29 gennaio 2024

L'esperienza fallimentare di un traduttore freelance improvvisato. A cura di Marco Salvario


L'esperienza fallimentare di un traduttore freelance improvvisato.

A cura di Marco Salvario



Da cinque anni, non essendo più attivo nel mondo lavorativo e non avendo ancora raggiunto i requisiti per ottenere una pensione, trovandomi quindi privo di introiti regolari, cerco su internet qualche opportunità che mi permetta una piccola rendita saltuaria e mi sia utile per non impigrirmi mentalmente.

Ho pubblicato qualche raccolta di racconti e sette romanzi, le cui vendite non mi pagano neppure i gelati estivi, e mi offro senza nessuna fortuna per traduzioni dal francese e dall'inglese in italiano. Non sono un traduttore professionista, però, avendo dovuto barcamenarmi con documenti in altre lingue per tutta la vita, possiedo una sufficiente competenza. La mia pronuncia è barbara, sono sgrammaticato scrivendo, ma se si tratta di tradurre in italiano, modestamente non ho problemi. Ovviamente la qualità dipende dalla tipologia di testo che mi trovo davanti: diverso è tradurre un libro del 1700, un manuale tecnico o un articolo di giornale.

Alcune settimane fa, in un forum che più che un forum è una chat lenta, trovo una società che ricerca un traduttore dall'inglese in italiano; offrono 1500 dollari per convertire 100 pagine in sei giorni. Spiegano che la cifra è così alta perché il tempo è poco. In realtà 15 dollari per cartella non sembrano un'offerta particolarmente generosa, e questo mi fa pensare che si accontentino di una traduzione non troppo accurata. Sono tentato di rispondere, danno un contatto Telegram, ma qualcuno ha commentato “Attenti, è un profilo fake! Questi chiedono soldi.”

Fanno tradurre e chiedono soldi? Come può essere?

Esito, cerco il nome della società su internet e non trovo nulla. Soprassiedo.

Dopo due giorni i tentatori ci sono ancora e sembrano davvero disperati: 2500 dollari per tradurre 100 pagine in quattro giorni. Devo dire che la cifra mi fa gola. Nei commenti si giudica che il tempo è troppo poco. Concordo, però sta piovendo e io non ho altro da fare nella settimana.

Chiedo informazioni sul contatto Telegram e mi rispondono immediatamente che hanno necessità di un madrelingua italiano per tradurre subito cento pagine. Cerco di capire qualcosa di più, almeno la tipologia del testo, e loro mi mandano in risposta sei pagine in inglese da firmare per un accordo tra loro e il freelance Marco Salvario. Mi piace essere un freelance!

Leggo il contratto con la massima attenzione; tutto è innocente e generico, non ci sono penali, solo la richiesta della massima riservatezza sui dati che dovrò elaborare e il divieto a riutilizzarli. Non si parla di un testo specifico, solo di un accordo di collaborazione saltuario, senza date e senza tariffe. Sono perplesso perché usano il termine riscrittura, retyping, non traduzione. Lo segnalo e mi dicono di non preoccuparmi.

Metto le mani avanti precisando che, non conoscendo il tipo di testo, mi riservo di rinunciare se la traduzione fosse superiore alle mie capacità. Rispondono che ce la farò di sicuro. Se lo dicono loro ...

Correggo il testo dell'accordo di collaborazione dove si parla di retyping, appongo una firma improbabile, lo scannerizzo e lo rimando indietro.

Mi arriva il testo da tradurre. Sono le pagine dalla 100 alla 200 di un tomo di cui non mi è fatto conoscere né il titolo né l'autore, che tratta il rapporto tra architettura e politica nella storia. Secondo me è già una traduzione e neanche tanto precisa, ma questa è una buona cosa per me, perché è un inglese dal vocabolario molto limitato.

Il brutto è che le pagine sono piene, senza figure e spazi bianchi; non cartelle, paginone. Quasi 44.000 parole totali, mentre me ne aspettavo meno di 20.000, e il testo cita centinaia di nomi di archeologi francesi, svedesi, russi, tedeschi, con tutto il campionario possibile di caratteri.

Altra ciliegina, il testo è in formato PDF.

Non perdo tempo, faccio una prova di test e per tradurre la prima pagina ci metto un ora. No, così non si può procedere. Cambio strategia: converto il file PDF in un documento editabile e lo traduco in automatico con un software. Il risultato non è una meraviglia, ma adesso procedo con i due testi affiancati, l'originale in inglese e la traduzione in italiano, e non devo riscrivere i nomi e i testi citati.

Animo! Produco una media di quattro pagine l'ora e a volte riesco a essere più veloce. C'è qualche punto su cui mi blocco, ma alla fine trovo la soluzione e mi sembra di fare un lavoro onesto. Dedico a tradurre dieci ore ogni giorno, prendendomi le pause che mi servono. Il lavoro è diventato una sfida contro me stesso e la sto vincendo.

Al terzo giorno ho finito e comincio la rilettura finale. Un messaggio di Telegram mi chiede come procedo e io faccio rapporto. Sembrano felici, amichevoli, stranamente non preoccupati.

La rilettura richiede sei ore e alla fine consegno il documento nei quattro giorni previsti. Sono soddisfatto, però inquieto e quasi mi aspetto che mi dicano che il lavoro è fatto male, che ho violato in contratto e che non mi pagano.

Invece no, dieci minuti e mi cinguettano che ho svolto un lavoro meraviglioso, altamente professionale, che risponde perfettamente alle loro esigenze. Hanno verificato cento pagine in dieci minuti? Troppi complimenti, davvero eccessivi. Il mio pensiero è che quei complimenti saranno tutta la mia ricompensa.

