29 agosto 2022

“Embrasse-moi” Bianca Beghin a cura di Maria Marchese

 Embrasse-moi” Bianca Beghin

Tecnica mista, olio e acrilici su tela, , 80x80, anno 2022

a cura di Maria Marchese



“Dal modo di baciare la donna esperta capisce il carattere dell’uomo. Da particolari insignificanti. Per esempio capisce se il gioco della vita vuol condurlo lui, oppure se è disposto a cederlo a lei.

Francesco Alberoni, L’erotismo, 1986

Come una moderna Penelope, Bianca Beghin sembra risvegliarsi, oggi: ha intessuto, alacremente, orditi e trame di un “lenzuolo” , che serba, tra le grinze del proprio “vissuto” , le regole di un sottile giogo seduttivo, in cui quel bacio, rubato, da Alberoni, al quotidiano esistere, appartiene ad un Ulisse, che non vuole perdere corona e scettro. Come un rito propiziatorio e di appartenenza, l’autrice veneta intride, con una mescianza di acqua e polvere, il frugale drappo di quel talamo esistenziale, sicché il profumo di terra e natura permeino, in maniera imprescindibile, il suo pensiero artistico; compone, indi, un pentagramma tonale, che racconta i primi e discreti raggi di sole, che danzano in tenui risvegli: alligna, allora, quell’amabile imperativo, “baciami” , laddove quel diadico legame non è celato allo sguardo umano. Decide, poi, di rendere pregno quel “desìo” della musicalità della lingua francese. Cilestrine e diurne note si avvicendano a verdi vibrati, avvolgendo un tango naturale. I profili fermano il momento, in cui la distanza fisica è, invero, annichilita da una posa, che muta in eloquio; l’autrice, infatti, persuade le due presenze, attraverso un segno deciso, a protendersi vicendevolmente, sebbene lasci presagire la maggior possanza di una rispetto all’altra. La loro “pelle” è accesa dalle setole del pennello, che l’artista ha intinto nei melliflui umori del colore ad olio, e, in parte, nell’immediatezza dell’acrilico, per regalare i dinamismi di un vero, duraturo e reciproco desiderio. Dai profili sembrano sbocciare due volti, che fanno all’amore senza toccarsi, mentre il gioco di colori sulle vesti coinvolge , l’osservatore, in un duetto, dove è ben chiaro chi conduce le danze.





Bianca Beghin celebra questa riservata Penelope e, medesimamente, un volitivo Ulisse, che dopo le sue peregrinazioni torna al caro uscio, per riappropriarsi del proprio ruolo.

http://www.biancabeghin.com


Abigail Lapelle – Stolen Time (2022) di Claudio Giuffrida

 


Abigail Lapelle – Stolen Time (2022)

di Claudio Giuffrida


C’è sempre una grossa emozione quando si incontra un nuovo disco capace di sorprenderti e affascinarti, la cui voce ha saputo da subito evocare emozioni stratificate nel profondo e con l’atmosfera delle più autentiche ballate folk. Una piacevole risonanza alla bravura e allo stile originale di questa brava cantautrice.

Musicista canadese di Toronto ha nel modo di cantare qualcosa che a volte riporta alla brava Natalie Merchant, che non è poco, ma dai toni sempre molto morbidi e delicati. Anche il suo uso della chitarra retta da un gradevolissimo fingerpicking è perfetto per accompagnare la voce e le sue canzoni conferendole un tocco convincente di autenticità e freschezza.


Come cantautrice ha ottenuto in Canada già molti apprezzamenti, vincendo il Canadian Folk Music Award per il suo album dell’anno 2017, Hide Nor Hair, suo secondo disco, e nel 2020 per il suo album Getaway (2019) come songwriter/cantautrice.

Il suo primo disco è invece del 2011, Great Survivor, che ricevette un riconoscimento in particolare per la composizione del brano: Jordan. Questi i musicisti di Toronto e Montreal che l’accompagnano: Dan Fortin al basso, Dani Nash alla batteria, Christine Bougie alla chitarra e alla lap steel, Pietro Amato al corno francese e Ellwood Epps alla tromba.


Suo quarto e nuovo disco è stato distribuito il 22 aprile di quest’anno, si intitola Stolen Time, che come riporta lei stessa si riferisce al Tempo Rubato, un termine musicale scoperto mentre iniziava a suonare il piano, ma anche metafora del ritmo fragile di questi tempi incerti, del tempo sospeso dalla pandemia, ricerca di una maggiore libertà di espressione realizzando tecnicamente l’accellerazione e il rallentamento del cantato a discrezione della musicista.

Nei testi delle canzoni che in parte ho tradotto e riportato, c’è molto della sua cifra poetica, la sua visione della vita segnata dai tempi dell’incertezza con sia la voglia di sognare che la disillusione, il desiderio di cambiare con quello di restare. Da cantautrice ha trovato una felice sintesi con la magia di chi scrive canzoni: melodie accattivanti, arrangiamenti delicati ed evocativi, testi con immagini poetiche e riflessioni intime e un canto capace di dare voce ad atmosfere di grande intensità.


STOLEN TIME- TEMPO RUBATO

Title track è un brano particolarmente elegante e d’atmosfera, ben arrangiato con una struggente steel guitar.


