Eve
Arnold e la fotografia come verità.
A
cura di Marco Salvario
Nel
1952 Eve Arnold ha l'opportunità di fotografare Marlene Dietrich.
L'attrice tedesca è una diva bella e famosa che, però, ha superato
i 50 anni e deve fare i conti con i segni del tempo; quando esamina i
provini del servizio, si intromette pesantemente con annotazioni,
commenti e chiedendo interventi di ritocco. Eve non si piega e lascia
le proprie immagini così come sono state riprese, fedele alla
convinzione che la fotografia sia documentazione della realtà e non
alterazione o falso.
Una
volta pubblicato, il servizio riscuoterà pareri favorevoli, compreso
quello della stessa Dietrich.
Il
centro espositivo Camera
ha dedicato a questa fotografa dalla forte e coraggiosa personalità,
una mostra visitabile dal 25 febbraio al 4 giugno 2023 dal titolo:
“Eve Arnold. L'opera 1950-1980.”; un felice ritorno a Torino che,
nel 2014, aveva ospitato: “Eve Arnold: Retrospettiva.”
Eve
nasce nel 1912 a Philadelphia da una famiglia ebraica di immigrati
russi, fuggiti dalle persecuzioni in atto nei travagliati e poveri
territori che, nel 1917, sarebbero diventati la Repubblica Popolare
Ucraina, uno degli stati fondatori, cinque anni dopo, dell'Unione
Sovietica.
Nonostante
le difficoltà economiche, Eve frequenta la facoltà di medicina, ma
lascia gli studi senza arrivare alla laurea. Si trasferisce a New
York e comincia a lavorare per una società di pellicole
fotografiche, passando da uno stato all'altro. Ha 28 anni, quando
riceve in dono la sua prima macchina fotografica. Nel 1943 frequenta
un corso di fotografia e si fa notare per le sue qualità. Si sposa
con un ebreo tedesco fuggito durante il nazismo e nel 1948 avrà un
figlio; una seconda gravidanza si concluderà con un aborto. Il
matrimonio non durerà, anche se Eve conserverà sempre il cognome
del marito, Arnold.
Le
sue foto dietro le quinte delle sfilate di moda ad Harlem, dove
modelle afroamericane presentano capi per una clientela di colore,
creando scandalo in un'America conservatrice, che ritiene le riviste
di moda destinate a un pubblico esclusivamente bianco.
Nel
1950 ottiene i suoi primi incarichi editoriali e il suo stile
diretto, senza censure e senza pregiudizi, ancora più difficile da
accettare, allora, perché proveniente da una donna, crea spesso
imbarazzi e rifiuti. Eppure, nel '51, Eve Arnold è scelta per
diventare la prima donna membro associato della prestigiosa agenzia
Magnum Photos.
Decisa,
ma sempre rispettosa delle persone, instaura rapporti di
professionale amicizia con le mogli dei principali uomini politici
statunitensi, a cominciare dalla first lady, Mamie Eisenhower.
Nel
'54 è a Cuba per un reportage e fotografa i momenti di un rito
voodoo. Tra le foto esposte alla Camera, non posso non ricordare il
bianconero “Barista di un bordello nel quartiere a luci rosse”,
dove una giovane donna dallo sguardo perso nel nulla si appoggia al
bancone con le mani giunte, quasi in preghiera; forse è ubriaca o
solo stremata dalla fatica, avvolta dalle luci e dai riflessi del
locale. Sembra che solo lei sia ferma, al centro di un turbine
frenetico di cui non è cosciente. L'Avana sarà, così è il titolo
del servizio, “La città più sexy del mondo”, ma è anche
povertà, degrado e sfruttamento.
Eve
Arnold sta raggiungendo la fama e dal suo obiettivo si fanno
riprendere gli attori Paul Newman, Marilyn Monroe, Laurence Olivier,
Joan Crawford, Clarck Gable ecc. Resta però una fotografa impegnata,
che ritrae personaggi religiosi come il predicatore Oral Roberts,
segue la vita degli italoamericani nel New Jersey, documenta le
attività di integrazione tra studenti bianchi e neri in Virginia.
