28 marzo 2024

I GIORNI DI PASQUA NEI BENI DEL FAI IN LOMBARDIA Picnic, giochi all'aria aperta e visite speciali per tutta la famiglia domenica 31 marzo e lunedì 1aprile 2024

                                                 


    I GIORNI DI PASQUA

NEI BENI DEL FAI IN LOMBARDIA

Picnic, giochi all'aria aperta e visite speciali per tutta la famiglia

domenica 31 marzo e lunedì 1aprile 2024

Speciali picnic in giardini monumentali e parchi storici accompagnati da cestini con prodotti locali primaverili, giochi campestri e “caccia alle uova”, visite, passeggiate ed escursioni guidate: sono queste le attività proposte nei Beni del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano ETS da nord a sud Italia per Pasqua e Pasquetta 2024. Un’occasione per trascorrere le giornate di festa all’aria aperta, godendo del contatto con la natura e con l’arte, alla scoperta di luoghi inediti e atmosfere storiche da conoscere, vivere e apprezzare.


Valeria Frisolone
Ufficio Comunicazione Stampa e New Media
Cell 334 3523916 Tel 02 467615345
 
FAI – La Cavallerizza
Via Carlo Foldi, 2 – 20135 Milano

26 marzo 2024

LA MILIONESIMA NOTTE Raccolta profonda e simbolica di Carla Malerba a cura di Vincenzo Capodiferro


LA MILIONESIMA NOTTE

Raccolta profonda e simbolica di Carla Malerba


La milionesima notte” è una raccolta di poesie di Carla Malerba, pubblicata da Fara editore, Rimini 2023. Scrive Francesca Ribacchi, giurata del concorso Faraexcelsior 2022: «La profondità spirituale delle immagini, potenziata dalle parafrasi e metafore, concorre a raffigurare le storie dell’esistenza interiore, le emotività e le affinità delle passioni, gli attimi di riflessività come traccia indelebile del vissuto che si sublima nella poesia».

È una poesia lineare ed attenta, che reca tracce di vissuto, riportando, come mare tra le crespe delle onde, i sentimenti sotterranei che ribollono nel fondo di un altro mare, quello di un’anima persa, abbandonata.


Quante volte non ci siamo parlati,

eppure, ci udivamo

nelle notti lunghe

in cui i ruoli si erano capovolti.


È il tema dell’incomunicabilità tra gli Esserci: ogni uomo è come monade, senza finestre né porte. Tutto vede da sé. Eppure, questa odierna incomunicabilità si trasfigura in ascolto. Il silenzio è ascolto.


Sul cuore ho tracce

di millenni di tenerezze

madre compagna

sorella sposa

respiro parole…


È il tema della femminilità, che riprende il “Vita di una donna” (2015), paredro dell’ungarettiano “Vita di un uomo”. Bella questa immagine della donna madre, sorella e sposa, che ci fa ricordare un antico inno a Maria: «O gran figlia, madre e sposa, del tuo stesso creatore…». E il dantesco “Vergine madre…”.

La poesia di Carla si erge come ciuffi di erba fresca nella distesa del deserto. Sono gocce d’amore e di dolore. Ed ella viene dal deserto, dall’antica Libia.

Carla Malerba è nata a Tripoli, in Libia, ma risiede in Italia dal 1970. Si laurea presso l’università di Siena. Insegna materie letterarie ad Arezzo. Pubblicazioni: “Luci ed ombre” (1999); “Creatura d’acqua e di foglie” (2001); “Di terre straniere” (2010); “Vita di una donna” (2015); “Poesie future” (2020).


Vincenzo Capodiferro

Mostra di pittura, scultura, fotografia e disegno a Milano

 


22 marzo 2024

Fred Vargas L’uomo dei cerchi azzurri


 
Fred Vargas

L’uomo dei cerchi azzurri – (Edizioni Einaudi)


Collana: Super ET

Formato: Brossura

ISBN: 9788806250805

Pagine: 216


Nel vasto panorama della giallistica un posto a sé è occupato da Fred Vargas, pseudonimo ispirato al personaggio interpretato da Ava Gardner nel film La contessa scalza, dietro il quale si cela Frédérique Audouin-Rouzeau.

Un’autrice davvero insolita, visto che fra l’altro proviene da un retroterra decisamente diverso. Ricercatrice di archeozoologia al Centro Nazionale francese per le Ricerche Scientifiche (CNRS) e specializzata in medievalistica, per cinque anni ha studiato i meccanismi di trasmissione della peste dagli animali all’uomo.

A dire l’originalità di Fred Vargas, c’è una velocità di scrittura che la pone in secondo piano solo rispetto a Simenon e Scerbanenco. Pare infatti che scriva tutti i suoi romanzi in soli ventuno giorni, per poi operare la revisione del testo nell’arco di tre o quattro mesi con la collaborazione della sorella pittrice Jo nel ruolo di editor.

L’uomo dei cerchi azzurri è il giallo dell’autrice francese nel quale, per la prima volta, fa la sua comparsa l’altrettanto insolita accoppiata di investigatori parigini formata dal commissario Adamsberg e dall’ispettore Danglard, due spiriti diametralmente opposti.

Il primo, come ama definirlo Fred Vargas, è uno “spalatore di nuvole” che basa le sue indagini sull’intuizione e su un certo pensiero laterale, o comunque non convenzionale. L’altro, dalla mente quadrata, è tanto razionale nel dedurre quanto fragile dal punto di vista umano, assillato com’è dai suoi complessi.

I due – antagonisti nello stile della detection - si trovano coinvolti in una serie di omicidi, nei quali l’assassino firma i suoi delitti tracciando con un gessetto azzurro dei cerchi intorno alle vittime.