“Tempo rubato, che scorre come il vino

Il sole si riversa nella baia

Imbottiglia l’alba per continuare a berla

Potrei essere felice in questo modo


Dammi una ragione, una stagione dorata

Dammi una ragione per restare

E far giacere le ore su un letto di fiori selvatici

Per cominciare a sognare un altro mattino.”



https://youtu.be/px6Qf3DXHvg



LAND OF PLENTY - LA TERRA DELL’ABBONDANZA

Bellissima ballata folk sorretta dalla forza vocale intima e gentile di Abigail con la sola chitarra a creare l’amosfera evocativa, delicatissimo il dialogo con la fisarmonica. Personale riflessione sul tema dell’emigrazione.

“Veleggiammo verso la terra dell’abbondanza

Lunga è la strada, lunga è la strada

Lunga è la strada e stretta

Dormi amore mio fino a domani


E sogna una terra dell’abbondanza

Sono solo un povero giovane soldato

Solo un povero giovane soldato

Che ha preso il peso del mondo sulle sue spalle

Combattendo per la terra dell’abbondanza.”


https://youtu.be/bc-Qpz-0-Nk




PINES -PINI

Una celebrazione della natura come durante una passeggiata nei boschi, una poesia sorretta dagli arpeggi del piano e della sua armonica, con la voce a incantare per intensità e meraviglia.

Cammino attraverso la pineta, giù dalla montagna,

seguendo i segni

Ombre di uccelli lente a comporre cerchi, in alto sopra le linee elettriche

Fumo nella brezza, stavo parlando agli alberi

E canto ai pini come fa il vento attraverso le foglie

La neve nella valle in lampi di luce piumata

Stelle fredde luccicano come diamanti nella notte

Impronte di fantasmi seppellite oltre lo sguardo

Freddissimo sul lato della collina, argento e bianco

Il fiume selvaggio scorre, non ho idea dove stia andando

E canta alla pineta in un linguaggio che nessuno conosce.”


https://youtu.be/9i40CqSeZ2s



SHIPS -NAVI

Brano affascinante e sognante sapientemente arrangiato con voce e controcanti di grande eleganza, porta nel territorio della più gradevole canzone d’autore.

“Navi dentro e fuori dal porto

Il sole tramonta sulla baia

Una parte di me pensa di partire

E una parte di me voleva restare

Hey hey

Tu sei proprio un bel bugiardo

Che sempre mi dice cosa volevo sentire

Adesso tengo un piede nell’acqua

E l’altro è fisso sulla banchina.”


https://youtu.be/nwP4yem7ifs



ALL DRESSED UP - Vestita di tutto punto

Perfetta ballata folk con una chitarra acustica che gareggia per bellezza con la melodia del cantato a due voci.

Devo vestirmi bene, e non sto andando da nessuna parte

Nessun luogo fuori di qui

Svegliami quando la fine è vicina

Vestita di tutto punto adesso, non ho dove andare

Vestita di tutto punto adesso, non ho nessuno da vedere

Vestita di tutto punto adesso, non ho nessun luogo dove andare.”


https://youtu.be/B6xw2wrNOBo



I CAN’T BELIEVE - NON CI POSSO CREDERE

La canzone che ricorda il cantare della Merchant ma contiene tutta la freschezza e il trasporto della canzone ispirata, questa la versione Live.

Non ci posso credere che tu riponi speranze in me

Gli anni sono brevi, e i giorni sono lunghi

Nessuno sa che domani avremo

Così, come puoi avere fiducia in me?


Sono solita sognare di un sogno che diventa vero

Una canzone triste era tutto ciò che ho mai conosciuto

Urlare alla stessa vecchia luna

E aspettare presto un domani


E non fingerò, credo tuttora nell’amore

Che vive sempre come le stelle in alto

Il sole di ieri è tramontato, l’oggi è tutto ciò che abbiamo

E credo che questo sia sufficiente per me.”

https://youtu.be/-7Txrz_XjW0



WATERFALL - CASCATA


Una “cascata” di riflessioni, di disperazioni e la ricerca di una consolazione attraverso la sua natura canadese. Emozionante ballata con voce e chitarra di cui scelgo la delicata e poetica versione in francese.

“O Cascata, senti la mia voce nomade?

Ti canterò di un cuore spezzato

O cascata

Notte e giorno, ombre tra il chiaro e lo scuro

Hai mai visto un cielo così?

Cascata

Puoi sentire la mia voce?

Ti risponderò sempre quando mi chiamerai

Cascata

Giorno e notte

Ombre di una luce morente

Hai mai visto una visione più triste?”



https://youtu.be/-IyfbelGKuU




SCARLET FEVER - SCARLATTINA

Una ballata ispirata, ipnotica e avvolgente nella sua delicata visione di resilienza.


Scarlattina nel suo sangue

Sono stata fuori tra tuoni e fulmini,

la pioggia e il fango

Non so se il vento sta soffiando a mio favore

Tieni duro è tutto ciò che sai dire

Tieni duro, aspetta e stai a guardare

Non abbiamo visto nessuna terra ferma e il peso del mondo mi stava schiacchiando

Così aspettavamo, aspettavamo,

e aspettavamo nei dintorni.

