20 dicembre 2022

Bando di concorso Premio nazionale di poesia "La Gorgone d'oro"

 


Centro di Cultura e Spiritualità Cristiana

Salvatore Zuppardo”

in collaborazione con

l’Associazione Betania OdV

Via Cammarata, 4 – 93012 Gela (CL) centrozuppardogela@gmail.com


BANDO DI PARTECIPAZIONE

Premio nazionale di Poesia

La Gorgone d’oro”

XXIII EDIZIONE


Art. 1. IL CONCORSO


Il Centro di Cultura e Spiritualità Cristiana “Salvatore Zuppardo” di Gela con il patrocinio culturale di “WikiPoesia. Enciclopedia poetica”, indice ed organizza la 23esima edizione del Premio nazionale di Poesia La Gorgone d'Oro. Il concorso è articolato in tre sezioni:


  1. Poesia religiosa e/o poesia a tema libero in lingua italiana compresi haiku;

  2. Poesia religiosa e/o a tema libero nei vari dialetti regionali italiani;

  3. Libro di poesia edito a partire dal 2013 in lingua Italiana e nei vari dialetti regionali italiani, anche nella modalità haiku;


Art. 2. SEZIONE

Sezioni AB: possono partecipare tutti gli autori residenti in Italia e all'estero che dovranno inviare da una a tre composizioni (max 40 versi ciascuna), in sette copie dattiloscritte. Per gli haiku inviare da cinque a sette componimenti.

I testi (Sez. A-B) dovranno essere spediti anonimi e all’interno del plico dovrà essere inserita un’altra busta chiusa non recante alcun segno esterno, contenente le generalità, l'indirizzo di residenza, recapito telefonico, indirizzo di posta elettronica ed un breve curriculum letterario unitamente all’attestazione di versamento di cui all'art. 9, nonché la sezione per la quale si intende partecipare.

Si possono inviare anche con posta elettroni all’indirizzo centrozuppardogela@gmail.com


Sezione C: si può partecipare con una o più opere in cinque copie edite a partire dal 2013.


Si può concorrere a tutte le sezioni.



Art. 3. PREMI

Premi sezione A

1° Classificato: Trofeo “Gorgone d'Oro” e assegno di Euro 500,00;

2° Classificato: Trofeo “Gorgone d'Oro” e assegno di Euro 300,00;

3° Premio speciale poesie Haiku: Euro 200,00..

Premi sezione B

1° Classificato: Trofeo “Gorgone d'Oro” e assegno di Euro 400,00;

2° Classificato: Trofeo “Gorgone d'Oro” e assegno di Euro 300,00;

3° Classificato Trofeo “Gorgone d’Oro” e Diploma di merito.

Premi sezione C

1° Classificato: Trofeo “Gorgone d'Oro” e assegno di Euro 500,00;

2° Classificato: Trofeo “Gorgone d'Oro” e assegno di Euro 300,00;

3° Classificato Trofeo “Gorgone d’Oro” e Diploma di merito.


L’organizzazione assegna, inoltre, i seguenti premi speciali:

  • Premio alla carriera

  • Premio della Cultura “Salvatore Zuppardo”

  • Premio Don Giulio Scuvera

  • Premio Ignazio Buttitta

  • Premio Antifemo ed Entimo

  • Premio Gelone di Gela

  • Premio Gerone di Gela

  • Premio Demarete

  • Premio Cromio di Gela

  • Premio Simonide di Ceo

  • Premio Eschilo

  • Premio Pindaro

  • Premio Federico II di Svevia


Art. 4: PREMIAZIONE


La cerimonia di premiazione avrà luogo sabato 10 Giugno 2023 a Gela nel giardino dell’Erasmus Hotel. Eventuali cambiamenti saranno comunicati in tempo utile.


Art. 5 – SCADENZA

Tutte le opere concorrenti dovranno pervenire presso: Centro di Cultura e Spiritualità Cristiana “Salvatore Zuppardo” Via Cammarata, 4 - 93012 Gela, Tel./Fax 0933.937474 oppure 339.2626015, entro e non oltre il 31 gennaio 2023.


Art. 6 – GIURIA

Giurie di esperti, il cui giudizio insindacabile è inappellabile, esamineranno i lavori e formuleranno i relativi giudizi. I nominativi dei componenti delle giurie verranno resi noti all'atto della premiazione.

Le giurie hanno la facoltà di non assegnare premi qualora gli elaborati pervenuti non fosse ritenuto adeguato. Le opere concorrenti non saranno restituite.


Art. 7 – ANTOLOGIA

Il Centro di Cultura e Spiritualità Cristiana “Salvatore Zuppardo” curerà la pubblicazione di un'antologia contenente le poesie vincitrici di tutte le sezioni e le poesie segnalate dalle giurie.


Art. 8 – CLAUSOLA

I poeti classificati al primo posto nelle rispettive sezioni della XXIII esima edizione del premio non potranno partecipare all’edizione successiva, ma faranno parte di diritto, qualora lo volessero, della giuria del concorso.


Art. 9 – DIRITTI DI SEGRETERIA

Quale contributo, per spese di segreteria è dovuta la quota di Euro 20,00 per ciascuna sezione per cui si intende partecipare, da versare per mezzo di assegno bancario o postale o con conto corrente postale n. 19894930, o con bonifico: IBAN: IT23H0760116700000019894930, entrambi intestati a: Associazione Centro di Cultura e Spiritualità Cristiana “Salvatore Zuppardo” via Cammarata, 4 - 93012 Gela (CL). Copia del versamento va allegata nella busta chiusa (vedi art. 2)



Il Presidente

Andrea Cassisi





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Aspettiamo i vostri libri per il

CENTRO DI RICERCA SULLA POESIA CONTEMPORANEA


Informiamo i Signori poeti che la nostra Associazione ha istituito il Centro di ricerca “Salvatore Zuppardo” sulla poesia contemporanea.

