29 maggio 2019

Rosso oscuro, scurissimo, quasi nero

Rosso oscuro, scurissimo, quasi nero.

Le parole servono a poco, dirà qualcuno. Grosso errore, perché le parole hanno il potere più grande: quello di entrare nella mente e di cambiare il mondo. Si pensi ai libri che hanno fatto la storia degli uomini. Che altro sono la Bibbia, lo stesso Capitale se non un insieme di parole che diventa sacro per chi, leggendoli, ne viene ad essere affatturato, riempito, come posseduto e dalla magia di quelle parole diventa adepto, innamorato o, addirittura, ossessionato. La parola è la ragione umana che si fa strada nelle tenebre dell'inconscio, i sentimenti ancestrali che governano gli uomini e il mondo.
Quasi 2500 anni fa, un uomo che di potere, di governo e di uomini se ne intendeva parecchio, dopo  aver compiuto l'impresa più grande che la storia ricordasse sin ad allora, ebbe a dire che: "la paura governa il mondo". Quell'uomo era Alessandro Magno ed allora come ora mi sembra evidente che il governo della paura, e chi di questa paura è diventato impresario, si stia facendo strada nel nostro Paese. Non è il nero del fascismo ma il grigio della paura vigliacca. Ricordate che il fascio nacque rosso poi divenne nero. Non confondiamo una farsa con una tragedia.

(c) Angelo Ivan Leone

Dalle urne, quale Europa? di Antonio Laurenzano

Dalle urne, quale Europa?
di Antonio Laurenzano
Quale Europa è uscita dalle urne? Chi ha vinto le elezioni europee di domenica 26 maggio? Il voto per il rinnovo del Parlamento europeo ha visto l’inedito scontro tra europeisti e sovranisti, un referendum sul progetto europeo. In gioco il futuro stesso dell’Ue, la sua integrazione o la sua polverizzazione con il dilagare di piccole patrie regionali incapaci di incidere sullo scacchiere internazionale. A urne chiuse, sul Vecchio Continente non è spuntata l’alba populista e sovranista: non c’è stata la temuta ondata antieuropeista, il massiccio atto di sfiducia nei confronti di Bruxelles, dei suoi vincoli di bilancio e della sua eurocrazia. Al di là dei successi registrati in Italia con Matteo Salvini e in Francia con Marine Le Pen, non saranno i sovranisti a dettare il gioco per i prossimi cinque anni. Il dichiarato “capovolgimento dell’Europa” è rinviato! E’ prevalso il buon senso, la voglia dei popoli europei di continuare a fare strada uniti per costruire un’Europa più forte, allontanando suggestioni e fantasmi del passato.
Finito il tempo degli spot elettorali, è iniziato il day after. E non sarà facile. I due storici gruppi dei popolari e dei socialisti europei che hanno “controllato” l’attività parlamentare negli ultimi vent’anni perdono 72 seggi e non possono più contare sulla maggioranza assoluta. Esce di scena Angela Merkel, la “ragazza venuta dall’est”, la Cancelliera che di fatto ha governato l’Europa per quindici anni, erigendosi contro ogni forma di nazionalismo e, sul piano economico, di finanza allegra. Si apre ora una nuova stagione, irta di incognite per i futuri equilibri istituzionali. Il voto comporterà a Strasburgo una ricomposizione della coalizione di maggioranza, cambierà il meccanismo politico e diventerà più complesso. Porte aperte per il blocco liberale, a cui si aggiungerà La Republique en Marche di Emmanuel Macron, di cui il presidente francese vorrebbe farne il perno della governance comunitaria per il rilancio della nuova Europa, con l’eventuale contributo dei Verdi in forte ascesa in molti Paesi.
L’europarlamento diventa ora il crocevia del ricambio nelle istituzioni comunitarie. In vista del debutto ufficiale previsto per il 2 luglio a Strasburgo, prendono avvio i negoziati per costruire i gruppi politici che daranno l’impronta al nuovo emiciclo per il prossimo quinquennio. Seguirà quindi la sessione per la delicata elezione del presidente della Commissione Ue, il futuro capo dell’esecutivo, figura cruciale nei rapporti con gli Stati membri dell’Unione. A seguire, dopo la pausa estiva, l’individuazione dei nuovi commissari, per finire in ottobre con la nomina del Presidente del Consiglio europeo e della Banca centrale europea di Francoforte.
Sul tappeto ci sono importanti dossier aperti, tra cui l’unione di bilancio, l’unione bancaria, l’armonizzazione fiscale, la riforma di Dublino sui migranti, la crescita economica. Sono questi i temi di fondo che segneranno la futura agenda europea per creare strumenti efficaci di coesione sociale e di stabilizzazione dei cicli economici. Rilanciare cioè il ruolo dell’Europa nel contesto politico-economico mondiale e dare all’Unione una precisa soggettività giuridica nei rapporti internazionali per fronteggiare la globalizzazione dei mercati, arginare i dazi americani e la politica economica espansiva della Cina che estende sempre più la propria influenza in Europa con imponenti risorse finanziarie.
E l’Italia, nell’anno di decisioni particolarmente importanti, quale ruolo avrà nel futuro Parlamento europeo? Il rischio è la marginalizzazione, l’irrilevanza della maggioranza dei nostri eurodeputati (47 su 73), perché espressione di gruppi parlamentari di minoranza. In Europa non paga il successo dei sovranisti nostrani. Speriamo in un ruolo di prestigio nella Commissione europea. Lo ha chiesto al Governo senza mezzi termini il Presidente di Confindustria Boccia, intervenuto all’Assemblea Univa di Malpensafiere: “Vogliamo un Commissario Ue di rango, di serie A: industria, mercato interno, commercio, concorrenza.” Chi raccoglierà questo appello per portarlo a Bruxelles?
(www.antoniolaurenzano.it)