Specchio d’argento sul muro

Chi ami più di tutti?

Non m’importa se il sole non risplende su di me

Tieni duro, aspetta e stai a guardare.”


https://youtu.be/SFN8nY4xEpY




https://www.mescalina.it/musica/recensioni/abigail-lapell-stolen-time


28 agosto 2022

DISFORIA DI GENERE Riassegnazione di genere in età evolutiva: il ruolo dei social nell’aumento delle richieste a cura di Roberto Pozzetti


DISFORIA DI GENERE 
Riassegnazione di genere in età evolutiva: il ruolo dei social nell’aumento delle richieste

Abbondano video su YouTube e Tik Tok, pagine Instagram e gruppi Facebook in cui vengono riportate testimonianze di giovani che stanno compiendo o hanno compiuto il percorso di transizione di sesso. E l’età di chi fa domanda di riassegnazione di genere è sempre più bassa. Un fenomeno su cui sarebbe bene porsi delle domande

Psicoanalista, Professore a contratto LUDeS Campus Lugano, Professore a contratto Università dell'Insubria, autore del libro 'Bucare lo schermo. Psicoanalisi e oggetti digitali', già referente per la provincia di Como dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia

In tutto il mondo, negli ultimi anni, si riscontra un sensibile aumento delle domande di riassegnazione di genere fra i bambini e gli adolescenti. Ci troviamo in un’epoca di inflazione generale, esponenziale e talvolta grottesca delle diagnosi cliniche che patologizzano tutti; per un altro verso, ci troviamo di fronte di una depatologizzazione delle svariate forme di sessualità umana.

L’incremento della valutazione diagnostica di disforia di genere

In questa dinamica apparentemente contraddittoria, a seconda delle nazioni, l’incremento della valutazione diagnostica di disforia di genere varia dal 1000% al 4000%. I casi diagnosticati in questi termini si sono dunque moltiplicati in una quantità che va da 10 a 40. In Francia, secondo Jean Chambry, responsabile del CIAPA (Centro Intersettoriale di Accoglienza Per Adolescenti di Parigi), le domande di riassegnazione di genere sono divenute 10 al mese nel 2020 mentre erano 10 all’anno nel 2010. Negli Stati Uniti d’America, a Boston, è stata aperta nel 2007 la prima clinica per giovani transgender; nel decennio successivo ne sono state aperte ben 40 e questa escalation continua tuttora.

Si parla sempre più spesso, soprattutto fra i giovani, di una posizione soggettiva non-binaria e del concetto di gender fluid: essere uomo o essere donna nulla avrebbe a che fare con l’anatomia in quanto si tratterebbe soltanto di costrutti relativi al contesto ambientale nel quale si nasce e si viene cresciuti.

Chi si permette di dire una parola, di scrivere una frase volta anche minimamente a problematizzare questa situazione epocale non tarda a venire accusato di transfobia o persino di omofobia.

La psicoanalisi, già con qualche accenno di Freud nei suoi ultimi scritti e molto più ampiamente con l’insegnamento del Lacan degli anni Settanta, precede questi studi e tali teorie sottolineando la differenza fra la soggettività e l’anatomia. Tuttavia, la pratica della psicoanalisi implica anche il diritto di parola e lo spazio per l’interpretazione volta ad andare oltre la caratteristica di suggestione indotta su preadolescenti e adolescenti da alcuni siti web e soprattutto da alcuni gruppi nei social network.

Il diritto di parola

Nell’aprile 2022, si sarebbe dovuta svolgere una conferenza delle colleghe francesi Caroline Eliacheff e Céline Masson all’Università di Ginevra, in Svizzera. L’irruzione di un collettivo queer nei locali della suddetta università elvetica ha impedito alle colleghe di parlare imponendo di fatto la cancellazione di questa conferenza. Le colleghe sono autrici del libro “La fabbrica del bambino transgender“. Questo breve testo, che raggiunge appena il centinaio di pagine, riporta diversi dati e molteplici ricerche a proposito delle domande di transizione di sesso nei bambini; cita anche dei dati relativi ai primi studi, compiuti soprattutto in Svezia e in Canada, sulla detransizione cioè sui percorsi di soggetti che hanno compiuto la riassegnazione di genere per tornare al genere originario.

Le domande di transizione erano tradizionalmente prevalentemente sul versante M to F (da maschio a femmina) ma oggigiorno si registra un incremento significativamente sensibile delle richieste di transizione F to M (da femmina a maschio).

