28 febbraio 2022

Russia e Ucraina: una storia di amore e odio a cura di Angelo Ivan Leone


Russia e Ucraina: una storia di amore e odio


Tra tutte le possibili soluzioni di questa crisi si è andata a verificare una tra le peggiori. Una invasione su vasta scala del territorio ucraino da parte della Russia di Putin. La Crimea, il Donbass e Lugansk Putin le aveva già, così come aveva e ha la Transistria, quello che voleva era la guerra e la ha avuta. A questa guerra e prova di forza si sta rispondendo con i soliti pappagalleggiamenti americani e, soprattutto, europei.
Il problema, infatti, è che l'Europa non farà altro che le solite ed eterne "sanzioni" che dai tempi dell'invasione dell'Abissinia da parte dell'Italia non servono, storicamente, a niente. Se non a unire il popolo sanzionato attorno ai suoi capi, fu, infatti, proprio allora che il fascismo arrivò al suo massimo consenso storico. Gli europei, specie quelli occidentali, non vogliono morire per Kiev, come quasi un secolo fa non vollero morire per Praga. Non è detto, ringraziando il cielo, che si debba tornare nuovamente a Danzica, però.

(c) Angelo Ivan Leone

VIVIAN MAIER INEDITA a cura di Marco Salvario

 VIVIAN MAIER

INEDITA

a cura di Marco Salvario

Musei Reali – Sale Chiablese – Piazzetta Reale, Torino

9 febbraio – 26 giugno 2022



Il giorno della morte, il 21 aprile del 2009, pochissimi la conoscevano, eppure si stava per aprire per lei la storia che doveva fare entrare il suo nome tra i dieci fotografi che meglio hanno documentato gli anni del sogno americano, densi di speranze e contraddizioni.

La sua biografia è scarna e non priva di lacune.

Vivian Maier nasce a New York nel 1926 e ha un fratello di sei anni più grande. Nel 1929 i suoi genitori si separano e la madre la porta con sé in Francia, nell'Alta Provenza. Nove anni dopo, madre e figlia si trasferiscono a Chicago; giovanissima Vivian lavora come commessa e come bambinaia. Nel 1951 è a New York, dove acquista la sua prima macchina fotografica Rolleiflex; a volte non ha i soldi neppure per fare sviluppare i rullini con le fotografie. Tornata a Chicago nel 1956, è assunta al servizio della famiglia Gensburg e si occupa dei tre figli; lavorerà con loro per più di dieci anni. Durante il 1959 compie un lungo viaggio che la porta anche in Italia e a Torino. Nel 1975 muore sua madre e due anni dopo suo fratello. Trova impiego presso alcune famiglie, ma le sue condizioni economiche peggiorano. Ha più di sessanta anni, quando i figli della famiglia Gensburg la rintracciano in miseria e la soccorrono; ricoverata in una casa di riposo dopo una brutta caduta, muore nel 2009. Vivian non lo sa e non può immaginarlo, ma il mondo sta per accorgersi della sua bravura.

Nel 2007 i beni contenuti in un box di cui non veniva pagato l'affitto da anni, sono messi in vendita all'asta; negli Stati Uniti, dove gli spostamenti tra stato a stato sono frequenti, è un fenomeno comune.

Interessato al materiale fotografico che spera possa servigli per illustrare un libro sulla storia locale, il venticinquenne John Maloof se lo aggiudica e comincia a riordinarlo; si tratta di catalogare decine di migliaia di negativi, foto, pellicole e nastri audio. Dopo un attento esame, il valore artistico e l'importanza storica di tali reperti diventa evidente. Maloof trova su una busta il nome della probabile autrice e cerca di rintracciarla: quello che trova è il necrologio di Vivian Maier, appena scomparsa. Maloof riesce a mettersi in contatto con gli autori del necrologio, i tre fratelli Gensburg, e con altre persone che hanno conosciuto Vivian. Organizza a Chicago nel 2011 una mostra di fotografie che ha successo e che sarà seguita da molte altre, arricchite ogni volta da nuove opere.

La mostra INEDITA di Torino è un omaggio che aggiunge molte novità alla produzione di Vivian Maier già conosciuta e amata dal pubblico.



I curatori della mostra torinese hanno ordinato il materiale in diverse categorie, la prima delle quali si intitola “Autoritratto e autorappresentazione”, e offre una ricerca di riflessi, di ombre e di contrasti, sempre di grande efficacia. Annoiato dai selfie con cui giovani amici vanitosi mi costringono a contemplare il loro volto deformato dalle lenti, da smorfie, con sorrisi esagerati e improbabili, mentre sullo sfondo si distingue a fatica qualche monumento, posti di vacanza, personaggi popolari di cui ignoro senza vergogna nome e mestiere, questa iniziale serie di immagini si è rivelata subito una gioia per i miei occhi e per la mia anima, ammesso che io ne abbia una, e mi è servita a conoscere meglio il personaggio Vivian Maier. Capelli corti, sempre un po' spettinati, occhi grandi, viso acqua e sapone, un'espressione malinconica e timida, quasi imbarazzata di essersi lasciata sorprendere da se stessa.

