31 gennaio 2009

"Mons. Marcel Lefebvre" di B. T. de Mallerais

Una vita
Prefazione di Don Marco Nély
[ISBN-88-7475-082-X]

Edizioni Tabula Fati
Pagg. 752 + 32 ill. - € 25,00


La parabola di Marcel Lefebvre (1905-1991) segna una bella linea ascendente. Il Papa Pio XII nomina questo prete missionario di quarantadue anni Vescovo del Senegal e poi, un anno dopo, Delegato apostolico della Santa Sede per tutta l’Africa francofona (l’equivalente di un nunzio). Nel 1962 viene eletto Superiore della Congregazione dello Spirito Santo, che conta più di 5.000 membri. Il Papa Giovanni XXIII lo nomina Assistente al Trono pontificio e membro della Commissione centrale per la preparazione del concilio. Tuttavia, nell’ottobre 1968, si vedrà costretto a dare le dimissioni dal suo incarico di Superiore generale e, il 1° novembre 1970, fonda a Ecône (Svizzera) la Fraternità Sacerdotale San Pio X. Questo gli varrà una progressiva celebrità mondiale a causa del suo attaccamento alla “Messa in latino”, della sua opposizione ad alcune innovazioni del Concilio Vaticano II (1962-1965) e delle sue schermaglie con il Papa Paolo VI. Dopo le condanne vaticane contro la sua Fraternità e contro di lui, la “Messa proibita” che egli celebra a Lille nell’agosto 1976 davanti a 10.000 fedeli ottiene, grazie ai 400 giornalisti presenti, una risonanza enorme. Nel 1988 conquista una nuova celebrità consacrando quattro Vescovi ad Ecône, malgrado la proibizione del Papa Giovanni Paolo II, ma davanti alle telecamere di televisioni del mondo intero. Qual è dunque il movente di questo prelato eccezionale, spesso descritto come un “cavaliere solitario” nella Chiesa, che tuttavia afferma di non aver mai agito secondo le sue idee personali? Qual è il segreto dell’irradiamento di quest’uomo, figlio di un partigiano morto deportato, dottore in filosofia e in teologia, Ufficiale della Legion d’Onore, che ha conosciuto e frequentato i grandi, il dottor Schweitzer a Lambarené, il presidente Coty e il generale de Gaulle in Francia, ma anche François Mitterrand e Jacques Chirac, futuri Presidenti, Jacques Chaban-Delmas e Pierre Messmer, futuri Primi Ministri, e ancora il Presidente Lyndon Johnson, il Presidente Eamon de Valera, il Presidente Léopold Senghor, il Presidente Omar Bongo, lo scrittore e ministro André Malraux, il filosofo Jean Guitton, Padre Pio, Marthe Robin e tanti altri? Leggendo le pagine di questa affascinante biografia si svela, a poco a poco, il mistero di un uomo fuori del comune che fu così straordinariamente sicuro di sé perché fu assolutamente sicuro di Dio.
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Fonte: Ufficio stampa Tabula Fati

26 gennaio 2009

Geografia: agricoltura tropicale ed equatoriale

Nota enciclopedica
I paesi tropicali si trovano in quella fascia del pianeta che non a caso è soggetta a desertificazione, in particolare in quelle zone dove l’approvvigionamento d’acqua è difficile.
Le attività agricole a queste latitudini sono dure e spesso viene praticata l’agricoltura a rotazione con coltivazione di solo metà del terreno arato, in modo da lasciare a quest’ultimo il tempo di assorbire l’umidità delle rare precipitazioni (aridocoltura).
Solo quelle aree nelle quali l’agricoltura è associata all’allevamento sono tuttavia in grado di reggere una certa densità demografica, perché qui c’è anche la possibilità della concimazione animale.
Due esempi tipici di agricoltura asciutta sono quelle della Savana africana e del Deccan indiano.
Nelle savane il centro agricolo è anche un centro sociale che coordina e controlla il territorio. Qui l’agricoltura asciutta viene organizzata attorno al centro abitato per cerchi concentrici. Nell’anello più prossimo alle abitazioni viene praticata un’agricoltura intensiva, grazie alla possibilità di concimazione, dedita in particolare agli ortaggi. In fascia due ci sono i cereali, i legumi ed a volte l’arachide, mentre la terza aureola è costituita da campi temporanei a scopo di integrazione della produzione.
Nel Deccan invece la concimazione è spesso insufficiente perché, pur esistendo l’allevamento, il letame viene usato come combustibile invece che come concime. Qui l’agricoltura è dedita al miglio ed all’arachide, ma riesce ad essere efficace solo dove una falda poco profonda consente una adeguata irrigazione.
Un paesaggio completamente diverso è invece quello dell’Asia monsonica, dove le abbondanti piogge, anche se stagionali, garantiscono una redditività del terreno di molto superiore a quella ottenibile con la concimazione a secco.
Qui è diffusa soprattutto la coltura del riso, che è estensiva ma richiede enormi quantità d’acqua per essere praticata, oltre a campi piatti per la necessità di allagarli progressivamente alla crescita delle piantine.
In queste aree l’allevamento è quasi inesistente, tutto lo spazio è dedicato al riso e quindi, nelle zone non sufficientemente sviluppate, la concimazione avviene con una accurata raccolta dei rifiuti domestici.
Si tratta di una coltura che richiede grandi cure, sia per il territorio che se non perfettamente piano deve essere accuratamente terrazzato, sia per la pianta, ma che non ha comunque una grande resa: nelle regioni povere si produce circa mezzo chilo di riso per ora di lavoro, contro (per fare un esempio) i tre quintali di grano l’ora prodotti negli USA con sistemi meccanizzati; questo è causa di una diffusa povertà, caratteristica anche delle regioni secche, soprattutto quando la maggior parte del territorio è nelle mani di pochi, la quale alimenta in queste aree la piaga dell’usura, molto diffusa.
Dalla miseria più nera, infine, quella della schiavitù, è nata la forma d’agricoltura speculativa più diffusa in queste aree. Le piantagioni di monocolture tropicali sono infatti nate con la tratta dei neri, che alimentò le coltivazioni di cotone (foto) e canna da zucchero in Brasile, nelle Antille ed all’isola di Giava; poi si è passati al caffè, al , al cacao, alle banane ed alla gomma nelle aree più che altro equatoriali.
L’agricoltura di piantagione è strettamente legata, anche da vincoli postcoloniali, con le industrie alimentari dei paesi ricchi ed è favorita dai governi locali che l’hanno utilizzata per attingere da questa i capitali necessari all’industrializzazione. Essa è motivo di arricchimento per una oligarchia locale, la quale rappresenta un’autentica appendice della presenza coloniale in questi luoghi, oltre che una garanzia del permanente forte divario tra ricchi e poveri. Oggi che la schiavitù è scomparsa si stanno cercando forme di coltivazione e distribuzione le quali possano meglio coinvolgere la popolazione locale, attraverso l’abbandono della rigida monocoltura e lo sviluppo della cosiddetta agricoltura contrattuale.
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Autore: A. di Biase
Fonte: Compendio di Geografia umana; Dagradi-Cencini; Pàtron edizioni
Fonte fotografica: www.rpcotton.org

25 gennaio 2009

"Giallo in TV" di Federica Marchetti

Federica Marchetti
GIALLO IN TV
Dizionario dei telefilm stranieri trasmessi in Italia dal 2000 in poi
Edizioni Tabula fati[ISBN-978-88-7475-151-8]
Pagg. 96 - € 8,00

Esiste un prodotto televisivo commercialmente più vitale del telefilm?
Sembrerebbe proprio di no. Nemmeno la grande produzione cinematografica è più in grado di competere sulle cifre. Siamo nell’era del culto del telefilm e dei suoi protagonisti, grazie alla massiccia produzione statunitense che ha saputo creare un vero e proprio mercato, imitato (male) dal resto del mondo.

Negli ultimi anni si è assistito in televisione a una vera e propria invasione di nuovi “serial” per la maggior parte americani, di genere giallo / noir / poliziesco / investigativo (negli USA: mystery / hardboiled / thriller / detection).

