20 dicembre 2020

Jessie Burton – Il miniaturista – a cura di Marcello Sgarbi


Jessie Burton –
Il miniaturista (Edizioni Bompiani)


Pagine: 464

Formato: Brossura

ISBN 9788845283949


Questo è un libro che stupisce perché, dopo un avvio da motore diesel, la narrazione acquista ritmo e avvince, fino a incatenare in maniera sorprendente.                         Sullo sfondo dell’Olanda del Seicento, luogo ed epoca in cui l’autrice inglese - anche attrice - ambienta il romanzo, si dipana la storia di Nella Oortman: un’umile ragazza di campagna che, dal piccolo villaggio in cui viveva, si ritrova nella grande Amsterdam per sposare Johannes Brandt, facoltoso mercante.                   Sembrerebbe una vicenda come tante altre e invece, mentre ci si addentra nel racconto, si scoprono personaggi magnificamente tratteggiati e segreti a volte inconfessabili.                                                                                                                     Marin Brandt, l’altera sorella di Johannes, Cornelia, la curiosa governante e Otto, il servitore fedele, custodiscono nel cuore molto più di quanto non dicano le loro parole. E su tutto e tutti sembra che a tessere la tela della vita siano gli enigmatici messaggi del miniaturista, quasi fosse una Cassandra risorta dalla mitologia greca. Ma il romanzo, calato nella realtà del protestantesimo calvinista, tipico dell’Europa del Nord, offre anche un’altra chiave di lettura: una riflessione sulla fede.                                                                                                                                        Dopo averlo letto, non si può fare a meno di chiedersi: in che cosa e in chi credo veramente?

Per amore si rischiava tutto: era uno stato di beatitudine mai privo di perle di sgomento.

L’immagine di Johannes e Jack le è ronzata nella testa per giorni, come una falena che sbatta continuamente le ali. È riuscita a farla smettere di volare grazie alla forza di volontà. L’ha intontita e le ha staccato le ali. Ma la falena non è scomparsa.

Quanta infelicità uno deve aver accumulato, dentro di sé, per desiderare la morte di un uomo?

Il vento forte di gennaio le trapassa la giacca, affilato come gli artigli di un gatto.

Nella ha un cappuccio in testa, e una gonna alla buona addosso che le ha prestato Cornelia. Per affrontare la prova si è messa in maschera, come se il travestimento potesse proteggerla dalla verità. Anche Johannes è in costume. Per dimostrare che uno è quello che indossa, gli hanno messo un vestito di raso color argento che non c’entra nulla con la sua persona, e una piuma spocchiosa sul cappello che lui non avrebbe mai portato. La ragazza coglie lampi dell’abito tra una spalla e l’altra, una manica lucente come un’armatura sullo sfondo nero e grigio della folla.


© Marcello Sgarbi 

18 dicembre 2020

Io, l’Amante: il corto prodotto da Rupe Mutevole e tratto dal libro di Roberta Savelli, finalista al Lamezia International Film Festival 2020 a cura di Alessia Mocci

 




Io, l’Amante: il corto prodotto da Rupe Mutevole e tratto dal libro di Roberta Savelli, finalista al Lamezia International Film Festival 2020



Ero poco più di una bambina, ma avevo le idee chiare. Il mio atteggiamento deve avervi incuriosito, intrigato: ma chi era questa ragazzina, dal corpo voluttuoso di donna, che osava rifiutare i vostri fiori, i vostri inviti – quasi ordini – portati da un cortigiano? La mia famiglia in quel periodo fingeva di non sapere, di non vedere, con l’acquiescenza tipica verso i potenti, che forse mio padre se fosse vissuto non avrebbe avuto.” – tratto da “Io, l’Amante”

Io, l’Amante – Pensieri segreti della puta che amò un principe, posò per un genio. E divenne immortale” di Roberta Savelli è stato pubblicato nel 2018 dalla casa editrice Rupe Mutevole Edizioni nella collana editoriale Le relazioni.

Sin da subito, per la sua originalità, ha avuto importanti riconoscimenti quali unico libro di narrativa incluso nell’ambito delle celebrazioni del 500° anniversario della morte di Leonardo da Vinci.

Il cortometraggio ispirato al libro è stato diretto da Mauro Salvi con le musiche originali di Mark Drusco, prodotto dalla stessa casa editrice Rupe Mutevole ha avuto il riconoscimento ufficiale di finalista per la sezione Colpo d’occhio del Lamezia International Film Festival 2020 a cui sarà possibile partecipare come spettatori, previa registrazione per e-mail, dall’11 al 19 dicembre 2020 direttamente sul sito del Festival.

Il cortometraggio “Io, l’Amante” vede come protagonista l’attrice Eva Immediato (Cecilia Gallerani) e con Ugo Nasi (Ludovico il Moro), Mario Lucarelli (Leonardo da Vinci) e Veronica Sarperi (Dorina).

Il Lamezia International Film Festival (LIFF) nasce nel 2007 e sin dalla prima edizione ha avuto come scopo principale quello di mettere al centro del suo interesse gli esordi eccellenti del cinema italiano: opere prime dei registi, degli attori, dei musicisti.

Negli anni si è allargato sino ad avere sette differenti sezioni di partecipazione: Esordi d’autore, Colpo d’occhio, Visioni notturne, Monoscopio, L’ora del cinema, Premio Paolo Villaggio ed il Premio Carl Theodor Dreyer.

La sezione Colpo d’occhio è nata nel 2016 ed è curata dal regista Mario Vitale, mette in evidenza il talento delle generazioni di cenasti selezionando cortometraggi di registi esordienti od emergenti.

L’autrice racconta, in un’intervista, di Cecilia Gallerani (Milano, 1473 – San Giovanni in Croce, 1533) la protagonista del suo libro:

Cecilia affascinò Ludovico non solo per la sua bellezza, ma anche per la sua cultura, assolutamente non comune all’epoca, neppure fra le dame di alto lignaggio.

La Gallerani ebbe un posto particolare nel cuore del Moro anche quando il loro rapporto finì e l’amore si trasformò in stima e rispetto reciproco.