Invitiamo quanti lo vogliono ad inviare una copia dei loro libri di poesia con le biografie al fine di poterli catalogare e archiviare.

Ciò creerà una Biblioteca specializzata sulla poesia italiana (comprensiva delle lingue e dialetti regionali), punto di riferimento per ricercatori e studiosi della poesia del nostro tempo.

L’archiviazione (della quale l’autore riceverà certificazione) avverrà con criteri informatici e cartacei tali da consentire una facile metodica di ricerca biografica e bibliografica di quanti aderiscono.

19 dicembre 2022

LUNA DI MIELE FINITA FRA GOVERNO E UE? di Antonio Laurenzano

 


LUNA DI MIELE FINITA FRA GOVERNO E UE?

di Antonio Laurenzano

Luna di miele finita fra Governo e Ue? Il richiamo di Christine Lagarde, presidente della Bce, con l’invito rivolto all’Italia a “ratificare velocemente la riforma del Mes” in concomitanza con la stretta sui tassi di mezzo punto che, con effetto a catena ha causato il crollo della Borsa (Piazza Affari ha perso il 3,45%) e un’impennata dello spread a quota 207, ha gettato ombre su una difficile tregua. Immediate le reazioni dell’Esecutivo di Giorgia Meloni con la piccata replica del Ministro della Difesa Crosetto (“decisioni prese con leggerezza e distacco”) e del Ministro dell’Economia Giorgetti (“auspici comunitari legittimi, ma sul Mes decide il Parlamento nazionale”).

Si preannunciano giorni inquieti nei palazzi romani della politica. Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), il cosiddetto “fondo salva Stati”, da tempo monopolizza il dibattito politico e alimenta lo scontro fra i partiti. Il Mes è la “cassaforte” dell’Eurozona, istituito nel 2012 per dare sostegno ai Paesi in caso di crisi finanziaria e di rischio default previa l’attuazione di un piano di riforme strutturali della finanza pubblica “sorvegliato” dalla “Troika” (Commissione europea, Bce e Fondo monetario internazionale). Hanno finora beneficiato del programma di aiuti Grecia, Spagna, Cipro, Portogallo e Irlanda. Con sede in Lussemburgo, il Mes è gestito dal Consiglio dei Governatori costituito dai ministri dell’economia dell’Eurozona e da un Consiglio di Amministrazione. L’Italia è il terzo maggiore socio del Mes (17,8%), dopo Germania e Francia, con 14 mld di capitale versato e 125 mld di capitale sottoscritto su un totale di circa 700 mld.

Dal 2017 si parla di riforma del Mes per rafforzare la coesione dell’Eurozona nell’affrontare le crisi e a tutelarne la stabilità finanziaria. Una ipotesi che in Italia ha dato il via a un profondo dibattito per le “condizioni di accesso” alle linee di credito giudicate particolarmente rigide: non essere in procedura d’infrazione, rapporto deficit/Pil inferiore al 3% da almeno due anni, rapporto debito/Pil inferiore al 60% (o con una sua riduzione di almeno 1/20 negli ultimi due anni). Per i dieci Paesi della zona euro (Italia compresa) fuori dai parametri di Maastricht l’obbligo di sottoscrivere un gravoso “memorandum”, un dettagliato accordo di riforme impopolari, non ultima la “ristrutturazione del debito sovrano”, con i conseguenti rovinosi effetti sui risparmiatori privati che hanno investito nei titoli di Stato. Una “calamità immensa” che generebbe distruzione di risparmio, fallimento di banche (detengono il 70% del debito pubblico) con ripercussione sui correntisti per effetto del “bail in”, crisi economica, disoccupazione di massa e un generale impoverimento sociale.

La riforma del Trattato ridisegna gli aiuti tradizionali del Mes, con l’obiettivo di prevenire le crisi invece che intervenire drasticamente una volta scoppiate, con i programmi di salvataggio che sono costati la cattiva fama al Mes. L’intento della riforma è rafforzare e semplificare l’uso degli strumenti a disposizione del Mes prima del ripescaggio di un Paese, cioè le linee di credito precauzionali, utilizzabili nel caso in cui un Paese venga colpito da uno shock economico e voglia evitare di finire sotto stress sui mercati. La riforma elimina il contestatissimo “memorandum” (le cosiddette “condizionalità”), quello passato alla storia per aver imposto alla Grecia condizioni rigidissime, sostituendolo con una lettera d’intenti che assicura il rispetto delle regole del Patto di stabilità.

La riforma del Mes è uno dei tasselli mancanti dell’Unione bancaria fortemente voluto dall’Italia. Rappresenta un momento importante nel processo d’integrazione istituzionale, economica e finanziaria dell’Eurozona. Una rete finanziaria da usare sia in caso di crisi dei debiti sovrani, sia in caso di crisi del sistema bancario europeo, nell’ottica della “mutualizzazione” del rischio e di una maggiore trasparenza dell’ordinamento monetario. Ma perché l’Italia, unico Paese dell’eurozona, non ha ancora ratificato la riforma del Mes? Sono in discussione le forti criticità del meccanismo: la semplificazione delle “clausole di azione collettiva” da parte dei creditori di uno Stato per chiederne la ristrutturazione del debito, nonché il carattere intergovernativo del Mes che non risponde al Parlamento europeo, fuori quindi dalle istituzioni comunitarie. Con l’allargamento delle competenze, la riforma sposta il potere economico dell’Eurozona dalla Commissione al Mes.

Luci e ombre dunque che alimenteranno nei prossimi mesi il dibattito politico in Parlamento fra una riluttante maggioranza e un’opposizione che spinge il Governo a “uscire allo scoperto per ratificare la riforma nell’interesse nazionale dell’Italia”. E l’Europa ci guarda.