Invece mi passano il contatto Telegram di un commerciale a cui rivolgermi per il pagamento. Vogliono pagarmi davvero? Evviva!

Il commerciale sa già tutto, mi ripete gli stessi complimenti che ho già ricevuto e, stranamente, usa le stesse parole che mi sono state dette in precedenza. Chissà, forse è normale che lavorando insieme abbiano gli stessi intercalari, però il sospetto che mi viene, è quello di continuare a parlare alla medesima persona.

Intanto parliamo del vile denaro. Domando se faranno un bonifico alla mia banca e qui sembra non ci capiamo o, almeno, non capisco io. Alla fine, quasi facendosi strappare le parole di bocca, il commerciale mi rende edotto che utilizzano una banca on-line. Loro mettono i soldi lì e io li sposterò dove voglio.

Una vocina mi ripete di stare attento, specialmente quando mi spiegano che devo registrarmi presso la banca. La cerco su internet e questa banca sembra non esistere come non esistono i miei committenti. Esito, tentenno, faccio altre ricerche.

Il commerciale intanto per due volte s'informa impaziente se mi sono registrato. Calma, che furia! Quando si tratta di soldi, prima riflettere dieci volte e dopo riflettere ancora.

Cautamente comincio la registrazione alla banca on-line. Richiede un'e-mail e devo crearmi una password. Tutto lì? Sì. Entro nel sito. Account di Marco Salvario creato con capitale di 0,00 euro.

Lo comunico al commerciale e, visione meravigliosa, il conto diventa 2.500,20 euro. Euro? Ma non si era parlato di dollari? Troppa grazia! E i 20 centesimi?

Il commerciale si informa se il pagamento è arrivato e se l'ho già ritirato. Mi consiglia di ritirare subito tutto e sono d'accordo.

Confesso che l'adrenalina mi sale a mille e, se prima ero pessimista, adesso ci spero.

Il sito della banca è semplice. Seleziono la voce per prelevare e ci sono diverse possibilità: Bank Transfer, Google Pay, PayPal, Crypto Transfer e altre. Scelgo la prima soluzione, comunico IBAN, nome e indirizzo della mia banca, richiedo un prelievo di 2.500 euro, confermo e …

Si apre una finestra che mi domanda l'Input Bank Key di sei caratteri. Diavolo, che cos'è questo? Asciugo la saliva, che già mi colava dalla bocca.

Mi collego al sito della mia banca, cerco ovunque un Bank Key e non trovo nulla di utile.

La banca on-line ha una chat per l'assistenza. Scrivo lì i miei dubbi, in italiano e in inglese, ma non ottengo risposta. Un messaggio mi informa che nessun operatore si collega da 14 ore e che, se voglio, nell'attesa posso lanciare un giochino per rilassarmi.

Scrivo al commerciale su Telegram, ma non risponde. Sono ormai le dieci di sera e sembra siano andati tutti a casa. Questo mi fa concludere, almeno, che sono in Europa e non in America.

Chiamo l'assistenza telefonica della mia banca, che è attiva fino a mezzanotte. L'operatrice non sa rispondermi, va a consultare un collega e, quando torna, mi consiglia di richiamare l'indomani, così ci sarà un funzionario di secondo livello a rispondermi.

Provo a usare PayPal dalla banca on-line, ma anche lì chiede il Bank Key e questa è una coltellata.

Vado a dormire scoraggiato.

L'indomani la chat della banca on-line mi risponde. Strano, anche loro scrivono con gli stessi intercalari dei miei amici su Telegram. Mi spiegano, che essendo il mio primo prelievo, il Bank Code lo devo comprare. E chi lo vende, di grazia? Lo vende chi mi ha versato il denaro e mi inviano da contattare l'indirizzo Telegram dell'ormai noto commerciale. Come accidenti si conoscono? Sono tutti una famiglia, se non la stessa persona? Corro da Erode a Pilato.

Il commerciale sembra annoiato; sì, ovvio, il codice lo vende lui. Perché non me l'ha detto subito? Perché io non gliel'ho chiesto. Sacripante! Quanto costa il Bank Key? 150 euro.

Ecco, siamo arrivati. Butto la spugna; rispondo che io non pago per avere denaro e che, per quanto mi riguarda, il nostro rapporto finisce qui. Commenta asciutto che farà sapere ai colleghi.

Tre ore dopo mi riscrive il primo contatto Telegram per chiedermi se ho ritirato i 2.500 euro. Gli rispondo di no e che lui lo sa. Si scusa dicendomi che quella è la procedura e di non preoccuparmi, perché i 150 euro mi saranno restituiti subito dopo il pagamento. Ripeto che non pago per avere denaro e che spero che la mia traduzione gli sia utile. Chissà, forse sì?

Due giorni dopo mi scrivono che possono pagarmi usando un sistema di cripto valute per trasferirmi i soldi senza costi. Per un secondo sono tentato, ma rispondo di no. Non mi fido.

Intanto sulla banca on-line il capitale è salito a 2.500,80 euro, poi il link alla banca scompare.

In fondo, è stato divertente. Molto in fondo.



27 gennaio 2024

La poesia in inverno: Tre fili d’attesa di Maria Pina Ciancio a cura di Alessia Mocci


 
La poesia in inverno: Tre fili d’attesa di Maria Pina Ciancio


Siamo nidi sfilacciati sugli alberi d’inverno/ le guance rosse e gli occhi aperti al cielo/ oltraggiati dalla pioggia/ schermaglie di bambini/ senza un grido/ […]”

La silloge poetica “Tre fili d’attesa” della poetessa lucana Maria Pina Ciancio è suddivisa in due parti, la prima è più corposa ed è stata scritta nel 2006/2007 mentre la seconda parte consta della sola lirica “Siamo nidi sfilacciati sugli alberi d’inverno” scritta nel 2011.