Non sappiamo con precisione quando Ludovico conobbe la Gallerani. Sappiamo però che ella, giovanissima, firmò nel 1489 insieme ad alcuni dei fratelli una petizione a quello che sarebbe diventato il signore di Milano dopo la morte del nipote, ma che lo era già di fatto, volta ad ottenere la restituzione di alcuni terreni confiscati dallo stato quand’era ancora vivo il padre Fazio.

All’epoca Cecilia non risultava più abitante con la famiglia e quindi si può supporre che avesse già iniziato la relazione con il Moro. Inutile dire che quelle proprietà furono restituite...

Roberta Savelli è nata a Volterra (PI), città a cui è legatissima, anche se attualmente risiede in Abruzzo. Laureata a Firenze in Lettere e Storia dell’Arte, ha ottenuto importanti riconoscimenti nazionali ed internazionali in campo letterario, tra cui prestigioso il 1° Premio assoluto nel concorso “Voci” Roma 2018.

Ha pubblicato varie raccolte di liriche tra cui “L’Anima allo specchio” (1983 Zappacosta, Chieti), “L’Ombra della Sera” (1986, Seledizioni, Bologna), “Alla ricerca di Atlantide” (1996, Agostino Pensa Editore, Terni), “Il respiro degli dèi” (2009, Agostino Pensa Editore Terni). Due sono i libri di narrativa dati alle stampe: “Il matto – Storia della bambina che non sapeva volare” (2017, Agostino Pensa Editore, Terni), “Io, l’amante – Pensieri segreti della puta che amò un principe, posò per un genio. E divenne immortale” (2018, Rupe Mutevole Edizioni).

Mauro Salvi nasce a Chiavari (Ge) nel 1953. È regista di film, sceneggiatore e scrittore. Con lo pseudonimo di Mark Drusco è compositore di musiche per film dal 1995 e fondatore nel 2010 della corrente musicale “Harmony Haiku”.

Esordisce come regista nel 2000, col film “The Doors of the Unknown”. Dal 2002 al 2004 dirige i film “The Way of Beauty”, “Downight”, “Women in Magic”. Nel 2019 e 2020 dirige i cortometraggi “Io, l’Amante” e “Il Viaggio di un’Anima”.

Rupe Mutevole Edizioni, fondata nel 2004 dall’editrice Cristina Del Torchio, scelse un villaggio sui monti dell’Appennino ligure-emiliano come sede e luogo dell’attività editoriale. Fu una scelta controcorrente e innovativa, caratterizzata dalla necessità di sbarazzarsi dell’abusato luogo comune che impone la città come unico centro produttivo di una casa editrice. Il motto è di cercare nuovi ritmi, nuove propulsioni, nuovi entusiasmi e Rupe Mutevole li trova fra gli spazi aperti, fra i boschi di castagni, sulle rupi e montagne che circondano il villaggio.


Info

Acquista il libro “Io, l’Amante”

https://www.reteimprese.it/pro_A40124B368553

Segui il LIFF

https://lameziainternationalfilmfest.wordpress.com/

Leggi l'intervista a Roberta Savelli 

https://oubliettemagazine.com/2020/03/06/intervista-di-alessia-mocci-a-roberta-savelli-vi-presentiamo-io-lamante/


Fonte

https://oubliettemagazine.com/2020/12/12/io-lamante-il-corto-prodotto-da-rupe-mutevole-e-tratto-dal-libro-di-roberta-savelli-finalista-al-lamezia-international-film-festival-2020/

17 dicembre 2020

Isotta Fraschini: più di un'auto quasi un sogno a cura di Angelo Ivan Leone


Isotta Fraschini: più di un'auto quasi un sogno


Un simbolo. L'auto che ha fatto sognare gli italiani. Il vero marchio di fabbrica del nostro settore automobilistico che glorificava l'eccellenza. In un Paese che ha la sua croce e delizia nel genio non poteva mancare l'auto geniale per antonomasia. Un tempo passato in cui il Paese sembra guardarsi allo specchio per rivedersi come era, è e, molto probabilmente, rimarrà
Il carattere individualista portato all'esasperazione se non al parossismo, la cieca e sconfinata fiducia in se stesso e l'allergia estrema ai compromessi con il proprio carattere. Una storia costellata di immense singolarità dove la collettività rimane sullo sfondo quasi dimenticata e annichilita da cotanto genio. Il determinismo assoluto che presiede a tutto questo fa sì che in un Paese che ha avuto: Galileo Galilei, Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti, Raffaello Sanzio per finire con Amedeo Modigliani, non poteva esserci altra macchina che questa. Isotta Fraschini. Più di un'auto quasi un sogno.

(c) Angelo Ivan Leone

15 dicembre 2020

IL BUONO E IL CATTIVO di Carmelo Musumeci a cura di Miriam Ballerini

 


