnola.

Amato fino al fanatismo dai suoi sostenitori e attaccato con durezza estrema dagli oppositori, Dalí ha lasciato un'impronta di sé profonda, forse superiore al genio innegabile delle sue opere.



Dal 12 novembre 2022 al 19 febbraio 2023, la Palazzina di Caccia di Stupinigi, una delle splendide residenze dei Savoia, dichiarata nel 1997 patrimonio dell'umanità dall'Unesco (Residences of the Royal House of Savoy - UNESCO World Heritage Centre ), ha ospitato “Salvador Dalí. The Exhibition.” Si tratta di una mostra che potrebbe essere intitolata “L'altro Dalí”, perché non presenta nessuno degli oltre 1.500 dipinti che hanno dato gloria all'artista spagnolo, bensì sculture, illustrazioni di libri, oggetti in pasta di vetro, incisioni, litografie, filmati.



Sono le sculture in bronzo, realizzate con l'antica tecnica a cera persa, l'elemento più interessante, dove troviamo temi carissimi all'artista. Non ho potuto non soffermarmi a lungo davanti alle due opere “Danza del tempo II” e “Nobiltà del tempo”, dove compare “l'orologio molle”, uno dei temi più intensamente sentiti ed elaborati da Dalí. Il tempo così rigido, implacabile, esatto, si distorce, perde ogni valore assoluto, scivola in dimensioni fantastiche, si arresta; non è più un valore condiviso, ma una sensazione personale e relativa. L'attimo e l'eternità coincidono.

Nella prima scultura, realizzata nel 1979, l'orologio, uno di quei pesanti orologi da taschino che si portavano in passato, sembra avvolgersi con una lenta danza al tronco della pianta arida che lo sostiene. Tanto duro e immobile è il tronco, altrettanto fluido e lieve è lo scorrere dell'orologio.

Nella seconda scultura di due anni precedente, l'albero è più grande, ha foglie sul tronco e l'orologio sembra afflosciarsi verso le radici, come un corpo crocifisso e morente. Ai lati dell'albero, uno per lato, un angelo seduto in sofferta meditazione e una donna nuda, che sta per drappeggiarsi sul corpo un lungo e stretto tessuto. Sull'orologio una corona riconosce la nobiltà del tempo, pur nel momento in cui il suo dominio sembra arrestarsi come le lunghe lancette.



Tutte le sculture di Dalí cercano di fare evolvere in tre dimensioni le opere su tela.

Nella “Donna in fiamme”, nel corpo modellato quasi completamente divorato da un fuoco che non lo consuma, simbolo della passione, si aprono cassetti che rappresentano i contenitori normalmente chiusi dell'inconscio umano. La figura non ha volto, perché il volto può essere quello di ogni donna.

In “Elefante spaziale”, l'elefante dalle zampe sottili che trasporta un obelisco, è un gioco irreale di contraddizioni e simboli. Tutto diventa un'allegoria di inattesa leggerezza e possiede un potente slancio verso l'alto. Il soggetto era stato rappresentato da Dalí in uno dei suoi dipinti più noti e rivoluzionari: “La tentazione di sant'Antonio” del 1946.

Dalla figura di Venere è ispirato il bronzo “Venus à la girafe”, dove la statua classica della dea, priva di braccia, viene a mutare con il collo lunghissimo da giraffa, la pelle reticolata, e con gli irrinunciabili cassetti di cui uno spropositatamente sporgente. È puro surrealismo, ma nel massimo rispetto dell'eleganza classica.



Tra le opere esposte, mi fa piacere segnalare inoltre: le incisioni “Les Amoures Jaunes”, create per illustrare un'antologia del poeta francese Corbière; le acquetinte e incisione dei “Neuf Paysage”, realizzate nel 1980; le illustrazioni delle storie morali di La Fontaine, “Le bestiaire de La Fontaine”, e, infine, le 25 litografie ispirate dalla Carmen di Bizet.


FONTE: “Salvador Dalí. The Exhibition”: in mostra il geniale provocatore alla Palazzina di Caccia di Stupinigi sino al 19 febbraio 2023 - Oubliette Magazine


24 marzo 2023

RIFORMA FISCALE, LUCI E OMBRE di Antonio Laurenzano

 


RIFORMA FISCALE, LUCI E OMBRE

di Antonio Laurenzano

Dopo oltre cinquant’anni dalla riforma di Bruno Visentini dell’ottobre 1971, il sistema tributario si avvia verso un profondo cambiamento strutturale. Nel disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei ministri sono fissati i principi cardine della riforma 2023: riduzione della pressione fiscale (oggi al 43,5%) per cittadini e imprese, lotta all’evasione, rapporto tra Stato e contribuente meno vessatorio e più collaborativo con una semplificazione degli obblighi dichiarativi e uno sfoltimento della normativa, nel rispetto dello Statuto del contribuente e della certezza del diritto.