Ne “Tre fili d’attesa” l’inverno è protagonista indiscusso, ogni poesia è un richiamo alla stagione dell’attesa nella quale il gorgogliare della vita riposa.

Il ricorso all’espressione dialettale non è mai ornamento folkloristico, ma è strettamente collegato alla precisione del dire, tensione risolta efficacemente in un dettato poetico nitido, limpido, […]” ‒ dall’introduzione di Anna Maria Curci

Maria Pina Ciancio ci dona un affresco della Basilicata, un poemetto che omaggia gli abitanti di San Severino Lucano ‒ il luogo natìo della sua famiglia ‒ che la poetessa nata in Svizzera guarda con occhio antico per scorgere le peculiarità della millenaria cultura che ininterrottamente ‒ così come il ciclo delle stagioni ‒ si rinnova nella terra di Lucania.

Dopo la guerra dell’inverno/ c’è chi parte e c’è chi resta/ (…)/ Gennaro e Vincenzino/ sillabano il tempo/ in anelli di fumo irregolare/ e aspettano i ritorni/ tra la ringhiera scorticata/ e i gerani smarriti al grande cielo”

Nella silloge si incontrano Gennaro, Vincenzino, zio Pietro, Mariuccia, Giacomino, Antonella, Vituccio, zia Marietta, un figlio nato muto, i vecchi con la schiena stanca, padre e figlio ad una cena, un cane a tre zampe, un gatto nero, bambini, rane e farfalle: ognuno di loro è interprete di un ricordo, di uno spettacolo rievocato affettuosamente in virtù del verso.

Non fanno rumore i paesi d’inverno/ e il giorno e la notte/ passano zitti”


Maria Pina Ciancio, di origini lucane, è nata a Winterthur in Svizzera nel 1965. Ha lavorato per molti anni come insegnante a Chiaromonte in Basilicata, recentemente si è trasferita a Roma nella zona dei Castelli Romani. Ha pubblicato testi che spaziano dalla poesia alla narrativa e saggistica, vincendo importanti premi letterari. Ha fatto parte di diverse giurie letterarie ed è presente in svariati cataloghi e riviste di settore; dal 2007 è presidente dell’Associazione Culturale LucaniArt. Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo “Il gatto e la falena” (Premio Parola di Donna, 2003), “La ragazza con la valigia” (Ed. LietoColle, 2008), “Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro” (Fara Editore 2009), “Assolo per mia madre” (Edizioni L’Arca Felice, 2014), “Tre fili d’attesa” (Associazione Culturale LucaniArt 2022 con stampa dell'artista Stefania Lubatti), “D’Argilla e neve” (Ladolfi, 2023).


Written by Alessia Mocci


Info

Per maggiori informazioni clicca su Oubliette Magazine

https://oubliettemagazine.com/2023/12/28/tre-fili-dattesa-di-maria-pina-ciancio-non-fanno-rumore-i-paesi-dinverno/


26 gennaio 2024

FONDATION PIERRE GIANADDA MARTIGNY - SVIZZERA ANKER ET L’ENFANCE ANKER E L’INFANZIA


FONDATION PIERRE GIANADDA

MARTIGNY - SVIZZERA


ANKER ET L’ENFANCE

ANKER E L’INFANZIA

1 febbraio – 30 giugno 2024

Tutti i giorni 10-18


Vent’anni fa la Fondation Pierre Gianadda presentò la prima retrospettiva di Albert Anker in Svizzera dopo quella organizzata a Neuchâtel nel 1910, subito dopo la sua morte.

In questa nuova mostra mette al centro la produzione artistica avente a tema l’infanzia; argomento ampiamente frequentato dall’artista sicuramente segnato dalla perdita in tenera età di due dei suoi sei figli.

Per la selezione delle opere Matthias Frehner, curatore dell’esposizione con Regula Berger, ha coinvolto i principali musei svizzeri, ma anche prestigiose collezioni da cui arrivano a Martigny i dipinti più significativi dell’attività artistica di Anker, cui si aggiungono importanti lavori su carta che permettono di seguire la genesi di molti suoi dipinti.

Attraverso le opere di Anker, si percepisce come l’artista fosse appassionato della Svizzera, di cui rappresenta luoghi e personaggi come espressione di un paese idilliaco, lontano dalle bassezze del mondo, che ha fiducia nel futuro. Descrive così una Svizzera con bambini disciplinati, vecchi malinconici, artigiani laboriosi, partecipi di un’attività ordinata.

La mostra si sviluppa per sezioni secondo un piano particolarmente efficace predisposto dai curatori: si parte da una incursione narrativa di Anker riguardante la storia della Svizzera in particolare come luogo di passaggio e/o di accoglienza di esuli provenienti dalla Francia (nel passato come nel tempo a lui contemporaneo) per poi concentrarsi sul tema proprio dell’esposizione che privilegia la rappresentazione dei bambini nelle varie situazioni della vita quotidiana.

Ecco allora dapprima Enfants dans la nature (Bambini nella natura) in cui l’attenzione è rivolta al mondo della campagna bernese dove i bambini sono coinvolti nel lavoro contadino (siamo negli ultimi decenni dell’Ottocento) e costituiscono un aiuto per i genitori nell’attività lavorativa in fattoria, in casa o nei campi. Poi L’enfant mort (Il bambino morto) che affronta il dramma della mortalità infantile, che colpì anche l’artista nel 1869 con la scomparsa del figlio di due anni Rudolf a causa della difterite. Questo evento drammatico è all’origine non solo del dipinto che rappresenta il figlio sul letto di morte, vestito di bianco su un lenzuolo immacolato con un mazzolino di fiori tra le mani giunte, ma anche della sua dedizione alla ritrattistica del mondo dell’infanzia.