IL BUONO E IL CATTIVO di Carmelo Musumeci

© 2020 Carmelo Musumeci Amazon

ISBN 9798692878892 Pag. 212 € 14,00


Conosco Carmelo da vari anni, fin da quando era ancora detenuto. Ha scritto tanti libri, tutti parlano di carcere.                         Questo suo ultimo lavoro tratta di cosa succede prima di entrare in un carcere, cosa spinga certe persone a commettere dei reati.             Carmelo ci svela che questa storia è nata per sentito dire. Non si sa se sia vera, oppure no, non lo specifica, e nemmeno ci serve saperlo. A dire il vero Carmelo non ci dice proprio nulla, tutto quello che capiamo, lo traiamo dalla storia stessa.                                                                                                    Ci sono due bambini: Mario, ricco e con tante possibilità, Roberto, povero che, fin da piccolo, capisce quanto sia ingiusta la vita. Innamorato della propria madre, il primo crimine lo farà proprio per aiutare lei.                                                                                                                             Una giustificazione? No, un dato di fatto. Perché, a un certo punto, la carriera del delinquente deve avere inizio e, questo, è l'inizio della carriera di Roberto.                                                 Uccide e ucciderà ancora.                                                                                                                     Scritto in prima persona, Carmelo si immedesima in Roberto. Ci mostra la “cultura” del delinquente, dove si parla di vendetta e di omicidi, come se fossero cose lecite. Quasi normali. E ci mostra anche un lato interessante dal punto di vista sociologico: Roberto è per antonomasia il cattivo, Mario il buono. Eppure, anche Mario, seppur buono, riesce a fare del male. Proprio perché nessuno di noi nasce buono o cattivo. Nasce, solamente nasce. Sono l'ambiente, la cultura, l'educazione, le esperienze che ci portano a essere quel che diventiamo. Anche se non dobbiamo dimenticarci mai, che la vita è fatta di scelte: alla fine siamo sempre e solo noi a scegliere, ad affidarci al nostro libero arbitrio.                                                                Questo libro l'ho letto in modo rapido, perché, pur dando molti spunti di riflessione, questi sono alla portata di tutti. Non occorrono grossi sforzi per capire, per notare, per leggere fra le righe.                                                                                                                                                     Roberto, nonostante sia il cattivo, si innamora di Maria. Per lei riesce anche a cambiare, anche se non per molto.                                                                                                                             La prefazione è di Nadia Bizzotto, volontaria della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi. Responsabile di una struttura di accoglienza in Umbria. Da anni si occupa di detenuti, in particolare di chi è condannato al fine pena mai.                                                         Le sue sono pagine da leggere con attenzione; se già avete nel vostro cuore qualche seme, le accoglierete come pioggia per farlo crescere. Se, invece, non vi siete mai posti il problema carcere, o, addirittura, avete per i detenuti solo parole di odio, sono parole che vi consiglio di leggere, perché sono state scritte soprattutto per voi.

© Miriam Ballerini

14 dicembre 2020

Gabrielle Zevin – La misura della felicità – a cura di Marcello Sgarbi

 


Gabrielle Zevin –
La misura della felicità(Edizioni Nord)

Collana: Narrativa Nord

Pagine: 320

Formato: Cartonato con sovraccoperta

ISBN: 9788842923497

Leggendo questo romanzo, la prima sensazione che ho provato è la stessa che mi ha colpito attraverso le pagine di Come un romanzo, di Daniel Pennac: l’amore per i libri. Nel caso dello scrittore francese di origine italiana si trattava di un saggio, scritto per l’appunto “come un romanzo”. Qui l’autrice è una sceneggiatrice americana e il taglio è cinematografico, tanto che un giorno non mi stupirebbe sapere che ne è stato tratto un film. La passione che trasmette verso il piacere della lettura, però, ha la stessa intensità.

A.J. Fikry, libraio egocentrico e irascibile perché duramente provato dalla vita, scopre nella sua libreria Maya, una bimba di due anni abbandonata lì dalla madre. Dopo un iniziale sconcerto lui – mai stato padre – si trova ad accudirla, e attraverso la piccola ritrova non solo l’amore per il suo mestiere, ma anche la capacità di innamorarsi di nuovo.

Curioso e coinvolgente, con un intreccio narrativo in crescendo ricco di colpi di scena, cattura l’attenzione del lettore e lo trascina nel racconto fino alla fine, mostrandogli le cose più che fargliele immaginare. Autentico inno al potere salvifico della lettura e all’amore in senso lato, fa parte a buon titolo dei libri che riconciliano con la vita.

Bisogna incontrare le storie al momento giusto. Ricorda, Maya: le cose che ci colpiscono a vent’anni non sono necessariamente le stesse che ci colpiscono a quaranta, e viceversa. Questo è vero nei libri e anche nella vita.

Una volta che t’importa di qualcosa, comincia a importarti di tutto.

Non c’entra molto con la scrittura, però… un giorno, potresti prendere in considerazione l’idea di sposarti. Scegli qualcuno convinto che tu sia l’unica persona nella stanza.

Che differenza c’è tra un libro e l’altro? Sono diversi perché lo sono, decide. Bisogna leggerne molti, bisogna crederci, bisogna accettare che ti deludano, perché qualcuno, di tanto in tanto, ti possa entusiasmare.

Non siamo le cose che raccogliamo, che acquisiamo, che leggiamo. Per tutto il tempo che passiamo qui sulla Terra, siamo solo amore. Le cose che abbiamo amato. Le persone che abbiamo amato. E tutto ciò… penso che tutto ciò continui a vivere.

© Marcello Sgarbi

10 dicembre 2020

LA BIBLIOTECA DI PARIGI di Janet Skeslien Charles a cura di Miriam Ballerini

 


LA BIBLIOTECA DI PARIGI di Janet Skeslien Charles

Nessuno può far tacere i libri

© 2020 Garzanti

ISBN 978-88-11-81214-2

Pag. 399 € 17,90


Un romanzo, da quel che si legge nei pareri dati da eminenti giornali, fortemente desiderato, conteso da tutti gli editori internazionali. Nel mio piccolo l'ho giudicato un testo prezioso, una piacevole lettura; un libro che ci mostra una faccia diversa del periodo dell'invasione nazista. Ma, nonostante ciò, non ha creato in me quella forte emozione che mi aspettavo. Forse è stato tutto questo proclamarlo il libro più atteso e bla bla, ad avermi illusa, creando in me aspettative che, infine, sono state un poco smorzate mentre mi addentravo nella storia.                                                                                                                Nonostante ciò ne consiglierei ugualmente la lettura, perché è stato scritto partendo da personaggi veramente vissuti, da luoghi reali e dalle ricerche fatte dalla scrittrice. Più di tutto ne consiglierei la lettura proprio perché è un libro che tratta una faccia del tutto sconosciuta, o quasi, di una guerra che tutti conosciamo per altri aspetti.                                                                 Il romanzo segue due linee temporali: il 1984 in Montana, dove conosciamo Lily, una ragazzina che rimane orfana di mamma. La sua vicina di casa, Odile, è una signora riservata e chiusa, non parla mai con nessuno; ma si sa che è giunta anni prima dalla Francia.

Di cognome faceva Gustafson e abitava nella casa accanto. La gente la chiamava la Sposa della guerra, ma a me non sembrava affatto una sposa... Viveva qui dal 1945, ma sarebbe stata vista per sempre come la donna venuta da chissà dove”.

Lily inizia a incuriosirsi e cerca una scusa per potersi avvicinare alla donna e conoscere qualcosa di più della sua vita.                                                                                                             L'altra linea temporale inizia nel 1939 e prosegue fino al 1945 a Parigi. Ogni capitolo riporta il nome di Lily o di Odile, e sono le stesse protagoniste che, in prima persona, narrano le loro vicende. Ovviamente la vicenda principale riguarda Odile, la sua vita. Da quando inizia a lavorare alla biblioteca americana di Parigi.