L’asse portante della legge delega, divisa in 4 parti e 21 articoli, è rappresentato dalla flat tax per tutti entro la fine della legislatura, anticipata da quella “incrementale” solo per i dipendenti. Un’imposta sostitutiva dell’Irpef in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito per garantire l’equità orizzontale con aliquota unica di prelievo, come nei Paesi dell’Est, sull’imponibile delle persone fisiche (autonomi, dipendenti e pensionati). Una misura contestata da Sindacati (“subito il taglio del cuneo fiscale”) e opposizione, perché ritenuta lesiva del principio costituzionale di progressività dell’imposta, a tutela dei redditi più bassi. Un principio che sarà garantito, assicurano a Palazzo Chigi, modulando detrazioni, deduzioni e crediti d’imposta che saranno inversamente proporzionali al reddito. La tassa piatta sarà preceduta da una fase transitoria con la riduzione delle aliquote da quattro a tre: aliquota al 23% per i redditi fino 28mila euro, 35% per i redditi fino a 50mila euro e 43% per i redditi oltre i 50mila euro. In cantiere l’unificazione della no tax area tra dipendenti e pensionati (8.500 euro).

Per le società è prevista la modifica dell’Ires con un’aliquota agevolata al 15% per investimenti in beni strumentali e in occupazione, la trasformazione dell’Irap in sovrimposta sull’Ires. Particolarmente significative altre misure della riforma: la razionalizzazione delle tax expenditures, ovvero delle agevolazioni fiscali (una giungla di circa 600 voci, con una perdita di gettito di 165 miliardi l’anno), la revisione delle aliquote Iva e dei suoi presupposti impositivi in funzione dei panieri di beni e servizi. Saranno velocizzate le procedure relative ai rimborsi. Novità anche per le imposte indirette minori con la sostituzione dell’imposta di bollo, delle imposte ipocatastali e dei tributi speciali con un tributo unico, in misura fissa. Previsti interventi legislativi per i tributi regionali ai fini dell’attuazione del federalismo fiscale e per quelli locali, con l’attribuzione del gettito Imu dei capannoni industriali e produttivi direttamente ai Comuni.

Per quanto riguarda le piccole e medie imprese, con il superamento graduale degli indicatori sintetici di affidabilità (Isa), viene istituito il “concordato preventivo biennale”. Si tratta di un rafforzamento dell’adempimento collaborativo con l’idea di riscrivere le regole della lotta all’evasione fiscale che diventa preventiva e non più repressiva. Ai fini delle imposte, si paga quanto pattuito in anticipo con l’Agenzia delle Entrate per due anni, senza rischi di accertamenti, nel segno della trasparenza e del dialogo per recuperare l’inefficienza del sistema legato a sanzioni e riscossione (i crediti non riscossi sono circa 153 miliardi di euro).

Obiettivo del Governo, ha dichiarato la premier Giorgia Meloni, è di “riordinare tutto il sistema tributario per rendere il nostro ordinamento coerente con quelle che sono le regole dell’Ue e internazionali e rilanciare l’Italia sul piano economico e sociale”. I decreti delegati, che conterranno la disciplina attuativa dei principi espressi nella delega, saranno adottati entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della Legge delega. Sul tappeto restano le tante incognite sui risultati finali dell’operazione “Fisco nuovo”, legati ai temi più controversi della riforma: dalla lotta all’evasione (un buco di circa 100 miliardi di euro annui) alla spending review, dalla riforma dei bonus e delle tax expenditures alla tassazione dei redditi di capitale, temi a rischio perché connessi a rendite di posizione elettorale dei partiti, difficili da scardinare.

Nell’articolato disegno di riforma fiscale il grande assente è il Catasto, già terreno di scontro politico con il Governo Draghi: azzerata ogni ipotesi di attribuzione di un “valore patrimoniale” agli immobili basato su valori reali di mercato, cancellata ogni azione di mappatura immobiliare con la caccia alle “case fantasma” non censite, congelati ai fini della tassazione i valori catastali rilevati nel biennio 1988-89. Tutto finito su binario morto.

Non secondario per una riforma come quella tratteggiata nella delega il problema della copertura. La riforma non può certo realizzarsi in deficit mentre i tassi sui titoli di Stato salgono e la politica monetaria si restringe. Serviranno molti miliardi, almeno cinque nella fase transitoria, secondo le prime stime del Mef, e una quindicina con la introduzione della flat tax a regime. La strada è tracciata: puntare su una seria lotta all’evasione, anche attraverso l’utilizzo delle banche dati, per assicurare il giusto equilibrio dei saldi di finanza pubblica. Il futuro della riforma, e in particolare la riduzione della pressione fiscale, è legato a una volontà politica chiara e responsabile. Al Governo Meloni il compito di conciliare progetti e realtà per un Fisco in sintonia con i principi di equità e capacità contributiva sanciti dalla Costituzione.