Fra gli originali personaggi che popolano il romanzo spicca Mathilde, dove è facile scorgere un’identificazione di Vargas. Quello che però rende L’uomo dei cerchi azzurri caratteristico e diverso dal tradizionale giallo d’indagine è la cifra stilistica con cui è scritto. Condotto con una vena ironica e con una particolare maestria nel disegnare immagini inedite attraverso i paragoni, pur senza trascurare l’accuratezza dei dettagli si circonda di un alone di magia, che in alcuni tratti della narrazione sembra quasi assimilarlo alla favola.

Una notazione di merito, poi, va secondo me alla traduzione di Yasmina Melaouah, fondamentale per il successo in Italia della saga di Benjamin Malaussène, nato dalla fantasia di un altro autore francese quale Daniel Pennac.

Mi trascino verso la città, e giuro che trascinarmi è la parola giusta, perché sono tanto spompato che non troverei la forza per fare un fischio.

Mi guarda e si morde le labbra: ha la faccia che sembra un pezzo di argilla maneggiato da un bambino.

Ha gli occhi tondi come due piatti.

Le chiedo se fa conto di andare da qualche parte e lei mi lancia un’occhiata che friggerebbe un uovo.

Il commissario precedente era l’opposto. Sempre blindato nelle sue riflessioni.

Il commissario precedente rimuginava in continuazione. Invece Adamsberg era esposto a tutti i venti come un capanno di legno, il cervello all’aria aperta, insomma, pensò Danglard. È vero, era come se tutto quello che gli entrava dalle orecchie, dagli occhi o dal naso, che fosse fumo, colore, fruscio di carte, facesse una corrente d’aria sui suoi pensieri impedendo loro di prendere corpo. Questo qui, si disse Danglard, è attento a tutto, quindi non presta attenzione a niente.

Danglard era fatto così. Non si faceva problemi a borbottare frasi del genere proprio davanti a coloro che accusava. Adamsberg, consapevole di non saper essere altrettanto diretto, trovava utile che Danglard non avesse timore di ferire gli altri. Timore che a lui spesso faceva dire un sacco di cavolate tranne ciò che pensava.

E per uno sbirro questo dava esiti imprevisti e sulle prime non sempre positivi.

Poi il vecchio Le Nermord si sfregò gli occhi con una manica dell’impermeabile, come un vagabondo, come se abbandonasse tutto il prestigio che aveva impiegato anni a costruire.

Quando ci cammini dentro, il bosco fa rumore.

© Marcello Sgarbi

20 marzo 2024

Concerto a Tradate

 


Un progetto per il Lario

 


Nella Diocesi di Fermo e on line tre incontri sulle “Strade dell’amore. Fede, Bibbia e omosessualità”


Nella Diocesi di Fermo e on line tre incontri sulle “Strade dell’amore. Fede, Bibbia e omosessualità”

Nella diocesi di Fermo, nelle marche, tre incontri in presenza e on line aperti a tutti che, attraverso il confronto con esperti e l’ascolto di alcune testimonianze, vogliono aiutare a riflettere sull’invito ribadito dal Sinodo dei Vescovi, che ha chiesto che nelle nostre comunità cristiane si «riservi una specifica attenzione anche all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale»

Le “Strade dell’amore. Fede, Bibbia e omosessualità” è il titolo di una serie d’incontri organizzati dal Centro culturale San Rocco dell’Arcidiocesi di Fermo, dall’Azione Cattolica della parrocchia di Santa Caterina di Fermo in collaborazione con La Tenda di Gionata.

Si parte MERCOLEDI 20 marzo 2024, alle ore 21,15 con “Cosa sta scritto? Come leggi?” (Lc 10,26). L’omosessualità nella Bibbia” in cui ci si confronterà su quello che la Bibbia dice e non dice su questo tema in dialogo con don Gianluca Carrega, docente presso la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale e responsabile della pastorale con le persone omosessuali e i loro genitori della diocesi di Torino, dopo aver ascoltato la testimonianza di Mara Grassi, una madre cristiana che ha avuto una vita familiare segnata pesantemente da una lettura riduttiva della Bibbia.

Invece VENERDI’ 5 aprile 2024, ore 21,15 affronteremo il tema “Sempre nostri figli. La scoperta dell’omosessualità in una famiglia cristiana” per comprendere cosa accade in una famiglia cattolica quando un figlio o una figlia fa coming out con i suoi genitori. Quali dinamiche familiari di stupore, di rottura, di spaesamento, confusione e “lutto” le famiglie attraversano … e come la comunità cristiana può accompagnarle in questo cammino. Ci confronteremo con Alessandra Bialetti, Pedagogista Sociale e Consulente della coppia e della famiglia autrice del libro “L’ospite inatteso. L’omosessualità in famiglia”, dopo aver ascoltato alcune testimonianze di genitori cattolici e dei loro figli LGBT (lesbiche, gay, bisex e trans) del gruppo Betania per persone LGBT cristiane della Parrocchia della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo di Montesilvano (Pescara).

Nell’ultimo incontro di GIOVEDI’ 18 aprile 2024, ore 21,15 intitolato “Dalle frontiere una nuova pastorale. I cammini dei cristiani LGBT e dei loro genitori nelle nostre comunità cristiane”  scopriremo le esperienze pastorali di accoglienza delle persone LGBT e dei loro genitori in corso in Italia e su come come questo cammino può aiutare la Chiesa cattolica ad essere sempre più capace di accogliere le diverse periferie esistenziali che l’abitano. Porteranno la loro esperienza padre Pino Piva, gesuita ed esperto di percorsi di accompagnamento pastorale con le persone omosessuali; Gabriele Davalli, direttore Ufficio Diocesano per la Pastorale della famiglia dell’Arcidiocesi di Bologna e delegato per l’accompagnamento pastorale delle persone LGBT e i loro genitori; suor Fabrizia Giacobbe, che fa parte del «Coordinamento per la pastorale d’inclusione» delle persone omosessuali e dei loro genitori della pastorale familiare dell’arcidiocesi di Firenze.