Odile ama i libri, li vive, ci penetra. Nella sua biblioteca incontra gente, si formano intrecci; ci sono diverse persone con diverse culture e caratteristiche che le rendono uniche. Suo padre è un poliziotto e, ogni settimana, le porta a casa un suo sottoposto per cercare di farla fidanzare; sarà proprio uno di questi giovanotti che troverà posto nel cuore di Odile.                                     La sua vita prosegue sulle macerie: la guerra ha inizio in Europa, anche la Francia viene coinvolta e, Remi, suo fratello gemello, parte per il fronte, per non far più ritorno a casa.         Suo padre, scoprirà lei, ha un'amante, la stessa donna che, in seguito, curerà la madre.             La sua amicizia più preziosa si fonda proprio in biblioteca, con una donna inglese di nome Margaret. Tutto crolla quando i nazisti giungono in città e iniziano a farla da padroni. I libri diventano proibiti, gli ebrei vengono esclusi, allontanati, arrestati e portati nei campi di concentramento. Molte lettere anonime giungono al padre di Odile: chi accusa il vicino di casa, chi l'amico, chi uno straniero. Vengono chiamati i Corvi, mostrano tutta la bassezza umana.

La direttrice della biblioteca decide di tenere aperta la biblioteca, di nascosto, Odile e i suoi colleghi, portano a casa dei loro frequentatori i libri che desiderano leggere, rischiando ogni volta l'arresto quando vengono fermati e perquisiti dai nazisti.

Perché “I libri sono la luce”, così come sta scritto sulla facciata della biblioteca.

Era davvero Parigi quella? La signorina Reeder pensava di no. I viali erano deserti, le bancarelle dei mercati vuote. Persino i passeri erano volati via... Proseguendo a piedi, munita di borsa e maschera antigas, rabbrividì alla vista di un trio di soldati tedeschi di pattuglia. Angosciata dalla prospettiva di incontrare uomini come quelli anche altrove, la signorina Reeder accelerò il passo con un solo pensiero in mente: la Library”.

Attraverso i libri, come agiscono sulle persone, la scrittrice ci narra di quel periodo.

Si alternano la storia di Odile a quella di Lily e della donna ormai anziana. Scopriamo cosa ha potuto fare per salvare le persone e anche i suoi limiti, i suoi rimorsi. Il perché non ha sposato Paul, nonostante il loro grande amore, la loro passione consumata fino in fondo. Come mai ha sposato un altro uomo, perché è andata così lontana da Parigi, lasciando la cosa che per lei era la più cara: la biblioteca e il suo contenuto umano e letterario.


© Miriam Ballerini


fonte: https://oubliettemagazine.com/2020/11/26/la-biblioteca-di-parigi-di-janet-skeslien-charles-nessuno-puo-far-tacere-i-libri/?fbclid=IwAR11r-w8lRFh_Yi-oL5O940NO5WTfWcqAIa8Y6xRJQNQYsAKbA3FrWfltIw


09 dicembre 2020

“TRA PASSATO E PRESENTE” ANGELO AUGUSTO MONTORIO (ANG) a cura di Maria Marchese


 “TRA PASSATO E PRESENTE” ANGELO AUGUSTO MONTORIO (ANG)

 (olio e colori acrilici su tavola)

Angelo Augusto Montorio era presente alla kermesse artistica realizzata da Nuovo Rinascimento, a Desio, per le commemorazioni del cinquecentenario di Raffaello Sanzio, con due opere: “FUOCO AZZURRO” e “TRA PASSATO E PRESENTE” . Proprio di questo secondo brano vorrei disquisire, quest'oggi. Il giovane artista melzese custodisce un temperamento riflessivo e trasla, poi, questa sua inquietudine conoscitiva addentro i suoi tropi figurati. Ang ivi forgia una considerazione contemplativa sine tepore, frangendo la limitatezza delle soglie della “tela” per creare l’accesso ad un'arcana e disseratoria dimensione. Le opere dell’artista involvono la possanza di una malía cerebro/mistica e formale, tanto da indurre l’osservatore a seguirne il richiamo, per poi perdersi nella sfera interrogativa. “Tra passato e presente” ghermisce lo sguardo, d’emblée, per intensità cromatica: l’artista vi imprime tonalità icastiche, creando l’atmosfera di un fermo immagine che custodisce, però, un senso erratico. Lenezza e calma, dovute ai tempi di asciugatura del pigmento oleoso e del colore acrilico, mutano, così, avvicendandosi, in immediatezza esecutoria e intuito personale e altresì in paziente attesa e riflessione: qualità indispensabili per affrontare le vicende umane. Tra il mistero e l’intimità promanate nero, il divenire sprigionato da un superno azzurro intenso, la passione dimorata nel rosso e la preziosità donata dall’obrizo, l’autore esprime un “logos” figurato, concepito nella significanza attribuitagli da M. Heiddeger. Secondo il filosofo tedesco, i verbi parlare, dire… facevano riferimento sia al termine logos che al verbo leghein, che designa il raccogliere, il conservare ciò che viene detto e, quindi, l’ascoltare. In quest’ottica, l’osservatore tacita se stesso per dare ascolto alla voce dell’autore e comprendere il senso del discorso ritratto a pennello. L’artista per primo compie, ab imis, questo iter: la prova tangibile è riflessa nella lama, ove troviamo effigiato il volto stesso di Angelo Augusto Montorio. Egli assurge Melpomene, musa greca della tragedia, quale lumen e genesi della realizzazione artistica: custodita nella sacralità dell’oro, ella diviene depositaria di risposte, di genio (la maschera che tiene tra le mani) , sofferenza e intrepidezza (la spada) . La daga si fa portavoce di una salvificante, seppur dolorosa, assoluzione di uno stato emotivo e se pensiamo, invece, a quella impugnata da “Virtus” , ne “Il sogno del cavaliere” , essa simboleggia il coraggio. La dea viene espressa quale vate assoluto e imperituro. L’artista dimora, sul suolo dell’opera, quel percorso esistenziale ancorato, in parte, ai sensi e, in parte, al grande impegno speso e all’indagine ancora da compiere per addivenire a raggiungimenti più alti. Su questa sezione della tavola, infatti, possiamo ravvisare un uomo che rivolge la propria attenzione alla musa, mentre lo sguardo di quest’ultima volge altrove: l’immaturità evolutiva lo allontana dalla suprema conoscenza. Il sacro stesso, legato alla dottrina (le tre figure vicine all’uomo) , fa parte di questa condizione terrena. Accanto a Melpomene, Angelo Montorio realizza la Terra, ove un Dio ha originato l’uomo, e effigia altresì la Luna, poi le galassie… deponendo in tutto ciò la significanza di una ricerca continua, che attraversa ere e spazi… La parte alata della disquisizione artistica diviene quasi sacerdote di una nuova nascita: dopo la significativa catarsi, occorsa nella condizione pregressa, troviamo un essere umano capace di approdare alle risposte e condividere i segreti abbracciati da Melpomene. Le nuvole, col loro purpureo e sofferto bagaglio, esprimono un'essenza individuale, la cui levità è stata originata dal lavacro: aspersa, quindi, da limpide e sapienti acque, essa matura sospinta da un naturale addivenire a fondamentali e sconosciute cime. Un brano artistico, quello valentemente tradotto da Ang per onorare Raffaello Sanzio, emblematico di un messaggio sempre attuale: egli esprime una percorrenza dove le radici e il quesito divengono necessari incipit per una trasformazione individuale e altresì universale. 