Il documentario Petite fille

Apre il libro un commento del documentario Petite fille (Bambina) che è andato in onda nel 2020 sulla televisione franco-tedesca Arte, una sorta di Netflix franco-tedesca. Questo documentario a cura del regista Sébastien Lifshitz, il quale aveva già dedicato un’opera al transessuale Bambi nato maschio negli anni Trenta, ha acceso un infervorato dibattito in Francia. Presenta la storia di Sasha, che ha otto anni. Sasha è anatomicamente maschio ma si sente femmina molto precocemente, peraltro in accordo con il desiderio della madre che voleva una bambina. Ha già avuto la diagnosi di disforia di genere ed è indirizzato verso la transizione. Sasha adotta tutti gli stereotipi che caratterizzano una bambina nelle società tradizionali e non pronuncia più di qualche breve parola, rivolgendosi peraltro quasi sempre allo sguardo compiaciuto della madre. Verrebbe da interrogarsi sull’eventualità che, anziché trattarsi di un effettivo desiderio soggettivo relativo a una certa qual autodeterminazione, la posizione di Sasha sia quella di assoggettamento al desiderio materno. Né gli operatori scolastici né tantomeno i clinici delle istituzioni pubbliche francesi si autorizzano tuttavia a porre questo interrogativo. Nessuno osa interpretare, forse anche per il timore di conseguenze spiacevoli che potrebbero subire, forse per quieto vivere.

La seconda parte di questo libro, la più corposa, si occupa dell’impatto dei social network sui progetti e sulle domande di transizione.

I gruppi sui social nella prospettiva della transizione

Abbondano video su YouTube o su Tik Tok, pagine Instagram e gruppi Facebook, sia in italiano che in inglese che in francese, nei quali vengono riportate foto e testimonianze di giovani che stanno compiendo o hanno compiuto il percorso di transizione. Alcune criticano i luoghi comuni su questi argomenti, altre hanno una prospettiva più rigorosamente clinica, altre ancora si centrano proprio sul racconto del percorso che il soggetto sta compiendo.

Tendono a rispondere a interrogativi fra cui quelli relativi al come fare per sapere se si è veramente trans, al modo per fare coming out in famiglia, al come ottenere una terapia a base di testosterone, alle paure nell’attraversare questa esperienza e così via. Alcuni commenti dimostrano la dimensione di identificazione, peraltro tipica della fascia d’età preadolescenziale: “Sono proprio trans; il tuo video mi ha confermato quello che pensavo”. Molti soggetti giovanissimi si appiccicano all’identità che credono di aver trovato grazie a questi video cui giungono spesso attraverso la ricerca di specifici hashtag.

I genitori assistono impotenti al radicale cambiamento delle fattezze corporee dei propri figli. Alcuni adolescenti apprendono dal mondo online come aderire a un’immagine corporea

Il ruolo degli influencer

Un ruolo eminente lo assumono anche in questo ambito gli influencer che riescono a reclutare followers e a includerli nelle comunità virtuali di orientamento trans. La funzione delle influencer sui social network risulta cruciale nel mondo pro-ana che incita al dimagrimento per andare verso l’anoressia e nel settore della prevenzione dei disturbi alimentari da parte di ragazze che hanno attraversato tale problematica e testimoniano ora del proprio percorso di guarigione; analogamente chi si pone nella posizione di compiere un influenzamento rispetto all’identità di genere incita a compiere la transizione e supporta calorosamente questi minorenni ad agire sovente contro il parere dei genitori.

Anche i clinici vengono sottoposti a valutazione in queste comunità virtuali e vengono selezionati psicologi e psichiatri transfriendly; questa, per esempio, la recensione di uno psichiatra francese: “Psy figo, ha rilasciato l’attestazione a un F to M dopo un unico appuntamento!”. Poche domande, nessuna interpretazione, nessuna dialettica, sottomissione alle richieste dei soggetti transgender: ecco le caratteristiche di un bravo clinico secondo questi influencer. Chi prova a ipotizzare, per esempio, un collegamento fra il rifiuto della femminilità e quello del corpo materno in un soggetto F to M viene subito bollato di transfobia e messo alla gogna sui social network.

Uno studio statunitense condotto su un centinaio di soggetti che avevano iniziato la transizione salvo poi interromperla riporta come la quasi totalità di essi avesse intrapreso tale percorso dopo essere stata orientata in questi termini dalla frequentazione di piattaforme online o dall’aver seguito video su YouTube che andavano in tal senso.

Il documentario svedese The trans train

Di assoluto interesse in questi termini si dimostra il documentario svedese The trans train, trasmesso sulla televisione pubblica di quella nazione il 3 aprile 2019, sottotitolato in inglese. Le autrici Karin Matisson e Carolina Jemsby si occupano di giovani profondamente a disagio con il proprio corpo e che hanno la convinzione di essere nati nel corpo sbagliato. Si sottolinea come in Svezia, sin dagli anni Settanta, vengano compiuti interventi chirurgici per la riassegnazione di genere e quanto questo abbia arricchito l’esperienza clinica dei colleghi scandinavi a tal proposito.

Dei genitori riportano la loro sorpresa nel constatare che la propria figlia, dopo un’infanzia vissuta con sofferenza a causa di importanti problemi psichici tali da rendere problematiche le proprie relazioni sociali, abbia trovato la soluzione nel progetto di cambiamento di sesso. Altri genitori constatano con delusione come i clinici che hanno incontrato la loro figlia non abbiano minimamente problematizzato la domanda di transizione e si siano piuttosto congratulati con la ragazza per la sicurezza della sua decisione. Viene, da un altro versante, riportata un’intervista alla collega Anna Waehre dell’ospedale universitario di Oslo in Norvegia: ella sostiene che il 60% delle ragazze ricevute con richiesta di transizione di genere F to M

presentano complessi disturbi psichici come un Disturbo Post-Traumatico da Stress, un disturbo dello spettro autistico oppure una psicosi.