28 maggio 2019

UNA LETTERA DA SALO'a cura di Angelo Ivan Leone

UNA LETTERA DA SALO'

a cura di Angelo Ivan Leone

Mario Moretti, ventottenne con moglie e un figlio, in attesa dell’esecuzione.
16 Aprile 1944 […] Se dovessi dire che vado a morte contento, direi una bugia e tu non sapresti il vero di Mario tuo. Morire in questo momento avrebbe per me tre squallori, l’uno più grande dell’altro. Primo: Non solo chiudere gli occhi su una Patria morente, senza conoscere qual è la via d’uscita che può renderla ancora onorata e libera, se non grande, ma lasciare il popolo, cui purtroppo appartengo, senza meta ed in letale avvilimento, né scorgere la via per cui esso voglia e sappia redimersi! Una massa di cani urlanti e di iene pispiglianti, un caotico sopportamento di ogni disonestà, l’assenza di un: “Homo novus”. Secondo: Che in questa Italia sconvolta e perigliosa io lascio te, sola, indifesa, con un avvenire scuro quanto mai… e oggi forse saresti donna con un concetto meno lirico della vita, con ricordi forse più realitisci, ma men puri e ideali. Ma la vita, se non vuol essere una sporca vicenda, dev’essere come noi l’abbiamo vista insieme… Perciò i nove anni di poesia che ci siamo regalati, anche se oggi le ansie e le umiliazioni, le fatiche e gli inganni ti serreranno alla gola con l’assillo della realtà, resteranno sempre un retaggio di un immensa felicità e di fortificanti ricordi. Terzo: Il rimpianto di non essere ancora felice con te, con Sergio, (il figlio dell’uomo n.d.a.), con voi creature adorate del mio cuore. Oh, i sogni cui mi sono così spesso abbandonato!… la tranquillità del ritorno a casa dopo il lavoro, l’educazione di Sergiotto e tante, tante altre cose su cui non oso fermarmi per non incrinare la mia forza d’animo… E’ duro sparire dal mondo quando un angioletto come Sergio, carne nostra, non mi ha ancora detto la prima parola, eppur mi ha svelato tutto un programma di missione, di sacrifici e di infinite dolcezze… Ho fede, molta Fede in Dio e tu sai che in questa fu una costante e non l’angosciosa ispirazione della paura di morire… Nè temo che la mia sorte sia inutile. Benché oggi un uomo vivo e capace di combattere per un’idea sia molto più utile all’Italia che un morto, pure è necessario l’olocausto di molte vite che appiano insegnare ai pavidi come si muore, che sappiano additare alle generazioni future fin dove si può bere l’amaro calice. Se non avessi avuto te, voi, avrei ritenuta la morte la miglior ventura in giorni così turpi.. […] Sergio! Oh Sergio… Sergio! Oh Sergio mio… Eppure papà tuo morirà sentendo le tue manine sul volto e cullato dai gorgheggi della tua boccuccia dorata. Ma forse papà potrà lasciarti qualcosa di utile: un viatico che nel mondo di oggi ti peserà più di una cassaforte piena. Sii onesto fino allo scrupolo: chi trascura il piccolo finirà col trascurare il grande. Papà in periodo di caos poteva diventare ricco e invece non trovò nemmeno un po’ di pelle per farti le scarpette da neonato. Ma ne era fiero e felice più di un miliardario… Sii libero delle tue opinioni; rimuginale finché le avrai rese perfette e poi fattene bandiera senza paura, senza temere nulla… Pensa a tuo padre come a colui che ti ha adorato due volte, come Sergio e come figlio della donna idolatrata. Non rimproverarmi se sono morto prima di averti condotto al riparo: non potevo. Ama l’Italia, e se vivrai in tempo di avvilimento e di servaggio, pensa che essa fu grande e sfortunata perché i suoi figli non furono degni di Lei. Se invece vivrai in tempi di gloria e di onorata ricostruzione, pensa che tuo padre è morto per crearla tale e siine orgoglioso. […] Viva l’Italia!
Addio, Maria.
Addio, Sergio.
 Dopo questa lettura, io che creperò antifascista, non posso che tributare verso questi uomini, verso questi fascisti, verso questi sconfitti un immenso onore e un infinito rispetto.