Ne deriva una nuova letteratura che, anche in Italia, ha stimolato analisti, studiosi e critici a versare fiumi d’inchiostro di teorie e ricerche. Ma per conoscere meglio il prodotto in questione c’è bisogno almeno di un dizionario essenziale come questo.
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Federica Marchetti (1966) vive a Viterbo. Si è laureata in Lingue e letterature straniere moderne con una tesi su Léo Malet.
Dal 2000 ha creato il "Gatto Nero" (fanzine e quindi il sito www.ilgattonero.it).

23 gennaio 2009

Naviga on line una “bufala” degna di Cagliostro
di Bruna Alasia

I Maya sono i popoli che parlano la lingua omonima e che vivono nel sud del Messico e nella parte settentrionale dell'America Centrale. La loro civiltà archeologica ha dato prova di stupefacenti calcoli astronomici e, secondo alcuni studiosi, il loro celeberrimo e antichissimo calendario sarebbe più preciso del nostro. In internet da tempo si scrive che l’ultima era Maya avrà termine alle ore 11.11 del 21.12.2012, giorno in cui il solstizio d’inverno intersecherà l’equatore galattico, quel sistema cioè di coordinate celesti centrato sul sole e allineato con il centro della via lattea. Sempre secondo i Maya, la striscia scura in mezzo alla via Lattea rappresenta il Regno del Serpente, ovvero l’impero del male perché è un serpente che si mangia la propria coda.
Nel web, da tempo, migliaia di persone stanno navigando terrorizzate dalla fine del mondo al punto che vengono reclamizzati i libri più disparati sull’argomento. Buon segno perché significa aver fiducia nella sopravvivenza della specie. I titoli però fanno impressione: “Un’indagine scientifica sulla fine della civiltà”, “2012: l’apocalisse secondo un’antica profezia del popolo Maya”, “L’ultimo mistero dei Maya”, “Un segreto per il futuro prossimo”, “Kryon Rivelazioni sul 2012 e la nuova era”, “La rinascita di una nuova civiltà”.
Numerose le catastrofi che surriscaldano la fantasia dei naviganti: le principali sono la paura della terza guerra mondiale, lo scioglimento totale dei ghiacci, la sommersione delle terre. Molti hanno visto Voyager, programma televisivo che si è occupato delle teorie intorno alla data suddetta, e ne dibattono nei blogs.
Ma nella rete corre altresì una notizia sconvolgente: il 21 dicembre del
2012 la rotazione della Terra sul proprio asse subirà una fermata che durerà 72 ore per poi riprendere a girare in senso contrario, con la conseguente inversione dei poli magnetici. Questa fermata darà probabilmente luogo a eventi climatici e sismici anomali di grandi proporzioni e l’umanità subirà molte perdite. Il tutto suffragato da un linguaggio ermetico e pseudoscientifico che incute soggezione.
Tali atteggiamenti non sono nuovi: l’esponente più illustre di questa categoria umana fu Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro, vissuto nella seconda metà del secolo XVIII. Il conte di Cagliostro era siciliano, parlava nel suo dialetto che veniva scambiato per arabo, dissertando di cose mai studiate: teologia, morale, storia. Era convinto di godere di “uno speciale favore di Dio” che gli dava poteri soprannaturali: suggestionava i bambini affinché vedessero immagini angeliche o sapessero predire il futuro. Cagliostro stesso credeva fermamente di aver avuto una visione nella quale Enoch ed Elia gli avevano richiesto di fondare il rito Egizio e di propagarlo: culto massonico che si esprimeva attraverso canti liturgici, preghiere, fumi di incenso e una precisa numerologia che calcolava le ore di adorazione.
Magia, mistero e arcano ci hanno affascinati da bambini, basta vedere il successo planetario di Harry Potter, ma alcune di queste suggestioni sono insite in noi e ci accompagnano anche durante la maturità. Per questo vi sono persone inclini a crederci anche nell’epoca del computer.
Ma che la terra si possa fermare e invertire la rotta è stata definita soltanto una "bufala" da un telegiornale scientifico quale il TG3 L.I.S. Dormiamoci sopra, fiduciosi di poterci svegliare la mattina del 21 dicembre 2012 cantando quella vecchia canzone di Jimmy Fontana che dice

Gira il mondo gira
nello spazio senza fine...
Il mondo non si è fermato mai un momento,
la notte insegue sempre il giorno
ed il giorno verrà!

22 gennaio 2009

Intervista a Luciana Bianchi Cavalleri

INTERVISTA A LUCIANA BIANCHI CAVALLERI

Come tante delle mie conoscenze, io e Luciana ci siamo incontrate in rete. Nonostante non ci siamo mai viste di persona, abbiamo condiviso la nostra passione per la poesia. Anche se, Luciana, autrice comasca, unisce il suo poetare al Lario, il lago di Como che lei tanto ama.
Ha aperto così due siti internet dove poter condividere le sue due passioni con altri navigatori.
Conosciamola meglio.

LUCIANA BIANCHI CAVALLERI, POETESSA E WEB MASTER DI DUE BLOG. COS’HANNO DI PARTICOLARE QUESTI DUE SITI E PERCHE’ DUE?
Dopo aver vagliato diverse possibilità per la scelta iniziale del nome (quando ancora pensavo semplicemente ad un blog che raccogliesse le mie poesie personali), ero giunta al bivio di dover scegliere fra “comoinpoesia” e “larioinpoesia”. Entrambi i nomi, mi sembravano azzeccati.
Mi sono chiesta: ma perché non partire allora con entrambi i due blog insieme, aprendo alla partecipazione di altri Autori?
E’ nato così, il binomio indissolubile fra il blog “matrice”,
www.comoinpoesia.com ed il suo blog gemellato, www.larioinpoesia.blogspot.com che accoglie le poesie di tanti Autori di luoghi, età ed esperienze diverse.
I due blog sono stati concepiti per riunire poesie ed immagini dedicate solo ed espressamente al Lario, al nostro territorio locale ed alle loro prerogative naturali, artistiche e culturali.

FESTEGGI UN ANNO DI ATTIVITA’. QUALI SONO STATE LE DIFFICOLTA’, SE CE NE SONO STATE, E QUALI LE SODDISFAZIONI?
Davvero nessuna difficoltà, tutto si è svolto in assoluta scioltezza e passo dopo passo, con tanto entusiasmo e tantissima gratificazione.
Ripensandoci, è come se si fosse aperta una porta che era sempre stata nel mio cuore: una porta attraverso la quale esprimere finalmente in modo più concreto il mio affetto per il mio territorio, per la mia città ed il mio lago.
Un piccolo luogo poetico personale, ove deporre “immagini di parole” create nel corso degli anni, ma aperto alla partecipazione ed alla condivisione con i Lettori e con tanti altri colleghi Autori che condividono le medesime aspirazioni. Tutto è successo come se avesse atteso sinora il momento giusto per accadere, con estrema semplicità e naturalezza.
Le soddisfazioni… sono indubbiamente tante.
Prima tra di esse, il riscontro emotivo e di attiva partecipazione da parte di tanti amici Autori che hanno partecipato con entusiasmo inviando le loro composizioni poetiche per la pubblicazione on line.
Mi sono infatti pervenute poesie da tutt’Italia, ma anche dall’estero - ad esempio dall’Isola di Malta e da Melbourne (Australia), in lingua originale maltese ed inglese, tradotte in italiano. Ma anche splendide composizioni nel nostro dialetto locale: rappresentative di tutta l’espressività e la ricchezza della nostra cultura e tradizione locale: anch’esse sono un valore, da accogliere e preservare.
Ad ogni poesia, nei due blog viene sempre abbinata un’idonea immagine fotografica.
Le fotografie sono generalmente scattate da mio marito Franco A. Cavalleri, oppure da me, ma in alcune occasioni è accaduto che mi fossero inviate da amici del web.
In qualche caso, vi sono stati anche splendidi abbinamenti con tele pittoriche d’autore, gentilmente concesse in pubblicazione e splendidamente incastonate, come coloratissimi gioielli preziosi, accanto alle poesie prescelte.