 Maria Marchese

06 dicembre 2020

Doccia calda e profumo di caffè di Luca Negherbon: prevendita promozionale del libro

 




Doccia calda e profumo di caffè di Luca Negherbon: prevendita promozionale del libro



Ho fatto il vagabondo per settimane, rimediando una doccia da mia figlia, mangiando al bancone di un bar. Ho vestito quei 4 vestiti che avevo, sempre quelli. Poi ho comprato una forchetta, poi un coltello, poi un cucchiaio. Un pezzo alla volta sono tornato alla civiltà.– dal brano “6 mesi che sono andato”

Non è mai troppo tardi. Già, è così. Ci si può sempre rialzare dopo una caduta se si ha la volontà di cercare dentro la forza. Perché è di questo che stiamo parlando: volontà di potenza, il tanto celebre concetto di Friedrich Nietzsche.

Doccia calda e profumo di caffè” è una raccolta di brani di Luca Negherbon, sarà pubblicata nel mese di gennaio 2021 dalla casa editrice Rupe Mutevole nella collana editoriale Trasfigurazioni, ed, in accordo con l’editrice Cristina Del Torchio, si è deciso di dare la possibilità ai lettori di prenotare la propria copia con la prevendita del libro.

I brani sono corredati dall’indicazione temporale per un arco di tre anni, dal 2017 al 2020. Lo stesso autore racconta: “Come meteore cadono determinati, con il loro carico. Li catturo e deposito sul foglio, per essere letti. Non c'è regola e filo conduttore tra loro se non quelli di palesarsi nella stessa vita, la mia. Sono presentati in ordine cronologico di nascita, è specificata la data poiché la collocazione nel tempo ha un valore storico, ne determina il momento del pensiero, lo scenario di fondo, l'atmosfera di riferimento.”

Il libro è impreziosito dall’interpretazione di Stefano Falbo di una selezione di testi, segnalati in formato QR ed inseriti nelle pagine così che il lettore potrà, con operazioni semplici ed immediate tramite il proprio cellulare, visionare direttamente il video del brano.

Ero solo dentro di me. Ancora non avevo capito come sarebbe stato il processo di liberazione. Non avevo idea di quello che mi aspettava, ma sapevo che sarebbe stato doloroso. Stavo la, come quando si vuole darsi una martellata sul dito e si rimane immobili incerti con il martello per aria in attesa del momento giusto. Non stai soffrendo, ma sai che accadrà presto. Aspetti il momento del "Sì!", procediamo!– dal brano “Vera solitudine”

La raccolta si presenta in modo fluido legata interamente alla vicenda personale dell’autore, la separazione con la moglie. Un fatto sociale che da anni è diventato la prassi, così come esiste il matrimonio ora esiste anche la separazione in quasi egual misura, ma è come se nella società ci fosse un velo di “nascondimento”, ed è lodevole il coraggio dimostrato dall’autore nel voler affrontare questa tematica, questo accadimento contemporaneo dei rapporti umani.

“Doccia calda e profumo di caffè” nasce da frammenti di pensieri, momenti in cui l’autore ha sentito una pulsione che non poteva silenziare, e così come lui stesso ci palesa:

Brani inediti di italiano, moderno e asciutto linguaggio, attento a essere chiaro e diretto, senza artifici letterari o effetti speciali. D'uso sia scritto che parlato. Sobrio, pulito, senza coloranti aggiunti.

Pensieri, frammenti di giornata, a ore disparate. Non c'è un momento particolare determinato, dove nascono i testi, sono improvvisi nel tempo della loro creazione. Arrivano, ogni attimo è buono, in qualunque luogo è occasione.”

Per coloro che volessero, dunque, scommettere su questo autore e sulla sua eterogenea raccolta è ora disponibile la prevendita nel sito indicato nelle info. La spedizione del libro avverrà tra il mese di gennaio e febbraio 2021.

Dopo la devastazione delle fiamme che hanno apparentemente distrutto tutto, la mia testa si è rigenerata. Nuovi e inediti percorsi neuronali generano pensieri nuovi, fluisce nuova visione, fantasia, filosofia. C'è più posto allo sviluppo dei concetti. Spazzato via il ciarpame accumulato in decenni d'immobilismo.” – dal brano “Dopo l’incendio”



Info

Acquista in prevendita “Doccia calda e profumo di caffè”

https://www.reteimprese.it/pro_A40124B396797


Fonte

https://oubliettemagazine.com/2020/11/30/doccia-calda-e-profumo-di-caffe-di-luca-negherbon-prevendita-promozionale-del-libro/

Murakami Haruki – Kafka sulla spiaggia – a cura di Marcello Sgarbi

 


Murakami Haruki –
Kafka sulla spiaggia(Edizioni Einaudi)


Collana: Supercoralli

Pagine: 522

ISBN 9788806186036


Devo confessare che, a parte Banana Yoshimoto (a mio modesto parere, peraltro, sopravvalutata) non ho granché frequentato gli autori del Sol Levante.