Tutti gli incontri saranno ospitati dal Centro pastorale Madre del Terzo Millennio della Parrocchia di Santa Caterina d’Alessandria, in via S. Andrea a Fermo, ma sarà possibile partecipare anche on line collegandosi ai canali Facebook e YouTube del Centro Culturale San Rocco di Fermo.

Tre incontri per confrontarsi e conoscere le tante esperienze scaturite dall’esortazione apostolica “Amoris Laetitia” in cui papa Francesco ha voluto ribadire che «ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto» (n.250).

18 marzo 2024

MARIA GOGLIA (1910-1996): “AL DI QUA DEL MURO” a cura di Vincenzo Capodiferro


MARIA GOGLIA (1910-1996): “AL DI QUA DEL MURO”

In una sublime interpretazione teatrale di Gaetano Giovi


Suor Maria Goglia (1910-1996), originaria di Vitulano, delle Suore Compassioniste, Serve di Maria, nel difficile periodo dal settembre del 1943 al giugno del 1944, si adoperò tantissimo per prestare soccorso a tanti ebrei perseguitati, soldati sbandati, oppositori antifascisti nell’Urbe, Roma, allora dichiarata “Città Aperta”. Oltre sessanta ebrei, e centinaia di altri, militari che non prestarono giuramento a Mussolini, furono salvati nel Convento di via Torlonia - a due passi dal comando tedesco - di cui ella allora era madre superiora. Ultimamente è stato scritto un bel saggio su questa nobile figura da fra Davide Fernando Panella, “Suor Maria Goglia. Elmetto e Soggolo”, Edizioni Realtà Sannita, 2022. Suor Maria era stata insignita della medaglia d’oro al valor militare dopo la guerra e proclamata giusta tra le nazioni nel 2024. Suor Maria Goglia, una sannita forte ed audace, come quell’antico popolo, è stata una campionessa della carità. Suor Maria è stata una santa coraggiosa. Il male, in qualunque sua manifestazione, anche nella “banalità” di una shoah, è figlio della colpa (stipendium peccati mors). Ma Dio è grande nella sua misericordia. Un solo atto d’amore verso Dio ha tanto valore ai suoi occhi, che egli stimerebbe ben poca cosa il ripagarlo con il dono di tutta la creazione. L’amore non è altro che una scintilla di Dio nell’uomo. L’odio deriva dall’amore. Come diceva Sceler, ed aveva ragione: non si può aver odiato senza aver prima amato, a meno che non si è pazzi! Satana, come Hitler, hanno dimenticato l’amore. Satana diceva a santa Caterina: «Io sono quel pervertito che mi sono privato volontariamente dell’amore di Dio». Nella donna, poi, che per natura è atta alla maternità, alla procreazione (prosecuzione della creazione originaria), l’amore ha un significato profondissimo. Diceva Madame de Staël: «Se per l’uomo l’amore è un semplice episodio della sua vita, per la donna è tutta intera la storia della sua esistenza». La storia di suor Maria è stata una storia d’amore. E quanto più si capisce l’amore quando regna l’odio! È facile amare quando tutte le cose van bene! Ma quando si deve rischiare anche la propria vita, per amare! La maggior parte si ritira. Non c’è cosa più grandiosa che dare la propria vita per chi si ama. Così ha fatto anche il Cristo. Così ha fatto Suor Maria! 


È stata un’eroina. E pensiamo anche all’amore deluso della guerra, lo spettacolo doloroso di tanti giovani che non potevano erigere la fronte coi fiori d’arancio. Quante donne aspettavano i loro mariti indarno tornare dalla guerra? E quante giovani videro per sempre tramontare la speranza del loro matrimonio? Solo poche, dopo tanta attesa correvano incontro ai fidanzati, reduci dal fronte o dai campi di prigionia. Suor Maria ha salvato tante di queste famiglie logorate dalla guerra. O quante donne avrebbero vestito gramaglie di lutto! Con grande umiltà suor Maria non si è mai vantata di aver compiuto opere inaudite. Sono stati i testimoni, testimoni del suo materno amore. La grandiosa figura di suor Maria Goglia è stata interpretata intensamente da Gaetano Giovi, nato a Varese nel 1951, laureatosi all’Università di Pavia nel 1979, medico di base fino al 2001, specializzatosi in psicoterapia nel 2003. La sua passione: il teatro! È attore e drammaturgo, regista e comparsa. Gaetano è tutto! Formatosi dai Salesiani, conserva la tempra del Bosco (Giovanni). Amoroso e paterno verso i giovani, che aiuta spesso nelle sue sedute, nella sua compagnia ospita, tra le altre la professoressa di lettere Chiara Merlotti, scrittrice, attrice e componente del direttivo dell’associazione culturale Varese Può. Proprio Chiara Merlotti interpreta mirabilmente questa nobile figura di suor Maria: il titolo del dramma è “Al di qua del muro”, liberamente tratto da libro di Padre Davide, Fernando Panella: “Suor Mara Goglia. Elmetto e soggolo”. Personaggi principali: Chiara Merlotti, suor Maria e Gaetano Giovi, padre Fiorenzo. Atto unico: durata 70 minuti. Leggiamo dalla descrizione:
«L’8 settembre del 1943 le truppe tedesche occupano Roma e pongono il loro quartier generale a Villa Torlonia… In quel moment nel convento delle Suore Compassioniste di Maria, di via Torlonia, suor Maria Goglia sostituisce come vicaria la madre superiora, assente per motivi di salute. Un semplice muro separa il giardino delle suore da quello del comando tedesco. Nonostante questa vicinanza dal settembre 1943 al giugno 1944, suor Maria darà rifugio a famiglie di ebrei e militari, mandando a rischio la sua vita e quella delle 14 consorelle che si trovano in quel convento a via Torlonia. Insignita di croce al valor militare, ma unicamente per il suo aiuto alla resistenza, solo nel 2019 verrà riconosciuta la sua opera a favore degli ebrei con una lapide sulla sua casa natale di Vitulano, a ben 23 anni dalla sua morte e il 6 marzo 2024 è stata proclamata giusta tra le nazioni…». Uno scrittore cercò di compendiare tutta la sua scienza in un libro, ma non poté. Volle compendiare tutto il libro in un capitolo, ma non poté. Il capitolo in un rigo, ma non poté. Il rigo in una parola, ma non poté. Dio ha potuto compendiare tutto in una parola: Amore! E i suoi amanti hanno fatto lo stesso. Così ha fatto suor Maria.