21 marzo 2023

ALFREDO COSPITO STA MORENDO PER CONTINUARE A VIVERE a cura di Carmelo Musumeci

 


ALFREDO COSPITO STA MORENDO PER CONTINUARE A VIVERE


Mi è arrivato un appello da firmare per invitare Alfredo Cospito a smettere lo sciopero della fame, ma non me la sono sentita di aderire perché ho iniziato di ricordare:

“Ho passato cinque lunghi anni nell’isola dell’Asinara sottoposto al regime di tortura democratico del 41 bis, di cui un anno e sei mesi in completo isolamento, passati in una cella e in un cortile dove non batteva mai il sole. Dalla mia cella d’isolamento mi era persino difficile vedere il cielo. In quegli anni non avevo nessuno con cui parlare o ridere. Per questo avevo imparato a parlare e a ridere da solo. Lo Stato ha sempre un alibi, quando tortura afferma che lo fa per la giustizia e la società. A volte dice che lo fa anche per il tuo bene. E usa molti mezzi per uccidere una persona poco per volta. Un anno e sei mesi d’isolamento senza mai parlare con nessuno sono stati molto duri. Settimane, mesi e anni sempre uguali. Giorni vuoti.  Il mio mondo non andava oltre il confine della mia cella. Ricordo che mi misero nella sezione “Fornelli”. I detenuti erano tutti in cella singola. Le celle erano venticinque. Sembravano degli armadi in ferro e cemento. Erano divise una dall’altra da uno spesso muro. E tutte avevano un blindato e un cancello davanti. Ogni blindato aveva uno sportellino di ferro con una fessura per consentire di far arrivare il mangiare dentro la cella. C’era uno spioncino rotondo sul muro, dalla parte del bagno, che consentiva alle guardie di vedere l’interno senza essere viste. La stanza misurava circa tre metri d’altezza. Due metri di larghezza. E tre di lunghezza. Si potevano fare solo quattro piccoli passi in avanti e quattro indietro. La finestra era piccolissima, con enormi sbarre di ferro incrociate. Muri lisci. C’erano una branda, un tavolo e uno sgabello. Per pavimento una gettata di cemento grezzo. Stavamo chiusi ventitré ore su ventiquattro: avevamo solo un’ora di aria al giorno. In quella sezione eravamo tutti detenuti condannati a pene lunghe. E, la maggioranza, alla pena dell’ergastolo.”

Finito di ricordare, ho pensato che non ho nessun diritto di chiedere ad Alfredo Cospito di smettere lo sciopero della fame perché lui sta morendo per poter continuare a vivere, perché ama così tanto la vita che non la vuole vedere appassire fra le mura di un carcere.

Solidarietà ad Alfredo perché anche se non può essere libero e felice continua ancora a lottare e ad amare la vita, e non è poco. 

Carmelo Musumeci
Marzo 2023 

20 marzo 2023

L'ALVEARE ASSOPITO Una raccolta delicata e attenta di Angela Caccia a cura di Vincenzo Capodiferro


L'ALVEARE ASSOPITO

Una raccolta delicata e attenta di Angela Caccia.

"L'alveare assopito" è un'opera poetica di Angela Caccia, pubblicata da Fara Editore, Rimini 2022. Come si legge nella motivazione della giuria: "Una raccolta delicata e attenta, intensa nel suo dispiegarsi tra ombra e luce, pronta a cogliere particolari anche minimi che nel verso, sempre armonioso, anche quando si protende nel territorio del dolore e della perdita, divengono frammenti di meraviglia e stupore. La piacevolezza del canto che si presenta come un corpo unico pur nelle pause e nei necessari silenzi, possiede non solo tenerezza, ma anche il coraggio di esplorare l'ignoto sempre presente nell'esperienza di cui la silloge ci rende partecipi (Antonella Giacon)". E nella "Prefazione" di Davide Zizza: "I colori e le sfumature della raccolta "L'alveare assopito" di Angela Caccia, - colori sono i sentimenti, sfumature gli stati d'animo - conservano un respiro intimo e un modo di compenetrare la realtà, osservandola, cogliendola nei suoi squarci rivelatori. Davanti a noi si svolge, accade la realtà nella sua dimensione altra e la poetessa si cala nell'osservazione, nell'indagine di essa, per carpirne i segnali". La poesia, come la filosofia, a detta di Aristotele, è frutto dello stupore e della meraviglia. Non ci si stupisce più oggi, o non ci si lascia stupire. Siamo troppo presi da mille stimoli, da mille fonti virtuali ed abbiamo dimenticato di guardare al mondo, alla realtà vera, quella che ancora stupisce i poeti, capaci di husserliana epochè. Vediamo alcuni versi: 

... quale tempo

s'accorgerà che ce ne siamo andati? (p. 29).

Torna sempre il tema del tempo, caro ai poeti. Non ci addentriamo nella polemica tra presentisti ed eternalisti, però ribadiamo con Platone: "Chronos panta oron": il tempo che tutto vede. Nella dimensione dell'anima vale la dimensione platonico-newtoniana: il tempo è assoluto, lo spazio è assoluto. Il tempo e lo spazio sono attributi di Dio. Il tempo è l'immagine mobile dell'eterno. 

Chi può dire di saper amare?

nessuno dei due

saprà rispondere ai perchè se.

