IL MUSEO DELLA SINDONE a cura di Marco Salvario
Via San Domenico 28 -
Torino
Nel Duomo di Torino,
dedicato a san Giovanni Battista, è conservato il lenzuolo di lino
noto come la Sacra Sindone, sul quale è visibile, per altro in modo
estremamente tenue, l'immagine di un corpo umano maschile, segnato da
piaghe e ferite, che riproducono in modo fedele quelle di Cristo
nella sua Passione, così come è riportato nei Vangeli.
Da secoli su questo
lenzuolo, venerato da milioni di fedeli, si sono espressi scienziati
di alto livello e sono state eseguite analisi con le tecnologie più
all'avanguardia, eppure ogni volta i responsi sono stati messi in
dubbio da altri scienziati e da altre analisi. L'esame al carbonio-14
eseguito nel 1988, sembrava avere dato una risposta definitiva,
datando il tessuto intorno al 1300, poco prima che un ricco cavaliere
ne facesse dono alla Chiesa della Collegiata di Lirey, nel
dipartimento dell'Aube, ma non tutti sono convinti.
Dal momento della sua
“ricomparsa” a Lirey, la notorietà della Sindone cresce
velocemente e cominciano subito le polemiche di chi la identifica con
il lenzuolo che avrebbe avvolto il corpo del Nazzareno e chi ne
denuncia la falsità.
La posizione ufficiale
della Chiesa, nonostante nel secolo scorso alcuni Papi ne abbiano
sostenuta a livello di convinzione personale l'autenticità, è
sempre stata molto cauta, ritenendola un'icona degna di devozione, ma
non una vera reliquia.
La venerazione del popolo
però è grande e l'importanza della Sindone diventa subito per i
potenti, un mezzo per aumentare il proprio prestigio, come se il suo
possesso fosse segno di una particolare predilezione divina.
Nel 1457 viene acquistata
da casa Savoia che mezzo secolo dopo ottiene il permesso dal papa
Giulio II della Rovere di esporla al pubblico a Chambery; qui nel
1532 un incendio la danneggia e viene riparata dalle clarisse; nuove
polemiche nascono per il sospetto che il lenzuolo originale sia
andato perduto nel rogo e che le monache abbiano realizzato su
commissione una copia con cui sostituirlo.
Nel 1578 Emanuele
Filiberto porta la Sindone a Torino, diventata capitale del ducato.
Nel 1694 essa viene collocata nella splendida cappella realizzata
appositamente dal Guarini, dov'è conservata tuttora. La fama del
lenzuolo è tale che, ad ogni ostensione pubblica, folle sempre più
numerose di devoti vengono a venerarla.
Nel 1898 l'avvocato
Secondo Pia ottiene il permesso di fotografare la Sindone dal Re
Umberto I. Realizza due foto e scopre che apparentemente la Sindone è
un “negativo”, cioè che la pellicola invertita presenta un
dettaglio e una leggibilità molto maggiori dell'originale.
La Sindone, grazie a
queste riproduzioni, è soggetta a nuove analisi e genera nuove
polemiche che saranno particolarmente violente contro il Pia,
accusato di avere alterato il materiale fotografico. Bisognerà
aspettare nuove riprese, fatte ben 33 anni dopo da Giovanni Enrie
alla presenza di testimoni, per avere conferma che le immagini rese
pubbliche dal Pia, non erano state in alcun modo manomesse.
Nel 1973 si svolgono
nuovi studi.
Nel 1983 il “re di
maggio” Umberto II muore, lasciando la Sindone al Papa; Giovanni
Paolo II concede che essa resti alla diocesi di Torino.
Nel 1997, durante lavori
di ristrutturazione nel Duomo, un furioso incendio devasta la
cappella del Guarini; mentre la cupola rischia di crollare, i vigili
del fuoco riescono a mettere in salvo la teca dove è conservato il
lenzuolo, che non subisce danni.
Nel 2002 la Sindone viene
restaurata usando le più moderne tecnologie; i rammendi operati
dalle clarisse di Chambery quasi cinque secoli prima, sono rimossi.
Il Museo della Sindone
nasce nel 1936 dalla raccolta di reperti e documenti relativi al
culto e alla storia della preziosa icona; si tratta spesso di vere
rarità che, nel corso degli anni, si sono arricchite di analisi
recenti e di donazioni.
Semplice e chiaro è il
video che introduce i visitatori, completa la sezione fotografica che
mostra gli scatti ufficiali dal 1898 fino al 2010.
Il museo vero e proprio è
situato nel sotterraneo e si divide in due sezioni, la prima riguarda
gli studi, le analisi e le sperimentazioni eseguite dal 1898 a oggi,
la seconda cerca di ricostruire sulla base di fonti e reperti, la
storia del Sacro Lenzuolo.
Alcuni oggetti sono
ricostruzioni, come i chiodi usati per la crocifissione e la corona
di spine, altri sono originali, come quadri e libri vecchi di secoli,
i contenitori che hanno protetto in passato la Sindone e la storica
macchina fotografica usata da Secondo Pia.
Quello che si percorre
nel museo, è un percorso in bilico tra fede e scienza, tra sacro e
profano, tra storia e credenza popolare, un viaggio affascinante,
spesso sconcertante, che secondo il mio giudizio deve essere
considerato preciso e onesto in ogni suo aspetto. Alla fine i misteri
senza risposta restano tanti.
Chi è veramente l'uomo
il cui corpo è rappresentato nella Sindone? Le tracce del sangue
fuoriuscito dalle ferite alle mani, a piedi, al costato e al cranio,
sono davvero sangue? Quando, come e perché si è formata l'impronta
impressa sulla Sindone? Perché da secoli essa genera nei fedeli così
tanta passione?
Ogni risposta crea nuovi
interrogativi.
Nel 1598 è stata fondata
la Confraternita del SS. Sudario, al cui interno è nato il
“Sodalizio dei Cultores Sanctae Sindonis”, rinominato nel 1959
“Centro Internazionale di Studi sulla Sindone”, che tra le varie
attività gestisce il museo.
Il museo della Sindone ha
trovato la sua attuale sede in via San Domenico nel 1998.
Coloro che lo desiderano,
possono una volta finita la visita al museo, accedere tramite un
breve corridoio alla bella chiesa barocca del SS. Sudario, altrimenti
aperta al culto solo una volta al mese. Circa 25 anni fa, durante
alcuni lavori di restauro, dietro la splendida pala che orna l'altare
maggiore, è stato scoperto un affresco di cui si era perso il
ricordo e che rappresenta anch'esso la Sacra Sindone.