In Garde des enfants à la maison - Les tout-petits chez les grands-parents (Cura dei bambini in casa – I bimbi a casa dei nonni) racconta la custodia dei più piccoli affidata agli anziani della famiglia, mentre le madri sono impegnate con gli uomini nei campi. I momenti di tenerezza - sorprendente il nonno che sorveglia il neonato - sono inquadrati in ambienti umili ma decorosi e con la giusta luce viene dato valore anche agli indumenti poveri che costituiscono il vestiario dei piccoli come dei vecchi.

Di grande impatto, poi, il rapporto che esiste tra Frères et soeurs (Fratelli e sorelle) in cui i più grandi prestano attenzione ai più piccoli e l’artista li guarda e li rappresenta mentre dormono, leggono o si divertono giocando con bambole, macchinine, domino, sonagli, fischietti o gatti.

Infine ecco Enfants dans la communauté (Bambini nella comunità) dove i piccoli partecipano gioiosi agli eventi tradizionali della comunità, dalle vendemmie alle feste paesane, in cui Anker, ispirandosi alla pittura olandese del XVII secolo, può illustrare interessanti scene di genere.

La sezione conclusiva della mostra - Apprendre et jouer (Imparare e giocare) - documenta l’ampia considerazione riservata all’attività scolastica sia all’interno che all’esterno delle aule (L’Ecole en promenade, 1872, La leçon de gymnastique, 1879) e fa riferimento alla Costituzione federale svizzera del 1874 che impone a tutti i cantoni di rendere la scuola primaria obbligatoria e laica e all’incarico dell’artista come segretario della Commissione scolare locale.

L’interessante raccolta di opere in mostra è esemplare della produzione di Albert Anker, una produzione che fu particolarmente apprezzata e che ha fatto dell’artista uno dei principali esponenti dell’arte svizzera della seconda metà dell’Ottocento.


Fondation Pierre Gianadda

Rue du Forum 59

1920 Martigny (Svizzera)

Telefono: +41 (0) 27 722 39 78

Sito internet: http://www.gianadda.ch

Mail: info@gianadda.ch

Facebook : @fondationpierregianadda

Twitter : @pgianadda

Instagram : @fondationpierregianadda

#FondationPierreGianadda


Mostra a cura di Matthias Frehner con Regula Berger

Ingressi: tutti i giorni 10-18

Adulti: CHF 20 - € 20.00

Senior (oltre 60 anni): CHF 18.- € 18,00

Bambini (dai 10 anni): CHF 12.- € 12,00

Famiglia (genitori e bambini): CHF 42.- € 42.00

Studenti fino a 25 anni: CHF 12- € 12,0 0

Gruppi (a partire da 10 persone): riduzione di CHF 2.- € 2,00

Catalogo della mostra: CHF 35.- € 35,00

Sono comprese nel biglietto di ingresso le visite al Museo archeologico gallo-romano, al Museo dell’automobile, al Parco delle sculture e le mostre allestite nel Vecchio Arsenale all’interno del parco.

Libreria – Boutique – Ristorante – Possibilità di picnic nel parco




24 gennaio 2024

“ERSTFELD”. ROMANZO DI UMBERTO LUCARELLI a cura di Vincenzo Capodiferro


ERSTFELD”. ROMANZO DI UMBERTO LUCARELLI

Una lunga e profonda meditazione sulla vita, sulla morte, sul tempo”


L’ultimo romanzo, “Erstfeld”, di Umberto Lucarelli è uscito alle stampe da poco, nell’anno appena passato (23). Marco Passeri, scrittore e prefatore dell’opera, incipit con una citazione di Thich Nhat Hanh che ne illumina il senso: «Nascita e morte sono solo una porta: da lì entriamo e usciamo. Nascita e morte sono solo un gioco a nascondino». In pratica viviamo in un mondo surreale, in una specie di metaverso, che riprende i motivi classici della vita-sogno, da Calderon de la Barca a Cartesio, da Hume a Pirandello. La morte è un varco, un passaggio. Mondo dei vivi e dei morti sono interconnessi. Come non ricordare la “caverna” platonica in cui siamo immersi? O gli “idola specus” di Bacone? Schopenhauer scherzava: «La vita e i sogni son pagine d’un solo e medesimo libro. La lettura condotta con continuità e coerenza si chiama vita reale. Quando però l’ora consueta della lettura, il gioco giunge al termine e viene il tempo del riposo, noi spesso continuiamo a sfogliare il libro e ad aprire, senza ordine e continuità, una pagina ora qui ora là» (“Il Mondo”, I- §5). Umberto riprende questi temi con una lucidità sconvolgente. Passeri commenta: «Erstfeld è un paese svizzero, l’indicazione di una stazione ferroviaria situata lungo il tragitto che il narratore percorre quotidianamente alla mattina, per recarsi a Milano, in cui lavora, e alla sera per tornare a casa, dalla propria moglie e dai propri figli. Erstfeld è però anche un nome, un luogo che nel corso della narrazione diviene via via sempre più metafisico, una meta che sarebbe possibile raggiungere, basterebbe scendere anche solo per caso alla stazione successiva a quella in cui il narratore tutti i giorni approda, ma che non si raggiunge…». Erstfeld in pratica è un non-luogo, ma anche un classico luogo felice, un’”isola che non c’è”, ma che in fondo c’è, come l’Iperuranio, l’immaginario platonico. Qui Umberto si ripresenta da buon “socialista utopista” ed ha ragione! Il socialismo utopistico! Un indegno epiteto coniato da Marx! Non c’è socialismo più utopistico di quello marxista. Tanto è vero che Lyotard, l’inventore del post-moderno lo descrive come “narrazione metafisica”. Lo stesso Marx proferiva: - Je ne suis pas marxiste! E il professor Oldrini ci teneva a raffigurarsi come: - Io sono un marxiano, non un marxista! Un marziano?!