Vincenzo Capodiferro


Foto: Gaetano Giovi. Chiara Merlotti, nelle vesti di suor Maria

17 marzo 2024

HAPPY ST. PATRICK’S DAY


HAPPY ST. PATRICK’S DAY 

St. Patrick’s Day, il giorno di San Patrizio, si celebra ogni 17 Marzo, ed è la festa più importante dell’anno nella Repubblica d’Irlanda. Celebriamo questa giornata con l’ascolto di 4 canzoni storiche interpretate da artiste femminili irlandesi. 

1- Of this land- Moya Brennan (Máire Ní Bhraonáin) classe 1952, cantautrice e arpista irlandese del Donegal, sorella della famosa cantante Enya e cantante del gruppo irish-folk Clannad negli anni 70 con cui ha inciso 17 dischi. Interpreta con estrema delicatezza e ispirazione questa magnifica canzone rivolta all’affetto per le bellezze della sua terra, tratto dal disco Landmarks del 1998. Ecco il testo tradotto ricco di immagini poetiche: Di questa terra

“Com'era delicata la brezza che circondava la strada quanto forte il rombo del mare ai quattro venti ogni giorno Condividere l'amore, doni feriti da un'antichità di molto tempo fa insieme li chiusero in cerchi, lo sappiamo Riusciremo a far tesoro di tutti i segreti ottenuti con i cambiamenti degli scenari della vita dove i nostri cuori erano scaldati dall'amore, da così tanto amore. Cresceranno di nuovo i fiori appena aprirò la mia mano? Tempo prezioso, tempo di guarire la bellezza di questa terra. Quanto piene di sentimento queste parole che confondono la via Quanto selvaggio lo sguardo delle montagne mentre sorvegliano la nostra quotidianità. Prendete in considerazione i cuori nobili nell'età dell'oro volati tra di noi a rievocare un’indicazione solida.” 

https://youtu.be/TANXVmO8Df4

2-Gleanntáin Ghlas Ghaoth Dobhair - Mairéad Ní Mhaonaigh classe 1959, violinista e cantante del gruppo irlandese Altan da lei formato alla fine degli anni 80. 

Tema molto ricorrente nella tradizione irlandese quello della nostalgia della propria terra da chi fu costretto ad espatriare in America, storicamente a causa della grande carestia che colpì l’Irlanda a metà del 1800. Interpretazione intensa di un brano che ha una melodia coinvolgente ed appare nell’album degli Altan Runaway Sunday del 1997. 

A seguire una parte del testo della canzone originariamente scritto dal padre di Mairéad in gaelico e riferito alla sua terra natale Gaoth Dobhair nella contea del Donegal. Traducibile come 

“Le verdi valli di Gweedore" “Addio alle nobili montagne del Donegal e un altro addio alla alta Errigal, che si inarca tra Sorbi e Frassini quando ho oltrepassato il lago di Dunlewey che giace calmo nella valle. Lascio dietro di me le verdi valli di Gaoth Dobhair, e questo quasi spezza il mio cuore viaggando tra le Glendowan's Hills, e Muckish dietro di me, non temo di dire con pena e malinconia le lacrime scendono dai miei occhi mentre il mio viaggio è diretto in America lontano attraverso il vasto mare dò il mio addio al Donegal e alle piccole verdi valli di Gaoth Dobhair.” 

Il video è tratto dalle Tansatlantic sessions del 2008 https://youtu.be/AFp1ie8yeGk 

3- Oro sé do bheatha bhaile - Muireann Nic Amhlaoibh classe 1978, cantante e musicista (violinista e flautista) irlandese del Kerry è cresciuta sulle isole Aran in comunità Gaeltacht dove si parla l’antico gaelico. 

La canzone è un canto politico pieno di allegorie per augurare la libertà dell’Irlanda, la melodia risale al XVIII sec e riscritto nel 1916 dall’irlandese Patrick Pearse (1879-1916) per chiamare a raccolta gli Irlandesi esuli nella ribellione. Si ispira a una vera eroina della storia irlandese Gráinne Mhaol ossia Grace O’Malley (1530-1603) la regina dei pirati di Connemara che si oppose con la lotta al dominio inglese sull’Irlanda sia per mare che per terra, divenne il simbolo dell’Irlanda che rifiuta la sottomissione. 

La canzone è accompagnata da uno strano strumento che si chiama Cornyx.