Angela Pianca e Franco Rotelli: il libro Accademia della Follia a cura di Alessia Mocci

 


Angela Pianca e Franco Rotelli: il libro Accademia della Follia


L’Accademia della Follia con Claudio Misculin è nata nell’ospedale psichiatrico di San Giovanni a Trieste. Erano i giorni in cui, arrivato Franco Basaglia, le porte si aprivano, gli internati circolavano per il parco e cominciavano a guadagnare la città.” – Peppe Dell'Acqua

Accademia della follia. Un viaggio lungo trent’anni” edito dalla casa editrice mantovana Negretto Editore nel 2022 (collana Cause e Affetti diretta da Cinzia Migani) è un saggio che comprende una serie di brani aventi autori diversi e curato da Angela Pianca e Franco Rotelli. Ogni autore ed ogni autrice presente ha collaborato con l’Accademia della Follia impegnandosi nel portare avanti il progetto teatrale e culturale fondato nel 1992 a Rimini da Claudio Misculin, Cinzia Quintiliani ed Angela Pianca. Il sottotitolo del volume recita infatti “Un viaggio lungo trent’anni” ed al suo interno si potrà percorrere la vorticosa strada intrapresa da coloro che hanno partecipato all’Accademia come concreta possibilità di ricerca nella quale il teatro è diventato terreno fertile e comune per presentare e preservare la diversità e la sua trasformazione.

I contenuti del libro sono variegati: pare di assistere ad una pièce quando si osserva da vicino l’indice verso il quale non si resta indifferenti perché i titoli dei capitoli e dei paragrafi incuriosiscono ed intrattengono oltre ad informare sull’argomento esposto. È, infatti, composto dal “Prologo” suddiviso in due articoli Io sono tu che mi fai (Salve Claudio Misculin) di Giuliano Scabia e Claudio Misculin e il Teatro della verità di Peppe Dell’Acqua; dall’“Introduzione” (Comproprietari di un’utopia) di Angela Pianca; dal Capitolo 1 “Da una vita malata alla malattia del teatro. Anni ‘70” (Ma era bello avere la democrazia a colazione di Franco Rotelli, Claudio Misculin: maestro di disalienazione del corpo di Angela Pianca); dal Capitolo 2 “Da vicino nessuno è normale. Anni ‘77/’80” (I soggetti? Narrarli di Franco Rotelli, Raccontarla per vivere. Prima sfida: esistere di Angela Pianca, Giovanni Spiga vagabondo delle stelle); dal Capitolo 3 “Matti di mestiere e attori per vocazione. Anni ‘85/87” (Riuscirete voi spettatori a distinguere sul palco il matto dall’attore? di Angela Pianca, Matti di mestiere e attori per vocazione, La Blaue Karawane in Germania e la Caravana Azul in Spagna, Tagliare ancora la testa al re di Franco Rotelli, La formazione e la Scuola: Velemir Dugina, Teatro e diversità: momenti di azione e riflessione teatrale. Il Convegno, La Collina, l'Impresa sociale e Il Progetto 89, Mattjakovskij, la consacrazione); dal Capitolo 4 “Tecnica + Follia = Arte. Il metodo” (Una storia speciale di Franco Rotelli, Dall'eccezione al metodo delle eccezioni di Angela Pianca); dal Capitolo 5 “Accademia della Follia. Noi siamo gli errori che permettono la vostra intelligenza. Anni ‘90” (L'Istituzione inventata di Franco Rotelli, L'Accademia della Follia. Noi siamo gli errori che permettono la vostra intelligenza di Angela Pianca, Claudio Misculin. L’artista, il genio, l’uomo. Un amico di Rita Giannini); dal Capitolo 6 “Io sono tu che mi fai. Dal 2000 ad oggi” (Per un'impresa sociale di Franco Rotelli, Accademia della Follia, istituzione inventata nell'impresa sociale di Angela Pianca, Pezzi di vita. Pezzi di amore di Fabrizio Lazzaretti, La Casa Rossa, detta la Comunarda, Il Brasile di Mister Blu di Cinzia Quintiliani e Carmen Palumbo, Le geografie corporee: dello spazio, delle emozioni e della danza di Ana Dalbello, Non vuoi non puoi di Giancarlo Majorino, Oggi per domani di Angela Pianca, Il cantico dei matti di Bianca D’Aponte e Claudio Misculin); dall’Epilogo “Io sono Dio e non voglio guarire” di Claudio Misculin, da “Le tesi dell’Accademia della Follia” a cura di Giancarlo Majorino, Giuliano Spazzali, Giuseppe D'Arrigo, Donata Roma, Alberto Visini, Claudio Misculin, Angela Pianca, Cinzia Quintiliani; da “Teatrografia” (elenco delle produzioni teatrali dal 1978 con “Prometeo: storia di potere e ribellione” diretto da Maurizio Soldà al 2022 con “Noi sappiamo i nomi, in viaggio con Pier Paolo Pasolini” diretto da Antonella Carlucci e Sarah Taylor); chiude “1.000 nomi”, elenco dei nomi di mille persone che hanno camminato assieme all’Accademia.

Dentro al cerchio magico del nostro teatro accogliamo i folli, grattiamo le incrostazioni manicomiali dei corpi e sotto i ghigni fissi ritroviamo le facce, raccogliamo storie, lettere, testimonianze, poesie e tutto questo lo mettiamo in scena. […] Claudio Misculin con la sua Accademia della Follia è stato il più grande affabulatore della rivoluzione basagliana. Per quarant'anni in ogni intervento, in ogni intreccio e azione scenica, in tutti gli spettacoli ha narrato questa storia. Con parole sue o prestate da autori diversi. Non senza carnosi attriti, con lieve e forte disperazione.” – dall’Introduzione di Angela Pianca

Claudio Misculin (Trieste, 1954 – Trieste, 2019) da attore e regista teatrale fu partecipe della rivoluzione avviata da Franco Basaglia dal 1971 in poi, fondando il primo gruppo di “teatro dei matti” nel 1976 e partecipando attivamente alla costruzione di quell’audace idea che portò la realizzazione della “Legge 180”. L’incontro del 1977 con il drammaturgo Giuliano Scabia (Padova, 1935 – Firenze, 2021) è stato fecondo e ha portato all’uso dello “schema vuoto”, cioè un canovaccio di possibilità di azioni da compiere così da cogliere l’evento nel suo incedere.