Come al solito ci troviamo dinanzi ad un monologo senza sosta, senza punti, futuristico-passatista, ove la punteggiatura segna quei piccoli riflessi dell’anima umana. Questo è lo stile di Umberto che riprende quello dei rivoluzionari sessantottini, non sessantotteschi, perché egli ci ha creduto e ci crede, non come semplice memoria, per così dire, celebrativa. Il Sessantotto non è un facile idillio che ci presenta una certa tradizione celebrativa, ma dramma di un popolo che cerca la sua strada. Me una shoah, che oggi rischia di diventare puramente teatrale, di fronte ad un’altra shoah che si ripete, in senso inverso però!

La scena comincia con l’anestesia: cosa di meglio ci può far trovare in quel trans estatico con l’altro mondo? « M’infilarono il camice e la cuffia e mi condussero con il letto a rotelle in sala operatoria, l’anestesista parlava a raffica e ridacchiava mentre il chirurgo era scuro, serio, silenzioso e perentorio Ora conti fino a dieci e poi si addormenterà mi disse l’anestesista tra le altre molte parole che diceva al suo assistente e al chirurgo e a me, si mise all’improvviso a parlare delle vacanze estive e dei luoghi che intendeva visitare e i ristoranti in cui sarebbe andato e che cosa avrebbe ordinato e mangiato, chissà per quale motivo un suono di una parola o di un nome ti colpisce, dissi tra me, ricordo, Erstfeld mi aveva incuriosito subito, mi faceva pensare a qualcosa come di definitivo, ricordo, a Erstfeld non ci ero mai andato e non la conoscevo, avevo sì guardato con curiosità qualche immagine sugli schermi del computer, letto…». Umberto si presenta come lo scrittore sciamano, il pontifex trai mondi, uno degli ultimi vati dannunziani. Il vate era colui che dava i vaticini, era la sibilla, l’oracolo, l’ispirato. L’utopismo di Lucarelli è squisitamente nichilista. Egli dedica il suo libro “Al vuoto e al nulla”. È significativo! Egli è il “Siddharta” hessiano, il ricercatore, ma soprattutto è intriso di profonda spiritualità, che guarda al mondo orientale, al buddismo.

«… il tempo unico come un binario che va su e giù che prosegue verso la vita e verso la morte, la morte è Milano poi la morte è verso Erstfeld, poi ancora la vita è verso Erstfeld e poi verso Milano, la vita e la morte e il tempo tutto quanto assieme, pensavo ora all’interno del treno e del tempo di Erstfeld e di Milano senza poter per questo scendere perché dal tempo non si scende mai, Sembra che si scenda quando si è morti, pensavo, Ma la morte è una fermata come un’altra, pensavo, Nascita e morte è una lunga ferrovia che da Milano va verso Erstfeld e da Erstfeld va verso Milano, pensavo, Fai delle fermate, pensavo, Scendi nella morte e risali nella vita, pensavo. Ecco Milano, ecco Erstfeld».

C’è tutta la larghezza, la profondità, che ci fa calare nell’assurdo temporale: ci troviamo di punto catapultati anzi un paradosso eracliteo, o il paradosso della morte della regina Anna di John Ellis McTaggart (l’“irrealtà del tempo”). Eraclito: -L’acqua non è più la stessa… Acqua passata non macina mulino. Noi siamo e non siamo… Mentre siamo già non siamo, mentre crediamo di star fermi, osservando l’acqua che passa, siamo già passati insieme all’acqua. Tutto dipende dall’osservatore O.: la relatività einsteiniana! Erstfeld si ricollega idealmente a “Montecristo. Una catastrofe o una salvezza”. La vita è come un treno, da cui si sale e si scende. Erstfeld è una delle tante fermate. Erstfeld è la nostra fermata. Tutti prima o poi partiremo. Ricordo da fanciullo che, quando morì don Salvatore, se ne uscì con:

  • Fiiiuuu! Mo’ parte il treno!


È come ne’ “Il treno ha fischiato”:


  • Stanotte, signor Cavaliere. Ha fischiato. L’ho sentito fischiare... 

  • Il treno?

  • Sissignore. E se sapesse dove sono arrivato! In Siberia... oppure oppure... nelle foreste del Congo... Si fa in un attimo, signor Cavaliere!


Dove siamo arrivati?

Forse a Erstfeld.


Il testo è corredato da un bellissimo saggio finale di Giovanni Sansone: “Attraversare la soglia. Epifania dell’alterità dei sapori e degli odori”: «Il viaggio letterario e umano dell’autore comincia sempre, in una zona di liminalità. La zona di liminalità è la zona del passaggio, la soglia che sta fra due sistemi culturali definiti. In questa zona, in questo spazio intermedio, situato tra situazioni assegnate e definite dalla legge, dal costume e dalle convenzioni, trovano espressione una ricca varietà di simboli. Questa zona, che non è contrassegnata da alcuna forma determinante di Potere, permette l’espressione delle forze della mutazione e del cambiamento. Lucarelli ci ha sempre condotto – attraverso la sua personale esperienza di Epifania, di transustanziazione e di attraversamento dei confini – in una nuova dimensione dell’esistere e dello stare in Comunità e per la prima volta, il processo si blocca e lo scrittore ci racconta un non luogo, una dimensione del Corpo e della Carne “imprigionate”».