Resterà un "Ti amo"

nonostante tutto

come l'unica parola giusta.

Ecco un altro tema caro ai poeti: l'amore. Ogni amore passa inevitabilmente dal catulliano "Odi et amo". Come diceva Sceler: "Non si può odiare senza aver prima amato". 

Angela Caccia ha pubblicato con Fara: "Il fruscio feroce degli ulivi" (2013); "Il tocco abarico del dubbio" (2015);"Accecate i cantori" (2017); con Lietocolle: "Piccoli forse" (2017); vari i contributi sul web, in particolare in "Versante ripido". E' stata recensita in diversi siti, riviste e periodici. Ha tre superbe passioni: ceramica, poesia e scacchi. 

© Vincenzo Capodiferro

18 marzo 2023

Ultra Di a cura di Miriam Ballerini


ULTRA DI

Mi piace, qualora ci siano dei retroscena, svelarli a chi legge un mio articolo. La quotidianità ci può regalare diverse sorprese e, la nascita di questo pezzo, nasce proprio da una di queste.

Ero al supermercato e, davanti allo scaffale dove stavo scegliendo una bibita, c'erano due signore. Una battuta tira l'altra e ci siamo messe a parlare fino a quando hanno scoperto che, di lavoro, scrivo!

Una delle due mi ha subito proposto questo articolo, per fare conoscere una realtà che la riguarda da vicino.

Così mi sono informata ed eccomi qui a portarvi a conoscenza di questa pregevole associazione: l'Ultra Di.

Ho fatto qualche domanda a Luca Catelli, referente di asd Ultra Di società sportiva per persone con disabilità con sede a Lurate Caccivio, per conoscere meglio di cosa di tratta.

- Quando nasce l'associazione e con quale intento?

Ultra Di nasce con finalità  a carattere motorio ed educativo e negli anni raggiunge obiettivi insperati. 

- Partecipano solo ragazzi con disabilità?

La nostra ASD offre opportunità di crescita a più di 100 tesserati, persone con deficit intellettivo e relazionale per cui Ultra Di vuole esser luogo di sport, un luogo in cui scoprire il piacere di far parte di una squadra, un luogo in cui mettersi in gioco spingendosi oltre i propri limiti.

- Quali sono i risultati ottenuti in questi anni?

In questi anni la tenacia dei nostri atleti ci ha portato a disputare competizioni anche a livello nazionale, siamo entrati nelle scuole, negli oratori e abbiamo sfidato numerose realtà sportive del territorio, confrontandoci con diverse discipline.

Quando una persona incontra Ultra Di, incontra un contesto che accoglie, volutamente inclusivo, in cui lui stesso può sperimentarsi e la sua individualità può emergere. 

Sostenere Ultra Di significa sostenere lo sport, l’accettazione dell’altro, lo sviluppo di una società capace di includere ed aiutare numerose persone a vivere esperienze di crescita ricche di emozioni

- Quali sono i vostri obbiettivi in questi momento?

In questo momento siamo impegnati nell’iniziativa “dai Como” campionato di raccolta fondi con altre 31 società sportive comasche. La nostra campagna è finalizzata alla creazione di un campo da basket. Allego il link dove trova spiegato bene il progetto.

https://bit.ly/ultradi

https://www.daicomo.it/

Ancora una volta vediamo come lo sport, quello sano, riesca a includere e ad aiutare gli altri. Un modo originale ed efficace per aiutare chi ha dei problemi, per farlo sentire parte di un gruppo e di qualcosa di grande, di importante; ma anche divertendo e allenando.

Una buona occasione, questa, per conoscere un'associazione che lavora sul territorio comasco, apprezzando il lavoro dei volontari.

Per chi volesse saperne di più, può arrivare ai loro canali tramite i due siti qua sopra, oppure seguire la loro pagina facebook: https://www.facebook.com/profile.php?id=100039631556585


© Miriam Ballerini

Luigi Weber - Navi nel deserto


 

14 marzo 2023

MILA – dialoghi con una modella di video chat – di Francazero a cura di Miriam Ballerini


MILA – dialoghi con una modella di video chat – di Francazero

© 2023 Streetlib

ISBN 9791222052861

14,99 Pag. 196


Francazero l’ho conosciuta virtualmente anni fa in un sito di scrittura, già allora sapeva sconvolgere con la sua scrittura senza veli.

Si è sempre dedicata al genere erotico, ma, in questo caso, secondo il mio parere, ha fatto un salto di qualità: perché ci mostra un mondo reale, intervistando una ragazza che ne fa parte. Nell’introduzione, dove ci svela il mondo delle modelle nelle chat, ci dice che anche lei, a suo tempo, avrebbe voluto entrare in quel mondo, ma che aveva troppa paura di venire riconosciuta.

Lei, come utente, frequenta due tipologie di stanze: quella con centinaia di utenti, dove guarda passivamente per prendere ispirazione ai propri scritti; l’altra è quella dove si esibiscono studentesse collegate da paesi poveri e con situazioni tristi e disperate.