Spesso mi chiedo dove sia, quale sia il teatro. Dove siano gli scrittori, i poeti. Se in Roma, nei palazzi, in Milano, dagli editori, o ai margini a cavarsi gli occhi, chissà dove, finché un loro messaggio arriva o si perde. Se i poeti, a volte, non siano certi curatori di anime e menti che ho imparato a conoscere, che a questa cultura dedicano la loro capacità di reinventare il gusto di vivere.” – Giuliano Scabia

L’Accademia della Follia basa le sue fondamenta sulla convinzione secondo la quale la follia sia un valore aggiunto nel campo artistico e teatrale, gli esponenti di questo laboratorio che segue il metodo fondato da Misculin propongono un esercizio quotidiano in concomitanza con l’introspezione psicofisica per arrivare alla realizzazione di ogni individuo ed al benessere individuale. Personalizzare gli “allenamenti” all’arte teatrale è stato decisivo per comprendere come salvaguardare le peculiarità di ogni individuo caratterizzato da fragilità psichiche e fisiche diverse.

Riaprire i terreni della narrazione, intercalare normalità e normali follie, divertirsi della vita e delle vite non è negare diritto alla cura ma rivendicare il diritto ad occuparsi degli altri e che qualcuno si occupi di te, chiunque tu sia, dovunque tu ti sia fermato, rinchiuso nel dolore o nell’idea fissa o immutabile, nella ripetitività afinalistica o nel delirio, nella defezione dal mondo o nella dissociazione dalla catena linguistica che costituisce un mondo di appartenenza.” – Franco Rotelli

Lo spettacolo diventa il terreno fertile nel quale l’attore può scavare alla ricerca di sé. Recitare diventa guardare se stessi interpretare una parte ed avere ferma coscienza della presenza del pubblico e degli altri attori presenti come parte attiva del medesimo copione. Il regista teatrale Eugenio Barba (Brindisi, 1936), allievo del Maestro polacco Jerzy Grotowski, è ben riuscito a rappresentare questo bisogno della pratica teatrale come ricerca interiore.

Il teatro, infatti, è costituito di radici che germogliano e crescono in un luogo ben preciso, ma è anche fatto di semi portati dal vento, seguendo le rotte degli uccelli. I sogni, le idee e le tecniche viaggiano con gli individui, e ogni incontro deposita polline che feconda e i frutti maturano dalla fatica caparbia, dalla necessità cieca e dallo spirito di improvvisazione e contengono semi di nuove verità ribelli.” – Eugenio Barba

Un metodo che può essere considerato un vero a proprio training di sopravvivenza votato all’eccesso, nel quale attraverso l’improvvisazione si ha la possibilità di migliorare la qualità di vita sfogando, sviluppando ed elaborando lo stesso “eccesso”. Il teatro, palcoscenico dell’eccesso per convenzione, diventa un luogo nel quale il “delirio” permette di vedere le contraddizioni insite in ogni essere umano.

Noi siamo quelli che chiamano matti/ Nella notte vaghiamo distratti/ Pecore nere di ogni famiglia/ Noi giochiamo soltanto con chi ci somiglia/ Non fa paura la notte più nera/ Inseguiamo la nostra chimera/ Siamo viandanti, sognatori/ Quelli che i benpensanti chiamano errori// Sembriamo un popolo di mendicanti/ Basta niente per essere contenti/ Mano tesa a voi passanti/ Non chiediamo monete, ma sogni in contanti/ Bimbi tirati da padri impauriti/ Perché guardano a noi incuriositi/ «Devi scordarli, disprezzarli/ Possono metterti in testa strani tarli»// […]” – da “Il Cantico dei matti” testo e musica di Bianca D’Aponte e Claudio Misculin


Written by Alessia Mocci


Fonte

https://oubliettemagazine.com/2022/11/23/accademia-della-follia-curato-da-angela-pianca-e-franco-rotelli-matti-di-mestiere-e-attori-per-vocazione/


13 dicembre 2022

Natale in un barchino


 Per gentile concessione di Bellunesi nel mondo

12 dicembre 2022

BENEFICENZA CON UN SORRISO a cura di Miriam Ballerini

 BENEFICENZA CON UN SORRISO

Sabato 10 dicembre 2022, presso il teatro “Aldo Fumagalli” di Vighizzolo di Cantù (CO), è andata in scena la nuova commedia dialettale in due atti "La pulver del Casanova", della compagnia teatrale “I Ruzanivul”, letteralmente spingi nuvole.

Personalmente è la terza volta che assisto a un loro spettacolo e, ogni volta, rimango incantata dalla loro bravura, professionalità e capacità di fare ridere le persone per tutta la durata dello spettacolo.                                                    Quest'anno la compagnia compie ben trenta anni, non pochi, soprattutto se si pensa che, in questo genere di arte, c'è tanta passione, lavoro e, nonostante ciò, poco riscontro. Ovviamente non parlo di un riscontro di pubblico che sempre li segue e li apprezza, ma più semplicemente di quello economico. L'arte non paga?

In questo caso, però, devo dire che loro vengono ripagati dagli applausi dei loro fans e, spesso, anche dalla soddisfazione di riuscire a donare qualcosa, oltre al sorriso. Sabato sera, infatti, si sono prestati a titolo gratuito per la raccolta fondi a favore dell'associazione “Il sogno di Ale onlus”, un'associazione senza scopo di lucro, nata per aiutare la ricerca oncologica in ambito pediatrico.

