09 dicembre 2020

“TRA PASSATO E PRESENTE” ANGELO AUGUSTO MONTORIO (ANG) a cura di Maria Marchese


 “TRA PASSATO E PRESENTE” ANGELO AUGUSTO MONTORIO (ANG)

 (olio e colori acrilici su tavola)

Angelo Augusto Montorio era presente alla kermesse artistica realizzata da Nuovo Rinascimento, a Desio, per le commemorazioni del cinquecentenario di Raffaello Sanzio, con due opere: “FUOCO AZZURRO” e “TRA PASSATO E PRESENTE” . Proprio di questo secondo brano vorrei disquisire, quest'oggi. Il giovane artista melzese custodisce un temperamento riflessivo e trasla, poi, questa sua inquietudine conoscitiva addentro i suoi tropi figurati. Ang ivi forgia una considerazione contemplativa sine tepore, frangendo la limitatezza delle soglie della “tela” per creare l’accesso ad un'arcana e disseratoria dimensione. Le opere dell’artista involvono la possanza di una malía cerebro/mistica e formale, tanto da indurre l’osservatore a seguirne il richiamo, per poi perdersi nella sfera interrogativa. “Tra passato e presente” ghermisce lo sguardo, d’emblée, per intensità cromatica: l’artista vi imprime tonalità icastiche, creando l’atmosfera di un fermo immagine che custodisce, però, un senso erratico. Lenezza e calma, dovute ai tempi di asciugatura del pigmento oleoso e del colore acrilico, mutano, così, avvicendandosi, in immediatezza esecutoria e intuito personale e altresì in paziente attesa e riflessione: qualità indispensabili per affrontare le vicende umane. Tra il mistero e l’intimità promanate nero, il divenire sprigionato da un superno azzurro intenso, la passione dimorata nel rosso e la preziosità donata dall’obrizo, l’autore esprime un “logos” figurato, concepito nella significanza attribuitagli da M. Heiddeger. Secondo il filosofo tedesco, i verbi parlare, dire… facevano riferimento sia al termine logos che al verbo leghein, che designa il raccogliere, il conservare ciò che viene detto e, quindi, l’ascoltare. In quest’ottica, l’osservatore tacita se stesso per dare ascolto alla voce dell’autore e comprendere il senso del discorso ritratto a pennello. L’artista per primo compie, ab imis, questo iter: la prova tangibile è riflessa nella lama, ove troviamo effigiato il volto stesso di Angelo Augusto Montorio. Egli assurge Melpomene, musa greca della tragedia, quale lumen e genesi della realizzazione artistica: custodita nella sacralità dell’oro, ella diviene depositaria di risposte, di genio (la maschera che tiene tra le mani) , sofferenza e intrepidezza (la spada) . La daga si fa portavoce di una salvificante, seppur dolorosa, assoluzione di uno stato emotivo e se pensiamo, invece, a quella impugnata da “Virtus” , ne “Il sogno del cavaliere” , essa simboleggia il coraggio. La dea viene espressa quale vate assoluto e imperituro. L’artista dimora, sul suolo dell’opera, quel percorso esistenziale ancorato, in parte, ai sensi e, in parte, al grande impegno speso e all’indagine ancora da compiere per addivenire a raggiungimenti più alti. Su questa sezione della tavola, infatti, possiamo ravvisare un uomo che rivolge la propria attenzione alla musa, mentre lo sguardo di quest’ultima volge altrove: l’immaturità evolutiva lo allontana dalla suprema conoscenza. Il sacro stesso, legato alla dottrina (le tre figure vicine all’uomo) , fa parte di questa condizione terrena. Accanto a Melpomene, Angelo Montorio realizza la Terra, ove un Dio ha originato l’uomo, e effigia altresì la Luna, poi le galassie… deponendo in tutto ciò la significanza di una ricerca continua, che attraversa ere e spazi… La parte alata della disquisizione artistica diviene quasi sacerdote di una nuova nascita: dopo la significativa catarsi, occorsa nella condizione pregressa, troviamo un essere umano capace di approdare alle risposte e condividere i segreti abbracciati da Melpomene. Le nuvole, col loro purpureo e sofferto bagaglio, esprimono un'essenza individuale, la cui levità è stata originata dal lavacro: aspersa, quindi, da limpide e sapienti acque, essa matura sospinta da un naturale addivenire a fondamentali e sconosciute cime. Un brano artistico, quello valentemente tradotto da Ang per onorare Raffaello Sanzio, emblematico di un messaggio sempre attuale: egli esprime una percorrenza dove le radici e il quesito divengono necessari incipit per una trasformazione individuale e altresì universale. 

 Maria Marchese

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