In questo travagliato 2022, preceduto da due anni ugualmente difficili, tra le modelle con cui ho passato più tempo cercando di immaginarle sulle copertine dei miei libri, Mila è di gran lunga quella con cui mi sono trovata più in sintonia. Una ragazza semplice, sincera, intelligente, un po' incasinata e alla ricerca di se stessa; una modella che non era lì solo per fare vedere il proprio corpo nudo o mostrare quanto poteva essere spinta e flessibile”.

L'autrice instaura con Mila un rapporto di fiducia, di amicizia e di complicità, che le porta a parlare con naturalezza di ogni cosa. Da quello che Mila fa per campare, alle sue idee politiche e non, alla famiglia disagiata, ai suoi problemi quotidiani.

Mila racconta anche della sua grande passione, il pugilato: “Il pugilato era il mio coraggio”, che non può più permettersi di fare per via dei problemi alla vista.

La sua vita ci appare decisamente diversa dalla nostra e da quelle delle ragazzine che si spogliano solo per avere soldi per comprare cose futili. Lei cerca lo stesso di studiare all'università, non avendo avuto aiuto dai genitori.

Io voglio affascinare le persone con il mio cervello e non mi piace quel genere di vestiti. Non mi fanno sentire a mio agio”, dice quando Francazero le propone di indossare magari una minigonna.

A me sembra molto sincera, come si mette a nudo nella chat, mostrando il suo corpo, così riesce a mettere in mostra la sua personalità. Solo in due occasioni non ha voluto rispondere a delle domande, altrimenti non ha problemi a rivelare di sé anche delle cose molto intime, sessuali e personali.

Raramente Francazero interviene con qualche chiosa per spiegare alcune parole o far conoscere chi siano i personaggi di cui si parla.

Una scelta molto originale quella di mettere per intero l'intervista della chat come è avvenuta, ha rischiato di proporre un testo che potesse diventare noioso, ma gli argomenti sono vari e, il lettore, quasi un ulteriore voyeur, continua a leggere per saperne di più.

Quando ti ho parlato dell'intervista per la prima volta, hai detto che avresti cercato di fare conoscere cose su di te che la gente non conosceva”.

Ho sorriso in qualche occasione, con l'autrice che fa raccomandazioni a Mila, quasi fosse non più l'intervistatrice, ma quasi una mamma coi suoi consigli, spronandola a darsi al mondo e a lasciare la stanza della chat.

Un libro che riporta un argomento inconsueto, che non ha nulla di morboso e ci apre gli occhi su un mondo altro dal nostro.


© Miriam Ballerini

13 marzo 2023

In memoria di Ravi Shankar 10 anni dalla sua scomparsa a cura di Claudio Giuffrida

 In memoria di Ravi Shankar

10 anni dalla sua scomparsa

Straordinario musicista indiano più di ogni altro ha contaminato la musica occidentale ispirando innumerevoli musicisti con il suo talento e virtuosismo.

Ravi Shankar con il Sitar

Ravi Shankar nato il 7 April 1920 a Benares, nel 1938 andò a Maihar, nel Bangladesh per studiare la musica classica indiana, diventando allievo di Ustad Allauddin Khan e vivendo con la sua famiglia come prevedeva la tradizione indiana gurukul. Spesso studiava con i figli di U.A. Khan: Ali Akbar Khan e Annapurna Devi (che poi sposò), Shankar iniziò ad esibirsi in pubblico con il sitar nel Dicembre 1939 e il suo debutto fu un duetto (jugalbandi) con Ali Akbar Khan che suonava il sarod. Il famoso violinista di musica classica Yehudi Menuhin nel 1955 invitò Shankar ad esibirsi

a New York City per una dimostrazione di Musica Classica Indiana.

Nel 1956 registrò a Londra il suo primo album: Three Ragas.

Ravi Shankar con la prima moglie Annapurna Devi

Ravi ebbe una vita sentimentale molto movimentata e non condizionata dalle convenzioni.

Nel 1940 Annapurna Devi divenne la sua prima moglie, compagna di studi di musica classica indiana e sitar e da cui ebbe nel 1941 un figlio, Subhendra, che morì nel 1992 di polmonite. Si separò da Devi nel 1962 a seguito della sua relazione con la ballerina Kamala Shastri. La prima volta che incontrò Kamala Shastri in Almora fu nel marzo 1940, lei aveva 13 anni, si separò da Shastri nel 1981, nel 1982 divorziò dalla moglie Annapurna Devi. Allora Ravi si chiedeva perchè la gente non accettasse la possibilità di amare due donne nello stesso tempo.

Ravi Shankar con la seconda moglie Sukanya Rajan

Nel 1972 incontrò la diciottenne cantante indiana Sukanya Rajan, nel 1978, sebbene anche lei fosse sposata, divennero amanti e successivamente sua seconda moglie dal 1989. Nel 1981 gli dette la figlia Anoushka erede prediletta.

Anoushka era con suo padre nel Novembre 2001 accanto al letto di George Harrison il giorno prima che morisse. "Sono cresciuta con George," dice Anoushka. "E' stato molto vicino alla mia famiglia. Ci manca moltissimo."