È qualcosa di grande quando si incontrano intenti di diversa natura che, uniti, formano questo genere di alchimie: una bella serata da passare fuori per il pubblico che è uscito con ancora un bel sorriso stampato in faccia. La soddisfazione di una commedia ben riuscita e divertente da parte degli attori. Il ricavato raccolto che possa venire utilizzato per la ricerca e le attività ricreative dei piccoli malati.


© Miriam Ballerini

© Foto di Aldo Colnago


William Stabile, poeta dall’umanità sfilacciata a cura di Teresa Armenti

 


William Stabile, poeta dall’umanità sfilacciata


William porta i suoi versi in giro per il mondo.

Dovunque va, lascia la sua impronta, con la sua umanità sfilacciata, ferita, delusa per un amore negato. Trova protezione all’ombra di un pioppo che sorride al vento, mentre fissa lo sguardo sulla rossa peonia, che gli fa rivivere per un attimo brividi di cuori che si sfiorano e di mani intrecciate sul ciglio dell’abisso. Mentre attende che il cielo si schiarisca, di notte si lascia cullare dal concerto dei grilli. In Brasile, in compagnia del grande poeta Olavo Bilac, cammina calpestando il marciapiede, da cui affiora la radice che si allunga in tanti solchi. Un balcone illuminato gli fa desiderare il ritorno in famiglia, per sedersi intorno alla tavola imbandita e incontrarsi. Un salto nei luoghi vissuti da suo padre, ma intorno c’è solo abbandono, desolazione e tanta tristezza: non c’è più il bel roseto, il prato non è coltivato e nei muri della casa sono apparse le crepe. A questa vista, il suo cuore non palpita, la sua penna diventa muta, incapace di esprimere i sentimenti di riconciliazione.

La vista del girasole che difende i confini del terreno lo scuote dal torpore e lo incita a proseguire il cammino, senza porsi domande. A Kalami, la perla nera di Corfù, si inebria di amore mentre ascolta le palpebre delle onde sfiorare la spiaggia. Il suo cuore ritrova serenità e pace paradisiaca a Marina d’Albori. Il poeta diventa pittore: con rapide pennellate ci presenta la torre merlata, il pino, il cactus e l’oleandro, mentre il pensiero naufraga nelle molteplici traiettorie dei piedi di un bimbo sulla sabbia. Molte poesie di William Stabile sono postate sul sito letterario Lucaniart Magazine.


Teresa Armenti

11 dicembre 2022

“Progetto” di Miriam Ballerini a cura di Marco Salvario

 


Progetto” di Miriam Ballerini

Marco Salvario

Che cosa cerchiamo, quando prendiamo tra le mani un libro di poesia? La risposta più ovvia è: poesia!

Miriam Ballerini, lariana, scrittrice impegnata, pluripremiata per i suoi romanzi, per i suoi racconti e per le sue opere in versi, sembra mettere le mani avanti scrivendo, nella breve introduzione di dieci righe che presenta il suo ultimo libro ”Progetto”, di non essersi mai reputata una poetessa.

Eppure, già alla lettura della prima opera, proprio quella che dà il titolo all'antologia, non possiamo che porci una domanda: chi, se non un poeta, può rivolgersi con tanta franchezza a Dio, per chiedergli conto di quello che abbiamo fatto al nostro mondo dolente e straziato, mostrandoglielo “strappando le nuvole” ed esclamando: “Era proprio questo / che volevi?”. Dialogo con Dio e soprattutto con gli uomini, perché gli aggettivi che descrivono gli “insetti piccoli” che siamo noi sulla Terra, “falsi, invidiosi, / lucrosi”, sono una condanna severa che non può ricadere su di Lui, ma che pesa inesorabile su noi stessi; non possiamo che arrossire e abbassare lo sguardo a terra. Uno sguardo che non possiamo rialzare neppure leggendo i versi della seconda lirica: “Cosa faresti se ti dicessi / che tutti siamo clandestini?”.

Poesia è parlare, raccontare, ricordare, chiedere, non nascondere mai la verità. E Miriam parla, si rivolge agli uomini e alla natura; si confida con il ruscello, “Non ti stanchi mai / di farti guardare?”, con la strada, con i suoni della notte, con il vento, però alla fine si rivolge a loro per ammonire noi tutti, ingabbiati nelle catene della nostra vanità, della nostra superbia, del nostro egoismo, della nostra ipocrisia, tanto che sorge quasi inarrestabile l'impulso di ribellarsi, di alzarsi, di urlare: “No, io non sono così!”. Eppure, il grido si strozza e la coscienza accusa: “Sì, anche tu, come gli altri uomini.”

Un'opera che mi ha particolarmente colpito è: “Uno di voi”. La figura dell'uomo alcolizzato è tracciata in poche frasi , eppure non manca la preghiera, l'esortazione o forse solo la disillusa speranza di una redenzione, ancorata proprio nel cuore della poesia: “Vorrei fossi forte, / tanto da sollevare lo sguardo / dalle pozze di vomito.”

Quanta rabbia e quanto disincanto nei versi, eppure la speranza non è mai spenta del tutto, non cede alla rassegnazione. Le persone possono essere migliori, il mondo più giusto e felice. O forse no.

Al termine di molte poesie, spesso compare l'elenco dei premi che l'opera ha collezionato, e il lettore sincero non può che capire subito il perché dei riconoscimenti. Che grande capacità hanno gli occhi di Miriam per leggere negli uomini e per contemplare la natura, per vivere il passato e il presente con una lucidità a volte tagliente e a volte così dolce e innamorata della vita, da fare davvero pensare: “Come sarebbe bello potere vedere il mondo con quegli stessi occhi!”.

Non ha vinto premi, probabilmente perché non ha ancora partecipato a concorsi, quella che è la mia poesia preferita: “Come stelo”. Riporto solamente il finale:

“Così, io proseguo / con addosso le mie cicatrici, / che non m’uccidono: / m’insegnano.”