Se non vi fosse il rischio di venire etichettati come omofobi, ci si autorizzerebbe a scrivere che già Freud aveva colto nella trasformazione nel genere opposto un frequente tentativo di guarigione all’apice della psicosi il cui esempio più celebre è quello della femminilizzazione di Daniel Paul Schreber dopo la nomina a Presidente della Corte d’Appello di Dresda. Schreber testimonia del suo martirio nelle celebri “Memorie di un malato di nervi”.

A quale età risulta ragionevole cambiare sesso

Diversi psicoanalisti si trovano d’accordo quanto al considerare troppo precoce l’infanzia come momento nel quale operare la riassegnazione di genere, in una fase della vita nella quale si sta ancora costruendo la propria organizzazione psichica e si sta ancora strutturando la propria posizione soggettiva. Del resto, la maggioranza dei bambini che si interrogano sulla loro identità sessuale non persistono nella domanda di transizione dopo la pubertà; secondo una ricerca di D. Sing, S. J. Bradley e K. J. Zuckler, pubblicata su Frontiers in Psychiatry nel 2021, soltanto il 12% dei maschietti persiste in questa domanda nell’adolescenza. Nei dettagli di questa ricerca svolta nel servizio rivolto all’identità di genere in un’istituzione pubblica per l’età evolutiva di Toronto, in Canada, troviamo dati significativi. Si tratta dello studio sull’argomento che ha coinvolto il maggior numero di soggetti al mondo: ben 139; l’età media dei bambini all’inizio del percorso era di 7 anni e sono stati seguiti fino a quando erano divenuti ventenni. La maggior parte dei soggetti dichiarava poi un orientamento sessuale gay mentre, come scritto poc’anzi, soltanto una percentuale esigua persisteva nel considerarsi femmina.

La preadolescenza stessa in quanto momento che precede di poco i cambiamenti corporei ma anche psichici specifici della pubertà pare una fase poco indicata per interventi di questo tipo che possono invece venire considerati in termini maggiormente favorevoli nell’adolescenza.

Conclusioni

In Italia nessuna normativa di legge stabilisce un’età per il cambio di sesso ma lo Studio Legale Piemonte, specializzato in assistenza legale per la rettificazione di sesso fra i minorenni, specifica come sia estremamente raro tale cambiamento prima dei 14 anni se non in casi di malformazioni alla nascita. A volte avviene in età adolescenziale previo l’accordo dei genitori; in assenza di tale consenso, la transizione può essere compiuta una volta raggiunta la maggiore età. Alcune nazioni del nostro continente hanno fissato intorno ai 15-16 anni l’età minima per effettuare interventi chirurgici in questa direzione; la maggior parte degli psicoanalisti che si sono occupati di tematiche relative al sesso e al genere trovano ragionevole questa normativa di legge. Sarebbe auspicabile estenderla all’intera Unione Europea.

fonte: https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/riassegnazione-di-genere-in-eta-evolutiva-il-ruolo-dei-social-nellaumento-delle-richieste/


24 agosto 2022

MEMO4345 a cura di Marco Salvario

 MEMO4345 a cura di Marco Salvario

Chiesa di Sant'Anna – Borgo San Dalmazzo (Cn)



Tra i posti dove volevo andare nei giorni che ho trascorso in Valle Gesso, il MEMO4345 non era nel mio elenco; ugualmente visitarlo è stato un'esperienza intensa e coinvolgente.

La sede è nella chiesa di Sant'Anna, la cui costruzione è antica di quasi quattro secoli e venne eretta sulle rovine di una precedente cappella. Durante le due guerre mondiali la chiesa fu utilizzata come deposito per la sua vicinanza alla stazione ferroviaria, ma in tempo di pace è stata sempre assegnata al culto cattolico, fino al 1990, anno in cui venne sconsacrata. Molti degli abitanti di Borgo San Dalmazzo, se ben ricordo si chiamano “borgarini”, quando entrano nell'edificio si continuano a fare per abitudine il segno della croce, anche perché la costruzione conserva una solenne e religiosa bellezza.

Dal 5 settembre 2021 la chiesa di Sant'Anna ospita il MEMO4345.

Per i quattro euro richiesti per l'ingresso con visita accompagnata, ho avuto la fortuna di potere seguire una guida intelligente, preparata, disponibile a condividere pensieri e ragionamenti, per nulla contrariata dall'avere in me l'unico visitatore.


Memoria 1943-1945. Che cos'è il MEMO4345?

Dare una definizione non è facile; si potrebbe procedere per esclusione: non è un museo, non è un laboratorio, non è un'associazione. Aiutandomi con le definizioni che vengono proposte nel sito www.memo4345.it, azzarderei che è uno spazio da percorrere lentamente per conoscere e ricordare il passato, meditare e interrogarsi su quello che è successo, su quello che succede ora, sulla società e su noi stessi. Non si tratta di giudicare solo le colpe terribili di quel tragico periodo, pur salvando chi, anche in quei momenti bui, seppe essere uomo giusto e degno, ma di affrontare il presente. Siamo noi uomini migliori? Se molti nel passato si giustificarono dicendo di non avere saputo, di non avere capito, di avere fatto solo quello che era stato loro comandato, noi, oggi, che alibi abbiamo per il nostro vile tacere davanti all'ingiustizia che è radicata nel mondo?

