30 maggio 2018

CRISI POLITICA E ISTITUZIONALE di Antonio Laurenzano



CRISI POLITICA E ISTITUZIONALE
di Antonio Laurenzano

Si è chiuso all’imbrunire di una domenica di maggio, nelle austere sale del Quirinale, il Libro dei sogni con le mirabolanti promesse elettorali. E’ stata scritta la parola fine a ottantaquattro giorni di lunghe trattative che hanno evidenziato, con il “casus belli” del ministro dell’Economia, le contraddizioni di un illusorio “contratto di governo” farcito di euroscetticismo. Taglio delle tasse, assistenzialismo, crescita in deficit in barba ai vincoli e ai trattati europei: un mix pericoloso per il precario quadro economico-finanziario del Paese. Contrarre debito pubblico, sforando il tetto del 3% del rapporto deficit/Pil, significa firmare una nuova cambiale da far pagare alle future generazioni, significa sfidare i mercati per la sostenibilità finanziaria dei nostri conti e la credibilità internazionale della nostra governance politica. Spread alle stelle, capitali in fuga con rovinose ricadute sull’ economia che smette di crescere, sulla produttività e la competitività delle imprese che si arresta, sui livelli occupazionali al ribasso. Famiglie e risparmiatori in difficoltà.
Prima di oltraggiare la Costituzione e il suo fedele garante che, nel rispetto di precise prerogative, l’ha difesa sul piano istituzionale, gli statisti del “rinnovamento”, per fugare i timori crescenti di rischi economici e finanziari, avrebbero dovuto indicare le risorse per sterilizzare l’aumento dell’Iva, per fronteggiare le minore entrate dalla flat tax, per sostenere il reddito di cittadinanza e la riforma della Legge Fornero. Un fabbisogno di bilancio di oltre 100 miliardi di euro. Qualcuno avrebbe dovuto rassicurare i partner europei, nella consapevolezza che gli interessi nazionali non si difendono con le crociate contro l’Europa, contro i “cattivi eurotecnocrati” di Bruxelles, contro le agenzie di rating che ci ricordano il gigantesco debito pubblico del 132% del Pil! Si rimane isolati nella richiesta di revisione dei Trattati per “un’Europa diversa, più forte ma più equa”. Non scarichiamo sugli altri i nostri mali causati da anni di allegra finanza, di latitanza politica, di improvvisazione programmatica o, ancor peggio, di mancanza di ogni progettualità politica ed economica.
Per uscire dalla gabbia del patto di stabilità europeo e del fiscal compact con il pareggio di bilancio blindato nella Costituzione non servono scomposte spallate ma negoziati da condurre con responsabilità e lucido pragmatismo. Al “nazionalismo da talk show” e ai “sovranismi anarcoidi” si risponde con la presenza nei luoghi dove si decide e non con minacce e proclami al popolo! L’instabilità economica e politica potrebbe avere costi devastanti per la comunità nazionale. Un salto nel buio...


23 maggio 2018

DOPO L’INVERNO Una raccolta di tre sillogi di Vincenzo D’Alessio: 40 anni di vita e di ricordi (1976-2017) a cura di Vincenzo Capodiferro


DOPO L’INVERNO
Una raccolta di tre sillogi di Vincenzo D’Alessio: 40 anni di vita e di ricordi (1976-2017)