COSA RAPPRESENTA PER TE LA POESIA?
Per me è qualcosa di inscindibile dalla mia personalità. E’ la profonda magìa di poter ritrovare a distanza di tempo (mi è capitato a distanza di decenni…) le medesime sensazioni, descritte e fissate in parole. E’ la necessità di interrompere una qualsiasi attività in corso, per prendere immediata nota di immagini e parole che mi arrivano da sé, impellenti, quasi a chiedermi di essere trascritte. E’ il desiderio istintivo e compulsivo di voler “bloccare l’attimo” e racchiuderlo in una descrizione. Un po’ come un mio personalissimo “carpe diem”…!
Spesso si pensa al poeta con il clichet “leopardiano” di una personalità triste e riservata, rosa da tormenti e tumulti interiori…
Nel mio caso, io la vivo invece davvero come uno SPORT gratificante per l’anima. (Anzi, come si usa dire oggi: è…un impegno ginnico assolutamente “performante”!)
E’ uno “sport” che richiede dedizione ed allenamento ed attiva la circolazione (…cerebrale!).
Dona elasticità, scioltezza ed ardore come la danza, artistica e ritmica insieme. Offre l’emozione di una salita alpinistica tesa verso la méta, ma anche la freschezza di una nuotata in mare aperto.
Apre al dibattito autore-lettore ed a quello fra autori, proprio come una partita di ping-pong.
E’ ricerca d’equilibrio: come il surplace ciclistico.
E’ assoluta e simbiotica concentrazione con il proprio “io” interiore: come una sessione yoga.
Nel caso di “larioinpoesia” poi… ecco un bellissimo esempio di “gioco di squadra”!

OLTRE AI BLOG, LE POESIE CHE HAI RACCOLTO SONO STATE ANCHE PUBBLICATE E SONO DIVENTATE UN LIBRO. PARLACENE.
L’entusiasmo dei primi sei mesi di attività, l’impulso vitale nato e cresciuto immediatamente e rapidamente dalla partecipazione di tanti amici Autori, ha fatto nascere nel luglio scorso l’idea di promuovere un’auto-edizione amatoriale di gruppo, che porta il medesimo nome del blog: “Larioinpoesia”.
Si tratta di un’antologia poetica che accoglie alcune fra le prime poesie pervenute (esattamente, 40 poesie e 25 Autori, da tutta Italia). La sua peculiarità: è stata pubblicata con una doppia veste editoriale: edizione base (economica, con copertina morbida illustrata) ed edizione smart (rilegata, con copertina rigida e sovracopera illustrata a colori e doppio risvolto.) L’antologia è in vendita esclusivamente in web:
www.lulu.com la invia direttamente al domicilio, su richiesta on line.

PER IL FUTURO COSA TI ASPETTI? QUALI SONO I PROGETTI?
Mi è difficile parlare di progetti, io credo che spesso le occasioni più belle si incontrano lungo la strada, continuando con perseveranza attraverso il proprio personale cammino…
Certo, un mio bellissimo “sogno nel cassetto” esiste da sempre…ma chissà se mai si potrà realizzare. Mi piacerebbe riuscire ad organizzare un’esposizione che veda abbinate ad immagini pittoriche di artisti lariani, le poesie pubblicate su comoinpoesia e di larioinpoesia.
Per il momento però, continuo a seguire con costanza ed affetto lo sviluppo dei due blog - ed invito i vostri lettori a visitarli e conoscerli personalmente (e…perché no… anche a partecipare direttamente, con l’invio di una loro composizione dedicata al Lario a:
ventifebbraio@iol.it)

Ringrazio Luciana per la sua disponibilità e mi unisco anche io al suo invito: chiunque di voi ha qualche poesia nel cassetto che narri di Como, la invii pure a lei. In ogni caso, suggerisco di fare una capatina sui due blog che sono a portata di un clic!

Miriam Ballerini

21 gennaio 2009

Geografia: agricoltura e colonizzazione in America ed Australia

Nota enciclopedica
A differenza che in Europa, dove l'agricoltura praticata ha un corso plurimillenario, in America con le colonizzazioni la storia parte in un certo qual modo da zero e lo spazio agricolo viene quindi organizzato in maniera estremamente razionale, secondo fasce di specializzazione che sono consentite dai grandi spazi.
Le cosiddette "belts" sono diffuse in tutti gli USA, ad esempio a sud dei Grandi Laghi si trova la 'fascia del latte' (Dairy belt), che con le sue stalle rifornisce la megalopoli atlantica. Altre aree a forte specializzazione sono quella del grano, nel nord del paese e quella del cotone a sud. C'è poi un'altra area dedicata ai prodotti tropicali, nella zona del Golfo del Messico.
Questo sistema agricolo, a forte standardizzazione, è in grado di essere molto efficiente sia nello stoccaggio che nella distribuzione dei prodotti, ma è anche particolarmente sensibile alle crisi di sovrapproduzione e necessita quindi di ammortizzatori sia diretti che indiretti.
E' interessante notare come i grandi spazi aperti abbiano offerto ai colonizzatori la possibilità di dare una forma geometrica molto ordinata al territorio, secondo una struttura a scacchiera che non si è modificata sostanzialmente fino ai giorni nostri. Sia i Francesi che gli Inglesi divisero il territorio in quadrangoli. Nel Canada di lingua francese e nella Luisiana si diffuse il rang, cioè l'appezzamento rettangolare con il lato corto lungo il fiume, che si propagò lungo il corso del Missisipi e del San Lorenzo.
Gli Inglesi adottarono invece il cosiddetto township, cioè la suddivisione del territorio in quadrati con 6 miglia di lato, senza tenere conto delle asperità del territorio. Ogni township era poi suddiviso in 36 sezioni di un miglio di lato o in particelle ancora più piccole.
Come avvenuto in altre parti del mondo tuttavia, recentemente si è affermata la tendenza alla ricomposizione fondiaria, perché la meccanizzazione ha reso inefficienti le aziende con meno di 200 ettari di terreno disponibile.
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In America sono poi rimaste anche tracce di attività agricole tradizionali come il dry farming, il ranch e l'estancia argentina.
Il dry farming, altrimenti detto aridocoltura, è una tecnica di lavorazione del grano in zone aride, che consiste in una rotazione biennale del terreno, il quale viene interamente arato ma solo per metà coltivato, in modo da lasciar assorbire acqua piovana alla parte incolta, che verrà poi sfruttata l'anno successivo.
I ranch sono, come noto, enormi fattorie dove vengono allevati migliaia di capi di bestiame. Non esistono più i grandi spostamenti raccontati dalla cinematografia Western, ma i capi vengono comunque inviati all'ingrasso nel Corn Belt una volta raggiunta l'età di uno o due anni.
L'estancia, infine, è una unità agricola grande qualche centinaio di ettari caratterizzata da un nucleo abitativo, denominato casco (dove ci sono la casa padronale e quelle dei peones, i braccianti locali) e dalla totale assenza di stalle, perchè il bestiame viene tenuto all'aperto tutto l'anno, diviso solo con filo spinato e su grandi estensoni.
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L'Australia è il paese nel quale l'agricoltura è condotta nel modo più estensivo. Le aziende agricole sono costituite con animali allo stato brado su porzioni di territorio di 10-20 mila ettari. Per la conduzione qui si utilizzano spesso piccoli aeroplani.
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Autore: A. di Biase
Fonte: Compendio di Geografia umana - Dagradi, Cencini - Pàtron edizioni
Fonte iconografica: www.colorado.edu

20 gennaio 2009

Geografia: la teoria di Von Thuenen sulla rendita agricola di posizione

Nota enciclopedica
E’ dovuto ad un economista tedesco, Johann von Thuenen, lo studio di un modello matematico che si proponeva di calcolare l’efficienza agricola di un terreno utilizzando come variabile principale, se non unica, la distanza della coltura dal mercato ortofrutticolo (1826).
In passato l’economista Ricardo aveva sviluppato un modello che prendeva come variabile principale – ragionando in maniera intuitiva - la fertilità del terreno, ma von Tuenen dimostrò che il costo del trasporto influisce di gran lunga di più di tutte le altre variabili: in pratica un terreno fertile ma lontano dal mercato è meno redditizio, in prima approssimazione, di uno meno fertile ma vicino al consumatore.
Ragionando in questo modo per Von Thuenen, ipotizzando il mercato posto nel centro abitato, le colture poste più vicine dovevano essere quelle maggiormente deperibili (es. ortaggi o formaggi freschi), per poi passare progressivamente alle altre, secondo anelli concentrici o, seguendo un modello un po’ più evoluto che tiene conto del traffico (una variabile molto importante oggi), seguendo linee di costo equivalenti. L’ultimo anello per Von Tuenen doveva essere quello destinato all’allevamento da carne, ma certo oggi come in ogni epoca il modello andrebbe rivisto per adattarlo alla specifica domanda di prodotti agricoli: ad esempio il secondo anello per lo studioso tedesco era quello della produzione di legname, la quale oggi non sarebbe certo così importante. Nonostante quasi due secoli siano passati dalla sua ideazione il modello della “rendita di posizione” conserva una buona validità di principio, soprattutto se si tiene conto che dare importanza alla distanza dal mercato è un po’ come dare valore al terreno in base alla distanza dal centro abitato, un criterio certo ancora oggi molto valido, non solo perché è comodo, bensì soprattutto perché spostarsi costa molto, oggi come ieri.