“Progetto” è un'opera composta da più di sessanta gemme, che emozionano, turbano, fanno riflettere; un libro che si deve tenere vicino ogni giorno, da leggere e rileggere senza mai stancarsi.



08 dicembre 2022

PRIGIONIERA DI UN FANTASMA di Adrienne Paviotti


PRIGIONIERA DI UN FANTASMA di Adrienne Paviotti

L'amore ai tempi del social.

Una donna sola, ricca di amore e nobiltà d'animo, si imbatte in un uomo favoloso, con cui scambia e-mail e messaggi ricchi di sentimenti. La novella si sviluppa in crescendo, tramite una corrispondenza di amorosi sensi in cui la protagonista si isola in un castello immaginario, dove può incontrare la sua anima gemella: un uomo che le promette una nuova vita insieme, amore eterno e assoluta dedizione. Le stanze del castello, però, sono cupe, alle finestre ci sono inferriate inquietanti, un po' alla volta le pareti si sgretolano per rivelare che, dietro ai messaggi dell'uomo che lei può dire di amare, c'è ben altro.

Info e vendita su: https://www.youcanprint.it//prigioniera-di-un-fantasma/b/c18bedcd-f762-56c2-8d6c-dbaa692cd00e

05 dicembre 2022

GIAN MARIA VOLONTÈ “Un duetto armonico, poetico, sincretico, popolare” di Umberto Lucarelli a cura di Vincenzo Capodiferro


 
GIAN MARIA VOLONTÈ

Un duetto armonico, poetico, sincretico, popolare” di Umberto Lucarelli


È appena uscito alle stampe “Gianmariavolontè” dell’autore Umberto Lucarelli, per l’editore Bietti di Milano 2022. Come scrive Fabrizio Fogliato nella “Prefazione”: «… è un duetto armonico, poetico, sincretico, popolare, figlio di tradizione e rivoluzione. Un duetto tra la fisarmonica di Oreste Scalzone e la chitarra di Gian Maria Volontè». Il libro è dedicato a due grandi intellettuali e rivoluzionari italiani e possiamo dirlo a chiare lettere: il socialismo italiano ha una connotazione tutta sua, originale, particolare e non possiamo identificarlo con altre manifestazioni politiche e culturali di socialismo, tanto meno con quello sovietico. Ecco come esordisce Scalzone: «Io sono stato un rivoluzionario e Gianmaria è stato un rivoluzionario, io ho lottato nella mia vita sempre e Gianmaria ha lottato sempre, cos’ho fatto nella mia vita?». Umberto è un intellettuale e rivoluzionario come loro, si sente uno di loro ed è giusto così. Proviene da quella generazione foriera che dal ’68 al ’78 ha avviato in Europa una grande Rivoluzione sociale, politica, culturale. Una rivoluzione fallita, come tutte, per il sopravvento dei soliti poteri forti a corrompere tutto, a comprare tutto, anche i rivoluzionari dell’ultima ora, ma importante: perché senza questi rivolgimenti sociali saremmo ancora sotto i fascismi di qualunque tipo. E ci stiamo tornando. Di queste grandi rivoluzioni una ogni secolo accade: ‘600: quella inglese; ‘700: quella francese, ‘800: il ’48 - è successo un quarantotto! -; ‘900, la russa e il ’68. «E dove vado?, mi dicevo, me ne vado in Francia, nella terra che prometteva la cosiddetta Dottrina Mitterand, lì gli esuli politici potevano ricevere una qualche protezione, per giorni e giorni arrivavano i compagni che mi volevano bene, con le proposte le più assurde, tra le più fantasiose per mettermi in salvo…». Umberto dice la verità: anche i nostri rivoluzionari sono stati usati e poi buttati a mare, come Trockij e tanti altri. La storia non cambia. Historia magistra vitae: la storia è come Cassandra, dice la verità, ma nessuno l’ascolta. O come diceva Pasolini: la storia è una maestra bastarda! Il potere non fa sconti a nessuno: ha corrotto Stalin, ha corrotto Castro. Non ha corrotto Guevara, né Volontè, né Scalzone. Il potere è come un diavolo: una volta che scendi a compromesso con lui, la tua anima è dannata! Per sempre! O si lotta o ci si vende! Umberto ci presenta due autentici personaggi che nella nostra storia politica hanno rappresentato gli ideali veri. «Quando Oreste Scalzone, dopo essere stato arrestato il 7 aprile del 1979, si trovava temporaneamente in libertà provvisoria e voleva andarsene dall’Italia, su suggerimento di un’amica che gli ricordava che Gian Maria Volonté era uno skipper, un istruttore di vela, lo fece cercare. Una volta rintracciato gli fu posta la questione se poteva aiutare Oreste a fuggire dall’Italia, e Volonté rispose: “A completa disposizione. A completa disposizione immediatamente”. E così fu».

Umberto poi riporta un “Inno all’amicizia” di Gino Di Maggio, di cui riprendiamo qualche passaggio: «Personalmente non ho partecipato alle attività di Potere Operaio o di Autonomia Operaia. Ero iscritto, da giovanissimo, fin dagli anni cinquanta, prima alla federazione giovanile del Partito Comunista e poi al Partito Comunista Italiano ma per anni, per mio interesse personale frequentai quei movimenti, senza mai, dico mai, essere preso a calci per le posizioni di chiusura e ostilità che il Partito Comunista Italiano man mano prendeva»: sai quanti compagni veri sono stati delusi dalle logiche del partito! I veri comunisti sono stati quelli fuori del partito!