Vincenzo D’Alessio, nato a Solofra negli anni Cinquanta è stato trai fondatori del premio Città di Solofra, nonché dell’associazione culturale ed anonima casa editrice “Francesco Guarini”. È un intellettuale impegnato su vari fronti: dall’archeologia alla storia, dalla critica letteraria alla poesia; ha scritto moltissimo, ricordiamo solo, trai suoi ultimi scritti: “La valigia del meridionale” (2016 ristampa) e “Immagine convessa” (2017). Anche l’immagine di copertina, che ritrae “Vincenzo D’Alessio” di Eliana Petrizzi intercetta questo sguardo ambiguo, doppio, che permea tutta l'opera che andiamo ad analizzare e che richiama anche un’altra silloge, che abbiamo a suo tempo commentato, “Immagine convessa”. “Dopo l’inverno”, edito da Fara, Rimini 2017, raccoglie tre sillogi: “Dopo l’inverno”, appunto e due ristampe di “Un caso del Sud” (Avellino 1976) e di “Costa di Amalfi” (1995). Ci sono 40 anni di vita e di ricordi: dal 1976 al 2017. Ma cosa c’è che lega queste tre sillogi? “Dopo l’inverno” è come uno scrigno che raccoglie una vita, difficile da decifrarsi; in questo scrigno ci sono diamanti, ma anche carboni. Non per sottolineare il paragone: ma è proprio il carbonio l’elemento comune che lega il diamante al carbone. L’altro poeta canta: dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori! C’è un dissidio, una dicotomia, una vista bistorta. Un occhio guarda da un lato, l’altro dall’altro. Lo sottolinea anche Teresa Armenti, nella sua breve nota critica: «Uno sguardo silenzioso, disgustato e pieno di rabbia alla terra … Uno sguardo fiducioso rivolto al cielo, per spiccare voli ardimentosi …». Si percepisce una dissonanza cognitiva che già era presente in “Immagine convessa”, emerge il tema dello sguardo impervio, bieco. La raccolta di una vita di un poeta è fatta di amarezze e di sospiri, ma anche di gioie, di aspirazioni. Sospiro e aspirazione hanno una radice comune. Questa è la vita. Come capire un padre che perde il proprio figlio? Un padre del Sud che perde la sua terra, la vede morire giorno per giorno, come in “Paese mio”: «L’uomo, una casa. Cerca: non sente/ sotto le macerie»? Il riferimento va certamente alla tragedia del terremoto dell’Ottanta, ma non solo, c’è una trasfigurazione della maceria, come in Ungaretti, in “San Martino del Carso”. La metafora simboleggia la distruzione della società umana, la disgregazione della famiglia. Già dalla sua giovinezza (quando aveva 26 anni), Vincenzo, come sottolinea Nunzio Menna, «divide con i contadini la tragedia esistenziale di un mondo minacciato dal cancro speculativo politico-edilizio». Il canto si perde tra gli scogli di Sant’Elena: «La rabbia resta nell’attesa/ delle parole antiche». Qui la trasfigurazione rimanda impercettibilmente al “Cinque Maggio”, all’”Ei fu”, alla celebrazione del vincitore vinto. Così nelle pagine sgualcite del D’Alessio si respira l’alito di quell’epopea dei Vinti, ma il suo ciclo è più vicino al verismo di un Verga, che a quello manzoniano, corroborato dalla fede e dalla fiducia nella Provvidenza. Come in Verga, in D’Alessio c’è il naufragio della “Provvidenza”, come ne’ “I Malavoglia”. Ma ecco l’eroe vinto di