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Autore: A. di Biase
Fonte: Compendio di Geografia umana, Dagradi-Cencini, Pàtron edizioni
Fonte iconografica da Google: http://jasss.soc.surrey.ac.uk/

19 gennaio 2009

Geografia: l'agricoltura di mercato e le politiche agricole

Nota enciclopedica
Con la “rivoluzione verde” del XIX secolo il sistema agricolo tradizionale comincia a cedere: innanzitutto le colture si fanno più intensive, perché viene abolito l’anno di riposo della terra, sostituito nella rotazione da coltivazioni complementari (ad esempio le barbabietole dopo il frumento), le quali cioè non sfruttano le medesime sostanze del terreno e consentono quindi un riposo per così dire ‘attivo’ della terra. Poi si è proceduto ad una maggiore specializzazione colturale, per ridurre i costi ed aumentare i rendimenti.
La progressiva meccanizzazione ha poi consentito da una parte di velocizzare il lavoro agricolo, ma anche di liberare grandi estensioni di terreno che un tempo erano dedicate al foraggio, necessario per alimentare gli animali da tiro e da soma.
Con la meccanizzazione nasce dunque l’agricoltura di mercato, dove il consumo e la produzione vengono disgiunte al punto da far nascere sistemi di intermediazione commerciale tra il produttore ed il consumatore finale.
Esempi di questo in Italia vi sono in particolare nella Pianura Padana, nel Piemonte orientale per quanto riguarda il riso, nel lodigiano per il foraggio destinato all’industria del latte e nel cremonese per il frumento e la zootecnia: in queste aree si può parlare con ragione di industria agricola perché la raccolta, lo stoccaggio e la vendita all’ingrosso dei vari prodotti avviene in maniera molto ben pianificata; nelle borse merci si formano i prezzi all’origine dei prodotti, i quali vengono poi monitorati dai governi al fine di una adeguata regolamentazione.
Più in generale grandi imprese di questo tipo sono molto diffuse nel mondo, al punto di poter parlare di attività agroindustriali: il prodotto agricolo oggi ha un alto valore aggiunto di tipo industriale perché le attività complementari che sono necessarie per portarlo dalla pianta alla tavola del consumatore non sono in massima parte attività agricole (raccolta, lavatura, calibratura, imballaggio ecc). Le grandi imprese sono in grado di controllare l’intero processo, dalla produzione ottimale alla ottimale distribuzione del prodotto.
Si sentono voci oggi, di catene di supermercati in grado di acquistare il prodotto ancora sul campo, lavorarlo e metterlo sugli scaffali a disposizione del consumatore.
Contemporaneamente a questo si è cominciata a sentire sempre più l’esigenza della cosiddetta ricomposizione fondiaria, perché l’agricoltura meccanizzata richiede grandi spazi privi di ostacoli e non lontani dalla casa del colono per essere efficiente. L’uso latino di ridistribuire la terra tra tutti i figli ha portato in passato ad una progressiva riduzione delle dimensioni degli appezzamenti, una tendenza che oggi si è invertita proprio per le esigenze dell’agricoltura moderna. In alcuni casi la ricomposizione fondiaria è stata addirittura pilotata dallo stato, come nella Scandinavia del XVIII e XIX secolo. In tempi molto più recenti anche in Francia ed in Italia sono state vinte le resistenze della classe rurale e si andati verso un progressivo incremento delle dimensioni fondiarie.
Un discorso parallelo a quello dello sviluppo agroindustriale è quello che riguarda le politiche agricole, delle quali negli ultimi decenni si è parlato sempre più spesso a causa della nascita di organismi riconosciuti sia a livello nazionale che internazionale.
Un interessante caso è quello della Comunità Europea, che a partire dal 1957 (Trattato di Roma) ha deciso di darsi regole comuni, non solo in agricoltura, per poi evolvere nel 1993 (Trattato di Maastricht) verso una unione dal più spiccato significato politico, l’Unione Europea.
Agli esordi, quella che una volta si chiamava CEE aveva come obiettivo un incremento della produzione nei paesi membri ed una difesa del mercato dai prodotti extracomunitari.
Fino alla metà degli anni Ottanta questo è stato ottenuto con la creazione di un mercato interno sostenuto da regole comuni e con un’unificazione delle tariffe doganali verso l’esterno.
Questo ha creato un sistema competitivo che ha agevolato le aree maggiormente adatte e favorito la riconversione delle altre verso diverse colture, ma ha anche portato tutta una serie di problemi di natura ecologica che prima non erano conosciuti.
Oltre a questo la politica agricola europea ha portato alla nascita di incentivi per tenere la terra incolta, in modo da ridurre l’offerta e sostenere il prezzo dei prodotti agricoli: una scelta che ha certo dato i suoi frutti, a scapito però di grandi quantità di prodotti agricoli scientificamente distrutti ogni anno, perché sottratti al mercato. Oggi le politiche agricole della UE puntano soprattutto al miglioramento dell’efficienza delle aziende e alla tutela dell’ambiente, promuovendo sistemi di agricoltura biologica che si affidano molto alla ricerca in ambito agronomico, chimico e genetico. Lo sviluppo di sistemi colturali meno intensivi e che fanno meno ricorso alla chimica ha portato il consumatore europeo a percepire il prodotto biologico come un qualcosa che, avendo valore aggiunto, ha un prezzo giustificatamente più elevato.
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Autore: A. di Biase
Fonte: Compendio di Geografia umana, Dagradi-Cencini, Pàtron Edizioni

18 gennaio 2009

Geografia: la conduzione delle aziende agricole

Nota enciclopedica
La conduzione delle aziende agricole può avvenire in vari modi.
a) Coltivazione diretta: il coltivatore è un piccolo proprietario che gestisce la terra per i bisogni della famiglia.
b) Grande proprietà: il proprietario coltiva direttamente la terra attraverso suoi dipendenti o lavoratori stagionali.
c) La mezzadria: il proprietario affida la coltivazione ad un colono, con il quale divide i ricavi e le spese.
d) In affitto: dietro pagamento di un canone il proprietario cede lo sfruttamento agricolo del terreno per un dato periodo, secondo contratto.
e) Il latifondo: colpito fortemente dalle riforme agrarie, il sistema del latifondo è sopravvissuto in alcune aree del pianeta. Si tratta di grandissime estensioni di terreno, possedute da un unico proprietario che si limita a percepire una rendita, senza mai partecipare neppure all'organizzazione del lavoro agricolo. Il latifondista non investe inoltre nulla nell'attività agricola. Si tratta di un soggetto completamente passivo nel sistema agricolo.
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Autore: A. di Biase
Fonte: Compendio di Geografia umana, Dagradi-Cencini, Edizioni Pàtron (ultima ristampa)
Fonte fotografica da Google: http://www.naturamediterraneo.com/