 “Grace O’Malley giunge dal mare con una guarnigione di giovani soldati. Sono Irlandesi, non Inglesi o Spagnoli, e sgomineranno gli Stranieri. A Dio piacendo, possa io vedere, anche se dovessi morire tra una settimana, Grace O’Malley ed un migliaio di guerrieri, disperdere gli Stranieri.” 

https://youtu.be/MsW9U8V-sVc 4- 

Cailleach An Airgid - Niamh Ní Charra cantante, violinista irlandese e di concertina di Killarney, solista in Riverdance, ha suonato con Carlos Nunez e i Chieftains, premiata come musicista femminile dell’anno 2012 e 2014. 

Nel 2011 incide l’album “The Basque Irish Connection”, in collaborazione con il musicista Basco Ibon Koteron e il suo Donnelly's Arm è nominato album tradizionale n.1 del 2021. Questa canzone in lingua gaelica esalta la musicalità della linea melodica del cantato, narra la storia ironica di un giovane che sposa una donna anziana per soldi da dissipare nel bere. Cailleach An Airgid vuol dire la “megera con i soldi”. Liam Ó Maonlaí ha fatto negli anni ottime versioni del brano, Niamh Ní Charra l’ha incisa nel suo disco Happy out del 2010. E’ una canzone tradizionale proveniente dal Connemara, diffusa anche con il titolo di “Sí Do Mhaimeó Í”, in inglese “She’s your granny!”/ Ma è tua nonna! https://youtu.be/LSvkOgaJXW4 https://www.giannizuretti.com/articoli/happy-st-patricks-day/ 

(c) Claudio Giuffrida

15 marzo 2024

XXXII edizione Giornate FAI di Primavera

 


XXXII edizione Giornate FAI di Primavera

Evento Nazionale di partecipazione attiva di raccolta pubblica di fondi GIORNATE FAI DI PRIMAVERA Il più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico italiano.

Sabato 23 e domenica 24 marzo 2024

Elenco dei luoghi aperti e modalità di partecipazione su www.giornatefai.it

A MILANO E IN LOMBARDIA

Sabato 23 e domenica 24 marzo tornano le Giornate FAI di Primavera, il più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese: 750 luoghi in 400 città saranno visitabili a contributo libero in tutta Italia. In Lombardia saranno 129 i beni che apriranno le loro porte in 51 comuni grazie ai Volontari delle 17 Delegazioni, degli 8 Gruppi FAI e dei 16 Gruppi FAI Giovani attivi in tutta la regione (elenco dei luoghi e modalità di partecipazione, consultabili su www.giornatefai.it).

FIRENZE CONTEMPORARY II

 


FIRENZE CONTEMPORARY II

23 – 31 marzo 2024

Art Art - Armando Xhomo Gallery

Via Ghibellina 105 – 107 – 111

50122 Firenze

Apertura: da lun a dom 15-22

Vernissage: sabato 23 marzo ore 18-20

A cura di: Cristina Madini

Entrata libera. Non è richiesta prenotazione.


12 marzo 2024

Sei giorni troppo lunghi di Umberto Lucarelli a cura di Vincenzo Capodiferro


SEI GIORNI TROPPO LUNGHI

Milano 1979. Storia di adolescenti sequestrati, incarcerati, picchiati”. Di Umberto Lucarelli