Esempi ce ne sarebbero tanti, a partire da Matsuo Bashō, che ha scritto un diario di viaggio in cui sono contenuti meravigliosi haiku, a Yukio Mishima di Confessioni di una maschera, suicidatosi con l’harakiri dei samurai.

Anche questo autore – scrittore, saggista e traduttore con una nutrita bilbiografia –mi era sconosciuto. L’ho scoperto con un romanzo visionario costruito su piani paralleli, dove il conscio si fonde con l’inconscio, il sogno con la realtà (non a caso, nella narrazione, una delle citazioni chiave è di William Butler Yeats, poeta e scrittore irlandese: “Nei sogni comincia la responsabilità”).

Da una parte il mondo di Tamura Kafka, quindicenne in fuga dalla famiglia perseguitato da una maledizione, che adotta uno pseudonimo e “il ragazzo Corvo” come coscienza (kafka, in cecoslovacco, significa appunto “corvo”).

Dall’altra il mondo di Nakata Satoru, involontariamente coinvolto in un delitto: un personaggio che non ha ricordi ma solo la percezione del presente, ispirato al protagonista di una vicenda realmente accaduta.

In un turbinio di avvenimenti che portano spesso a considerare il senso della vita e i suoi misteri, i destini dello senex e del puer quasi si incrociano e ci invitano a riflettere sulla caducità delle cose.

Nella vita c’è un punto in cui non si può tornare indietro. E poi c’è un punto, ma i casi sono molto più rari, in cui non è più possibile andare avanti. Quando questo accade, che sia un bene o un male, l’unica cosa che possiamo fare è accettarlo in silenzio. È così che viviamo”.

Quello che è successo, è successo: bisogna accettarlo”.

L’uomo non è trascinato nella tragedia dalle sue pecche, ma dalle sue qualità”.

(c) Marcello Sgarbi

PARATISSIMA Torino 2020 – Art Station a cura di Marco Salvario

 

PARATISSIMA Torino 2020 – Art Station

23 ottobre – 01 novembre 2020

Ex Accademia Artiglieria - Torino

Di Marco Salvario


Quest’anno Paratissima ha cambiato formula, cercando di adattarsi alle severe regole di questo interminabile periodo di pandemia, e nella sua storica esibizione torinese ha provarsi a spezzarsi in quattro momenti distinti. Purtroppo i decreti legislativi sempre più rigidi hanno permesso solo al primo evento “STOP 1 – Nice & Fair | Contemporary visions” di avere luogo, mentre gli altri tre sono stati rinviati a data da destinarsi.

Non è questa l’occasione adatta per ripetere le critiche che da qualche anno faccio sul sempre più evidente tradimento dei principi che avevano fatto nascere Paratissima, in questo momento si deve solo lodare lo sforzo eccezionale che è stato compiuto per permetterle di accogliere gli artisti e i visitatori in sicurezza e nel rispetto delle normative, offrendo una buona qualità e quantità di opere. Sono stato tra i primissimi visitatori paganti ammessi e ho trovato che l’organizzazione era perfetta e la mia visita è avvenuta in perfetta tranquillità.



Chissà perché mentre le precedenti manifestazioni indicavano con fierezza la propria edizione, questa volta Paratissima non si chiama Paratissima 16, forse per il significato del numero nella smorfia napoletana, dove il sedici è la fortuna cioè ‘o culo, oppure per evitare la mala sorte della prossima Paratissima 17, oppure semplicemente perché, come una signora che scopre qualche accenno di rughe sul viso, vuole nascondere la propria età.

Sorvolo sui 9 euro da pagare per l’ingresso, giustificabili con le aumentate esigenze di sicurezza, però sono imbarazzanti per un’iniziativa per molto tempo gratuita e che ora offre al visitatore molte meno opere e artisti. E meno fantasia.

Il sito dell’ex Accademia Artiglieria, Art come artiglieria e Art come arte, è stato confermato dopo l’esperienza dell’anno scorso pur se su spazi ridotti; è una sistemazione accattivante e si spera possa essere uno stimolo al recupero di tutta l’area. Purtroppo fare affidamento su un interessamento costruttivo delle istituzioni cittadine è inutile, la mancanza di denaro e di capacità di tali persone condanna Torino a un decadimento inesorabile.

Prima di iniziare la mia personale analisi dell’evento, lasciatemi puntualizzare:

  1. Le segnalazioni e i giudizi che leggerete in quest’articolo sono pareri personali e riguardano artisti che mi hanno colpito favorevolmente. Se uno degli espositori si trova citato, è perché la sua opera mi è piaciuta. Se non si parla di lui, o non mi ha interessato, o il caso ha voluto che le sue opere mi sfuggissero, o non ho trovato lo spunto giusto per commentarlo.

  2. L’elenco che segue non è una classifica ed è nato dalla sistemazione delle fotografie che ho scattato, collegata al percorso di visita.



RE

Interessanti le opere del progetto espositivo “Prospettiva rifugio” a cura di Valeria Cirone, Paola Curci e Lin Lin. Molto attuale lo spunto: “Dai limiti del confinamento alla riscoperta personale”. Ogni uomo, anche il più giramondo, ha bisogno di un posto che deve sentire suo, dove è protetto e dove da dove può osservare che cosa lo circonda. Un nido, una tana, un riparo da sentire casa.

In tale progetto, l’opera di RE “Né in cielo né in terra” ci colloca davanti a una finestra chiusa, dal legno grezzo e pesante. Fuori forse c’è un bosco, però non ha importanza. La finestra è al tempo stesso prigione e difesa verso un mondo che è libertà e minaccia, che attira e respinge. Che cosa veramente c’è, fuori dal rifugio? Vento, freddo, pericolo, eppure l’uomo sa che dovrà uscire prima o poi, per procurarsi il cibo e cercare il contatto con altri uomini.