Vincenzo Capodiferro

22 gennaio 2024

IL PATTO FRA FISCO E CONTRIBUENTI di Antonio Laurenzano


IL PATTO FRA FISCO E CONTRIBUENTI

di Antonio Laurenzano

Si volta pagina nel rapporto fra Fisco e contribuenti. E' entrato in vigore il Dlgs 219/2023 contenente modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente varato nel 2000 per l'attuazione dei "principi di democraticità e trasparenza". Con l'intento di realizzare un riequilibrio fra le due parti in causa, furono disciplinati gli istituti di tutela dei cittadini nei confronti degli Uffici tributari attraverso il riconoscimento di una lunga serie di diritti: dalla conoscenza degli atti, alla chiarezza e alla loro motivazione, dalla tutela della buona fede all'interpello, alle garanzie in caso di verifica. Diritti tutelati e difesi dal Garante del contribuente, organo di mediazione istituito presso ogni Direzione Regionale dell'Agenzia delle Entrate.

Ma lo Statuto non ha avuto vita facile, un patto molte volte dimenticato, violato dal Parlamento, dai vari Governi , dalla pubblica amministrazione. Un "amore impossibile" quello fra Fisco e contribuente! Diffidenza ma soprattutto incomunicabilità alla base di un rapporto che è andato nel tempo sempre più deteriorandosi. E' rimasto purtroppo inascoltato l'appello lanciato da Ezio Vanoni, storico Ministro delle finanze, per un "ordinamento tributario conoscibile nelle forme e comprensibile nei contenuti". La mancanza di certezza della legge tributaria intesa come prevedibilità delle conseguenze giuridiche e fiscali è divenuta ormai una costante, alimentando una deleteria conflittualità. Da una parte il Legislatore fiscale costretto a rincorrere l'evoluzione dei rapporti economici per individuare i presupposti di nuova ricchezza e quindi nuovo imponibile da sottoporre a tassazione, dall'altra parte il contribuente (evasori a parte) vittima sacrificale di un caos legislativo che non facilita certo l'interpretazione e la corretta applicazione della normativa.

Una frantumazione della legislazione tributaria, un proliferare di leggi, decreti, circolari e pareri che è causa non solo di uno scadimento qualitativo della legislazione ma anche della potenziale ignoranza della legge, con grave pregiudizio di ogni principio di diritto! Tanti segnali a conferma che l'ordinamento tributario italiano è sempre più caratterizzato dalla casualità, dall'incertezza e dall'arbitrio per ragioni di gettito che condiziona ogni corretta azione di accertamento in termini di equità, efficienza e trasparenza. Molte prescrizioni dello Statuto sono rimaste semplici enunciazioni di principio, senza alcun effetto giuridico. La più eclatante di sempre quella relativa al divieto di retroattività della normativa fiscale regolarmente violato più volte, oltre alle tante norme tributarie emanate in deroga ai principi dello Statuto, soprattutto in materia di proroga dei controlli. Una vera beffa del diritto e della sua certezza.

Dopo oltre venti anni si corre ora ai ripari. Nell'ambito del Decreto attuativo della Riforma fiscale allo Statuto del 2000 viene riconosciuta maggiore valenza legislativa: le sue disposizioni "si conformano alle norme della Costituzione rilevanti in materia tributaria, ai principi dell'ordinamento dell'Unione europea e alla Convenzione europea dei diritti dell'Uomo" le quali costituiscono, adesso, i principi generali dell'ordinamento tributario, criteri di interpretazione della legislazione tributaria e si applicano a tutti i soggetti del rapporto tributario. Tra le novità più importanti spicca la disposizione che introduce il contraddittorio generalizzato: tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria devono essere preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo con il contribuente. I provvedimenti dell'Amministrazione finanziaria devono essere motivati con l'indicazione specifica dei presupposti, dei mezzi di prova, oltre che delle ragioni giuridiche su cui si fonda la decisione. Sul versante dell'accertamento viene sancita la inutilizzabilità degli elementi di prova raccolti oltre i termini di permanenza presso la sede del contribuente soggetto a verifica. L'accertamento dovrà essere unico per ciascuna imposta e per ciascun anno, venendo così a cessare il contestato strumento dell'accertamento parziale "a Singhiozzo". Verrà espressamente definita l'annullabilità e la nullità degli atti impositivi del Fisco e come eccepirle, pomo della discordia nel contenzioso tributario.

Relativamente alla riscossione, gli atti devono contenere con riguardo agli interessi i criteri di calcolo, la data di decorrenza e i tassi applicati. Notevolmente rafforzato l'obbligo dell'autotutela dell'Amministrazione: oggi l'annullamento "d'ufficio" di un atto illegittimo, il "mea culpa" del Fisco, è solo potenziale. Particolarmente attesa infine la disciplina dell'efficacia temporale delle norme tributarie: la riforma dello Statuto conferma il principio di irretroattività delle disposizioni tributarie la cui frequente e dissennata deroga ha finora causato problemi di credibilità all'intero ordinamento tributario. Le modifiche Introdotte legislative si applicano solo a partire dal periodo successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della modifica.