Sei giorni troppo lunghi” è un libro di Umberto Lucarelli, edito da Milieu, San Giuliano Milanese, febbraio 2024. “Sei giorni” è un libro dei ricordi, una testimonianza diretta dei riti fascisti della nostra sedicente Repubblica, una rivelazione a 45 anni dall’accaduto: febbraio 1979 Milano. In seguito all’omicidio di un gioielliere, vengono ingiustamente incriminati ed incarcerati i giovani del collettivo autonomo della Barona, fondato a Milano nel 1974 da Umberto Lucarelli e da Fabio. Che dire? Si può dire tutto e si può dire nulla. Partiamo dal nulla: tanti di questi fatti sono stati sepolti per sempre nell’inconscio collettivo e mai svelati. Anche noi abbiamo avuto i nostri desaparecidos, in piena ‘Repubblica’. Pensate che sia cambiato qualcosa col variare dei regimi: dal Fascismo alla Repubblica? È stato tagliato solo il capo, ma il corpo dello Stato è rimasto intatto, con l’assoluzione e la benedizione di Padre Palmiro Togliatti. E poi: - Che fare? È una domanda che si poneva Lenin. Alla quale rispondiamo con le sue stesse parole: “Un passo avanti e due indietro”. Questo è avvenuto con la Repubblica. Meglio il Fascismo di una Repubblica ipocrita! Questo lo riconosceva anche Pasolini. Perché d’un tratto le maschere pirandelliane, cioè la maggior parte di noi, da fascista si è ritrovata antifascista. Churchill, con il suo tipico humour, ebbe a dire: «Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti…». “Sei giorni” è “un romanzo corale”, “un romanzo serrato”: «Che aggiungere alla storia di questi adolescenti sequestrati, incarcerati, picchiati, derisi, umiliati, vessati, stuprati, oltraggiati, diffamati, violentati, massacrati e torturati, vittime dei soprusi inflitti da cerberi travestiti da poliziotti? Belve e non essere umani, investiti da poteri che giorno dopo giorno non cessano di attentare contro la dignità e i diritti dell’uomo? A dimostrazione che il fascismo rimane ed è tuttora vigente». Si chiede e risponde Fabio Rodriguez Amaya, nella prefazione al testo. «Quello che mi hanno fatto, come sono stato trattato, come sono stati trattati gli altri nelle celle di sicurezza, in questura, sotto la questura, negli scantinati, i litri d’acqua bevuti e rigettati, il sangue suo viso … i mozziconi spenti sul torace, le scariche elettriche sui testicoli, i colpi, schiaffi, pugni, la spremitura delle tempie, il manganello nel di dietro … Le coperte sul corpo nudo per non lasciare segni. Ti strozzo! Ti ammazzo! Ti sparo! Non esci più!» (punteggiatura aggiunta da me). Umberto usa uno stile d’avanguardia, futuristico, ove la punteggiatura segna solo gli spasmi d’animo, le inclinazioni, le suspense. Io credo che ogni giovane debba sapere: perché la vecchia generazione si è ribellata al sistema. Ha avuto il coraggio. Ha pagato. Questa generazione, flemmatica, dorme sotto le coperte. Aspetta come lo struzzo con la testa sotto la sabbia dei cellulari. Il Fascismo è sempre dietro la porta. Noi, “Italiani, popolo di santi, poeti e navigatori”, siamo anche coloro che hanno inventato il Fascismo, che ha avuto molta fortuna nella storia, più del comunismo, anzi che ha infettato lo stesso comunismo. La cosa più oscura è che non c’è più bipolarismo, ma mono-polarismo: anche la santa madre Russia, che rappresentava la controparte, si è fascistizzata. Il nazismo ha vinto? Germania capta ferum victorem coepit. La sinistra-Ponzio Pilato riveste la stola assolvente di Padre Togliatti, per la pacificazione generale. Ma dove è stata la pacificazione generale? Un uomo autentico, come il nostro benvoluto Presidente Mattarella, che conosce bene la storia, perché l’ha vissuta, è vox clamantis: “L’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura dai manganelli”. Pirandello diceva: "Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti". Questi giovani l’anno imparato, in quei sei giorni, lunghi come la creazione del mondo. Solo se c’era il Fascismo si sarebbero rivelati i veri antifascisti. Ma qui c’è un Fascismo “liquido” (per usare un termine baumaniano) che è più pericoloso di quello solido. La rivoluzione (1968-1978) è fallita. Ha vinto di nuovo il sistema imperialistico: “La globalizzazione imperiale” di Fabio. Da dopo Stalin anche tutti i comunisti si sono fascistizzati. I rivoluzionari veri sono stati sbaragliati: Trotsckij, Guevara… e una fila sterminata. Tra gulag e lager non c’è differenza. Ogni rivoluzione crea la contro-rivoluzione. Rimangono intatti solo i servi del Potere ed i servi di Mammona. Molti compagnucci sessantottini, figli di fiori, si sono sistemati ed anche bene ed hanno dimenticato il comunismo: sono diventati fascisti. Sono solo compagni di parata. Questa è la verità profonda. Chi ha pagato? Giovani che credevano, avevano fede. Credevano nel rinnovamento totale della società. Ma ancora una volta ha vinto il sistema. Il sistema si è perfezionato come un virus, perché il sistema tutto compra. Quelli che fanno ridere, come diceva un fattore di Tursi, cioè i soldi, comprano anche il talento. I talenti comprano il talento. Questa è la corruzione totale che reca Mammona con sé. E poi la folle folla passa facilmente da “Osanna” a “Crucifige”. Cristo è un rivoluzionario socialista! Ci dicevano nelle sezioni di partito, nelle camere di lavoro, quando funzionavano. Dio irrompe nella storia per difendere i deboli, i poveri, contro i capitalisti. Munzer l’aveva predicato: ma fu fatto fuori. Era scomodo! Lutero si salvò perché fece patti col diavolo, il Potere. La folla è come una foresta di canne agitata dal vento, ora a destra, ora a sinistra. Se ancora abbiamo dei rivoluzionari veri, lo dobbiamo a questi pochi intellettuali, come Umberto, che recano con loro le piaghe, il ricordo. Sono ancora sessantottini nel cuore, non sessantotteschi. Scrive Pasquale Abatangelo nella postfazione: «I libri di Lucarelli non sono ai banali, possono piacere oppure no, ma suscitano sempre delle emozioni che ti lasciano qualcosa dentro. Emozioni che variano a seconda dell’argomento trattato dall’autore. Questo libro, ad esempio, suscita tanta rabbia e indignazione per le torture e per l’impunità dei torturatori …». Succede uno strano, hegeliano caso, che i servi diventano peggio dei padroni, i deportati deportatori, gli oppressi oppressori. Assistiamo a queste scene di guerra tutti i giorni. Quello che faceva dire Machiavelli al capo del tumulto dei Ciompi: «Spogliateci tutti ignudi: voi ci vedrete simili; rivestite noi delle vesti loro ed eglino delle nostre: noi senza dubbio nobili ed eglino ignobili parranno; perché solo la povertà e le ricchezze ci disagguagliano». Bisogna stare attenti alla terza tentazione di Cristo: il Potere. Ha corrotto anche rivoluzionari veri, come Stalin, lo stesso Mussolini, socialista. I rivoluzionari sono sempre soli e incompresi. Li segue la folla per fare i fatti suoi e poi li crocifigge. Sono una minoranza. Non sono i “bolsc”, cioè la maggior parte. Non ci sono i bolscevichi. Ci sia concesso anche a noi di ricordare un uomo che è stato un grande rivoluzionario: don Mimi Pittella. Era un uomo straordinario, un medico sempre a servizio della gente. Lo chiamavano il “servo di Dio”. Aveva costruito strade e ponti. Aveva fondato una clinica a servizio del popolo. Quante volte anche noi ci siamo recati a bussare alla sua porta: era sempre aperta, anche per i nemici. Amicis et ne paucis pateat etiam fictis. Girando nelle case di campagna, il suo quadro era accanto al crocifisso. Che grande uomo! E aiutava i giovani. Molti giovani, come Umberto, Fabio, Roberto, Simone, Furio, credevano nella trasfigurazione sociale, economica delle masse operaie, oppresse dal lavoro alienante, dalla schiavitù moderna. «Che dire di questa storia che sembra una grande menzogna? Che evincere dalla letteratura che racconta solo menzogne, ma svela grandi verità». Si chiede Fabio. La cultura poteva smuovere le acque. Gramsci, come Platone, credevano nel potere degli intellettuali, i quali, a differenza dei potenti, almeno sanno di non sapere. «E non posso che celebrare il coraggio e il talento di Lucarelli, penna tagliente ed eversiva, perché i suoi testi, scritti con frenesia, ritmi marcati e generoso accento poetico in Sei giorni troppo lunghi raccontano, con gravità e leggerezza, le mostruose atrocità inflitte a una manciata di giovai innocenti, illusi di cambiare la società dell’antica Italia, divenuta Repubblica (Democrazia?), a corollario di un’inutile guerra, stupida come tutte le guerre. Per di più persa!». Non dimentichiamo che la Democrazia Ateniese ha ucciso Socrate, non una monarchia assoluta, non una tirannide! Ma una delle rarissime repubbliche che esistevano nell’antichità! I regimi democratici sono più fluidi di quelli totalitari, perché esercitano un potere liquido, ma non ne sono meno totalitari. I poteri forti svelano gli autentici, mentre la massa segue il Fuhrer (Fuhrer-prinzip). Solo dodici professori rifiutarono il giuramento fascista. La folla è folle, uccide sempre Masaniello e piega il collo al Principe che cambia casacca.