Luvol

La Street Art è sempre più presente nelle gallerie d’arte moderna dove, superati sarcasmi e perplessità, dimostra la sua vitalità e validità, evidenziando la sua capacità di denunciare e affrontare le situazioni sociali o politiche della realtà in cui opera.

Luvol, il suo nome d’arte è l’anagramma del vero cognome, sa essere testimone attento e intelligente. I suoi bambini con i volti coperti dalle mascherine azzurre ammirano e giocano con bolle di sapore: qui la lettura non può che essere allegorica. Sono simbolo del futuro incerto, quelle bolle? Sono le illusioni con cui distraiamo quei cuccioli umani mentre intorno a loro, piccoli che nessuno guarda, il mondo è malato?

Oltre tutte le possibili interpretazioni, la capacità di cogliere e inseguire le immagini, rende Luvol uno degli autori che ho preferito in questa edizione di Paratissima.



Giu.ngo-lab

Giu-ngo-lab nasce dalla collaborazione tra Giuseppina Longo (artista) e Angelo Fabio Bianco (dottore zootecnico); a essi si è in seguito associata Maria Paola Minerva (designer).

L’installazione presentata dal titolo “Il mio doppio chiede aiuto”, consiste di cinque contenitori di vetro che racchiudono al loro interno un volto di donna che chiede con disperazione di essere liberata. Un nostro doppio prigioniero di noi stessi, uno dei nostri tanti aspetti a cui non permettiamo di mostrarsi e realizzarsi per calcolo, imbarazzo o semplicemente perché non ci sembra adatto alle consuetudini dell’ambiente dove viviamo. Siamo spaventati e terrorizzati dalla paura di riconoscerci in lui, eppure quella nostra natura c’è e palpita in noi, avida di realizzarsi.




Elena Marchesini

Ironia e provocazione nella figura di Monna Lisa che in abiti moderni, mentre sosta davanti al proprio ritratto, guarda verso lo spettatore. “What’s Art?” Che cos’è l’arte, anzi, l’Arte con la “a” maiuscola. Perché il tempo trascorre cancellando il ricordo di tante opere e di tanti artisti mentre altri rimangono e addirittura ingigantiscono?

Non si tratta di imbastire un processo a Leonardo o chiederci se la Gioconda sia davvero un capolavoro così unico e immortale, ma di interrogarci sul perché in un’epoca di artisti e opere eccezionali, proprio quell’immagine abbia avuto le caratteristiche per diventare un mito. Interroghiamoci, quindi, ma Elena Marchesini sa porci la domanda accompagnandola con un simpatico e riuscito sberleffo.




Marco Circhirillo

Fotografie realizzate con la tecnica dell’esposizione multipla, permettono all’artista di moltiplicare il soggetto per decine di volte, centinaia in “Super Ego”. “Psicotropie”, le definisce l’artista e uno psicotropo è una sostanza che agisce sulle funzioni psichiche, come una medicina o una droga.

Marco Circhirillo non ci propone un esercito di cloni uguali che invadono il mondo, quanto la ricerca da parte dell’individuo della propria posizione corretta in un dato ambiente, quella dove si sente più realizzato, in armonia con gli altri, anche e soprattutto quando gli altri sono copie di noi stessi.




Silvia Ottobrini

Con questa artista entriamo in una dimensione indefinibile, dove la scultura si presenta incorniciata come la pittura, dove la poesia diventa fiaba, la realtà si perde in accenti macabri e il tempo non ha più valore. Ogni opera è un percorso particolare, da interpretare e analizzare, dai significati criptici, a volte confusi, a volte più convincenti.

“Tout est et n'est rien”, com’è scritto sul motto degli Challant.

Nell’opera “In dolore”, dove una mano cuce con filo rosso una ferita profonda con punti grossolani, sentiamo la crudezza antica e attuale della vita, eppure nel gesto c’è un atto di aiuto e soccorso.



Eleonora Gugliotta

Quando ho parlato ad alcuni amici di questa artista, dei capelli neri usati come arricchimento e ornamento di cartine geografiche, camicie, piatti e, diciamolo, di un rotolo di carta igienica, ho suscitato un’istintiva repulsione. Eravamo a tavola e il pensiero di un capello nel proprio piatto era disturbante.

Potrei evitarmi la recensione e rimandare il lettore al video “Rito Funebre alla Terra - Performance di Eleonora Gugliotta” che è possibile trovare su YouTube o in forma più breve su vimeo, per capire come queste opere siano intense di suggestione e passione. Le nostre radici mediterranee e classiche riemergono con forza; il lutto per la nostra storia tradita, per la Terra che stiamo uccidendo, si palesa in uno dei modi più istintivi e disperati: una donna che strappa i suoi bellissimi capelli e li offre alla Terra, in memoria di un passato che stiamo colpevolmente dimenticando.

L’autrice diventa sacerdotessa di una religione che venera la natura, lo spirito che vive nelle cose, l’anima del creato, valori che la modernità violenta, avvelena e distrugge senza rispetto.




Simone Benedetto

Tra gli artisti che ho incontrato durante tutte le edizioni di Paratissima che ho seguito, Simone Benedetto è quello che sempre ha saputo entusiasmarmi e commuovermi. Non mi ha deluso neppure quest’anno, anzi, come ho già scritto in passato, in ogni occasione supera se stesso. In “Graft Room” i corpi umani sono realizzati in jesmonite, un materiale composito facile (per chi lo sa fare) da intagliare e modellare.

Uomini, soprattutto adolescenti e bambini, diventano cavie nella cui carne sono innestate fiale, ampolle e provette per un progetto che sembra ai nostri occhi di inaccettabile crudeltà. Eppure, quanto siamo vicini a realizzare davvero simili laboratori, probabilmente giustificando tale operazione con la possibilità di un bene superiore per altri uomini?

Come sempre l’autore sa turbare e fare riflettere.


Citazioni veloci per le fotografie di Laura Ansaloni, le visioni in chiave Street Art di Mr.Pink, “Memorabilia” di Véronique Torgue, le trasparenti ceramiche di Aurora Vettori, le interessanti sculture di Arturo Ianniello, le raffinate stampe di Teresa Carnuccio, la macchina da scrivere “Lezione di lettere” di Riccardo Bofadini e i collage di A.Yulia Korneva.