Nel
1961 riesce a essere presente ai convegni di Malcom X, leader
complesso, impegnato nel sostenere le rivendicazioni degli
afroamericani, che si definisce comunista, aderisce all'Islam e
stringe alleanze con gruppi strettamente legati al nazismo. Proprio
uno dei capi di quei movimenti, infastidito dagli scatti della
fotografa, la minaccia: “Farò di te una saponetta.” Chiaro e
tragico è il riferimento ai forni crematori e alle origine ebraiche
di Eve, che continua il suo lavoro e si limita a commentare: “Purché
io non diventi un paralume”; in italiano si direbbe meglio “un
soprammobile”. Una risposta splendida, dove la fotografa dichiara
la sua vocazione per documentare la verità ad ogni prezzo, sia anche
quello della vita, senza permettere a nessuno di fermarla. Lei non
giudica, semplicemente mostra la realtà, senza ipocrisie, senza
abbellimenti, senza compromessi. Minacce e lusinghe non la piegano.
Sempre
nel 1961 si trasferisce in Inghilterra con il figlio e segue la vita
dei giovani britannici.
Nel
1962 ritrae l'ex attrice, diventata principessa, Grace Kelly nella
sua residenza di Monaco.
Nel
'64 realizza un altro servizio scomodo, che crea molte polemiche,
“The Black Bourgeoisie”, dedicato alla nuova e ricca borghesia
nera, sempre più ambiziosa e potente. Per molti lettori bianchi, il
servizio è uno sgradevole e inaccettabile schiaffo, una finestra
aperta su un nuovo mondo, che non riescono ad accettare.
In
questo periodo stare dietro a tutti i servizi realizzati da Eve
Arnold, è quasi impossibile.
La
troviamo nel Caucaso, a Windsor col principe Filippo, in Vaticano,
sul set di decine di film, in Russia, nel North Carolina a seguire
l'addestramento dei marines che si preparano per combattere in
Vietnam, poi in Afganistan, Pakistan, Egitto e negli harem degli
Emirati Arabi Uniti. Nel 1972 è presente a Monaco durante le
Olimpiadi più tragiche della storia. Nel '75 è in Russia, poi in
Marocco. Nel '78 ci presenta una sorprendentemente tenera Margaret
Thacher, futura Lady di ferro, con la piccola figlia, e
viaggia in India per seguire la campagna elettorale di Indira Gandhi.
Per
due anni vive in Cina e la percorre per decine di migliaia di
chilometri, attraversando Tibet e Mongolia. Ormai Eve ha più di 60
anni, ma conserva la voglia e l'energia di mettersi in gioco. Le
immagini che ci regala della Cina, sono belle e interessanti; un
documento unico per valore artistico e storico.
Nel
1981 ritorna negli Stati Uniti e racconta come la grande potenza stia
cambiando, visitandone ben 36 stati; successivamente è al lavoro in
Messico, poi nuovamente in India e a Medjugorje, per indagare sulle
miracolose apparizioni della Madonna.
Pubblica
con successo numerosi libri con le sue opere e i suoi reportage.
La sua
attività rallenta per l'età, ma non si ferma. Nel 1988 ritorna in
Russia. Nel 1997 è a Cuba, e incontra una bambina che aveva
fotografato più di 40 anni prima.
Ovunque
riceve riconoscimenti; nel 2003 è insignita dell'Ordine dell'Impero
Britannico.
Nel
2012 muore a Londra, a un passo dai cento anni. La sua vita e le sue
foto sono state raccolte dai suoi amici in un volume: “All about
Eve”.
Nel
1987 Eve Arnold aveva pubblicato “Marilyn Monroe: An Appreciation”
e, poco prima di morire, “Marilyn Monroe”.
Quello
tra Marilyn e Eve è un rapporto di stima reciproca, che va ben oltre
l'ambito professionale. Le due donne si conoscono quando sono a
inizio carriera, e d'istinto, colgono e apprezzano le rispettive
capacità; entrambe hanno nella propria arte un dono naturale che
riescono a valorizzare e le rende uniche. È
l'attrice a chiedere per prima a Eve di ritrarla e la inviterà più
volte sui set dei suoi film.
L'obiettivo
di Eve la segue dopo un ricovero per uso eccessivo di stupefacenti,
nella crisi del matrimonio con Arthur Miller, nei momenti di fatica
in cui cerca di memorizzare la propria parte prima di recitarla sul
set. La diva non si nasconde davanti all'obiettivo e spesso lascia
intravedere la propria fragilità psicologica, che la porterà alla
morte prematura nel 1962.
Di
Marilyn ci viene mostrata non la nudità del corpo ma quella
dell'anima, senza velature, come è nello stile di Eve, e con la
partecipazione emotiva di un'amica per un'amica.
FONTE:
"Eve
Arnold: la biografia della fotografa che viaggiò in tutto il globo
cercando verità - OUBLIETTE MAGAZINE"