Al centro della chiesa, nella posizione dove una volta era l'altare, è posta l'opera “Ombre nella memoria” di Enrico Tealdi, artista cuneese maestro delle atmosfere rarefatte, che con poesia ed eleganza ci descrive come sia fragile e quasi invisibile il filo che permette di riportare al presente l'esperienza del passato. Il disegno tenue e nascosto, richiama quasi il corpo impresso nel sacro lenzuolo della Sindone.

Tutto il percorso è presentato con chiari pannelli esplicativi, che riportano le informazioni raccolte con pazienza nel tempo e organizzate in database. È possibile navigare e ripercorrere, per come si è riusciti a ricostruirle, le ricerche continuano ancora, le vicende delle 357 persone di religione ebraica deportate ad Auschwitz dopo essere state rinchiuse nel campo di concentramento di San Dalmazzo; per quasi tutte, un viaggio di sofferenza e dolore verso la morte.



Il primo momento dei sette in cui si articola la visita, si sofferma su quando tutto è cominciato. L'atmosfera che si respirava a inizio '900 con la nascita di forti sentimenti nazionalisti, che si rafforzavano nella diffidenza e nell'odio verso le minoranze. La serenità ottimista della Belle Époque, che non si preoccupava di come il colonialismo riducesse intere popolazioni in schiavitù e la xenofobia stesse trascinando le potenze europee le une contro le altre.

L'inutile strage della prima guerra mondiale non risolve i problemi, anzi esaspera le contrapposizioni. La Germania sconfitta e umiliata, prepara la propria rivalsa. Per molti ebrei che vivono nell'est dell'Europa, comincia un percorso di fuga verso la Francia, soprattutto Parigi, e il Belgio. I più fortunati raggiungono gli Stati Uniti.

La presa del potere di Hitler rende la fuga sempre più disperata e la sconfitta dei francesi nel giugno del 1940, costringe a un nuovo esodo, a volte abbandonando i figli più piccoli a amici che li nascondano. Coloro che non riescono a lasciare la Francia occupata, si dirigono nella zona di Nizza, sotto il controllo degli italiani.

La guerra divampa sempre più feroce. Dopo le disfatte dei nazifascisti in Africa e in Russia, lo sbarco degli Alleati in Sicilia; la sconfitta di Hitler e Mussolini sembra prossima. In Italia a luglio del 1943 cade il fascismo e il Re fa arrestare il Duce; l'8 settembre Badoglio proclama l'armistizio con gli Alleati ed è il caos. Il nostro esercito si sfascia, l'Italia resta spaccata in due: gli americani al sud, i tedeschi al nord.

Molte famiglie ebraiche da Nizza, ormai non più sicura, cercano di passare in Italia, salvando il poco che possono, oggetti più d'affetto che di valore, ma la traversata senza scarpe adatte, senza coperte, con bambini e vecchi, è un'impresa disperata e per molti impossibile; a loro si mischiano spesso le truppe italiane di stanza in Francia, che hanno abbandonato caserme, armi e divise e ora vogliono raggiungere le proprie case.

Gli ebrei non hanno una casa dove andare, pochi hanno in Italia parenti o amici che possano aiutarli. Quando varcate le Alpi, raggiungono i paesi della Valle Gesso, dopo un'iniziale disorientamento dei residenti vengono rifocillati, accolti nei cascinali e ricevono coperte, ma anche il consiglio di andarsene via in fretta, perché i tedeschi sono ovunque.

Tra spostamenti, arresti e nuove fughe, uno dei gruppi arriva a Borgo San Dalmazzo.

Il 18 settembre, sono passati dieci giorni dall'armistizio di Badoglio, il comandante Müller delle S.S. ordina a tutti gli ebrei, la parola usata è “stranieri”, di consegnarsi al Comando Germanico di Borgo San Dalmazzo, pena la fucilazione. Chi si consegna per stanchezza, perché si illude che la guerra stia per finire, perché non sa più dove fuggire, perché crede a false promesse, finirà caricato sui carri bestiame con direzione Auschwitz.

Sulla traversata delle Alpi e sulle storie di otto famiglie sono stati realizzati e possono essere visualizzati filmati interpretati da attori non professionisti, che emozionano senza mai cadere nell'ovvio o nel compatimento.



A questo il percorso non è finito, ma diventa più personale.

Com'è potuto accadere? Era inevitabile che succedesse? Succederà ancora?

La storia recente riporta molti genocidi contro minoranze oppresse o popoli sconfitti. In Namibia per mano dei tedeschi, in Congo dai belgi, in Armenia dai turchi, in Ucraina dai russi di Stalin, a Sebrenica contro i mussulmani, nel Myanmar contro i rohingya, contro gli uiguri in Cina.

Ogni tanto questi eventi hanno momenti di risalto sui giornali e dopo cala nuovamente il silenzio.

