"Giuseppe Mazzini" di Roland Sarti
Giuseppe Mazzini, la politica come religione civile
Roland Sarti
Laterza Editore
pagg. 232
Parlare di Giuseppe Mazzini all’inizio del terzo millennio può apparire anacronistico oltre che scevro di significato. Eppure proprio oggi più che in altri periodi storici, a duecento anni esatti dalla nascita del patriota genovese, si sente forte l’esigenza di un pensiero politico laico che sappia nuovamente intendere e quindi scrivere e discorrere di Dio. Questo è l’aspetto dominante della visione politica, e ad un tempo ascetica, di Mazzini.
Figlio di un medico massone dedito alla cura dei bisognosi e di una adorata madre vicina al giansenismo, studente modello, dottore in giurisprudenza a 22 anni, fu egli stesso adepto di una di quelle società segrete che nel XIX secolo sobillarono nuovamente alla rivolta i popoli dell’Europa restaurata, la Carboneria.
Personaggio eclettico per eccellenza, seppe mirabilmente coniugare il rigore del capo cospiratore con la grande stravaganza e sensibilità che lo accompagnarono lungo tutto il corso della sua vita: visse quasi sempre sotto falso nome, braccato dalle polizie di mezza Europa, fu maestro di travestimento - la vecchia nobildonna, il prete e il gentleman inglese furono i suoi camuffamenti preferiti, per uscire di notte – amava cantare e suonare la chitarra. Lesse e scrisse intensamente per tutta la vita; fu giornalista, direttore di riviste letterarie, aprì una scuola laica per i bambini poveri di Londra che era già attiva da diversi anni quando Engels denunciò, nella sua opera più intensa, la condizione miserabile della classe operaia. Fu venerato dalle donne e ne ebbe molte, prima fra tutte Giuditta Sidoli, ma non si sposò mai.
L’idealismo, che fu la sua arma più grande, primo artefice del fascino magnetico che Mazzini esercitò sulla sua generazione e su quelle a lui immediatamente successive, fu per lui anche fonte di delusione e, a tratti, di disperazione. Repubblicano purissimo, accettò il triumvirato della Repubblica Romana dopo aver rifiutato la dittatura e, nei moti negli anni successivi, non disdegnò neppure di operare come soldato semplice.
Avverso alla monarchia, alla politica spregiudicata ma incisiva di Cavour, e più ancora alla politica europea delle alleanze che rischiò più volte di far naufragare definitivamente i suoi disegni, fu un inguaribile visionario: dotato di una fantasia fervidissima, venne più volte accusato di vivere nel mondo dei sogni. Tuttavia la Giovine Italia, la sua creatura nata per superare quelli che lui considerava gli sterili riti e le accidie della Carboneria, coinvolse le migliori menti del tempo e produsse una intera generazione di intellettuali e politici di primo ordine, oltre che cinque primi ministri del Regno d’Italia, tra cui Depretis e Zanardelli.
Mazzini fu artefice, per lo più passivo, dell’unificazione italiana proprio a causa delle sue resistenze antimonarchiche ed antifrancesi: in una biografia che lo riguarda si parla apertamente di come Cavour lo utilizzò a stregua di un’incudine su cui battere, politicamente, per formare il coagulo attorno a casa Savoia, tanto e vero che a partire da un certo punto della sua vita Mazzini continuò ad essere costantemente circondato e sorvegliato da agenti emissari del re, ma non venne più arrestato, nonostante la condanna a morte che pendeva sulla sua testa, fino a quando il momento delicato della presa di Roma non convinse Vittorio Emanuele a confinarlo, per qualche tempo e per evitare guai maggiori, nella prigione dorata di Gaeta.
Morì nel 1872, in seguito a complicazioni polmonari (si disse un tumore o un enfisema): un’immagine popolare lo ritrae sul letto di morte circondato dall’intero stato maggiore della massoneria italiana e dell’anticlericalismo del tempo. Se tuttavia è ammissibile, ed anzi storicamente provato, che il nostro prediligesse determinati ambienti culturali non è difficile oggi, leggendo anche solo poche righe dei suoi migliori scritti, capire che no, Mazzini non fu anticlericale né tanto meno ateo. Il suo intero pensiero è infatti molto più vicino ad una teologia che non ad una semplice idea politica.
Quando alle figlie dei Nathan - nella cui casa di Lugano Mazzini fu spesso esule e ospite – qualcuno chiedeva di che religione fossero, loro prontamente rispondevano:"Io sono mazziniana".