Anoushka eseguì una composizione di Shankar per il 2002 Harrison memorial Concert for George.

Ravi Shankar con la figlia Anoushka

George Harrison incontrò Shankar a Londra nel 1966 e visitò l'India per 6 settimane per studiare il sitar con Shankar a Srinagar.

«Mi sono affezionato a George - dice Shankar -. Gli ho dato l' Autobiografia di uno yogi ed è così che ha iniziato a interessarsi alla cultura vedica e alle cose indiane. Per me è stato come un figlio».

Dato che la musica indiana è appunto basata sull' improvvisazione, Shankar non può mai dire con esattezza che cosa il pubblico si debba aspettare dai suoi concerti: «A differenza della musica occidentale, noi non abbiamo composizioni scritte, nulla di prestabilito. Perciò neppure io so mai cosa avverrà dal vivo. Questo per me, e per chi mi ascolta, è l' aspetto più emozionante; è come servire ancora caldo un piatto appena cucinato».


L’amicizia con Harrison portò il maestro Shankar, nel 1974, in un tour negli Stati Uniti lungo 50 date; mentre il 1997 fu l’anno dell’album a quattro mani Chants of India. Dopo aver contribuito a introdurre nuove sonorità in Revolver, album del 1966 deiBeatles in cui il sitar compare una delle sue prime volte, Ravi Shankar è il candidato perfetto (a metà strada fra guru e portavoce) del movimento hippy, che vedeva nell’India una terra promessa.

Il grande sassofonista John Coltrane gli chiese di dargli lezioni e cominciò a inserire strumenti indiani nel suo jazz. «Stava preparandosi a venire da me per sei settimane di studio quando è morto», dice Shankar; era il 1967.

Nel 1967 partecipò al Monterey Pop Festival, vinse il suo primo Grammy Award per la Migliore Performance di Musica da Camera per il suo Occidente incontra Oriente in collaborazione con Yehudi Menuhin.

Un secondo Grammy Award nel 1973 a seguito del concerto di beneficenza per il Bangladesh, tenutosi al Madison Square Garden di New York a cui partecipò il 1º agosto 1971. Per l'impegno profuso, il forte coinvolgimento e l'intestazione "George Harrison and Friends", si può a ragione considerarlo il quarto album della carriera solista di George Harrison.

Essendo stato messo al corrente dall'amico Ravi Shankar a proposito della gravità delle condizioni delle popolazioni del Bangladesh, George Harrison organizzò in fretta un evento senza precedenti: un concerto di beneficenza con la partecipazione di varie rock star. L'impegno profuso da Harrison nell'organizzazione in prima persona dell'evento fu enorme e frenetico.

Ravi Shankar e George Harrison

Dalla relazione con l'organizzatrice di concerti newyorchese Sue Jones nel '79 nacque Norah Jones, mai riconosciuta, mentre due anni più tardi, con la suonatrice di tanpura Sukanya Rajan, verrà alla luce Anoushka Shankar. Ravi Shankar visse con Sue Jones fino al 1986, ma dopo nove anni la loro relazione finì e nel 1989 a 69 anni decise di sposare Sukanya Rajan, che ne aveva 38, ma di conseguenza Sue decise poi di impedirgli di vedere Norah. La secondogenita Norah Jones (Geetali, ape musicale in sanscrito) non è cresciuta con lui ma esclusivamente con la madre nel Texas.

Solo nel 2003 — l’anno in cui Norah vinse 5 Grammy awards — le due famiglie si riconciliarono.

Nel 2000 Ravi Shankar vinse un altro Grammy Award come miglior album di World Music: Full Circle con cui girò in Tour con la figlia Anoushka, suonò il suo ultimo concerto europeo nel giugno 2008.

La data di decesso di Ravi, a San Diego (Usa) risale all’ 11 dicembre 2012 a seguito di un intervento chirurgico per la sostituzione della valvola aortica. La sua autobiografia Raga Mala è del 1997.

Norah Jones

Le due figlie, che hanno dimostrato tutto il loro grande talento musicale, hanno deciso di ricordare il padre con una reciproca collaborazione discografica:

«Traces of you», il secondo disco di Anoushka, del 2005, è dedicato alla memoria di Ravi con la partecipazione di Norah che presta la sua voce in tre brani: «The sun won't set», la title track e «Unsaid», dove suona anche il suo inconfondibile piano.

«Unsaid», scritta a quattro mani dalle due sorelle, è il commiato a un padre che non c'è più ma che continua a far sentire la sua presenza, attraverso parole che non si è avuto mai il coraggio di dirgli.

Esibizione di Ravi Shankar e Alla Rakkah al Monterey Festival 1967:

https://youtu.be/lk60ObnbIOk

https://www.giannizuretti.com/articoli/in-memoria-di-ravi-shankar/

(c) Claudio Giuffrida 


Monologo dell'angelo caduto di Giuseppe Carlo Airaghi a cura di Vincenzo Capodiferro


MONOLOGO DELL'ANGELO CADUTO

Opera poetica empatica e sincera di Giuseppe Carlo Airaghi. 