"Mezzo Pieno" di Raffaella Santulli

Raffaella Santulli
Mezzo Pieno
Albus Edizioni
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Una giovane sposa segue il suo altrettanto giovane consorte che per motivi di lavoro si trasferisce a Torino da un paese meridionale. La tranquilla e rassicurante vita di un paese di provincia è messa subito a confronto con l’inquietante caos cittadino. Il calore umano diventa solo un tenero ricordo nella totale noia e indifferenza della nuova realtà sociale in cui è difficile adattarsi. Perché “Quando cambi posto è un po’ come se ripartissi da zero, è un po’ come se resettassi il passato”. Allora non resta che mettersi in gioco, tirando fuori il meglio di sé e… trovare un lavoro… nuove amicizie… e accorgersi che la vita può dare molto di più… Questione di scelte, tra testa e cuore, convenzioni e desideri… Scelte difficili, “Perché ci hanno detto che la vita è questa, perché la vita ce l’hanno insegnata sui banchi di scuola, perché ci hanno detto questo sì, questo no, questo è bene, questo è male, non mangiare la mela che morirai e lavorerai sudando e partorirai con dolore. Ci hanno detto che i nostri pensieri sono sporchi, che dobbiamo lavare le nostre mani e le nostre anime, ci hanno detto che dobbiamo svegliarci alle sette ogni mattina e timbrare il cartellino e andare a scuola e fare i compiti, che se invece ti compri un gelato e ti stendi sul prato al sole non hai fatto il tuo dovere”. Quindi: “Lasciarsi andare o trattenersi? Sentirsi viva o morire lentamente? Non riesco a scegliere un paio di jeans, come posso scegliere della mia vita?” È come se due anime prendessero a combattere nella stessa persona, in una vita che ci arma contro tutto e contro tutti e anche contro noi stessi: “Armata contro me stessa, perché ci hanno messe in due in questo corpo e a volte si sta stretti”. Al suo primo romanzo, Raffaella Santulli ha realizzato un concentrato di emozioni che fluiscono, dense, dalla sua vena di scrittrice per scorrere, attraverso parole chiare, accurate, e schiette, a regalarci una lettura piacevole e coinvolgente che sa porci però molti spunti di riflessione.
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Il volume sarà presentato il 9 febbraio a Dublino, in una serata introdotta dal presidente dell'Istituto Italiano di Cultura.
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Raffaella Santulli nasce a Napoli nel 1976. Laureatasi in giurisprudenza con abilitazione forense, si trasferisce a Torino. Vive tra l’Italia e l’Irlanda.
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Fonte: Elena Grande - Ufficio stampa Albus Edizioni - www.albusedizioni.it - ufficiostampa@albusedizioni.it

16 gennaio 2009

“AUSTRALIA” di Baz Luhrmann


Cinema. La recensione di Bruna Alasia
“AUSTRALIA” di Baz Luhrmann

Lady Sarah Ashley (Nicole Kidman) è una quarantenne aristocratica, delusa da un matrimonio senza amore, prigioniera di una routine nella quale l’unico vero stimolo per lei sono i cavalli. Suo marito si è recato in Australia per vendere una loro proprietà terriera, lei teme di essere tradita al punto da lasciare Londra per raggiungerlo. Al suo arrivo nel selvaggio continente australiano, Lady Ashley scopre una realtà durissima, ma accetta la sfida di affrontarla. Suo marito è stato ucciso e l’accompagna nel viaggio per salvare dalla rovina il ranch che ha ereditato un mandriano (Hugh Jackman), rude quanto lei sia raffinata, abituato a vivere sotto il sole e a dormire sotto le stelle. Il mandriano odia i proprietari terrieri e gli aristocratici, lei è sdegnosa, arrogante e pretenziosa. Hanno tuttavia bisogno l’una dell’altro per superare il deserto di Kuraman e portare in salvo, sino al mercato per ottenere la ricompensa, 1500 capi di bestiame. Durante il percorso accade una disgrazia e un bambino, un aborigeno del seguito, rimane orfano. Sarah sente l’istinto di proteggerlo e tenerlo con se, scoprendosi madre…
Un’aristocratica, un mandriano, un piccolo aborigeno: tre vite diverse, una famiglia anticonformista e al di fuori delle caste, che si scontra con i pregiudizi e il razzismo del nord dell’Australia degli anni ’30. Spettacolare traversata di un territorio dominato da una natura grandiosa e piena di rischi, con scene sconfinate di manzi in corsa e maree lugubri sotto i bombardamenti giapponesi della seconda guerra mondiale. Leggenda filtrata dall’esperienza arcaica degli aborigeni e dei loro simboli magici.
“Australia” è un kolossal epico e romantico, dove i protagonisti sperimentano un viaggio catartico e salvifico che muta le loro vite. Epopea di un continente e dell’animo umano, vista con l’occhio pittorico di Baz Luhrmann, regista visionario il cui più recente successo è stato il sorprendente “Moulin rouge”.

La scheda del film
Regia: Baz Luhrmann
Cast: Nicole Kidman, Hugh Jackman, David Wenham, Bryan Brown, Ben Mendelsohn, Jacek Koman, Bruce Spence, Jack Thompson, John Jarratt, Bill Hunter, Barry Otto, Essie Davis, David Gulpilil, Ray Barrett
Genere: EpicoProduzione: Bazmark Films, Twentieth Century-Fox Film Corporation
Distribuizione: 20th Century Fox
Durata: 2:24:00
Anno 2008
Data di uscita: Venerdì 16 Gennaio

14 gennaio 2009

Geografia: storia dello spazio agricolo europeo

Nota enciclopedica
Storicamente lo spazio agricolo è stato organizzato attraverso un modello policolturale, cioè un sistema di coltivazione mista sussidiato dall'allevamento del bestiame.
In principio venivano coltivati solo i cereali come frumento, segale e orzo, più ceci e lenticchie; il lino come coltivazione tessile.
Solo successivamente verranno aggiunti la vite, l'ulivo ed altri alberi da frutto.
A partire dal Medioevo alcune innovazioni introdotte nell'Europa centroccidentale, come l'aratro con vomere in sostituzione di quello a chiodo, consentiranno un migliore sfruttamento della forza animale. L'utilizzo del concime animale ed una più accurata rotazione delle coltivazioni sul terreno, triennale e non più biennale secondo l'uso romano, porranno inoltre le basi per far rendere di più la terra.
Non si è però perso, fino a tempi molto recenti, l'uso delle più coltivazioni, considerate un garanzia in caso di carestie o calamità naturali, né si sono utilizzati terreni molto ampi proprio perché l'azienda a gestione familiare aveva la necessità di non spostarsi molto.
La frammentazione dei campi, così deleteria oggi per la meccanizzazione, in passato è stata quindi una necessità del nucleo familiare, che operava su più colture, spostandosi poco e con un basso livello di specializzazione, metodo che gli consentiva un lavoro omogeneo nell'arco dell'anno.
Nel paeseggio europeo sono rimaste tuttavia notevoli tracce del mondo agricolo passato, tracce che si differenziano a seconda del tipo di comunità che le ha lasciate.
Nel bassopiano che nell'europa centrale comprende Francia, Germania e Polonia sono rimasti notevoli esempi del cosiddetto 'openfield', cioè del paesaggio a 'campi aperti'. In pratica queste zone agricole erano coltivate in maniera comunitaria: lo spazio attorno al villaggio era uno spazio lavorato e sfruttato da tutti. Veniva quindi diviso in tre settori, quello appena concimato con gli escrementi degli animali lasciati al pascolo veniva coltivato a frumento, un secondo settore era destinato alla segale o all'orzo, mentre un terzo era messo al pascolo e l'anno successivo il ciclo veniva invariabilmente ripetuto. Poiché però non era consentito recintare lo spazio agricolo destinato a ciascuna famiglia questo rimaneva 'aperto', una caratteristica che in molte zone di quell'area è rimasta visibile.
Il 'bocage' o paesaggio agricolo a 'campi chiusi' rispetta invece esattamente il criterio contrario ed è diffuso nell'Europa occidentale, dove l'agricoltura è sempre stata individualistica. Qui erano e spesso sono ancora ben visibili le recinzioni che delimitano lo spazio dell'uno e dell'altro proprietario, sia per quanto riguarda le colture che per l'allevamento.
Ancora diverso è il cosiddetto 'paesaggio mediterraneo', caratterizzato da una discontinuità dei campi, che sono alternati a pascoli, e da centri abitati spesso arroccati. Le coltivazioni classiche di queste aree sono la vite, l'ulivo ed il frumento, soprattuto per l'ottima adattabilità di queste piante al clima per lo più secco e caldo. Le tecniche di coltivazione sono quelle dei vivai e delle serre, che permettono una produzione continua (ad esempio gli Orti di Napoli e i giardini di agrumi siciliani). Frequenti sono anche i cosiddetti 'terrazzamenti' che consentono di sfruttare al meglio il territorio anche quando non è propriamente pianeggiante.
Un paesaggio tipico mediterraneo è poi quello della cosiddetta 'coltura promiscua', oggi quasi completamente scomparsa. Il territorio veniva diviso dal grande proprietario in diversi poderi, assegnati poi a famiglie contadine che lo lavoravano a 'mezzadria', una pratica che divideva gli utili del raccolto tra proprietario e 'mezzadro'. Poiché i contratti di mezzadria in genere prevedevano la piantumazione regolare del territorio da parte del mezzadro, il paesaggio tipico della cosiddetta 'alberata' (in Toscana, Umbria e Marche) o della piantata padana era fatto a quadrati regolari, con filari di alberi ben disposti.
La pratica è andata perduta con la meccanizzazione, per la quale gli alberi sono un notevole intralcio.
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Autore: A. di Biase
Fonte: Compendio di Geografia umana, Dagradi -Cencini - Patron Edizioni
Fonte fotografica da Google: http://agronotizie.imagelinenetwork.com