Sant’Elena che si converte, diventa eroe della fede, da eroe della terra diviene eroe del cielo. L’uomo è vittima del destino implacabile: «Pulire gli argini/ del maldestro destino/ fu opera dell’uomo/ del suo nemico». Oltre al destino c’è l’altro mostro che risucchia l’altra emigrazione, quella che dal Sud del Sud soffia come vento impetuoso sulle nostre coste “di Amalfi”, un Moloch che divora i suoi figli, il Mediterraneo e l’orgioso Mammona: «Sono sacrifici umani/ alla calma incessante/ del Dio Denaro». Questa nuova emigrazione che passa attraverso i paesi dell’emigrazione potrebbe colmare i vuoti dei nostri paesi ammalati di vecchia, pronti alla morte, al loro ultimo sospiro, ma non lo fa. Vincenzo, insieme al circolo dei poeti irpino-lucani, di cui fa parte anche la nostra beneamata Teresa Armenti, si fa il cantore di questa terra persa, terra nel passato conquistata, terra che ha visto il succedersi di dominazioni: Normanni, Angioini, Aragonesi … fino ai Piemontesi. “Dopo l’inverno” a che cosa si riferisce? «Venticinque aprile/ … in questo tempo di pace/ il ricordo dell’inverno/ appena passato per la Libertà». Dopo l’inverno si riferisce al dopo il 25 aprile, alla Liberazione, al dopoguerra. Ci si aspetta una rinascita, una primavera, un neo-rinascimento, come lo definirebbe Gaber. E di fatto c’è stato. Insieme all’emigrazione sfrenata verso le fabbriche del nord ad avvitare bulloni vi è stata anche una crescita nei paesi del sud, una speculazione edilizia feroce ed implacabile. Ma qui si è vissuto lo stridore dell’antinomia tra epoche diverse, tra la civiltà contadina morente e la civiltà moderna, la “fiumana del progresso” di Verga, che è stato solo un palliativo dell’agonia dei paesi morenti. Dopo l’inverno ci si aspetta la primavera, dopo la notte l’alba, dopo il gelo il disgelo. Ma cosa ci è stato? Questo è il crepuscolarismo del Sud, la sua magia, come “Sud e magia” di De Martino. C’è il rimpianto delle antiche città e civiltà che mai torneranno. Chi tornerà a conquistare questa terra desolata? Almeno prima venivano i Normanni, gli Angioini. Torneranno i Saraceni? Il nuovo flusso migratorio, guidato da Mammona, come ha ben evidenziato Vincenzo, potrà riempire il vuoto dei nostri millenari paesi? La maggior parte erano nati nel millenarismo, ma ci sarà mai una nuova rinascita dell’anno 1000? Nel secondo millennio tutto è cambiato. E nel terzo? Chi lo sa? Tutti sono andati via, o sono morti. E chi va via non torna. Chi torna? Quando i figli se ne sono andati non tornano. E se se ne sono andati i padri, i loro figli torneranno? Forse un po’ alla prima generazione. ma alla seconda? Alla terza? Non torneranno più! E chi rimane qui? Da “Un caso del Sud”: «Ogni stagione/ ritornano i giovani/ sempre stranieri». E chi rimane qui? Voce di uno che grida nel deserto. Ecco il poeta! Si fa voce chiara dei reduci dell’inverno, della guerra, dei figli senza padri: morti in guerra, che diventano padri senza figli: partiti per sempre verso lidi lontani in un viaggio-odissea, come Ulisse: «E volta nostra poppa nel mattino, de’ remi facemmo ali al folle volo, sempre acquistando dal lato mancino». 
Vincenzo Capodiferro