Ritorna Zanna blu il nuovo libro di Carmelo Musumeci

È uscito un nuovo libro di Carmelo Musumeci: “Zanna Blu - Le Nuove Avventure”, con vecchie (dove c'è la Prefazione della grande Margherita Hack) e le nuove avventure, inedite, di Zanna Blu, in un testo unico ampliato.
Assolutamente da non perdere! 
 
È un libro di favole per bambini e adulti. È la storia delle incredibili avventure di Zanna Blu, un cucciolo di lupo abbandonato da mamma lupa perché non ce la faceva ad allattare tutti e quattro i suoi piccoli: fu costretta a scegliere se farli morire tutti di fame o sacrificarne uno. Ma Zanna Blu, spaventato, solo e affamato, è salvato da un lupo mannaro, uomo o animale, non si sa bene.
Alla sua morte, di nuovo solo, Zanna Blu incontra l’amore della sua vita, Lupa Bella. Catturato dagli uomini, legato a una slitta, frustato a sangue, Zanna Blu fugge, viene ripreso, ferito, ma sempre risorge quasi immortale.
Leggendo questo libro ci si sente in colpa per avere avuto un’infanzia felice, una famiglia che ci ha protetto e aiutato a crescere. E ci si domanda come saremmo stati se fossimo stati lasciati abbandonati a noi stessi, orfani o con genitori in carcere, o assenti. È di nuovo il bimbo Musumeci che si riaffaccia, che mette in mostra tutto il suo vissuto. Quell'infanzia rovinata dal bisogno di pane, con la nonna che gli insegnava a rubare al mercato e poi lo menava perché scoperto. È il male che emerge sordo al ricordo degli anni passati in collegio, dove Carmelo-Zanna Blu venne mandato dopo la separazione dei suoi genitori.
Carmelo è Zanna Blu e questa opera di Musumeci è il riscatto: non più il racconto reale di una vita nuda e cruda che trova nel presente il risultato di un passato rovinoso, poco attento, gramo di sentimenti e di amore di cui un fanciullo ha bisogno e chiede. Questi sono racconti che insegnano il coraggio, l’amore per la libertà, l’amore disperato per la compagna; scritti in maniera semplice, senza retorica. Grazie a questa sua capacità di esprimere i suoi sentimenti, Carmelo si ricostruisce una vita spirituale libera, che vale la pena di essere vissuta e che trasmette al lettore, bambino o adulto che sia, una profonda umanità. Sono favole, ma favole che fanno riflettere.
(Dalla prefazione di Margherita Hack)

27 maggio 2019

OUT UK a cura di Angelo Ivan Leone

OUT UK  a cura di Angelo Ivan Leone                          

Qualcuno l'ha paragonata alla Tatcher, perché donna. Un po' come le democrazie popolari somigliavano alle democrazie nostre, solo in quanto democrazie. Oppure come una camicia a una camicia di forza, solo in quanto camicia, come diceva sir Churchill, giusto per rimanere nei ritmi inglesi. Il paragone oltre ad essere assurdo in ambito storico è fallace anche in ambito filosofico-politico. Per il semplice motivo che si tratta di un sillogismo. Ragionare per sillogismi è sempre sbagliato come ci ammoniva Mointagne nei suoi eterni Essais: il salame fa bere, il bere disseta, ergo il salame disseta.
Nella realtà: il salame non disseta per niente e la May non è la lady di ferro, purtroppo o per fortuna. Dipende dai gusti. Infine la Tatcher guidava e portava il suo Paese ad una riscossa neoliberale, ipercapitalista ed imperiale (quanto di più inglese possa esistere) la May si è dibattuta per governare alla meglio, o alla peggio, l'uscita di scena di quello che fu un Paese glorioso dalla geopolitica mondiale. Rinchiusa nella sua isola "delle erbe amare" per dirla con Cesare, l'Inghilterra guarda oggi l'Europa allontanarsi da se.