13 gennaio 2009

Letteratura: Niccolò Machiavelli

Nota enciclopedica
Nato a Firenze del 1469 da Bernardo e Bartolomea de'Nelli, una famiglia di piccola nobiltà originaria di Montespertoli, Machiavelli è considerato uno dei padri del pensiero politico moderno.

Iniziato agli studi di grammatica fin da giovane, il nostro acquisisce presto gli strumenti per accedere ai classici della biblioteca di famiglia.
Dopo il 1498 a Firenze arriva la Repubblica e Machiavelli partecipa attivamente alla vita politica, come segretario della seconda cancelleria: qui fa esperenza e si distingue come abile diplomatico. Di particolare importanza sarà l'esperienza acquisita in missione presso Cesare Borgia, il duca Valentino, personaggio cardine della visione politica espressa da Machiavelli ne "Il Principe", la sua opera principale. Nel primo decennio del Cinquecento è fortemente impegnato con la guerra a Pisa, nonché con le ambizoni del pontefice Giulio II su Perugia e Bologna. Ha rapporti anche con il re francese Luigi XII.

Il 1512 è cruciale per l'autore, perché con il ritorno dei Medici il 'segretario' viene imprigionato e torturato; dal confino dell'Albergaccio però, Machiavelli darà il meglio di sé sul piano letterario.
Nel 1513 compone di getto Il Principe, un libretto neppure troppo complesso che però da cinque secoli è commentato come un classico della teoria politica moderna. Nel '18 esce la Mandragola, una commedia di tutto rispetto, mentre nel frattempo si dedica a opere relative alla storia romana, come i Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, o alla teoria militare con l'Arte della guerra (1519).
Sarà proprio quest'ultima opera, anche per intercessione di Francesco Guicciardini, a segnare un riavvicinamento tra Machiavelli e la signoria medicea, che gli affida infatti la stesura delle Istorie fiorentine, uno scritto dedicato e presentato a papa Clemente VII nel 1525, nel quale però l'autore non rinuncia alle sue tesi repubblicane.
Sempre del '25 è la sua ultima opera, Clizia, una commedia dedicata a Iacopo Falconetti, un suo benefattore.
Muore nel '27, portando con sé il rammarico di non aver riottenuto il segretariato, a seguito della proclamazione della nuova Repubblica fiorentina.
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Opere politiche
1500-12: Legazioni e Commissarie - Scritti di governo
1502: Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati; Parole da dire sopra la provvisione del danaro.
1503: Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare [...]
1504-1509: Decennali
1504-1506: Discorso dell'ordinare lo stato di Firenze alle armi; Discorso sopra l'ordinanza e milizia fiorentina.
1508: Ritratto delle cose della Magna.
1511: Ritratto di cose della Francia.
1513-17: Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio.
1513: Il Principe.
1514-20: Dialogo dell'arte della guerra.
1519: Discorso sopra il riformare lo stato di Firenze.
1520: Vita di Castruccio Castracani
1522-25: Istorie Fiorentine

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Opere letterarie
1510: Andria
dopo il 1512: La Mandragola
dopo il 1514: L'Asino d'Oro (incompiuto)
1514-17: Capitoli
1514-24: Canti carnascialeschi
1525: Clizia----------------------------
Autore: A. di Biase
Fonte: La letteratura italiana - Cecchi-Sapegno - nell'edizione del Corriere della sera- Vol. VI - 2005
Fonte iconografica da Google: www.eou.edu
Altre fonti autorevoli sull'argomento sono:
http://www.classicitaliani.it/index090.htm
http://www.letteratura.it/machiavelli/index.htm

12 gennaio 2009

"Al crepuscolo" di Stephen King

AL CREPUSCOLO di Stephen King
© 2008 Sperling & Kupfer Editori S.p.A.
ISBN 978-88-200-4601-9 86-I-08
€ 20,90 Pag. 528


L’ultimo lavoro di King è una raccolta di racconti, a parte un paio, tutti brevi. Per chi conosce questo autore sa che, anche nei racconti, King è alquanto prolisso! Mentre, in questo libro, ha scelto un metodo di scrittura diverso.
Troviamo 13 racconti dalle atmosfere insolite, soprannaturali, misteriose; dove prevalgono le più mere emozioni dell’uomo.
Dal crepuscolo, quando il sole scompare, quando le ombre prevalgono nei cuori, King ha estratto delle storie; là dove il suo sguardo curioso e indagatore è riuscito a spingersi.
Diversi i tasti che tocca: la malattia, la pazzia, la vendetta… sentimenti negativi; ma proprio per questo più intensi.
Troviamo Le cose che hanno lasciato indietro, il contributo dello scrittore alla tragedia dell’11 settembre. Un impiegato che quel giorno, per una strana sensazione, non si presenta al lavoro, sopravvivendo ai suoi colleghi. Divorato da un forte senso di colpa, comincia a trovare nella propria casa degli oggetti appartenuti ai suoi amici defunti.
Da brivido Cyclette, King è abile nell’introdurre nella trama elementi a sorpresa.
Alcuni racconti sono forse troppo brevi, si sa che questo autore dà il meglio di sé nella “lunga distanza”, ma sono comunque testi godibili.
King ci dimostra che anche chi, come lui, scrive da lungo tempo, sa mutare il proprio modo di creare, introducendo sempre nuovi ingredienti.

© Miriam Ballerini

Geografia: le minoranze etniche nel mondo ed in Italia

Nota enciclopedica
Una comunità che si riconosca in una medesima lingua e cultura, spirituale e materiale, distinta da altri, si dice gruppo etnico o etnia.
Una minoranza etnica è un sottogruppo caratterizzato da uno o più caratteri differenti rispetto a quelli della propria maggioranza.
Per allogeni si intendono quei gruppi appartenenti ad una nazionalità minoritaria in un determinato stato: ad esempio i Curdi in Iraq. Per alloglotti di intendono invece gruppi che parlano una lingua diversa da quella dominante: ad esempio le comunità albanesi in Italia.
E' molto difficile classificare accuratamente le varie tipologie di minoranze presenti nel mondo, tuttavia storicamente una qualche distinzione può essere fatta quando si parla di minoranze spontanee, dovute all'immigrazione, come quelle presenti in Germania e Francia, oppure quando si parla di minoranze di formazione coloniale, ad esempio quelle create dall'apartheid, solo recentemente abolito in Sudafrica.
I popoli senza patria rappresentano, se vogliamo, una terza tipologia di minoranza. I Curdi, 20 milioni di persone occupanti un territorio diviso tra Turchia, Iraq, Iran e Siria, sono diventati famosi a seguito della propaganda avversa al regime di Saddam Hussein, promossa dagli USA, che ne hanno denunciato lo sterminio. Gli Armeni, questa è cosa meno nota, sono invece una minoranza cristiana in Turchia, che ha subìto una forma di violenta repressione da parte del governo di Ankara: in Italia un libro documento sulla persecuzione degli Armeni è stato scritto dal giornalista genovese Alberto Rosselli.
Parlando invece di minoranze linguistiche dobbiamo ricordare, stando anche solo all'Italia, i franco-provenzali della Valle d'Aosta, gli Austriaci del Sud Tirolo, gli Sloveni della Venezia Giulia, i Ladini nella zona alpina, i Greci in Salento, gli Albanesi in Calabria e Sicilia.
Oggi il problema etnico è parecchio sentito perché il concetto di nazione è stato generalizzato, intendendosi con questo anche una comunità composta da un gran numero di etnie: non è sbagliato se si considera che i forti flussi migratori in atto ci promettono un mondo fatto proprio in questo modo. D'altra parte questa generalizzazione ha prodotto un nazionalismo non sempre giustificato: si pensi ad esempio alla proliferazione di stati russi o alla pretesa, da alcuni, indipendenza della Padanìa.
In Italia il problema etnico più sentito è stato quello Sud Tirolese, nato con la fine della Grande Guerra nel 1918. Una intera comunità di lingua e tradizone tedesca si è infatti ritrovata inglobata nello stato italiano creando grossi problemi, anche di ordine pubblico. Dopo il fascismo, che aveva tentato di italianizzare l'Alto Adige, questa minoranza è stata tutelata prima con lo statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige poi, dopo anni di forti tensioni, con l'istituzione della provincia autonoma di Bolzano.
Un buon libretto, anche se di parte, sulla questione altoatesina in Italia è “Storia del Sud Tirolo” di Alfons Gruber.
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Autore: A. di Biase
Revisioni: -
Fonte:
- Compendio di Geografia umana, Dagradi-Cencini, Pàtron edizioni
- Il post contiene alcune informazioni dovute a conoscenza personale.
Fonte fotografica da Google:
www.orientamenti.it