22 maggio 2018

Spazio Parentesi 2 Marco Salvario


Spazio Parentesi 2
Marco Salvario

Ci siamo già interessati nel mese di Aprile dello Spazio Parentesi, focalizzandoci su tre interessanti eventi e, a dimostrazione della ricchezza di proposte che tale locazione continua a offrire, torniamo a occuparcene ora con riguardo alle mostre da poco concluse di altri due bravi artisti, molto diversi nell’approccio alle loro opere eppure non troppo lontani nella ricerca delle comune problematiche inerenti l’essere umano e la sua interazione con se stesso, con gli altri e con l’universo.





                               
UNIO. Mostra Personale di Aaron Gonzalez. 26 aprile - 3 maggio
Artista totale ed entusiasta il trentatreenne Aaron Gonzalez, ricercatore vulcanico, sperimentatore di ogni possibile tecnica espressiva che consenta di entrare efficacemente in contatto con il pubblico e comunicargli i propri messaggi e le proprie emozioni. Utilizza pittura, poesia, scultura, fotografia e ancora non è appagato, perché il nostro non si arresta all’opera in quanto tale, ma vuole offrire un lavoro articolato eppure unico, cancellando gli intervalli e le distanze, vissuti come un’interruzione sgradita o come un’occasione perduta. Durante la mostra il suo estro l’ha spinto a evolvere continuamente la sua presentazione, ora dopo ora, ispirazione dopo ispirazione; un divenire che, in fondo, è la vita stessa. Bisogna quindi riempirli questi vuoti, magari con piume colorate di nero oppure con un nuovo scritto, le cui parole sono emerse nella notte e ancora possono essere modificate.
Mi sono chiesto se una tale impostazione non porti a imporre la forma sulla sostanza, come i pensieri/poesie, scritti in fogli smembrati e presentati come un mosaico ricomposto. Volendo comunque provare a estrarre le opere singole dall’insieme, al nostro si deve riconoscere una gran capacità di visione artistica, con le creazioni d’immagini e realizzazioni in bilico tra l’inferno e il paradiso di quella che è in qualche modo una religione pagana ed estremamente personale, dove le aureole che spesso circondano i volti dipinti non sono simbolo di santità ma di emanazioni psichiche che palesano un tentativo di contatto oltre i sensi e le normali capacità umane.






La Mostra Continua. Personale di Tiziana Inversi. 10-23 maggio
Da molti anni questa artista porta avanti in parallelo l’attività medica e quella artistica, nella quale ha meritatamente ottenuto importanti riconoscimenti. Nelle sue opere si può seguire una ricerca profonda e interiore della natura umana, scavando analiticamente alla ricerca delle sorgenti da dove nascono le emozioni e di quale sia il nostro vero essere.
Siamo forse davanti a immagini di psicologia illustrata e la produzione di questa pittrice mi ha fatto pensare, riflettendo su molte delle opere, al percorso iniziatico e mistico che si può ritrovare nelle antiche religioni o negli arcani maggiori di un mazzo di tarocchi; psicologia, ripeto, oppure, sette esoteriche. Spesso si prova la stessa sensazione di smarrimento o turbamento immergendoci nell’oceano, nello spazio, nel folto di un bosco o in noi stessi, alla ricerca di limiti e risposte che non possiamo trovare. In questo percorso Tiziana Inversi sembra a volte scoraggiarsi e cedere alla propria limitatezza umana - forse il lettore mi perdonerà l’accostamento tra l’opera “Il crollo” e la carta numero 16 dei tarocchi, “la Torre” – eppure più spesso sembra trovare tra l’uomo e la natura, una forma d’identificazione nella quale l’uomo accetta di essere solo una piccola parte ma con il sereno riconoscimento di essere incluso nel tutto, non un elemento estraneo; e qui penso in particolare a “Le metamorfosi” e a “Le nostre radici”.
Non semplice sogno, quindi, nelle sue opere, ma rivelazione, iniziazione a un mistero antico e superiore, dove a dominare non è la religione ma un’esaltazione mistica, guidata dalla ragione.

