12 luglio 2022

IL MUSEO DELLA SINDONE a cura di Marco Salvario

 IL MUSEO DELLA SINDONE  a cura di Marco Salvario

Via San Domenico 28 - Torino



Nel Duomo di Torino, dedicato a san Giovanni Battista, è conservato il lenzuolo di lino noto come la Sacra Sindone, sul quale è visibile, per altro in modo estremamente tenue, l'immagine di un corpo umano maschile, segnato da piaghe e ferite, che riproducono in modo fedele quelle di Cristo nella sua Passione, così come è riportato nei Vangeli.

Da secoli su questo lenzuolo, venerato da milioni di fedeli, si sono espressi scienziati di alto livello e sono state eseguite analisi con le tecnologie più all'avanguardia, eppure ogni volta i responsi sono stati messi in dubbio da altri scienziati e da altre analisi. L'esame al carbonio-14 eseguito nel 1988, sembrava avere dato una risposta definitiva, datando il tessuto intorno al 1300, poco prima che un ricco cavaliere ne facesse dono alla Chiesa della Collegiata di Lirey, nel dipartimento dell'Aube, ma non tutti sono convinti.

Dal momento della sua “ricomparsa” a Lirey, la notorietà della Sindone cresce velocemente e cominciano subito le polemiche di chi la identifica con il lenzuolo che avrebbe avvolto il corpo del Nazzareno e chi ne denuncia la falsità.

La posizione ufficiale della Chiesa, nonostante nel secolo scorso alcuni Papi ne abbiano sostenuta a livello di convinzione personale l'autenticità, è sempre stata molto cauta, ritenendola un'icona degna di devozione, ma non una vera reliquia.

La venerazione del popolo però è grande e l'importanza della Sindone diventa subito per i potenti, un mezzo per aumentare il proprio prestigio, come se il suo possesso fosse segno di una particolare predilezione divina.

Nel 1457 viene acquistata da casa Savoia che mezzo secolo dopo ottiene il permesso dal papa Giulio II della Rovere di esporla al pubblico a Chambery; qui nel 1532 un incendio la danneggia e viene riparata dalle clarisse; nuove polemiche nascono per il sospetto che il lenzuolo originale sia andato perduto nel rogo e che le monache abbiano realizzato su commissione una copia con cui sostituirlo.

Nel 1578 Emanuele Filiberto porta la Sindone a Torino, diventata capitale del ducato. Nel 1694 essa viene collocata nella splendida cappella realizzata appositamente dal Guarini, dov'è conservata tuttora. La fama del lenzuolo è tale che, ad ogni ostensione pubblica, folle sempre più numerose di devoti vengono a venerarla.

Nel 1898 l'avvocato Secondo Pia ottiene il permesso di fotografare la Sindone dal Re Umberto I. Realizza due foto e scopre che apparentemente la Sindone è un “negativo”, cioè che la pellicola invertita presenta un dettaglio e una leggibilità molto maggiori dell'originale.

La Sindone, grazie a queste riproduzioni, è soggetta a nuove analisi e genera nuove polemiche che saranno particolarmente violente contro il Pia, accusato di avere alterato il materiale fotografico. Bisognerà aspettare nuove riprese, fatte ben 33 anni dopo da Giovanni Enrie alla presenza di testimoni, per avere conferma che le immagini rese pubbliche dal Pia, non erano state in alcun modo manomesse.

Nel 1973 si svolgono nuovi studi.

Nel 1983 il “re di maggio” Umberto II muore, lasciando la Sindone al Papa; Giovanni Paolo II concede che essa resti alla diocesi di Torino.

Nel 1997, durante lavori di ristrutturazione nel Duomo, un furioso incendio devasta la cappella del Guarini; mentre la cupola rischia di crollare, i vigili del fuoco riescono a mettere in salvo la teca dove è conservato il lenzuolo, che non subisce danni.

Nel 2002 la Sindone viene restaurata usando le più moderne tecnologie; i rammendi operati dalle clarisse di Chambery quasi cinque secoli prima, sono rimossi.



Il Museo della Sindone nasce nel 1936 dalla raccolta di reperti e documenti relativi al culto e alla storia della preziosa icona; si tratta spesso di vere rarità che, nel corso degli anni, si sono arricchite di analisi recenti e di donazioni.

Semplice e chiaro è il video che introduce i visitatori, completa la sezione fotografica che mostra gli scatti ufficiali dal 1898 fino al 2010.

Il museo vero e proprio è situato nel sotterraneo e si divide in due sezioni, la prima riguarda gli studi, le analisi e le sperimentazioni eseguite dal 1898 a oggi, la seconda cerca di ricostruire sulla base di fonti e reperti, la storia del Sacro Lenzuolo.

Alcuni oggetti sono ricostruzioni, come i chiodi usati per la crocifissione e la corona di spine, altri sono originali, come quadri e libri vecchi di secoli, i contenitori che hanno protetto in passato la Sindone e la storica macchina fotografica usata da Secondo Pia.


Quello che si percorre nel museo, è un percorso in bilico tra fede e scienza, tra sacro e profano, tra storia e credenza popolare, un viaggio affascinante, spesso sconcertante, che secondo il mio giudizio deve essere considerato preciso e onesto in ogni suo aspetto. Alla fine i misteri senza risposta restano tanti.

Chi è veramente l'uomo il cui corpo è rappresentato nella Sindone? Le tracce del sangue fuoriuscito dalle ferite alle mani, a piedi, al costato e al cranio, sono davvero sangue? Quando, come e perché si è formata l'impronta impressa sulla Sindone? Perché da secoli essa genera nei fedeli così tanta passione?

Ogni risposta crea nuovi interrogativi.

Nel 1598 è stata fondata la Confraternita del SS. Sudario, al cui interno è nato il “Sodalizio dei Cultores Sanctae Sindonis”, rinominato nel 1959 “Centro Internazionale di Studi sulla Sindone”, che tra le varie attività gestisce il museo.

Il museo della Sindone ha trovato la sua attuale sede in via San Domenico nel 1998.

Coloro che lo desiderano, possono una volta finita la visita al museo, accedere tramite un breve corridoio alla bella chiesa barocca del SS. Sudario, altrimenti aperta al culto solo una volta al mese. Circa 25 anni fa, durante alcuni lavori di restauro, dietro la splendida pala che orna l'altare maggiore, è stato scoperto un affresco di cui si era perso il ricordo e che rappresenta anch'esso la Sacra Sindone.





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