"Monologo dell'angelo caduto" è un'opera poetica di Giuseppe Carlo Airaghi, pubblicata da Fara Editore, Rimini 2022. Come si legge nella "Prefazione", di Alessandro Ramberti: "Lo stile di Airaghi ha un nitore che ci rimanda ai cieli ed alle prospettive di Piero della Francesca, la forma esatta e luminosa del suo dettato varca il confine fra visibile e invisibile, fra emozioni angeliche ed umane. E' come se le inquadrature fossero sempre sul punto di muoversi, elasticamente soggetti ai flussi e riflussi della realtà e del nostro sguardo, che può focalizzarsi, ora su un particolare, ora su un altro". E' bella questa immagine del poeta-angelo, memore dei tempi stilinovistici, e più vicino a noi al Montale, che disse: "Tutte le cose portano scritto più in là". Così ci troviamo dinanzi ad una sperimentazione di poesia metafisica, o poesia del confine. Il poeta- angelo riporta i versi dei cori angelici in una dimensione discorsiva, più umana, riporta la visione beatifica nella dimensione del tempo: 

Volevo camminare sopra i giorni

ancora non vissuti, immacolati, 

sfiorandoli appena. Proseguire...

L'essenza del tempo è la futurità. l'estasi più importante delle tre: passato, presente e futuro, sintetizzate nelle tre facoltà agostiniane (memoria, intelligenza e attesa), è il futuro, il proiettarsi, o progettarsi heideggeriano nel contesto del gettamento esistenziale. 

Non fu il caso a farci incontrare.

Il nostro incontro era deciso

nel destino di quei giorni di luce (p. 28).

Il caso non esiste. Chiamiamo caso colo ciò che non riusciamo a capire, ciò che vediamo in maniera confusa e oscura. Caso e causa provengono dalla stessa radice, come cosmo e caos. 

Giuseppe Carlo Airaghi è nato a Legnano (MI), nel 1966. Vive a Lainate, impiegato in un'azienda di servizi. Ha pubblicato: "I quaderni dell'aspettativa" (Italicpequod); "Quello che ancora resterà da dire " (Fara); "La somma imperfetta delle parti" (G: Ladolfi); il romanzo "I sorrisi fraintesi dei ballerini" (Fara). 


© Vincenzo Capodiferro

11 marzo 2023

Daniel J. Levitin – Fatti di musica – a cura di Marcello Sgarbi


 
Daniel J. Levitin Fatti di musica (Codice Edizioni)


Pagine: 273

Copertina: Brossura

EAN: 9788875788162

Da dove viene la creatività? Perché alcune canzoni ci commuovono e altre ci lasciano indifferenti? E che ruolo ha la percezione in tutto ciò, quella misteriosa capacità che hanno i grandi musicisti e tecnici del suono di sentire sfumature ignote alla maggior parte di noi? Cos’è la musica? Da dove viene? Perché alcune sequenze di suoni ci toccano mentre altre a tanti danno fastidio?

A questi e ad altri interrogativi cerca di rispondere Daniel J. Levitin, psicologo cognitivo, neuroscienziato, musicista e scrittore statunitense. In un saggio curioso e a tratti affascinante ci spiega quali sono gli elementi fondamentali di ogni suono, le principali differenze fra le diverse scale musicali, gli aspetti puramente fisici o intimamente emotivi di una melodia, arrivando a ipotizzare anche il perché preferiamo un certo brano a un altro. Un testo insolito, indispensabile per i neofiti ma ricco di spunti interessanti anche per gli esperti.

Quasi tutti noi, anche senza aver studiato musica, possiamo dire se una cantante ha preso una stecca; magari non sappiamo dire se è diesis o bemolle o di quanto ha stonato, ma dopo i cinque anni la maggior parte degli esseri umani ha una raffinata capacità di individuare i toni stonati”.

In ‘Pierino e il lupo’, Prokof’ev usa il flauto per rappresentare l’uccellino e il corno francese per indicare il lupo: l’individualità dei personaggi è espressa dai timbri dei diversi strumenti, ciascuno dotato di un proprio leit-motiv una frase o cifra melodica a esso associato che accompagna la ricomparsa di un’idea, una persona, una situazione.

Chiunque abbia visto Psyco di Hitchcock non può fare a meno di pensare alla scena della doccia ogni volta che sente lo stridio dei violini di Bernard Herrmann”.

L’attività musicale coinvolge quasi ogni regione del cervello a noi nota e quasi ogni sottosistema neurale”.

In Lady Madonna, i quattro Beatles cantano con le mani a coppa durante un intermezzo strumentale e noi siamo pronti a giurare che ci siano dei sassofoni, a causa dell’insolito timbro ottenuto e alla nostra aspettativa secondo cui in un pezzo del genere dovrebbero esserci quegli strumenti (ciò non va confuso con l’assolo di sax presente nella canzone)”.