In cosa siamo diversi dai tedeschi che hanno assistito senza opporsi alla tragedia dei campi di sterminio? Anche noi ci giriamo dall'altra parte, ci giustifichiamo dicendo che tanto non possiamo fare nulla, che non sappiamo, che non tocca a noi agire e ripetiamo falsi stereotipi.

Quante volte il nostro disprezzo ha colpito zingari, persone di colore, migranti? Dimenticando il male che ci ha fatto e ci fa, essere marchiati come italiani mafiosi, pelandroni, capaci solo di mangiare pastasciutta e suonare il mandolino.

I genocidi continueranno finché noi li continueremo a permettere. Si può essere colpevoli per le parole, le opere e le omissioni.

L'ultima riflessione è dedicata ai Giusti, a coloro che non hanno chiuso gli occhi, che non hanno taciuto, che hanno aiutato chi era perseguitato, che hanno osato ribellarsi ai potenti, che hanno rischiato la propria vita per chi non conoscevano neppure, che si sono rifiutati di seguire leggi e comandi quando la coscienza ha urlato loro che erano ingiusti. Non sono tanti e non sono pochi, spesso sono persone che non hanno ottenuto né fama né riconoscimenti. Sono esempi rincuoranti che fanno sì che, uscendo da MEMO4345, ci si vergogni un po' meno di essere uomini.


Dario Voltolini - Forme d’onda – a cura di Marcello Sgarbi


 
Dario Voltolini - Forme d’onda (Feltrinelli Editore)

Pagine: 152

ISBN: 978-8807015045

Di stile minimalista, Voltolini ha compendiato in questa raccolta – che fa parte della sua prima produzione letteraria – ventisette racconti per altrettante storie e personaggi, spesso improbabili ma in ogni caso tutti legati alla contemporaneità.

C’è il programmatore di cd-rom che stipa secoli di immaginario dentro un solo videogioco, l’urbanista rispettoso del caos urbano, spettatori sbeffeggiati da delfini acrobati, naufragi mediterranei, coppie che comunicano attraverso appunti di lavoro e mormorii nel dormiveglia.

Mi ricordi, pensai con forza, mi ricordi una delle nostre buganvilee di Liguria, inaspettate dietro le curve delle strade strette e tormentate della costa. Una buganvillea di quelle spettacolari, che brillano sui muri bianchi, con quel colore viola porpora così intenso, concentrato, così denso che se cadesse in mare potrebbe colorarlo tutto, stemperandosi fino a Gibilterra, fino a Palermo. Così intensa”.

Ci sono mante lunghissime che planano nelle vasche, sembrano il lenzuolo che lanciavamo sul letto, caso mai ti ricordassi”.

D’altra parte tu pure temi il volo del pipistrello, che invece a me riempie di orgoglio perché un mammifero che vola mi lascia ben sperare anche per noi”.

La domanda gli galleggiava nel cervello per qualche minuto, senza mai precipitare in un pensiero ben fatto, con tutte le parole a posto, quindi evaporava al minimo movimento”.

E tutto quel biancore lui lo notava prima ancora di vederlo”.

Raccontami il luogo esatto in cui hai scelto questa direzione, il momento in cui hai radunato come vestiti sparsi sul letto la varietà della tua vita incontrollata facendone un pacco sigillato da riporre in un posto di te che sai solo tu”.

© Marcello Sgarbi

03 agosto 2022

Il lato oscuro di Vittorino Andeoli a cura di Miriam Ballerini

 


IL LATO OSCURO – Un grande psichiatra racconta nove storie italiane di crimine e follia

di Vittorino Andreoli

© 2002 rcs Libri

ISBN 8817871028

Pag. 318 €8,50


Ho letto molti libri di Vittorino Andreoli, famoso psichiatra; ritengo sia una persona estremamente empatica e umana; trovo, inoltre, che sappia scrivere in modo da riuscire a fare avvicinare a queste tematiche anche persone comuni che non posseggano nozioni della materia.

Da sempre interessata a queste situazioni, a scavare nell'animo umano, soprattutto quello che riguarda la psiche malata o deviata, ho affrontato anche questo libro con estrema attenzione.

Le nove storie che riporta riguardano casi da lui seguiti personalmente; questo significa che è stato interpellato come perito per dare un giudizio psichiatrico sul colpevole.

Come funziona questo lavoro? Ce lo spiega lui stesso: “Il lavoro psichiatrico, sia esso svolto per conto della difesa o per conto dell'accusa, non è mai teso ad appurare la colpevolezza o l'innocenza del soggetto in analisi. Anche quando il soggetto mente, è il fatto che menta, le modalità con cui costruisce e propone la menzogna ad assumere rilievo …”

I due casi ai quali ha dato maggiore spazio sono quelli dei serial killer Donato Bilancia e il mostro di Firenze (presunto?), Pietro Pacciani.

Del primo ne ha riportato molte lettere, narrandone la storia al completo, portandoci a conoscenza della “voce” di Bilancia, del suo sentire.

Il secondo, nonostante non lo abbia mai incontrato, lo ha seguito perché incaricato di studiarne i disegni e gli scritti, affinché giungere alla conclusione se questi potessero o meno appartenere a un individuo capace di atti feroci quali il mostro di Firenze aveva perpetrato.