Umberto riprende questi temi concentrati in questo particolare periodo storico: Non vendere i tuoi sogni, mai; Ser Akel va alla guerra; Vicolo Calusca, editi da Bietti. Mai come in quegli anni si respirava aria di libertà, di lotte e di passioni, di vittorie e di sconfitte, di amore, di speranza per un nuovo mondo. Quando nella storia si percepisce il vento della speranza, lo Spirito che soffia dove vuole e quando vuole, le generazioni anelano al rinnovamento generale, non sono come oggi: vecchie dentro, giovani già vecchi, che guardano al passato, non al futuro, giovani flemmatici incollati ai cellulari! Quelli là erano giovani sanguigni, quelli come Volontè! Meglio l’utopia che la retrotopia! Guardare al passato significa guardare al fascismo! Al buio! Il socialismo è stato fatto fuori dai poteri forti, da quei poteri centristi che Pasolini aveva previsto, anonimi, impersonali, dal super-capitalismo globalista di oggi, che è peggio dei vecchi capitalismi nazionali! Non è vero che il socialismo è fallito! È una farsa messa in scena dai padroni. Ci fanno credere che il fascismo che è stato sconfitto sia migliore del socialismo e sia la risposta a tutti i mali sociali: Germania capta ferum victorem coepit! Il nazismo ha vinto! Dobbiamo stare molto attenti! Questo in parte è corroborato dalla prostituzione dei compagnucci alla avvenente borghesia: si sono tutti incravattati! Non è questo il socialismo, ed Umberto ce lo ricorda in tutte le sue opere, anche in questa!

Vincenzo Capodiferro

03 dicembre 2022

Nasce "Progetto" raccolta poetica di Miriam Ballerini


Miriam Ballerini, 
dopo vent’anni di carriera, per la prima volta si espone pubblicando una raccolta di sole poesie.                                                                                                                                        Il covid ha interrotto le varie presentazioni ancora in programma, così ha pensato bene di pubblicare in proprio testi perlopiù utilizzati per partecipare in vari concorsi, oppure nati da un momento particolare e rimasti inutilizzati in un cassetto.                                                            “Progetto”, questo il titolo dell’antologia, nasce da una poesia omonima in cui domanda a Dio cosa davvero volesse creare quando ci ha ideati. All’interno temi legati alla natura, al sociale, all’introspezione di una umanità sempre meno a misura d’uomo.

La raccolta è in vendita solo su amazon e la si può richiedere tramite il link: https://www.amazon.it/dp/B0BNTT16KY?ref_=pe_3052080_397514860

Un libro da regalare o da regalarsi, proprio ora che ci si avvicina al Natale, il momento forse più indicato per la riflessione.

02 dicembre 2022

LA RIFORMA DEL PROCESSO TRIBUTARIO di Antonio Laurenzano

 


LA RIFORMA DEL PROCESSO TRIBUTARIO

di Antonio Laurenzano

Giustizia tributaria, anno zero. Sta muovendo i primi (faticosi) passi la riforma del processo tributario a distanza di 30 anni dall’originario impianto normativo fissato dai Decreti legislativi 545 e 546 del dicembre 1992. Una riforma a lungo attesa, importante per le esigenze di cittadini e imprese, legata agli impegni assunti dall’Italia per l’attuazione del Pnrr a sostegno dell’intero sistema Paese in termini di competitività e richiamo degli investitori esteri.

Si volta pagina sotto il profilo ordinamentale e processuale per velocizzare i tempi della giustizia tributaria e abbattere la rilevante mola di contenzioso pendente: oltre 60mila ricorsi giacenti a fine 2021, per un valore di circa 37,6 miliardi di euro. Obiettivi incentrati sul miglioramento della qualità delle sentenze attraverso la revisione dell’ordinamento degli organi speciali di giustizia tributaria e sullo sviluppo di istituti processuali (contraddittorio, autotutela) volti non solo a deflazionare il contenzioso esistente ma anche a incentivare l’uniformità dei giudizi in materie analoghe. L’ampio ricorso alla giurisdizione per dirimere le dispute tra contribuente e Fisco, peculiarità dell’ordinamento italiano, è causato da una normativa fiscale di difficile applicazione perché soggetta a continui mutamenti e non sempre di buona qualità sul piano legislativo. Una giungla di oltre 800 leggi fiscali, non coordinate fra loro, che si sovrappongono a danno della certezza del diritto. Dai bonus edilizia, croce e delizia degli operatori, la massima conferma.

Tra le diverse novità la riforma istituisce una nuova magistratura tributaria professionale che, progressivamente, sostituirà gli attuali magistrati onorari (non togati): un ruolo autonomo e professionale della magistratura tributaria, con 576 giudici tributari reclutati tramite concorso per esami. Le Commissioni tributarie provinciali e regionali sono diventate Corti di giustizia di primo e secondo grado. Sul piano processuale, in primo grado, le controversie di modico valore (importo del tributo, al netto di interessi e sanzioni, fino a 3000 euro) vengono devolute a un giudice monocratico. Si rafforza la conciliazione giudiziale: per le controversie soggette a reclamo la Corte di giustizia potrà formulare una proposta conciliativa, in udienza o fuori udienza. Risulta potenziato il giudizio di legittimità con la creazione in Cassazione di una sezione civile deputata esclusivamente alla trattazione delle controversie tributarie.

La partecipazione “da remoto” costituisce la modalità “naturale” di svolgimento delle udienze tenute dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado in composizione monocratica, salva la richiesta presentata da ciascuna delle parti di partecipazione “in presenza”. In giudizio spetterà all’Amministrazione finanziaria provare le violazioni contestate con l’atto impugnato. Un’espressione di principio giuridico di grande rilevanza che presuppone un’adeguata motivazione dell’atto impositivo. L’onere della prova, dunque, si sposta a carico dell’Amministrazione e rende la giustizia tributaria conforme ai principi del giusto processo. La decisione della Corte, basata sugli elementi di prova emersi dal giudizio, si concluderà con l’annullamento se la prova della fondatezza della pretesa manca, è contraddittoria o è insufficiente a dimostrare in modo puntuale le ragioni della pretesa impositiva e dell’irrogazione delle sanzioni. La Corte di giustizia, altra novità rilevante, anche senza l’accordo delle parti, potrà ammettere la prova testimoniale in forma scritta. Cambiano inoltre i tempi di discussione della istanza di sospensione: viene stabilito in 30 giorni dalla presentazione della relativa istanza il termine entro il quale il Presidente fissa la trattazione della sospensione la quale non potrà coincidere con l’udienza di merito per la controversia. Viene così rimosso il contestato termine di 180 giorni che spesso coincideva con la trattazione del ricorso.