© Marcello Sgarbi

09 marzo 2023

BONUS EDILIZI E MALUS POLITICI di Antonio Laurenzano


BONUS EDILIZI E MALUS POLITICI

di Antonio Laurenzano

Un provvedimento imprudente, non replicabile, con un costo di 2000 euro per ogni italiano”. Nel giudizio tranchant del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti la sintesi della telenovela tutta italiana legata al superbonus 110% con le opzioni di cessione del credito/sconto in fattura. La misura, fiore all’occhiello del governo Conte 2, è stata introdotta con il “Decreto Rilancio” nel maggio 2020 per dare ossigeno all’economia, in particolare al settore edilizio strozzato dalla pandemia da Covid 19, con l’ambizioso obiettivo del milione di nuovi posti di lavoro. La spinta c’è stata. Ma anche una speculazione senza precedenti in termini di evasione e frodi. Dai controlli svolti dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza sono stati individuati 9 miliardi di crediti d’imposta irregolari di cui circa 3,6 miliardi oggetto di sequestro da parte dell’Autorità giudiziaria. Un dato significativo che pone l’Italia in testa alla classifica dei Paesi dell’Ue con il maggiore stock di frodi al fisco, evidenziato nel primo bilancio annuale presentato dalla Procura europea.

Una “legge scellerata” che ha consentito ai cittadini di spendere a totale carico dello Stato, senza alcun controllo sulla congruità e necessità della spesa e sulle diversità reddituali dei contribuenti. Una “patrimoniale alla rovescia”, l’ha definita Mario Monti sulle colonne del Corriere della Sera: un tributo a carico dello Stato tale da accrescere il valore dei beni di coloro che, in gran parte, ne posseggono di più. Inevitabile la ricaduta sui conti pubblici: scattato il codice rosso. I crediti fiscali derivanti da bonus edilizi generati dal 2020, secondo i dati forniti dal direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Ruffini in occasione della recente audizione alla VI commissione Finanze della Camera, ammontano a circa 111 miliardi di euro, di cui ben 62 miliardi derivanti dal superbonus, e il resto dalle altre agevolazioni edilizie (facciata, ristrutturazione, ecobonus, fotovoltaico, ecc.). Il primo a lanciare l’allarme per la tenuta dei conti è stato l’ex premier Mario Draghi, rimasto vittima della ferma opposizione del M5S a qualsiasi intervento modificativo. Al Governo Meloni quindi è toccato il lavoro sporco. Improvviso ma non inatteso il decreto legge del 16 febbraio che ha cancellato il sistema dei bonus, colpevolmente intossicato: stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura. Una bomba dal punto di vista economico per le imprese del settore edilizio che hanno in portafoglio 19 miliardi di euro di crediti “incagliati” e per una vasta fascia di proprietari di immobili che, per recuperare il credito d’imposta, una ventina di miliardi, dovranno fare ricorso alla detrazione diretta con la dichiarazione dei redditi, con rate annuali. Crediti sulla carta difficili da smaltire se non a un compratore di ultima istanza (Cassa depositi e prestiti?). In tilt anche il sistema bancario con la capienza fiscale azzerata.

Un provvedimento opportuno, migliorabile in sede di conversione in legge, emanato per fronteggiare un fenomeno ormai da tempo fuori controllo, con pericolose zone d’ombra diffuse in tutto il Paese. L’erogazione a piene mani di bonus di ogni genere, figlia dei malus delle passate stagioni politiche, ha avuto un impatto sui conti pubblici ben oltre le previsioni, con un surplus di 40 miliardi di euro. La conferma del danno prodotto ai saldi di finanza pubblica è arrivata dalle rilevazioni dell’Istat su Pil e sul deficit pubblico diffuse nei giorni scorsi. Per effetto della revisione dei criteri di contabilizzazione delle mancate entrate prodotte dal superbonus e dagli altri incentivi fiscali all’edilizia, concordata con Eurostat, è stato rivisto al rialzo il deficit 2021 che dal 7,2% del Pil passa al 9% e quello del 2022, previsto al 5,6% che sale all’8% del Pil.

Il perdurare della telenovela “Paga lo Stato” avrebbe messo a serio rischio la Legge di bilancio 2023. L’inversione di rotta decisa dal Governo sul superbonus rende meno problematica la trattativa con Bruxelles sui tanti dossier aperti a livello comunitario, dal Pnrr alla revisione del Patto di stabilità, alla proroga a fine 2024 delle concessioni balneari. Un’agenda particolarmente impegnativa per Palazzo Chigi che richiede prudenza e abilità negoziale e soprattutto stabilizzazione del percorso di riduzione del debito, attraverso una efficace spending review, per recuperare credibilità e affidabilità sui mercati finanziari. Elemento chiave per un futuro meno incerto è la crescita dell’economia, depurata dai miraggi illusori dei bonus, supportata da un costo di finanziamento del debito pubblico compatibile con gli equilibri di finanza pubblica e con l’aumento dichiarato dei tassi d’interesse. Una politica economica refrattaria a demagogici populismi e a scelte scellerate.


ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano Addio al “Patto di stu...