16 maggio 2018

AUMENTO IVA? NO, GRAZIE! di Antonio Laurenzano


AUMENTO IVA? NO, GRAZIE!
di Antonio Laurenzano

Sulla finanza pubblica aleggia minaccioso l’aumento dell’Iva. Un pacchetto fiscale da incubo: l’aliquota ridotta del 10% passerà all’11,5% nel 2019 e al 13% nel 2020, mentre quella ordinaria del 22% passerà al 24,2% l’anno prossimo, al 24,9% nel 2020 e al 25% nel 2021 (la più elevata in Europa). Per la ripresa dei consumi, ancorata a una debole crescita economica, potrebbe essere il colpo fatale, con effetto domino sulla produzione e sui livelli occupazionali. Le variazioni dell’Iva peserebbero in media 317 euro sulla spesa delle famiglie, in Lombardia oltre 410 euro. A risentirne in misura maggiore sarebbe la spesa alimentare che nel 2017 ha invertito il trend dopo cinque anni di valori negativi con un balzo del 3,2%. Dopo le spese per l’abitazione, quelle destinate all’alimentazione con i beni di prima necessità rappresentano la principale voce del budget delle famiglie che, in caso di aumenti dell’Iva, rischierebbero uno stop, con pericolose ricadute. E problemi potrebbero esserci anche per le botteghe artigiane e i piccoli commercianti, visto che la stragrande maggioranza dei rispettivi fatturati è attribuibile alla domanda interna.
In attesa che il nuovo Governo esca … dall’incubatrice e veda finalmente la luce, si rincorrono le voci sul primo intervento del futuro esecutivo per scongiurare l’aumento dell’Iva. Dopo le bufale elettorali con promesse mirabolanti prive di copertura finanziaria, è giunta l’ora della realpolitik. Il Governo Gentiloni, prima di lasciare Palazzo Chigi, ha approvato il Documento di economia e finanza (Def), un documento che si limita all’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche del Paese e del quadro di finanza pubblica tendenziale che ne consegue, rinviando alla Legge di bilancio di fine anno la scelta delle politiche per il quadro programmatico.
Smaltita l’ubriacatura della campagna elettorale con i folli impegni di spesa, per il futuro inquilino di Palazzo Chigi scatterà la caccia al tesoro per sterilizzare le clausole di salvaguardia che, attraverso rinnovi successivi, ci trasciniamo dall’estate 2011 per coprire spese pubbliche già impegnate. Ci sarà bisogno di una manovra di bilancio da 18 miliardi, di cui ben 12,4 miliardi per scongiurare nel 2019 il rischio Iva. Ne serviranno altri 19,1 miliardi per il 2020. Un’operazione che, comprimendo ogni politica espansiva, riduce la Legge di bilancio a un documento povero di investimenti e ricco di tagli! C’è da sperare che il “direttorio” dei due candidati al governo del Paese focalizzi bene tale emergenza finanziaria. I rispettivi programmi elettorali hanno fornito scarse indicazioni su dove trovare risorse adeguate, se non un generico riferimento alla leva del deficit (Pil permettendo), accompagnata dalla spending review e dalla razionalizzazione degli sconti fiscali (“tax expenditures”), con buona pace di ogni crociata contro il fisco pigliatutto!