10 gennaio 2009

Letteratura: Ludovico Ariosto


  L'Ariosto è stato il principale esponente del Rinascimento letterario italiano. Nato a Reggio Emilia nel 1474 da Niccolò e da Daria Malaguzzi, Ludovico è presto avviato dal padre agli studi giuridici; la scarsa attitudine convince però la famiglia a non insistere. Ariosto dunque, trasferitosi a Ferrara, segue le orme letterarie di Gregorio da Spoleto, un monaco agostiniano.
Quando nel 1500 muore il padre, egli si ritrova ad essere il fratello maggiore di una numerosa famiglia e con difficoltà economiche crescenti. Si mette allora al servizio degli Estensi e con il grado di capitano regge la rocca di Canossa per un anno; qui gli nasce il figlio Giambattista, avuto dalla domenstica Maria.
Diventa poi segretario del Cardinale Ippolito d'Este, incarico questo che lo conduce lontano dall'ozio letterario che gli è congeniale: nel '10 si reca infatti a Roma per ottenere la revoca della scomunica inflitta da papa Giulio II al cardinale, ma con scarso successo. Migliori saranno, sebbene mai idilliaci come avrebbe voluto, i rapporti con il papa successivo Leone X (figlio di Lorenzo il Magnifico).
Nonostante ciò è proprio dei primi anni del Cinquecento l'originaria stesura del capolavoro di Ariosto, l'Orlando Furioso, un poema che terrà impegnato l'autore per un trentennio e fino alla morte, attraverso varie edizioni.
Nel 1513 lascia il cardinale, che è stato trasferito a Buda come arcivescovo ma, postosi al servizo di Alfonso I, nuovo duca di Ferrara, diventa governatore in Garfagnana dal '22 al '25. Nel frattempo la prima edizione del Furioso è uscita nel '16, una seconda in 40 canti esce nel '21, la terza ed ultima edizione esce invece solo nel '32 (46 canti, 4842 ottave), un anno prima della morte, quando l'autore si è già ritirato a Ferrara con la moglie e il figlio Virginio, in una casetta fatta costruire in contrada Mirasole.
Apprezzabili sono anche le opere minori di Ariosto, il quale fin da giovane si cimenta nella lirica latina e volgare. Poi passa alla commedia: qui scrive diversi testi che, pur nella loro originalità, si caratterizzano per l'adesione al modello, oggi scarsamente utilizzato, di imitazione dei classici. Importanti poi, per capire l'autore, sono le Satire, dalle quali emerge l'uomo con i suoi vizi e le sue virtu. Importanti a questo fine anche le Lettere.
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Principali opere di Ludovico Ariosto
- Liriche volgari (1493-1525) - 5 canzoni, 41 sonetti, 12 madigali, 26 capitoli, 2 egloghe
- Liriche latine (1494-1503) - Epigrammi, carmi ed epitaffi.
- Lettere (1498-1532) - relazioni, biglietti, suppliche.
- Orlando Furioso (1504-1506)
- Commedie (1508-1518) - La Cassaria, I Suppositi, I Studenti, Il Negromante, La Lena
- Satire (1517-25) - 7 epistole in terza rima
- Cinque Canti (1518-28)
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Autore: A. di Biase
Revisioni: 02-02-13
Fonte:
-La letteratura italiana, Cecchi-Sapegno, nell'edizione del Corriere della Sera, Vol. V, 2005
-Enciclopedia Universale, Vol. II, edizione del Sole 24 ore, 2006
Fonte iconografica: http://www.comune.fe.it/

08 gennaio 2009

“YES MAN” di Peyton Reed

Cinema. La recensione di Bruna Alasia
“YES MAN” di Peyton Reed
Qualche anno fa Danny Wallace, lo scrittore che ha ispirato il film di Peyton Reed con l’omonimo romanzo, venne lasciato dalla fidanzata. Dopo il trauma decise di starsene per conto suo, “giocare con i video games o non fare niente”. Gli amici, preoccupati, cercarono di scuoterlo e coinvolgerlo con una serie di inviti, ma lui rispondeva di no . Un giorno, durante il tragitto su un autobus di Londra, un tizio, casualmente, gli disse: “Dovresti dire più sì”. Era un’osservazione lasciata cadere senza troppo impegno, ma Wallace pensò che fosse la verità distillata in tre parole e, da quel momento, le sue avventure cominciarono. Comprò un’automobile da un tizio solo perché credeva non fosse interessato ad acquistarla, andò a vedere una band della quale non sapeva molto, partì per un week end a Singapore.
Questo spirito vitale, che pervade tutto il romanzo, è la ragione per la quale Peyton Reed ha voluto trasporlo sullo schermo.
“Yes man”, interpretato da Jim Carrey, nel ruolo del protagonista Carl Allen, parla di un uomo la cui vita si è praticamente fermata. Allen lavora in banca e ha il potere di accontentare chi gli chiede un finanziamento, ma da lui arrivano soltanto no. L’unico modo nel quale passa il tempo è guardare film in dvd. Un depresso insomma che rifuta di stare al mondo. Un giorno, per puro caso, si trova ad aderire a un programma para-religioso-filosofico basato sul dire sempre sì a tutto e a tutti, predicato da una sorta di guru laico (Terence Stamp). La sua esistenza, a questo punto, cambia rotta e si rivoluziona. Fa carriera in banca e, nonostante la sua misoginia, trova anche un'affascinante ragazza (Zooey Deschanel). Ma basterà a salvare il nostro eroe?
La faccia di gomma di Jim Carrey ci accompagna alla ricerca di una risposta con leggerezza, passando dalla noia ai salti dal Colorado Street bridge di Pasadena, alla ricerca di un senso della vita che in fondo resta, sembra suggerire il film , quello di accettarla.