A conferma di un ritrovato rapporto di collaborazione, l'Amministrazione finanziaria fornirà un'attività di supporto ai contribuenti nell'interpretazione e nell'applicazione delle disposizioni tributarie mediante circolari interpretative e applicative, valorizzazione del diritto di accesso agli atti, consulenza giuridica, interpello e consultazione semplificata. Una disciplina tributaria equa, certa e stabile quale premessa, costituzionalmente necessitata, per un ordinamento tributario "conoscibile e comprensibile".

20 gennaio 2024

Marco Malvaldi La battaglia navale a cura di Marcello Sgarbi


Marco Malvaldi

La battaglia navale – (Sellerio Editore)


Collana: La memoria

Formato: Brossura

Pagine: 192

EAN: 9788838934865


Dalla fortunata serie di gialli che hanno come quartier generale il BarLume e la sua combriccola di toscanacci, consacrata con successo da una riduzione televisiva in cui brilla per l’interpretazione soprattutto Filippo Timi, ho scelto di parlarvi di La battaglia navale – il sesto degli otto volumi della serie, in ordine cronologico - perché fra le sue pagine tocca anche un tema quanto mai attuale: l’immigrazione.

Il racconto si apre con il ritrovamento di un cadavere sulla spiaggia di Pineta. È quello di Olga, una badante ucraina. Le indagini, condotte dal vicequestore Alice Martelli con la collaborazione del compagno Massimo Viviani – il barista titolare del BarLume – e con la complicità dei vecchietti che animano il locale si allargano nell’ambiente della vittima, fra le sue connazionali dell’est, portando alla luce i lati oscuri della vita di Olga e il suo passato torbido. Non meno, del resto, di quello di altri personaggi in apparenza irreprensibili.

La soluzione del caso ha la sua chiave in un particolare trascurabile, che invece si rivela determinante per individuare il colpevole. Lascio a voi il piacere di scoprirlo. Fanno da piacevole contorno alla vicenda le digressioni sulla cucina che per analogia, pur se con un taglio diverso, portano alla mente il Pepe Carvalho e il Biscuter di un maestro del giallo quale Manuel Vàzquez Montalbàn. E a un’altra latitudine, la Sicilia di Camilleri e del commissario Montalbano.

Gustosi anche i siparietti che vedono protagonisti Tiziana – la prima banconiera del BarLume, in seguito socia di Massimo nel bar e nell’attiguo ristorante Bocacito – e gli anziani avventori: Ampelio (nonno di Massimo), Paride, Aldo e il Del Tacca. Un posto a parte merita poi il personaggio di Rimediotti, tratteggiato in modo magistrale e con divertito sarcasmo da Malvaldi.

Si vede che la commissaria avrebbe voglia di continuare il discorso; si sa, spesso i discorsi inutili sono principalmente quelli delle altre persone.

Massimo rimaneva sempre affascinato dal cambiamento del tono di voce di Alice quando diventava commissaria. Frasi brevi, incisive. Nessuna concessione a quell’ironia che era una delle cose che li rendevano più simili. E che Massimo era convinto di poter usare in qualsiasi frangente: una delle cose che li rendevano più diversi.

Una delle capacità meravigliose dell’essere umano è quella di interpretare correttamente le informazioni inserendole nel loro contesto. Ascoltata al di fuori di questa conversazione, la possibilità che qualcuno capisse che il Rimediotti aveva appena pronunciato il nome di battesimo “Eugenij” sarebbe stata pressoché nulla; ma, essendo l’argomento della discussione la morte della povera Olga, tutti e cinque gli astanti associarono immediatamente il nome dell’ex marito della poveretta al confuso sfrigolare che era uscito dalla macilenta laringe del pensionato.

Il risotto l’ho fatto io, il profumo di fritto viene dal piano superiore dove quel rimasuglio di umanità della Gorgonoide aveva deciso evidentemente che era l’ora di fare qualcosa per salvare il pianeta, e con tutta evidenza aveva cominciato smettendo di cambiare l’olio alla friggitrice. Da una settimana circa, quindi, Massimo viveva immerso in una versione tutta mediterranea dello smog londinese: un’atmosfera satura di olio esausto e particelle cancerogene assortite che dava al momento di rientrare a casa un significato piuttosto intenso.


© Marcello Sgarbi


16 gennaio 2024

R.I.P AL PETTEWAY (1952-2023) a cura di Claudio Giuffrida

R.I.P AL PETTEWAY (1952-2023)


Pochi mesi fa il 25 settembre 2023 scompare a 71 anni, per tumore esofageo, un grande chitarrista del fingerstyle americano: Al Petteway, abilissimo nella tecnica dello strumento ha composto molti brani originali fondendo lo stile musicale degli Appalachi con quello celtico e la tecnica del banjo.

Personaggio che suscitava grande ammirazione per essere straordinariamente gentile e umile era un compositore e polistrumentista molto stimato nell’ambiente musicale americano e del fingerstyle, Al ottenne molti riconoscimenti ufficiali (vedi https://www.alandamy.com/awards/) tra cui 45 WAMMIES da parte del Washington D.C. Area Music Association Awards e come musicista dell’anno. Nel 2005, Al vinse un Grammy award per il suo contributo a Pink Guitar, un disco di Henry Mancini, nello stesso anno inizia la lunga collaborazione con Paul Heumiller, fondatore della Dream Guitars nella North Carolina, famoso brand di liuteria per chitarre acustiche. Inizia a incidere nel 1991 con l’acclamato Whispering Stones, una collezione di composizioni originali e arrangiamenti ispirati alla musica tradizionale delle British Isles e alle melodie Celtiche. Il successivo The Waters and the Wild (1993) diventa un progetto multimediale che unisce le sue composizioni musicali con le fotografie che appartengono al suo lavoro al National Geographic come fotografo dal 1977. Fotografie che esprimono il suo grande amore per la natura e i paesaggi diventando inoltre fonte di ispirazione per i suoi brani che si avvalgono anche della collaborazione della violinista scozzese Bonnie Rideout e della suonatrice di Hammered Dulcimer Maggie Sansone.