GRANDE LETTERA DI ILARIONE AI SUOI FIGLI. SULLO SPIRITO SANTO E SUI SUOI DONI a cura di Vincenzo Capodiferro


GRANDE LETTERA DI ILARIONE AI SUOI FIGLI. SULLO SPIRITO SANTO E SUI SUOI DONI (1805). Un inedito esoterico sulla spiritualità giansenista moderna
A cura di Vincenzo Capodiferro

La “Grande lettera di Ilarione ai suoi figli”, editato presso Éditions Croix du Salut (13.05.2019), a cura di Vincenzo Capodiferro, è un capolavoro della spiritualità cristiana. È una lettera esoterica, cioè riservata agli eletti e non aperta al pubblico, nel senso etimologico del termine (esoterico=interno, nascosto), che ci rivela un mondo prezioso racchiuso in uno scrigno della comunità giansenista, guidata da questo Padre, che si fa chiamare Ilarione. Come si evince dall’Epistola, la comunità dei “piccoli” dello Spirito è strutturata gerarchicamente: vi sono i reggenti che sono i Padri, poi vi sono i Sorveglianti, e i Provveditori. Ilarione si rivolge sempre ai “piccoli”, sia in senso materiale che spirituale. I Piccoli dello Spirito sono coloro, che prendendo a cuore il monito evangelico, si sono resi piccoli per il regno di Dio. Trai Piccoli Spirituali poi vi sono alcuni, che hanno ricevuto particolari doni dello Spirito, e questi sono definiti Strumentali. Tra gli Strumentali poi, riveste una particolare mansione la piccola Elisée, depositaria particolare dei doni dello Spirito. Nella lettera questo padre rivela l’opera dello Spirito, ed anche le difficoltà, le gelosie che sorgono trai piccoli: in particolare emergono due figure, una è Elisée, che abbiamo menzionato, come Maria, l’altra, invece, è Genèvieve, come Eva, seduttrice e corrotta. Ilarione racconta che Gennèvieve lo accusa pubblicamente e lo fa condannare. In maniera misteriosa Ilarione viene salvato dalla morte. Siamo in un periodo particolare dove i fenomeni mistici e religiosi, in genere, subito vengono perseguiti. Ci ha lasciato questa lunghissima lettera/testimonianza, che è un documento unitario, ma si divide in più giornate. La datazione è semplice, e segue il calendario rivoluzionario. L’attività dell’Opera dello Spirito Santo, risale almeno al 1782. Tutta la Rivoluzione Francese e l’Età napoleonica viene vista come una punizione divina della corruzione umana. Ilarione interpreta l’uomo, secondo la canonica giansenista, come un composto di Umanità e Divinità. La natura umana purtroppo è soggetta alla corruzione ed al peccato, la natura divina, invece, dipende direttamente dalla Grazia, che è soccorritrice. Lo Spirito si serve naturalmente di persone speciali, gli Strumentali, per propagare la sua opera salvatrice dell’umanità: il fine dell’uomo è interpretare quest’opera soprannaturale dello Spirito che agisce nell’Umanità, attraverso la Divinità. Lo stile è semplice, chiaro, a volte ripetitivo, ma molto avvincente.

24 maggio 2019

Sonosolostoria. La guerra civile italiana e le 150mila vittime di Angelo Ivan Leone

Sonosolostoria. La guerra civile italiana e le 150mila vittime
Il fronte italiano era quindi considerato di secondaria importanza dagli Alleati, questo non solo per l’immenso sforzo operato in Francia, ma anche per complesse ragioni geopolitiche.
Era stato sir Winston Churchill a volere, più del suo alleato Roosevelt, aprire il secondo fronte in Europa attaccando l’Italia, da lui ritenuta giustamente “il ventre molle dell’Asse in Europa” .
La vecchia volpe del primo ministro britannico aveva una volta in più dimostrato il suo fiuto perché, infatti, l’invasione della Sicilia, riuscì ottimamente con le truppe anglo-americane che ebbero resistenze nella battaglia solo da parte delle truppe tedesche, guidate da un uomo che segnerà, da questo momento in poi, tutta la campagna di Italia: il maresciallo, diverrà feldmaresciallo nel corso della guerra per i suoi indubbi meriti militari, Albert Kesserling (1885-1960).