Parlare di Giuseppe Mazzini all’inizio del terzo millennio può apparire anacronistico oltre che scevro di significato. Eppure proprio oggi più che in altri periodi storici, a duecento anni esatti dalla nascita del patriota genovese, si sente forte l’esigenza di un pensiero politico laico che sappia nuovamente intendere e quindi scrivere e discorrere di Dio. Questo è l’aspetto dominante della visione politica, e ad un tempo ascetica, di Mazzini.
Figlio di un medico massone dedito alla cura dei bisognosi e di una adorata madre vicina al giansenismo, studente modello, dottore in giurisprudenza a 22 anni, fu egli stesso adepto di una di quelle società segrete che nel XIX secolo sobillarono nuovamente alla rivolta i popoli dell’Europa restaurata, la Carboneria.
Personaggio eclettico per eccellenza, seppe mirabilmente coniugare il rigore del capo cospiratore con la grande stravaganza e sensibilità che lo accompagnarono lungo tutto il corso della sua vita: visse quasi sempre sotto falso nome, braccato dalle polizie di mezza Europa, fu maestro di travestimento - la vecchia nobildonna, il prete e il gentleman inglese furono i suoi camuffamenti preferiti, per uscire di notte – amava cantare e suonare la chitarra. Lesse e scrisse intensamente per tutta la vita; fu giornalista, direttore di riviste letterarie, aprì una scuola laica per i bambini poveri di Londra che era già attiva da diversi anni quando Engels denunciò, nella sua opera più intensa, la condizione miserabile della classe operaia. Fu venerato dalle donne e ne ebbe molte, prima fra tutte Giuditta Sidoli, ma non si sposò mai.
L’idealismo, che fu la sua arma più grande, primo artefice del fascino magnetico che Mazzini esercitò sulla sua generazione e su quelle a lui immediatamente successive, fu per lui anche fonte di delusione e, a tratti, di disperazione. Repubblicano purissimo, accettò il triumvirato della Repubblica Romana dopo aver rifiutato la dittatura e, nei moti negli anni successivi, non disdegnò neppure di operare come soldato semplice.
Avverso alla monarchia, alla politica spregiudicata ma incisiva di Cavour, e più ancora alla politica europea delle alleanze che rischiò più volte di far naufragare definitivamente i suoi disegni, fu un inguaribile visionario: dotato di una fantasia fervidissima, venne più volte accusato di vivere nel mondo dei sogni. Tuttavia la Giovine Italia, la sua creatura nata per superare quelli che lui considerava gli sterili riti e le accidie della Carboneria, coinvolse le migliori menti del tempo e produsse una intera generazione di intellettuali e politici di primo ordine, oltre che cinque primi ministri del Regno d’Italia, tra cui Depretis e Zanardelli.
Mazzini fu artefice, per lo più passivo, dell’unificazione italiana proprio a causa delle sue resistenze antimonarchiche ed antifrancesi: in una biografia che lo riguarda si parla apertamente di come Cavour lo utilizzò a stregua di un’incudine su cui battere, politicamente, per formare il coagulo attorno a casa Savoia, tanto e vero che a partire da un certo punto della sua vita Mazzini continuò ad essere costantemente circondato e sorvegliato da agenti emissari del re, ma non venne più arrestato, nonostante la condanna a morte che pendeva sulla sua testa, fino a quando il momento delicato della presa di Roma non convinse Vittorio Emanuele a confinarlo, per qualche tempo e per evitare guai maggiori, nella prigione dorata di Gaeta.
Morì nel 1872, in seguito a complicazioni polmonari (si disse un tumore o un enfisema): un’immagine popolare lo ritrae sul letto di morte circondato dall’intero stato maggiore della massoneria italiana e dell’anticlericalismo del tempo. Se tuttavia è ammissibile, ed anzi storicamente provato, che il nostro prediligesse determinati ambienti culturali non è difficile oggi, leggendo anche solo poche righe dei suoi migliori scritti, capire che no, Mazzini non fu anticlericale né tanto meno ateo. Il suo intero pensiero è infatti molto più vicino ad una teologia che non ad una semplice idea politica.
Quando alle figlie dei Nathan - nella cui casa di Lugano Mazzini fu spesso esule e ospite – qualcuno chiedeva di che religione fossero, loro prontamente rispondevano:"Io sono mazziniana"
(A. di Biase, 20/08/2005)
----------
Rev. 31-01-13 AdB
Rev. 31-01-13 AdB
Molto interessante, soprattutto le considerazioni su religiosità e anti-clericalismo
RispondiElimina