Gli altri sette casi riguardano crimini meno conosciuti, a chi non segue particolarmente la cronaca.

Marisa Pasini ha ucciso il proprio bambino di tre anni, affogandolo.

Donato Bilancia ha ucciso, in soli sei mesi, diciassette persone, spargendo il panico per la Liguria.

Paolo Pasimeni, a Padova, uccide il padre all'interno dell'università in cui lavora.

Eugenio Michelotto uccide il padre e ferisce la matrigna.

Michele Profeta sta intraprendendo la strada del serial killer, ma viene fermato alla conta di due cadaveri.

Riccardo, minorenne, uccide la propria fidanzatina.

Franca Maria Bauso, con l'aiuto della mamma, del fratello e di un'amica, uccide il proprio padre, un uomo violento.

Mariano Molon, durante una riunione di lavoro uccide un collega e ne ferisce gravemente altri due.

Pietro Pacciani, accusato d'essere il mostro di Firenze, viene giudicato colpevole in primo grado e assolto in secondo grado. Morirà d'infarto quando ancora la questione non sarà chiarita. E, pure a tutt'oggi, non possiamo dire di essere certi di come siano andate le cose. Intanto hanno perso la vita sedici giovani.

All'inizio del libro Andreoli ci spiega a grandi linee cosa significhi, per un essere umano, uccidere. Perché lo fa, quali molle scattino nel nostro cervello.

Le storie narrate sono suddivise in tre parti: il fatto, la personalità di chi ha ucciso e la dinamica del delitto.

Dice Andreoli: “Lo scopo di questo libro è aiutare a comprendere l'ammazzare, non parlare delle regole del giudizio e della punizione. Noi del resto abbiamo sempre lavorato per capire e siamo incapaci di giudicare, mentre rispettiamo coloro che lo fanno. Una società ha bisogno di leggi, anche se le leggi dovrebbero aver bisogno di conoscere bene l'uomo che le deve applicare”.

Da sempre l'essere umano è attratto dalle vicende di sangue, anche se ne prende subito le distanze, cercando di segnare la linea di confine fra sé e l'altro. Spesso le persone non si rendono conto che, chiunque di noi, è in grado di uccidere. A ognuno di noi può capitare qualche evento che scateni questo fenomeno che non ci è per niente estraneo. Trovo esemplificativa questa frase scritta dallo psichiatra: “Il mostro è la creazione, comoda e rassicurante, di una società che non si sente più umana, che vuole ribadire ipocritamente la propria normalità escludendo come “non umano” quanto in realtà non è altro che un suo prodotto. Ogni omicidio, infatti, parla della società in cui è stato commesso, in qualche modo la riflette. Per questo, giudicando, non facciamo altro che giudicare noi stessi”.


© Miriam Ballerini


fonte:"Il lato oscuro" di Vittorino Andreoli: un grande psichiatra racconta nove storie italiane di crimine e follia - OUBLIETTE MAGAZINE

01 agosto 2022

Andrea Vitali – Una finestra vistalago – a cura di Marcello Sgarbi

 


Andrea Vitali –
Una finestra vistalago (Garzanti)


Collana: Narratori moderni

Pagine: 360

Formato: Rilegato

EAN: 9788811665366

Non mi dilungo in paragoni già fatti tra questo ormai popolarissimo autore e due pilastri della letteratura romanzesca come Piero Chiara e Mario Soldati, lo stesso Andrea Vitali sente verso di loro un debito di riconoscenza.

Preferisco sottolineare, invece, come abbia catturato l’attenzione dei lettori sui personaggi che crea e sul luogo per elezione dove ambienta i racconti che li vedono agire: Bellano, sulle rive del lago di Como, teatro di “Una finestra vistalago” dove, sullo sfondo dell’Italia degli anni Cinquanta-Sessanta, vediamo intrecciarsi storie diverse legate da un elemento comune: l’omonimia. Eraldo Bonomi, militante del PSIUP bellanese, si innamora di una ragazza di Pontida: Elena. Bella e scaltra, lei sa che la sua famiglia ha a che fare con un Arrigoni. Ma quale? A Bellano ce ne sono tanti.

Così, per trarne vantaggio, cerca una finestra con orizzonti ben più ampi di quelli vistalago e vistamonte che le vengono offerti dall’umile casetta di Eraldo. Accanto ai protagonisti sfilano tutti ben tratteggiati i comprimari, tra cui il medico condotto dottor Tornabuoni (un alter ego di Vitali?), Benito, Curzio Castronni, la “Stopina” e il “Biglia”.

Un piacevole affresco lacustre fra il feuilleton e il romanzo popolare, simile per epoca, struttura narrativa e costumi al “Mondo piccolo” di Guareschi, in cui l’amore, la politica e gli affari si uniscono a comporre un quadro non così diverso dalla realtà dell’Italia di allora (e un po' anche di oggi).

 

 © Marcello Sgarbi


 

51a Edizione Ravenna, 3-13 maggio 2024

                                                  51 a Edizione Ravenna, 3 -13 maggio 2024   Una panoramica geografica sul jazz, dagl...