Per i conti pubblici si annuncia un autunno particolarmente caldo. Si prospetta una manovra finanziaria impegnativa che richiederà un governo autorevole per prepararla e una maggioranza coesa in grado di sostenerla in Parlamento. Un difficile banco di prova con la precisa avvertenza del vice presidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis: “è importantissimo per l’Italia attenersi ai target di bilancio, riduzione di deficit e di debito”. C’è inquietudine in Europa sulla tenuta del nostro debito se il nuovo Governo alzasse il deficit o rendesse più costoso il sistema pensionistico. Si ripresenta puntualmente il copione di primavera che caratterizza gli ultimi anni le politiche economiche del Belpaese: i nostri conti pubblici sotto esame per le relative misure di risanamento, in primis per azzerare il rischio dell’aumento dell’Iva. La risposta potrà venire da un Governo insediato con pieni poteri, espressione di credibilità politica internazionale e di coerenza con gli impegni comunitari presi. Mercati e spread sono in agguato! Sarebbe un brutto risveglio per imprese, famiglie e risparmiatori.

15 maggio 2018

MALPENSA24, LA NUOVA TESTATA ONLINE


MALPENSA24, LA NUOVA TESTATA ONLINE
                                                        di Antonio Laurenzano

Il panorama giornalistico online della Provincia di Varese si è arricchito di una nuova testata: è in rete Malpensa24 (www.malpensa24.it), il giornale di Busto Arsizio, Gallarate e Altomilanese. A dirigerla una firma storica del giornalismo varesino, Vincenzo Coronetti, già Capo redattore centrale de La Prealpina. Nel suo editoriale di presentazione, con linguaggio asciutto privo di accenti retorici, ha tracciato le linee guida della testata: impegno e passione al servizio del lettore, “aprendo finestre di opinioni e di interventi per coloro che vorranno dire la loro, provando a setacciare un territorio strategico sotto tutti i profili”. Una coraggiosa iniziativa editoriale che, sfidando le difficoltà di mercato e i mutamenti di una società in continua evoluzione, intende affermare la centralità della informazione quale fattore di crescita civile. E’ questa la visione strategica dell’editore di Malpensa24, Fabrizio Iseni, fondatore e patron dell’omonimo gruppo sanitario di Lonate Pozzolo. “Un giornale che si ispira ai valori fondamentali del giornalismo, un giornale indipendente, obiettivo, credibile, coraggioso e schierato dalla parte della gente. Un giornale che pone l’uomo al centro dell’interesse collettivo.”
E “sfogliando” il giornale, in questi suoi primi giorni di vita, si percepisce chiaro il taglio editoriale: attraverso una impostazione grafica accattivante, tanta informazione, tante opinioni a confronto, tanto spazio di discussione. Garanzia di libertà e di pluralismo! Al Direttore Coronetti, al capo redattore Gabriele Ceresa e al team di collaboratori gli auguri di buon lavoro.