-Spindrift da Whispering Stones

https://youtu.be/iuSnQfnLLP4?si=BhJxL9tvRoefMway


Il 17 marzo del 1995 al concerto annuale per il St. Patrick's Day al National Geographic Grosvenor Auditorium Al conosce la musicista Amy White iniziando un’importante collaborazione musicale e affettiva, sposati si stabiliscono poi nelle Blue Ridge Mountains, realizzando insieme anche uno studio home recording, dove vivono in armonia con lo stile di vita tipico degli Appalachi. Il primo risultato di questi sforzi collaborativi vede la luce nel 1996 con A Scottish Christmas e questo duo musicale diventa molto famoso tra l’editoria e i lettori di Acoustic Guitar che nel 1997 insieme realizzano Caledon Wood e che la rivista nomina come uno dei dischi essenziali degli ultimi 20 anni, votando Al tra i 50 migliori chitarristi di tutti i tempi. L’album co-prodotto da Amy White gli fece guadagnare l’importante riconoscimento del Maryland State Arts Council come Artista e Compositore musicale.

Nel disco un set acustico di brani originali e arrangiamenti di brani celtici classici, Petteway è alla chitarra, bouzouki, e basso, con la moglie White al mandolino, chitarra, piano, violino, percussioni e voce. Il contributo della moglie con il suo personale songwriting espande i toni riflessivi e di gentile lirismo del disco ed è di grande spicco la sua voce da soprano così espressiva.

-Sligo Creek da Caledon wood – 1997

https://youtu.be/0OtAGdaAStU?si=TSLPaXJvYHg-FN1o


Nel 2000 Amy e Al pubblicano Racing hearts in cui si apprezzano le armonie vocali di "Mariposa", "Desert Dance," "Polly Vaughn" e "She Moved Through the Faire;" aggiungendo un fingerpicking vivace e dai toni ottimisti, positivi, con il calore e il supporto delle percussioni di Paddy League anche all’Irish bodhran.

Gratitude (2000) è il disco dove Al e Amy si dedicano a preziosi duetti di chitarra acustica e nel maggio 2001 vincono il prestigioso award "Indie" come miglior album di strumentali acustici. Insieme questi due chitarristi dimostrano di aver affinato uno stile che ben esprime il loro affiatamento dove Amy gestisce le parti ritmiche e Al quelle solista. Questa volta i suoni sono più influenzati dal Blues e dal Jazz che dalla musica celtica e non è un caso che nella primavera del 2002 Al registri un disco solista di chitarra acustica nei differenti stili blues con cui è cresciuto: Shades of Blue. Con Midnight clear ritorna invece a infondere energia, colori e lirismo a brani ispirati dalle danze francesi e dalle gighe irlandesi; nel 2005 esce Land of the sky, finissimo esempio di musica acustica di stile celtico, in cui Amy White contribuisce con la chitarra acustica, celtic harp, mandolino, voce solista e percussioni, in aggiunta al suo marchio chitarristico Al suona anche banjo, Irish bouzouki, fretless bass e percussioni. Di rilievo le armonie vocali in “Across the Blue Mountains” che insieme a “Wayfaring Stranger,” sono gli unici due brani cantati dei 14 brani del disco; spiccano anche splendidi arrangiamenti di brani tradizionali come "Pretty Polly" e"Shady Grove."

-Land of the sky

https://youtu.be/ZQ5x_qIn7CY?si=lguEGvxEIWbkswLt

Nel 2006 esce Winter tidings ancora un album orientato ai canti natalizi, ma caratterizzato dalla perfetta interazione tra le chitarre acustiche di Petteway, bouzouki e banjo con l’elegante piano di Amy White, il mountain dulcimer e la Celtic harp (“Into the Light”).

Principalmente strumentale ha però delle perle vocali grazie al contributo di Amy nelle Gaelic carols "Christ Child's Lullaby" e "Roving on a Winter's Night." Seguono i dischi Home Sweet home e High in the Blue Ridge con, nel 2012, il disco solista di Al: It's Only the Blues che viene quotato tra i primi 10 migliori dischi dell’anno. Nel 2013 il Swannanoa Gathering e Warren Wilson College conferiscono ad Al il prestigioso premio come “Master Music Maker” a celebrare la sua carriera come musicista e come insegnante.

Infatti oltre alla sua professione di musicista è rilevante l’impegno didattico, che moltissimi chitarristi hanno apprezzato, attraverso i suoi metodi e i video tutoriali per la Dream Guitars, le serie dell’Happy Traum Homespun dove presentava il suo modo di suonare e di arrangiare con l’accordatura di DADGAD negli stili blues, Appalachian music, slide, and Celtic music: come "Celtic, Blues and Beyond", "Appalachian Fingerstyle Guitar" realizzato per la Homespun Video nel 2011 e "Blues Styles in DADGAD Tuning" nel 2012.

Nel 2016 il loro ultimo lavoro: Didn’t we waltz con le canzoni di Amy e la partecipazione di Al, seguono ancora gli ottimi album solisti Dream Guitas (2015) e Mountain guitar del 2014.

-Nightflight da Dream Guitars

https://youtu.be/Iw-AdTzQGdU?si=Rh_GKf9KoHcaaWI9

https://www.giannizuretti.com/articoli/r-i-p-al-petteway-1952-2023/

© Claudio Giuffrida




ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano Addio al “Patto di stu...