Dopo la conclusione dell’operazione Husky, con la Sicilia conquistata totalmente in un mese dalle truppe del generale britannico Montgomery e da quelle del generale statunitense Patton (il film Patton generale d’acciaio racconta molto bene come si svolsero da parte alleata militarmente le operazioni), il governo italiano iniziò a trattare con gli Alleati portandoci, come abbiamo visto nel primo capitolo, alla vergogna dell’8 settembre.

Una volta firmato l’armistizio e messe al sicuro le loro regali teste, il sovrano Vittorio Emanuele III, che sulle prime continuò a essere addirittura chiamato Imperatore d’Etiopia e Albania come durante l’infausto ventennio, ebbe molti problemi da affrontare assieme al suo seguito e al vecchio Maresciallo Pietro Badoglio. Iniziava sotto la luce di questi due uomini, il vecchio re e Badoglio, la vita di quello che passò alla storia come il regno del Sud.
In tutto il centro nord ancora occupato dai nazifascisti, si costituì la Repubblica Sociale Italiana, meglio nota con l’acronimo Rsi, che poi i posteri ribattezzarono con il nome di Repubblica di Salò, dove il Duce, dopo essere stato liberato dalla prigionia da parte di un reparto di parà tedeschi, pose il suo governo.

La repubblica di Salò

fu sin dall’inizio un coacervo di contraddittorie linee ideologiche; in essa convissero: i peggiori rantoli di uno squadrismo cieco e torturatore, molti ladri di polli, ma anche uomini, molti dei quali giovanissimi, che in assoluta buonafede cercarono di servire la loro patria e di onorare la parola data al Duce per combattere quelli che consideravano i nemici dell’Italia. Basterebbe leggere le lettere dei condannati a morte della Rsi per capire quanto questi uomini assomiglino ai partigiani per la comune lealtà alla loro causa.

L’avventura dell’ultimo Mussolini a Salò

si concluse, dopo la fucilazione, a Piazzale Loreto a Milano, il 28 aprile 1945, dove furono esposte le salme del Duce e di Claretta Petacci, assieme a quelle di altri importanti gerarchi del Fascismo, appese per i piedi a un distributore di benzina per vendicare, si disse, l’uccisione di partigiani avvenuta tramite impiccagione, un anno prima, nel medesimo piazzale.
Il vecchio camerata del Duce Adolf Hitler, che tanto aveva contribuito a scaricargli addosso l’odio degli italiani, riseppe la notizia della fine di Mussolini l’indomani, 29 aprile. La notizia della fine di Mussolini spinse il Führer ad accingersi ai preparativi per la propria morte, mentre i Russi erano già a Berlino e lui si ritrovava da alcune settimane rinchiuso nel bunker antiaereo della Cancelleria. Per cui, una volta testato il cianuro sulla sua cagna Blondi e averne quindi visto il fatale effetto, Hitler, dopo aver scritto i suoi due testamenti, politico e personale, si congedò dai suoi ultimi fidi, la famiglia Goebbels e le sue segretarie, per poi spararsi mentre ingurgitava una capsula di cianuro, seguito in questa spirale di morte tramite suicidio da Eva Braun, sposata da lui poche ore prima della sua morte, e dall’intera famiglia Goebbels in un’atmosfera che è molto ben raccontata nel film La caduta. Gli ultimi giorni di Adolf Hitler.
Era il 30 aprile del 1945 e, mentre il Führer moriva, le truppe sovietiche issavano la bandiera rossa con la falce e il martello sulle rovine fumanti della cancelleria. La battaglia di Berlino, ultimo tributo di sangue versato dall’Europa nella Seconda guerra mondiale, era finita.

Il 7 maggio 1945, la Germania nazista firmava la sua resa incondizionata agli Alleati.

La guerra in Europa era terminata. Come abbiamo visto, alla caduta del Fascismo, nella notte tra il 24 e il 25 luglio del ’43, seguì l’arresto di Mussolini e la nomina di Badoglio a primo ministro. In settembre, gli Alleati, sbarcati in Calabria, a Salerno e a Brindisi, liberarono gran parte dell’Italia meridionale, mentre l’8 settembre venne comunicata per radio la firma dell’armistizio, con l’esercito che si disgregò, il re che fuggì a Pescara e di lì a Brindisi, già ben oltre le linee alleate, e i tedeschi che occuparono gran parte della penisola. Tra l’ottobre e il novembre del ’43, i nazisti, guidati dal geniale Kesserling e attestati sulla linea Gustav, una linea che tagliava in due la penisola passando per Cassino e la sua famosa abbazia, fermarono l’avanzata degli Alleati. Qui il fronte si fermò dal dicembre del ’43 al maggio del ’44. Questo intervallo di tempo venne inframmezzato dallo sbarco che gli Alleati effettuarono ad Anzio il 22 gennaio 1944, sbarco che venne anch’esso circoscritto dall’ottima organizzazione data alle truppe germaniche da Kesserling.
L’attacco portato dagli Alleati a Montecassino, cardine della linea Gustav, iniziò a febbraio e si concluse a maggio, con lo sfondamento di tale linea. Il 4 giugno, Roma veniva infine liberata. A settembre del ’44, gli Alleati si arrestarono sulla linea gotica, che correva da Pisa sul Tirreno a Rimini sull’Adriatico. Il 17 aprile del 1945, anche questo fronte venne sfondato dagli anglo-americani, che irruppero oltre la linea gotica e provocarono, insieme all’insurrezione generale proclamata dal Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia, Clnai, il 25 aprile, il crollo delle truppe tedesche nella penisola.