In conclusione, un significativo restyling del processo tributario che, al di là di alcune omissioni (modalità di accesso alle fonti giurisprudenziali), rappresenta uno strumento di miglioramento del sistema che a regime dal 2027, con la definitiva composizione dell’organico della giurisdizione tributaria, “solennizzerà” il ruolo degli attori principali del processo: i giudici. Maggiori competenze per migliorare la qualità del giudizio e superare la crisi della giustizia tributaria.

01 dicembre 2022

“Tre fili di attesa” di Maria Pina Ciancio a cura di Teresa Armenti


 Tre fili di attesa” di Maria Pina Ciancio

Delicato, raffinato ed elegante.

Originale, autentico e misterioso,

con il sigillo rosso scarlatto in ceralacca.

Così si presenta il florilegio “Tre fili di attesa” di Maria Pina Ciancio, come uno scrigno tenuto nascosto nel cassetto per 15 anni, ora quasi timoroso di presentarsi al lettore, a cui si raccomanda di aver cura, nello sfogliarlo, delle carte pregiate ed ecologiche Favini.

La raccolta, che si apre con una citazione di Cesare Pavese sui luoghi natali, è una perla incastonata tra la dettagliata introduzione di Anna Maria Curci e l’efficacenota di Abele Longo, trasformata in visione pittorica dalla stampa di Stefania Lubatti.

Le pagine si lasciano teneramente accarezzare, si aprono a ventaglio e ti avvolgono in un’atmosfera vellutata, dove, in balìa del vento, si mescolano ricordi, stati d’animo, sensazioni. La poetessa ti prende per mano e ti trasporta lungo i vicoli stretti del suo paese, che di mattina odorano di fresco e di pulito, ti fa sentire l’odore del pane appena sfornato, ti presenta quadretti di vita quotidiana, con le ringhiere dei balconi rovinate ,popolata da volti che hanno un nome. Gennaro e Vincenzino, avvolti da volate di fumo, trascorrono il tempo in attesa; zio Pietro, immerso nel passato, sta seduto davanti alla casa dipinta di rosso con il legno del bastone sotto il mento.

Antoniuccio Vito, invece, ha preferito lasciare la vita con una corda appesa al collo e Giacomino appena nato è salito al cielo. C’è chi parte e non torna più, come Vituccio e chi resta aggrappato agli orli delle case, come i vecchi stanchi e chiusi nei loro ricordi. Padre e figlio si siedono a cena intorno a un tavolo, ma il primo mastica lentamente e il secondo ha fretta di andare. Non c’è l’incontro tra le generazioni, che si ignorano a vicenda senza affrontare i loro problemi. Il silenzio domina dovunque soprattutto d’inverno e di notte viene disturbato dal latrato di un cane. C’è un’umanità dolente e rassegnata, nido sfilacciato sull’albero d’inverno. La poetessa delinea, così, il profilo dei piccoli paesi lucani, che si può avvicinare alla descrizione di una lirica di Rocco Scotellaro, a lei tanto caro “M'accompagna lo zirlio dei grilli / e il suono delle campane al collo / d'un'inquieta capretta. / Il vento mi fascia / di sottilissimi nastri d'argento / e là, nell'ombra delle nubi sperduto, / giace in frantumi un paesetto lucano». È la lucanità portata avanti anche dalle poesie di Prospero e Valerio Cascini, è la paesologia di Franco Arminio, è lo spirito del silenzio che regna nei luoghi di Leonardo Sinisgalli. In realtà, il silenzio nei secoli ha dominato nei piccoli centri della Lucania che, tagliata fuori dalle grandi strade di comunicazione, è stata da sempre condannata all’isolamento. Il silenziooggi è un triste sudario di morte,un sasso che rotola nel vuoto senza nome.

Nella Lucania si resta in lenta e rassegnata attesa. Sono tre fili di attesa annodati al calendario del camino: ‘a bona sciorta/nu’ lavorucacunta/‘u capattiempoca vene sempre chiù luntano. (la buona sorte, un lavoro redditizio e l’inverno che arrivi sempre più tardi). I tre aforismi, scritti in dialetto insieme ad altre due parole livato e Quaremma,rivelano le radici ben salde di Maria Pina Ciancio alla sua Terra, dove la “Timpa del Diavolo è meridiana senza tempo”. Anche se ha lasciato da pochi anni il suo Sud, continua ad amarlo, rivolgendogli uno sguardo nostalgico, mentre segue il vento che porta le voci della sua gente. La sua poesia non è solo memoria o nostalgica rappresentazione di luoghi e persone del suo paese, ma è anche sottile denuncia politica e impegno sociale per un riscatto del Sud, sulla scia di Vincenzo D’Alessio, il cantore meridionalista, che ha affidato al canto l’ingiustizia, ai versi l’innocenza della speranza, per illuminare il cielo di domani. Non scoraggiamoci, dunque, e facciamo nostro il messaggio lanciato da Ulderico Pesce nella Basilicata che verrà: “È l’infinitamente piccolo che con la sua qualità della vita a misura d’uomo, con i suoi cibi sani e giusti, può salvare l’Umanità. La Basilicata si dovrebbe candidare ad essere la terra della lentezza, della pace, del pane fatto in casa, del formaggio che sa di noci” e dei gerani che sorridono al cielo.

Teresa Armenti

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano Addio al “Patto di stu...