V. Capodiferro

11 marzo 2024

Paolo Giovanazzi Paolo Conte. Il maestro è nell’anima a cura di Marcello Sgarbi



Paolo Giovanazzi

Paolo Conte. Il maestro è nell’anima – (Aliberti Editore)


Formato: Rilegato

ISBN: 8874245998

Pagine: 245


Nel cantautorato italiano un personaggio come Paolo Conte è senz’altro desueto. Proprio per questo, ritengo che sia affascinante.

Legato a una cultura che affonda le sue radici nel dopoguerra e nel jazz di giganti come Fats Waller, Louis Armstrong e Duke Ellington, viene influenzato dalla musica che ascolta in famiglia e in particolare dal padre, buon pianista.

Ed è nel jazz che l’avvocato astigiano fa il suo esordio, costituendo la Original Barrelhouse Jazz Band. Ma è con le canzoni degli anni Sessanta che ha i primi riscontri e conquista l’attenzione dell’industria discografica, firmando in coppia con il fratello Giorgio due brani. Il primo, per Vanna Brosio, è Ed ora te ne vaiIl secondo, con testo di Giorgio Calabrese, L’ultimo giorno, per Carla Boni.

Seguono altri pezzi per cantanti italiani fra cui quelli scritti per Celentano, grazie al quale Conte conquista il traguardo della classifica con La coppia più bella del mondo e soprattutto Azzurro, una delle canzoni più nazionalpopolari di tutti i tempi.

Sono tanti gli spartiti del macaco destinati a cantanti e cantautori, da Onda su onda a Insieme a te non ci sto più, portati al successo rispettivamente da Bruno Lauzi e Caterina Caselli.

Citarli tutti richiederebbe un discorso a parte. Quello che invece penso sia importante ricordare, per chi non conosce Paolo Conte, è che dopo una lunga esperienza dietro le quinte – da sparring partner, si può dire, prendendo a prestito il titolo di uno dei suoi brani più famosi – l’astigiano, ormai già un po’ âgée, esce dall’ombra e si mette in luce interpretando il suo repertorio da solista sia per le musiche sia per la voce.

Senza discutere la sua bravura di eccelso compositore, in questo senso un perfezionista, quello che più caratterizza il Conte a tutto tondo credo siano due aspetti. Prima di tutto una vocalità unica, un “parlato” più che un “cantato”. In secondo luogo un abile utilizzo del kazoo - “il sassofono dei poveri”, come lo chiama lui – con il quale Conte durante i suoi concerti sfodera il suo lato più sornione e che in alcuni casi assume un ruolo da protagonista, come in Hemingway.

Al proposito mi sembra significativa una dichiarazione di questo singolare artista che trovo riduttivo definire cantautore, contenuta nel libro di Paolo Giovanazzi: «Il kazoo è l’incarnazione del mio desiderio di un’orchestra. Quando ho cominciato ero solo al piano, per questioni finanziarie, e usavo il kazoo per fare “orchestra”».

La quasi totalità della monografia Il maestro è nell’anima è dedicata all’excursus solistico di Paolo Conte, attraverso un profilo critico del musicista accompagnato da una trattazione dettagliata della sua discografia e dalla raccolta – in forma di intervista - delle testimonianze di chi ha fatto parte del suo entourage. Fra le tante, insieme a quella del polistrumentista Massimo Pitzianti, spicca il ricordo di Jimmy Villotti in occasione del suo primo incontro con Conte. Il musicista emiliano, mancato di recente, assiduo collaboratore contiano in ensemble storici come quello del doppio lp dal vivo Concerti, al quale non a caso il maestro ha dedicato Jimmy ballando, dice di lui: «Un’originalità eccezionale, anche tenendo conto che non avevo una grande competenza in materia di canzone d’autore, perché sono rimasto sempre un po’ ai margini. Io operavo in ambito leggero, non suonavo neanche jazz. Mi occupavo soprattutto di musica da ballo, con tutto quello che questo comportava: i contratti, la stagione, assemblare meglio il gruppo, le prove. Entrai nel mondo dei cantautori attraverso Guccini, ma non ne sapevo granché, il mio riferimento per quel mondo era Francesco. Quando sentii Paolo mi sembrò un artista con una grande personalità, che parlava e non cantava, cantava e parlava, con testi interessantissimi, delle micropoesie, con una musica intrigante. Mi accorsi subito che era un pezzo forte».