Il 2 maggio 1945, i tedeschi si arrendevano

senza condizioni agli Alleati: “sull’Italia in rovina è finalmente tornata la pace”. La Liberazione dell’Italia, avvenuta il 25 aprile 1945, è stata pagata con un gran tributo di sangue dai partigiani. Alle vittime militari, purtroppo, vanno ad aggiungersi le vittime civili fatte dalla barbarie nazifascista come ritorsione all’azione dei partigiani. Complessivamente, tra combattenti e civili, il numero delle vittime degli anni della Resistenza ammonta a più di 150mila uomini. Fu questo, quindi, il tributo di sangue pagato dal Paese per ritornare alla democrazia, che, come diceva Churchill, “è la peggiore soluzione eccettuate tutte le altre”.
[immagine di copertina di storiaxxisecolo.it]

Il referendum per l’Europa del futuro di Antonio Laurenzano

Il referendum per l’Europa del futuro
di Antonio Laurenzano
Un voto, quasi un referendum! Azzerata ogni discriminante ideologica del passato fra destra e sinistra, le elezioni di domenica 26 maggio rivestono un chiaro significato referendario: un voto a favore o contro il progetto di integrazione europea. Nel segreto dell’urna la scelta per il futuro dell’Europa, il “redde rationem” tra chi è europeista e chi non lo è. Una novità assoluta per le elezioni europee. L’Europa, pur con le sue contraddizioni, non ha mai rappresentato, nelle varie tornate elettorali dal 1979 in avanti, un tema politico su cui confrontarsi o fare propaganda partitica. Non è mai stato terreno di divisione nelle comunità nazionali, di scontro fra le forze politiche.
Lo scenario è ora cambiato. La crisi economica, il disagio sociale e i flussi migratori hanno generato un rigetto dell’establishment, una domanda di sovranismo quale risposta ai guasti dell’Europa dell’austerità, della mania normativa, lontana dai bisogni della gente. Un sovranismo che è espressione della crisi di fiducia dei cittadini europei nei confronti della politica dell’Ue, dell’euroburocrazia di Bruxelles, delle istituzioni comunitarie in balia dei veti incrociati per gli interessi dei Paesi membri. Ma vagheggiare frontiere chiuse, monete nazionali, isolazionismo e autarchia sotto la bandiera di una surreale “internazionale nazionalista” è una ricetta illusoria che ipoteca la marginalizzazione degli Stati in mercati finanziari globalizzati. E’ un sovranismo che non ha futuro, perché rompere con l’Ue sarebbe fatale per l’economia reale e la stabilità politica.
Con una buona dose di demagogia populista, l’Unione europea e la sua forma più avanzata di integrazione, la moneta unica, sono diventate il capro espiatorio dei mali nazionali di Paesi che, per incapacità politiche e limiti strutturali, non sono riusciti a garantire livelli di crescita economica sostenibile e duratura, a creare le condizioni per uno sviluppo sociale equilibrato. E’ troppo facile far risalire ritardi e inefficienze nazionali alle istituzioni comunitarie, sollevando i governi nazionali da responsabilità antiche e recenti. Vittima di amnesia storica, l’euroscetticismo continua a disconoscere i meriti del progetto europeo, consolidati in settant’anni di pace: dal mercato unico alla libera circolazione delle persone, dalla politica di coesione sociale agli scambi culturali e studenteschi, dalla cooperazione per lo sviluppo alla tutela della concorrenza, alla privacy.
Che l’Europa unita sia un’opera incompiuta, un progetto in divenire, è evidente! Vanno corrette asimmetrie importanti. In primis, quella di una moneta unica senza una governance economica, senza una unione di bilancio e una unione bancaria. Uno spazio comunitario privo di una difesa comune, di strumenti di protezione dei confini esterni. Serve un big bang in grado di rilanciare, con lo spirito originario dei Padri fondatori, la costruzione della comune casa europea per riavvicinare l’Europa ai suoi cittadini: potenziare il welfare state e le politiche ambientali, stabilizzare il ciclo economico, armonizzare i sistemi fiscali e previdenziali nazionali per azzerare paradisi fiscali e dumping sociale. La sfida è la “sovranità europea condivisa”, l’interdipendenza delle politiche nazionali sui temi di generale rilevanza, con soluzioni europee. Non un super Stato europeo, né un’associazione di Stati da tenere in vita con accordi intergovernativi, ma una unione federale con sovranità su un nucleo forte di questioni comuni, lasciando alle sovranità nazionali la gestione degli altri problemi, nel rispetto delle singole identità. Alle Istituzioni comunitarie la mission di dare all’Ue una voce unica nel contesto internazionale, di recuperare la centralità del suo ruolo, fattore di stabilità politica, di sviluppo economico e di contrasto alla globalizzazione selvaggia.
Sono in gioco le sorti del Vecchio Continente. Per l’Italia, l’Europa integrata costituisce la condizione primaria della sicurezza politica, economica e sociale. Da Paese fondatore rischia di scivolare nell’oblio della storia, emarginata nell’assetto istituzionale europeo. Il “nemico” dell’Italia non è l’Europa ma, per l’enorme debito pubblico, sono i mercati finanziari! Resistendo alle suggestioni del sovranismo nostrano e alle sue fake news, l’interesse nazionale si difende con scelte ponderate, prive di emotività, nel ricordo dei tragici nazionalismi del passato e con il pensiero rivolto al futuro per un’Europa unita intorno ai valori della sua millenaria civiltà.