05 dicembre 2020

MES, CROCE E DELIZIA DELLA POLITICA EUROPEA di Antonio Laurenzano

 


MES, CROCE E DELIZIA DELLA POLITICA EUROPEA

di Antonio Laurenzano

Giorni inquieti nei palazzi romani della politica. Da settimane il Meccanismo europeo di stabilità (MES), il cosiddetto “fondo salva Stati”, monopolizza il dibattito politico e alimenta lo scontro fra i partiti, e nella stessa maggioranza di governo. Il Mes è la “cassaforte” dell’Eurozona, istituito nel 2012 per dare sostegno ai Paesi in caso di crisi finanziaria e di rischio default previa l’attuazione di un piano di riforme strutturali della finanza pubblica “sorvegliato” dalla “Troika” (Commissione europea, Bce e Fondo monetario internazionale). Hanno finora beneficiato del programma di aiuti Grecia, Spagna, Cipro, Portogallo e Irlanda. Con sede in Lussemburgo, il Mes è gestito dal Consiglio dei Governatori costituito dai ministri dell’economia dell’Eurozona e da un Consiglio di Amministrazione. Come osservatori, ne fanno parte anche il Commissario Ue agli Affari economici e il Presidente della Bce. L’Italia è il terzo maggiore socio del Mes (17,8%), dopo Germania e Francia, con 14 mld di capitale versato e 125 mld di capitale sottoscritto su un totale di circa 700 mld.

Dal 2017 si parla di riforma del Mes per rafforzare la coesione dell’Eurozona nell’affrontare le crisi e a tutelarne la stabilità finanziaria. Una ipotesi che in Italia ha dato il via a un profondo dibattito per le “condizioni di accesso” alle linee di credito giudicate particolarmente rigide: non essere in procedura d’infrazione, rapporto deficit/Pil inferiore al 3% da almeno due anni, rapporto debito/Pil inferiore al 60% (o con una sua riduzione di almeno 1/20 negli ultimi due anni). Per i dieci Paesi della zona euro (Italia compresa) fuori dai parametri di Maastricht l’obbligo di sottoscrivere un gravoso “memorandum”, un dettagliato accordo di riforme impopolari, non ultima la “ristrutturazione del debito sovrano”, con i conseguenti rovinosi effetti sui risparmiatori privati che hanno investito nei titoli di Stato. Una “calamità immensa” che generebbe distruzione di risparmio, fallimento di banche (detengono il 70% del debito pubblico) con ripercussione sui correntisti per effetto del “bail in”, crisi economica, disoccupazione di massa e un generale impoverimento sociale.

Le proposte di modifica al Trattato, in discussione in sede europea dal dicembre 2018 sulle quali i Paesi membri prima di accantonarle a seguito della crisi Covid avevano trovato un “accordo politico preliminare” nel giugno 2019, sono state approvate dall’Eurogruppo nella recente seduta del 30 novembre. I ministri dell’economia della zona euro hanno dato l’ok definitivo alla riforma del Trattato che ridisegna gli aiuti tradizionali del Mes, con l’obiettivo di prevenire le crisi invece che intervenire drasticamente una volta scoppiate, con i programmi di salvataggio che sono costati la cattiva fama al Mes. L’intento della riforma è rafforzare e semplificare l’uso degli strumenti a disposizione del Mes prima del ripescaggio di un Paese, cioè le linee di credito precauzionali, utilizzabili nel caso in cui un Paese venga colpito da uno shock economico e voglia evitare di finire sotto stress sui mercati.

Nel testo di riforma modificato è stato eliminato il contestatissimo “memorandum” (le cosiddette “condizionalità”), quello passato alla storia per aver imposto alla Grecia condizioni rigidissime, sostituendolo con una lettera d’intenti che assicura il rispetto delle regole del Patto di stabilità. La riforma votata dall’Eurogruppo attribuisce al Mes una funzione di garanzia, un paracadute finanziario (“backstop”) al fondo salva-banche Srf, il fondo unico di risoluzione bancaria alimentato dalle banche stesse, qualora, in casi estremi, dovessero finire le risorse a disposizione per completare il recupero delle banche in difficoltà. E’ uno dei tasselli mancanti dell’Unione bancaria fortemente voluto dall’Italia. Entrerà in vigore prima del previsto, cioè nel 2022 invece del 2024. Una misura per rendere il settore bancario più resistente alle crisi contro gli attacchi della speculazione e quindi in grado di sostenere l’economia reale.

La riforma del Mes rappresenta un momento importante nel processo d’integrazione istituzionale, economica e finanziaria dell’Eurozona. Una rete finanziaria da usare sia in caso di crisi dei debiti sovrani, sia in caso di crisi del sistema bancario europeo, nell’ottica della mutualizzazione del rischio e di una maggiore trasparenza dell’ordinamento monetario. Non mancano nella riforma forti criticità: la semplificazione delle “clausole di azione collettiva” da parte dei creditori di uno Stato per chiederne la ristrutturazione del debito, nonché il carattere intergovernativo del Mes che non risponde al Parlamento europeo, fuori quindi dalle istituzioni comunitarie. Con l’allargamento delle competenze, la riforma sposta il potere economico dell’Eurozona dalla Commissione al Mes.

L’intesa raggiunta dall’Eurogruppo è la base d’accordo per il Consiglio europeo di Bruxelles del 10 e 11 dicembre, prima della firma del Trattato modificato, prevista in gennaio, e delle successive ratifiche nazionali. Il vertice europeo sarà preceduto in Italia dall’intervento del premier Conte in Parlamento sulla Riforma mercoledi 9 dicembre. Il nuovo testo divide partiti e maggioranza: molti esponenti del M5S, infatti, non sarebbero disposti a votare a favore. Acque agitate anche in Forza Italia dopo l’improvviso cambio di rotta di Berlusconi. Un voto contrario dell’aula farebbe saltare tutto, Governo e sessione di bilancio, rappresentando in Europa un’Italia intrappolata in populistici pregiudizi ideologici (antieuropeismo) duri a morire. Una caduta di credibilità internazionale per evitare la quale Conte chiederà un voto sul nuovo Mes e non sul suo utilizzo da parte dell’Italia. Le solite alchimie del “teatrino della politica”.

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano Addio al “Patto di stu...