11 maggio 2018

MEMME BEVILATTE SALVATA DA TERESA Una storia di salvezza e speranza durante l’occupazione tedesca, di Italo Arcuri a cura di Vincenzo Capodiferro


MEMME BEVILATTE SALVATA DA TERESA
Una storia di salvezza e speranza durante l’occupazione tedesca, di Italo Arcuri

Memme Bevilatte salvata da Teresa” è una storia vera, raccontata e documentata dal giornalista e scrittore Italo Arcuri, pubblicata dalla Casa Editrice Emia, Morlupo 2018. Italo Arcuri nasce a Sant’Agata di Esaro, in provincia di Cosenza, nel 1967. Trai suoi lavori ricordiamo: La città alla rovescia (2000); Il corpo di Matteotti (2013); Il rifiuto (2016); Ambrogio Donini e la storia delle idee (2016); Minute di passaggi di tempo (2017). Teresa Giovannucci era nata a Fratte Rosa il 29 luglio del 1912. Faceva la domestica nella casa del rabbino Marco Vivanti e di Silvia Terracina, che era maestra a Roma. Quando anche Mussolini aderisce al programma nefasto e genocida nazista con le Leggi Razziali nel 1938 e successive persecuzioni, tutta la famiglia Vivanti, con le figlie Enrica ed Emma, madre di Memme, con il marito Alessandro Dell’Ariccia, ed altri si trasferiscono presso la casa di Riano. Teresa aveva sposato Pietro Antonini. Il vero nome di Memme era Miriam Dell’Ariccia. Era nata il 29 ottobre del 1941. Otto ebrei rimangono in un retrobottega nascosto della casa di Teresa dall’ottobre del 1943 fino al 6 giugno del 1944, quando Riano viene liberata dagli americani. Teresa e Pietro nel giugno del 1993 sono nominati “Giusti tra le nazioni”. Italo Arcuri con un taglio particolarissimo che sta tra il giornalista, lo storico ed il romanziere, ci racconta un fatto avvincente, ma vero, toccante, di questa bambina, Memme. Memme come Mosè, viene salvata dalle acque. Mosè è sia il salvato che il salvatore: colui che salva il popolo dalla schiavitù d’Egitto. È una piccola goccia che si perde nel mare della Shoah: «Shoah in ebraico significa catastrofe, desertificazione, distruzione. È un termine sgradevole e ripugnante, che rimane chiuso ed insensibile persino nella pronuncia. Ha però un significato ben preciso, che ha a che fare con la persecuzione nazista del popolo ebraico già a partire dall’inizio del 1937…. Esseri umani. Uomini, donne eliminati, cancellati dalla faccia della terra solo perché “ebrei”. Cinque-milioni-ottocento-sessanta-mila». Così ci descrive Italo in poche, ma significative battute, questo fenomeno ripugnante. Ma ogni goccia è preziosa per arricchire il mare della memoria: per non dimenticare! Questo ricordo è opportuno soprattutto oggi, quando i venti di destra soffiano da est e come turbini travolgono l’Europa. Tornano i nazionalismi. Tornano le guerre di religione. Così notava il grande Bobbio prima di morire. Ed è proprio così. La Storia molte volte soffre di uno strano complesso, che potremmo definire di Cassandra, la profetessa della Verità: quando dice il vero non viene creduta, quando, invece, accadono le catastrofi tutti insorgono contro di lei: maestra di sventure! uccello del malaugurio! Ecco l’impotenza della storia: è la volontà di impotenza, non la volontà di potenza che ci guida. Il popolo si rende impotente di fronte alle trasformazioni storiche. La storia di Memme si intreccia con la storia d’Italia e con la storia del Mondo, potremmo dire l’onto-storico si fonde col filo-storico. Durante la guerra torna in Italia la propaggine dello spauracchio di una irrisolta, irrisolvibile Questione Meridionale. Nord e Sud sono divisi, proprio come oggi: il Sud giallo, il Nord Verde-blu. La nuova bandiera d’Italia (giallo-verde-blu) rispetta profondamente questa divisione storica. Per diciannove mesi, dal settembre del 1943 all’aprile del 1945, l’Italia rimane divisa: il Nord subisce l’occupazione tedesca coi repubblichini di Salò, il Sud rimane in mano dei badogliani. Al Nord si assiste alla stagione aurea della Resistenza armata. La Resistenza inizia col delitto Matteotti e finisce col 25 aprile. Viviamo una nuova stagione del Risorgimento: l’Italia deve essere liberata! La storia di Memme si staglia proprio in questo periodo particolarissimo. Riano si trova nella zona di confine. Verrà liberata solo nel tardo ’44. “Memme Bevilatte salvata da Teresa” ci offre uno spaccato interessantissimo e ci mostra un’Italia dal doppio volto, madre e matrigna, come una natura leopardiana: una madre persecutrice ed una madre salvatrice. «Il libro» di Arcuri «racconta,» - come si legge nel primo capitolo - «allo stesso tempo – e paradossalmente – di un odio e di un amore, di un disprezzo e di un affetto, di un rifiuto e di una tolleranza. L’odio, il disprezzo e il rifiuto di chi ha dichiarato e mosso guerra agli ebrei e il coraggio di chi, eroicamente, a questa proclamazione di guerra, ha saputo opporre, sempre e soltanto, amore, affetto e tolleranza». L’Italia stessa è una mamma, nutrice ricca di latte, che ha nutrito generazioni e generazioni. La patria è madre e padre. Donne e uomini come Teresa, salvando Memme, salvano l’Italia dal duro giudizio della Storia. Per questo dobbiamo ammirare questi eroi, che provengono dal popolo. «Pietro muore il 4 luglio 1990, Teresa sette anni dopo, il 22 novembre 1997. Marito e moglie, fianco a fianco, sono seppelliti nel cimitero di Riano». «Memme Bevilatte, ovvero Miriam Dell’Ariccia, classe 1941, ha tre figli e sei nipoti, ed è tra noi a testimoniare la sua storia e quella di Teresa e Pietro».
Vincenzo Capodiferro