20 maggio 2019

NATURAL-MENTE. CORSO DI PSICOGENIA FISIOFRENICA A cura di Vincenzo Capodiferro

NATURAL-MENTE. CORSO DI PSICOGENIA FISIOFRENICA
A cura di Vincenzo Capodiferro

È uscito da poco alle stampe “Natural-mente. Corso di psicogenia fisiofrenica” presso Éditions Croix du Salut (16.04.2019), l’ultimo libro di Vincenzo Capodiferro. Il “Corso di Psicologia Omeofisica” o “Psicogenia fisiofrenica”, come viene designato nel titolo, è frutto di una serie di meditazioni sulla psicologia razionale rivolte ad un gruppo di alunni ristretto degli allievi del Liceo di Varese, ove insegna l’autore. Questi allievi simbolicamente sono associati ai quattro elementi fondamentali della Natura: ARIA, ACQUA, TERRA E FUOCO. Schiariamo subito il campo: la psicologia che si tratta, pur ricollegandosi alla psicologia scientifica, quella sorta nell’ambito del positivismo, ufficialmente col laboratorio wundtiano (Laboratorio di Psicologia, Lipsia 1879), si riferisce soprattutto ed essenzialmente all’antichissima scienza della Psyche, alla scientia sui di Socrate, di Platone, di Aristotele, etc., rispondendo proprio al monito, all’imperativo delfico: Conosci te stesso! Quest’opera non pretende di essere un’opera di psicologia vera e propria, ma più che altro di un’opera di counseling filosofico. Non pretende di dare cure, ma consigli, itinerari, sicuri del principio: medicus curat, Natura sanat. E la Natura sana anche le malattie mentali. È vero! È proprio così! E la cura proviene dalla pura naturalità, senza farmaci. La psicologia omeopatica parte da un preciso presupposto, che noi abbiamo più volte indicato, prendendo spunto dal titolo di un quadro di un autore sconosciuto: L’inadempienza dell’anima alla follia. La follia è un processo necessario della Natura, che va riportato all’uscita-fuori-di-sé: il processo estatico per eccellenza. Estasi significa uscire fuori. La Physis indica pertanto il divenire, contrapposto all’Einai, cioè l’essere in sé. L’Uno, come lo definivano Platone e Plotino, esce fuori di sé e ritorna in sé. Così l’io esce fuori di sé e ritorna in sé e lo fa nel passaggio da ogni stadio della vita all’altro: crisi-stabilità-crisi … L’importante è allora non è tanto sperimentare la patologia, quanto viverla come un processo di avveramento dell’io. Così tra normalità e anormalità c’è sì continuità come diceva Freud, ma c’è anche un rapporto dialettico. Il processo dell’io è sempre uscire fuori di sé e tornare in sé: exitus e reditus. L’opera ci offre uno sguardo sulle pulsioni fondamentali, le tendenze, i temperamenti, i caratteri. E soprattutto ci offre una terapeutica legata al counseling che si rifà alla maieutica socratica, ricollegata naturalmente alla psicoanalisi. Vi è l’analisi precisa dei tre mondi: quello sensale, o reale, quello immaginale, o medio, legato al principio di intenzionalità e quello ideale, o iperuranico, che coincide col mondo trascendentale apriori di kantiana memoria. Vi è infine una sezione dedicata all’interpretazione dei miti antichi in chiave psicologica. Il messaggio fondamentale comunque resta quello: solo tornando alla Natura, la grande madre, che non è matrigna, come credeva Leopardi, possiamo guarire dal male di essere (il male di vivere di Montale ed altri) e dall’allontanamento dal vero essere. Nella speranza di aver apportato un valido contributo alla psicologia naturalistica, proponendo, tra l’altro, sedi di recupero in piena natura che ci ricordano gli antichi “falansteri”, ci rimettiamo al giudizio ed alla sensibilità del lettore.