La scheda del film

Titolo italiano: Yes Man
Regia:
Peyton Reed
Cast: Jim Carrey, Zoey Deschanel, Bradley Cooper, John Michael Higgins, Terence Stamp
Genere: Commedia
Durata: 104 min.
Nazionalità: USA
Anno: 2008
Produzione: Heyday Films, Village Roadshow Pictures, Warner Bros. Pictures
Distribuzione: Warner Bros. Pictures
Data di uscita: 09 01 2009

07 gennaio 2009

Geografia: le principali religioni nel mondo

Nota enciclopedica
Tutte le grandi religioni provengono, per noi occidentali, da Oriente, poichè sono nate in Asia.
Alcune di queste hanno carattere etnico, sono cioè specifiche di una data popolazione, come il Brahmanesimo indiano, lo Scintoismo Giapponese, o la Religione ebraica.
Altre vogliono essere universali, cioè propongono un messaggio per tutti gli uomini e sono dunque alla continua ricerca di nuovi seguaci, nel tentativo di espandere questo messaggio a tutto il mondo.
Tra le religioni cosiddette monotestiche il ruolo di primo piano spetta al Cristianesimo, sebbene le religioni cristiane siano molte.
La Chiesa cristiana cattolica romana è predominante in tutto il mondo latino, compreso quello americano, con importanti incursioni in Irlanda, in Germania e nel mondo Slavo, ad esempio in Polonia. La Chiesa cristiana ortodossa è predominante nell'Europa orientale, mentre con il temine generico di Protestanti si intendono quelle chiese distaccatesi da Roma sotto l'influsso di grandi intellettuali quali Lutero (Chiesa luterana, diffusa in Germania settentrionale e nei paesi scandinavi), Calvino (Calvinismo, molto diffuso in Svizzera e in Francia), oppure per ragioni politiche come ad esempio la Religione anglicana, una forma religiosa cristiano protestante con a capo la Corona britannica.
Restando nell'ambito del monoteismo è importante segnalare l'Islam, religione fondata da Maometto nel VII secolo, diffusa in Arabia, Africa settentrionale, nella valle dell'Indo ed in Indonesia. Il suo ramo principale è detto Sunnita, distinguendosi da quello Sciita, diffuso in Iran, e da quello Ismaelita.
Non vanno poi dimenticate le altre grandi religioni diffuse in Cina, il Buddismo (diffuso anche in Tibet) ed il Confucianesimo.
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Autore: A. di Biase
Revisioni:
Fonte: Compendio di Geografia umana, Dagradi-Cencini, Pàtron editore
Fonte iconografica da Google: http://cronologia.leonardo.it

06 gennaio 2009

Geografia: le lingue nel mondo

Nota enciclopedica
Le lingue nel mondo sono generalmente classificate in gruppi e famiglie, a secondo sia dell'area geografica che della lingua madre di provenienza, in genere una lingua antica, spesso morta.

La famiglia indoeuropea (cioè lingue originarie dell'Europa e della penisola indiana) comprende il gruppo delle lingue neolatine (come italiano, francese, spagnolo ecc.), il gruppo germanico (tedesco, fiammingo, inglese ecc.), il gruppo slavo (polacco, russo, sloveno ecc.), il gruppo indo-iranico (persiano, afgano, curdo ecc.), il gruppo indo-ario (lingue indiane e pakistane). A questa famiglia appartengono anche gruppi minori di cui fa parte il Greco.

Alla famiglia asiatica uralo-altaica appartiene il gruppo degli Ugro-finni (finlandese, estone e ungherese ecc.), turchi, mongoli e usbechi appartengono invece al gruppo dei Turco-tatari.
La famiglia più numerosa è quella cino-tibetana, con cinese, tibetano e ligue indocinesi, mentre giapponese e coreano hanno una collocazione non sicura.
La famiglia malese-polinesiana comprende le lingue parlate in Indonesia, nelle Filippine, in Polinesia e Madagascar.
La famiglia camito-semitica comprende l'Arabo e le lingue dell'Africa orientale, mentre le lingue dell'Africa nera appartengono alla famiglia bantu-sudanese.
Le lingue della famiglia amerinda occupano oggi invece un'area molto ristretta rispetto al passato: il canada settentrionale, l'area Maya in Centroamerica, l'Amazzonia e le Ande oltre alla Terra del fuoco, sebbene quasi completamente soppiantate dalle lingue coloniali: l'inglese, il portoghese e lo spagnolo.
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Autore: A. di Biase
Revisioni: -
Fonte: Compendio di Geografia umana, Dagradi-Cencini, Pàtron edizioni
Fonte iconografica: http://www.corriereuniv.it/

05 gennaio 2009

Geografia: la struttura della popolazione

Nota enciclopedica
Una popolazione è in genere studiata per mezzo di modelli rappresentativi detti 'strutture': esistono modelli di questo tipo sia per età che per professione, per livello di vita, lingua, religione ecc.
Uno dei metodi più efficaci per la rappresentazione grafica delle strutture, particolarmente adatto per le età ma anche per altro, è il diagramma piramidale. La popolazione viene infatti suddivisa per fasce d'eta, per esempio da 0 a 5 anni, da 6 a 13, da 13 a 19 ecc. A ciascuna di queste fasce d'età viene associato un gradino della piramide, come in figura; la larghezza del gradino è dettata dalla percentuale di popolazione appartenente ad una data fascia d'età. Il gradino degli 0-5 anni sarà quello più in basso, il secondo 6-13 e così via fino ai gradini più alti che rappresentano la popolazione più anziana, ma anche percentualmente meno rilevante perché maggiormente colpita da mortalità.
Quella in figura è una rappresentazione ideale, più facilmente riscontrabile nei paesi in via di sviluppo, i quali non sono soggetti a politiche restrittive sulle nascite. Nelle economie evolute la piramide non è mai perfetta ed anzi può presentare notevoli deformazioni.
Casi tipici sono quelli dei paesi occidentali dove la natalità è bassa e dunque la piramide è stretta alla base (pochi bambini, molti anziani), oppure quelli dei paesi che hanno attraversato guerre, durante le quali in genere si ha un abbassamento della natalità che va a ripercuotersi sulla piramide con delle 'strozzature' anche molto vistose.
Un importante indice sulla struttura delle età della popolazione è inoltre l'indice di vecchiaia, facimente desumibile come rapporto tra il numero di ultrasessantenni ed il numero di giovani sotto i quindici anni.
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La struttura sociale distingue invece le persone in base a valori che nel mondo occidentale sono essenzialmente economici e culturali. Le categorie nelle quali le persone vengono divise sono omogeee secondo questi fattori. In Italia ad esempio il censimento distingue le persone in imprenditori e professionisti, dirigenti ed impiegati, lavoratori in proprio, lavoratori dipendenti, coadiuvanti. Importanti indici dello stato sociale sono:
il PIL: cioè il valore della produzione complessiva di beni e servizi, che va da oltre 20000 dollari annui pro capite per i paesi ricchi, fino a meno di mille dollari in quelli più poveri.
Lo stato sanitario: da un medico ogni 175 abitanti in paesi ricchi come l'Italia fino a 1 ogni 50.000 nell'Africa centrale.
Il grado di istruzione: non oltre il 3% di analfabeti in Occidente, mentre in India si passa il 40% pur essendo quest' ultimo un paese con le sue eccellenze tecnologiche.
La scolarità, cioè il numero di studenti ogni 1000 abitanti. Sopra 100 in Occidente ed in Giappone, meno o molto meno altrove.
L'ISU, l'Indice di Sviluppo Umano, un indice artificiale elaborato dalle Nazioni Unite che racchiude una combinazione tra PIL, alfabetizzazione e speranza di vita di un paese.
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Non meno importante è la cosiddetta struttura professionale della popolazione, la quale ovviamente fa riferimento alla popolazione attiva (che lavora o cerca lavoro), anche in rapporto a quella che non lavora per età o altre condizioni.
Alla struttura professionale è legata la suddivisione nei tre settori tradizionali: il primario (agricoltura, allevamento, pesca), l'industria (detto anche secondario) ed il terziario dei servizi (commercio, trasporti, banche ecc.).
I paesi economicamente evoluti sono quelli che hanno il terziario più grande (fino anche ad oltre la metà dei lavoratori) mentre sono i più deboli per quanto riguarda l'occupazione nel settore agricolo. Viceversa nei paesi in via di sviluppo i servizi sono pressoché inesistenti (assieme alle industrie), a parte un piccolo commercio, mentre l'economia è essenzialmente agricola.
Importanti indici della struttura professionale sono:
L'indice di attività: la percentuale di attivi sul totale degli abitanti.
L'indice di occupazione: la percentuale di occupati sulla popolazione attiva.
L'indice di ricambio: rapporto tra gli appartenenti alla prima classe lavorativa (15-20 anni) e gli appartenenti all'ultima (60-65).
L'indice di dipendenza: il rapporto tra popolazione non attiva e quella attiva.
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Autore: A. di Biase
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Fonte: Compendio di Geografia umana, Dagradi-Cencini, Pàtron editore
Fonte iconografica da Google: Wikimedia, ma non siamo autorizzati a pubblicare il link (!?)

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