Se amate la musica, la vera musica, quella che “ti fa ridere e all’improvviso ti fa piangere”, per dirla sempre con le parole di Paolo Conte, questo libro non può lasciarvi indifferenti.

© Marcello Sgarbi

A Somma Lombardo l'orchestra filarmonica europea giovani

 


08 marzo 2024

Il futuro dell'Europa a cura di Antonio Laurenzano

IL FUTURO DELL’ EUROPA


di Antonio Laurenzano

A tre mesi dal voto di giugno, le elezioni europee sono avvolte in una cortina di incertezze, fra timori e speranze per quello che sarà il futuro Parlamento europeo in un mutato contesto geopolitico. Il voto del 6-9 giugno segnerà fortemente la storia dell’Unione, i cittadini europei avranno la possibilità di far sentire la propria voce su questioni fondamentali che qualificheranno l’attività parlamentare dei vari gruppi politici: il sostegno all’Ucraina, i problemi climatici, l’allargamento dell’Unione, la riforma dei Trattati (revisione del diritto di veto, bilancio e debito comune, difesa europea). Un voto per fare uscire l’Europa dal porto delle nebbie di fronte all’ascesa di estremismi e populismi, non solo di destra, che potrebbero cancellare il lungo (e faticoso) cammino comunitario fin qui percorso. Sullo sfondo il diffuso malessere riconducibile alle disuguaglianze crescenti, alla precarietà del lavoro, ai problemi della sicurezza e del welfare, al surplus di burocrazia di Bruxelles.

Un malessere che affonda le sue radici nello smarrimento del ceto medio, della vecchia classe operaia, nelle difficoltà dei giovani sul mercato del lavoro. Ed è in questo spazio di insofferenza sociale, dalla Francia alla Germania, dall’Ungheria alla Polonia, all’Italia, che i movimenti nazional-populisti si alimentano, azzerando di fatto quella solidarietà che nel Vecchio Continente aveva accomunato tutte le forze politiche alla fine della seconda guerra mondiale e su cui, con lo storico Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli, era stato disegnato il sogno di una nuova Europa. Ma questa Europa non fa più sognare, alimenta inquietudini, crea insicurezze, genera paure, crisi di identità nazionali. Si sta sgretolando il tasso di unità che ha tenuto finora in vita le tante diversità dell’Unione, ma soprattutto si sta dissolvendo l’originario spirito comunitario dei Padri fondatori e con esso la stessa coscienza europea. Si pagano i tanti compromessi al ribasso di un’Europa intergovernativa priva di un vero governo capace di rispondere alle attese dei cittadini.

Il problema di fondo resta infatti la crisi di fiducia degli europei nei confronti di Bruxelles e della politica comunitaria lontana dai bisogni della gente, soprattutto nei processi decisionali relativi ai temi di impatto diretto sulla vita di ogni giorno, come la recente protesta degli agricoltori ha dimostrato. E’ la politica dei Palazzi, delle Banche, della finanza internazionale! L’Unione europea non è ancora un’Unione: manca un patto fondante in forza del quale lo stare insieme, il decidere insieme, l’agire insieme siano un autentico collante.

Prima che scivoli nell’oblio, l’Europa deve valorizzare la propria identità culturale, rilanciare politiche economiche espansive e di crescita, recuperare, in un momento di grandi tensioni sullo scacchiere internazionale, la centralità politica del suo ruolo in termini di efficacia d’azione. Un salto di qualità per fronteggiare i guasti della globalizzazione, fermare gli egoismi nazionali, cancellare la miopia politica di chi, avendo perso ogni memoria storica, dimentica i lutti e le distruzioni dei nazionalismi del XX secolo.uale Nessun Paese europeo può garantire, da solo, l’effettiva indipendenza delle proprie scelte. Nessun ritorno alle antiche sovranità, agli antichi nazionalismi potrà garantire ai cittadini europei pace, sicurezza, benessere e prosperità. La vera sfida attuale è “evitare che il presente uccida il futuro”! E’ in gioco la sostenibilità del sistema europeo. La centralità delle istituzioni comunitarie nel processo decisionale è fondamentale, ma la sua realizzazione sarà assicurata solo se gli Stati membri saranno in grado di esprimere una ritrovata coesione. Ognuno dovrà fare la sua parte per l’Europa del futuro, un’Europa “unita nella diversità”.

La sovranità europea condivisa e l’interdipendenza delle politiche, economiche e sociali, devono costituire i criteri primari di una governance responsabile e competente, presupposto di ogni progetto unitario di una equilibrata integrazione politica. “L’obiettivo non è conservare l’Europa che c’è, ma rifondarla per riaffermare i valori dell’umanesimo democratico in un mondo profondamente cambiato.” Un sussulto di coscienza per evitare che il sogno di un’Europa unita si trasformi miseramente nell’incubo del XXI secolo!

In un mondo sconvolto dalle guerre, dalla crisi economica, dai cambiamenti climatici l’Europa che verrà dovrà segnare una nuova stagione costituente per l’Ue attraverso una maggiore integrazione dal punto di vista delle politiche economiche, fiscali, di difesa, migratorie. Il voto di giugno sarà uno spartiacque fra integrazione e disgregazione. Dalla composizione del futuro Parlamento e quindi dalle conseguenti politiche europee dipenderanno le sorti dell’Unione e dei cittadini europei. L’attuale momento storico richiede una partecipazione responsabile delle forze politiche, un dibattito di ampio respiro lontano dai miseri giochini di partito e interessi di bottega elettorali. Che prevalga davvero il senso della storia per costruire, in un ritrovato spirito unitario, un’Europa migliore!

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano Addio al “Patto di stu...