Lavorat(t)ivaMente. La medaglia del rovescio a cura di Angelo Ivan Leone

Lavorat(t)ivaMente. La medaglia del rovescio 

Lavorat(t)ivaMente. La medaglia del rovescio. La questione ambientale nel mondo del capitale: l’umanità schiacciata dalle contraddizioni del progresso


È difficile parlare delle contraddizioni intrinseche del capitalismo e del nostro modello di sviluppo occidentale fondato sull’economia liberale senza cadere nella solita e vuota retorica.
Il problema tuttavia esiste e sarebbe stupido ignorarlo anche perché esso coinvolge realmente tutte le popolazioni del globo andando a toccare la stessa sopravvivenza della razza umana sulla Terra.

Il selvaggio disboscamento di foreste

come nel caso dell’Amazzonia, gli iceberg che si staccano dal polo a causa dell’effetto serra con il conseguente surriscaldamento della temperatura del pianeta e le innumerevoli specie di animali in estinzione quando già non estinte che alterano il normale equilibrio biologico globale, sono solo alcune delle conseguenze catastrofiche che porta il trionfante capitalismo occidentale.

Questi crimini contro l’umanità sono sotto gli occhi di tutti

ed è assurdo non prendere atto di una situazione che si va facendo di anno in anno sempre più pericolosa. Purtroppo siamo alle solite, come spesso accade, molta gente fa finta di non vedere rifacendosi alla politica dello struzzo che da noi in meridione potrebbe benissimo essere preso come animale-emblema per un’involuzione plurisecolare.
Certo, almeno in questo caso, non siamo i soli a far finta di non vedere, ma questo non ci fa onore anche perché si dovrebbe essere nemici, a prescindere, della filosofia del mal comune mezzo gaudio. Qualcosa a livello mondiale lo si è cominciato a smuovere. In tempi relativamente recenti, grazie alla stesura e all’approvazione da parte di molte nazioni del Protocollo di Kyoto della convezione sui cambiamenti climatici, datato 1992. Purtroppo non figurano tra gli stati aderenti a questa regolamentazione del problema ecologia alcune “piccole” nazioni come gli Usa, ai quali forse interessa di più l’egemonia sul mondo che la salvaguardia dello stesso.
La defezione statunitense è grave e diventa intollerabile quando si pensa che la strapotenza americana è anche una strapotente fonte di inquinamento grazie ai colossali impianti industriali esistenti, si pensi alla Silicoon-valley. Cosicché il protocollo di Kyoto rimane una carta dalle lodevoli intenzioni a cui i garanti del mondo libero, come si autodefiniscono gli americani, danno un carattere meramente formale se non del tutto illusorio.
Da queste grandi questioni che necessitano probabilmente di tempi abbastanza lunghi per essere risolte possiamo e dobbiamo scendere ai nostri problemi locali di rapporto con la natura, cercando di diffondere quanto più possibile la cultura di rispetto e di tutela dell’ambiente in cui le passate amministrazioni non hanno certamente brillato, e che in molti strati del nostro tessuto sociale è sentita ancora come un qualcosa di superfluo che magari al massimo può fare tendenza.

Per quanto poi riguarda il capitalismo,

si dirà che esso non è solo distruzione, e questo è indubbio, ma ogni tanto dovremmo anche ricordarci dell’ammonimento lanciato 2 secoli fa dal grande Nuvola Rossa all’uomo bianco
“alla fine vi accorgerete che non potrete mangiare i vostri inutilissimi soldi”.
Inutili, magari no, ma di certo immangiabili.
(C) Angelo Ivan Leone
[immagine di copertina tratta da ifeelgood.it]

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