09 maggio 2018

9 MAGGIO, FESTA DELL’ EUROPA di Antonio Laurenzano


9 MAGGIO, FESTA DELL’ EUROPA
di Antonio Laurenzano

Di acqua sotto i ponti della Senna a Parigi ne è passata tanta dal 9 maggio 1950, il giorno della dichiarazione di Robert Schuman al Quay d’Orsay, sede del Ministero degli Esteri: “La pace mondiale non potrebbe essere salvaguardata senza iniziative all’altezza dei pericoli che ci minacciano”. Un progetto di cooperazione, un appello ai paesi europei per un comune percorso di pace e progresso. Dopo i lutti e le distruzioni della guerra, spuntava l’alba di una nuova Europa, era l’inizio del processo d’integrazione europea. E nel ricordo di quello storico evento, il 9 maggio di ogni anno nei paesi membri dell’Ue si festeggia la “Giornata dell’Europa”.
Ma nell’attuale contesto comunitario, segnato da un crescente euroscetticismo, è difficile immaginare il futuro politico-istituzionale dell’Ue. L’Europa non fa più sognare. Incertezze e contraddizioni avvolgono la governance europea la cui irrilevanza politica è stata messa a nudo dalla grave crisi economica di questi anni. La crisi ha colpito la precaria struttura istituzionale disegnata dal Trattato di Maastricht che ha separato la politica monetaria (affidata a un’istituzione sovranazionale) dalle politiche economiche (riservate alle decisioni dei Paesi membri). Un’Europa intergovernativa, spesso litigiosa, senza identità politica e priva di un governo capace di rispondere alle attese dei cittadini. Un’opera incompiuta, con una moneta unica e una politica monetaria nell’eurozona a cui non corrisponde una unione bancaria, economica e fiscale. Manca un patto fondante in forza del quale lo stare insieme, il decidere insieme, l’agire insieme siano un autentico collante per poter parlare al mondo intero con una sola voce. L’Ue continua a essere un elefante che si muove lentamente sullo scacchiere internazionale con problemi anche al suo interno, con alcuni Stati contrari a ogni forma di integrazione politica.
E’ un’Europa che ha smarrito l’originario spirito unitario dei Padri fondatori con le sue spinte federaliste soppiantato da pulsioni nazional-populiste. Un sovranismo alimentato dalla sordità dell’establishment al diffuso disagio sociale. I governi dei singoli Paesi intenti solo a difendere rendite di posizione o a inseguire disegni egemonici nel segno di anacronistici egoismi nazionali. Si sta miseramente sgretolando il tasso di unità che ha tenuto finora in vita le tante diversità dell’ Unione.
La comune casa europea ha bisogno urgente di restauri! E’ ora di aprire il cantiere delle riforme attraverso la revisione dei Trattati per disegnare una diversa architettura istituzionale dell’Ue, superando ogni deficit di responsabilità e di efficienza (eliminazione del diritto di veto). Rendere cioè più solida e democratica “casa Europa”, riconoscendo al Parlamento di Strasburgo, che rappresenta i cittadini europei, il controllo sull’azione di governo della Commissione. Nei mesi scorsi la Commissione del Presidente Juncker ha presentato un piano di riforma dell’Eurozona: il varo di un bilancio della zona euro, la trasformazione del fondo salva-Stati Esm in Fondo monetario Ue da usare sia per salvare gli Stati sia per coprire il fondo salva-banche con relativa gestione a livello comunitario, la nomina di un super-ministro dell’economia e delle finanze e infine l’integrazione del Fiscal compact nella legislazione dell’ Ue. Ma è stato un “ballon d’essai”, una fumosa azione di Bruxelles per rompere i lunghi silenzi operativi.
Sul tappeto problemi importanti. In primis il completamento dell’unione bancaria che si basa su una vigilanza unica della Bce, su un meccanismo unico di risoluzione creditizia e su un’assicurazione in solido dei depositi bancari. Punto quest’ultimo sul quale manca l’accordo dei Ventotto per i forti timori della Germania e dei Paesi del Nord di mutualizzare il debito pubblico. Sotto la spinta dell’asse franco-tedesco, entro giugno dovrebbe vedere la luce una road map congiunta estesa alle tante questioni comunitarie in agenda. Sarebbe un primo segnale di rilancio del progetto europeo. Se pur incompiuta, l’Europa ha assicurato decenni di pace, ha distribuito stabilità economica e monetaria a imprese e cittadini, libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali, tassi d’interesse ridotti, scambi culturali. Per superare ogni squilibrio socio-economico e trovare la via di un futuro sostenibile e innovativo deve nascere un’Europa dei cittadini che nutra dei suoi valori un progetto forte e condiviso, i valori della solidarietà, della sussidiarietà, del dialogo, dell’integrazione tra etnie, religioni e culture diverse. Un’Europa unita fondata sulla sovranità condivisa e sull’interdipendenza delle politiche per una governance responsabile, presupposto di una equilibrata integrazione politica. Il resto è nichilismo storico!

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano Addio al “Patto di stu...