Grande la capacità creativa e, nelle immagini, il bianco e nero esprime al massimo la sua bellezza poetica.



L'archivio fotografico della Maier è un documento affascinante di un periodo importante della storia americana e non solo, una collezione di situazioni, di persone, di mode; testimonianza di vita vissuta, con i vestiti del tempo, i cappelli, le pettinature, gli occhiali, le automobili, gli atteggiamenti e i comportamenti della gente per strada.

Non ci sono personaggi importanti immortalati negli scatti, ma incontriamo uomini e donne, soprattutto residenti dei quartieri più operai, mentre vivono la loro vita di tutti i giorni, da soli o in gruppo, di corsa o in attesa. Ne scaturisce un racconto semplice e senza ipocrisie, senza enfasi e sempre obiettivo, che va oltre le persone per cercarne i gesti, la stanchezza, i momenti di abbandono o di complicità.



Se la visione è sempre calda e intensa su una realtà di cui l'artista si sente partecipe, non si può non emozionarsi davanti alle immagini dedicate all'infanzia.

Vivian Maier ha contribuito all'educazione di molti bambini e li ha amati, pur non avendone mai avuti di propri, e ricordiamo che è grazie alla riconoscenza dei tre figli della famiglia Gensburg, che ha avuto soccorso nei momenti più tristi della sua esistenza; la sua stessa infanzia è stata segnata dal divorzio dei genitori ed è finita presto, dovendo cominciare a lavorare giovanissima.

Nelle immagini si percepisce uno sguardo allegro e triste al tempo stesso, quasi il rimpianto di chi assiste a spensieratezze e a dolori ingenui, sapendo che appartengono a un'età che a lei è stata negata.

Ho trascurato in questo articolo molti momenti importanti della mostra per ragioni di tempo e di spazio; volutamente non ho recensito le foto a colori, nelle quali l'artista mi è sembrata meno a suo agio, e hanno valore solo di curiosità le foto scattate in Italia nel 1959.

Ugualmente, questa di Vivian Maier è una di quelle mostre particolari da cui si esce soddisfatti, ricchi di spunti su cui riflettere, affascinati dalle immagini e, devo ammetterlo, persino un po' innamorati dell'artista.


26 febbraio 2022

IL PNRR E IL RUOLO DELLA POLITICA Di Antonio Laurenzano

 


IL PNRR E IL RUOLO DELLA POLITICA

Di Antonio Laurenzano

Corsa ad ostacoli per il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza elaborato dall’Italia per superare l’impatto del Covid-19 con i suoi devastanti effetti. La pandemia ha colpito l’economia italiana più di altri Paesi europei. Nel 2020, il prodotto interno lordo si è ridotto dell’8,9 per cento, a fronte di un calo nell’Unione Europea del 6,2. La crisi si è abbattuta su un Paese già fragile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. Tra il 1999 e il 2019, il Pil in Italia è cresciuto in totale del 7,9 per cento. Nello stesso periodo in Germania, Francia e Spagna, l’aumento è stato rispettivamente del 30,2, del 32,4 e del 43,6 per cento. Parte da questi dati macroeconomici il quadro strategico di riforme strutturali da realizzarsi entro il 2026 per accedere alle risorse del Next Generation EU. Un volano per stimolare in modo significativo gli investimenti pubblici a sostegno della domanda aggregata, premessa della ripresa economica. Sul tappetto una ricca dotazione: per l’Italia risorse quantificabili in circa 209 miliardi di euro, di cui 81,4 in sussidi.

Il pagamento dei fondi comunitari è sottoposto al conseguimento di risultati nel rispetto degli impegni che il governo ha preso a livello europeo lo scorso dicembre. Impegni per le “riforme verticali” (nei singoli settori, come la giustizia, la scuola, la pubblica amministrazione) e per le “riforme orizzontali” (che interessano più settori, come la riforma fiscale e del mercato del lavoro). Superata entro l’anno la fase iniziale con i vari passaggi di natura principalmente legislativa e regolatoria, lo step successivo, quello che verosimilmente inizierà nel 2023, riguarderà l’operatività del piano (implementazione delle riforme e realizzazione degli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi). Ma con le elezioni politiche della primavera 2023 cosa succederà al Piano italiano? Quale maggioranza parlamentare uscirà dalle urne? Continuità o discontinuità d’azione?

Certamente, l’attuale Pnrr con l’imprimatur della Commissione Ue rappresenta il programma del governo Draghi, il faticoso risultato di compromessi raggiunto all’interno della composita squadra di Palazzo Chigi. Sacrifici elettorali che ogni partito della coalizione ha accettato di fare per salvaguardare la convergenza nazionale intorno al premier. Una linea politica unitaria sollecitata dal Presidente Mattarella nel suo discorso al Parlamento in occasione del giuramento. E’ ipotizzabile, però, che già nella campagna elettorale dei prossimi mesi, possano registrarsi le prime schermaglie: ogni forza politica, per calcoli elettorali, potrà disconoscere le scelte operate in ambito governativo. Facile immaginare le conseguenze politiche all’indomani del voto del 2023. Il Pnrr, nel pieno della sua operatività, correrebbe il rischio di impantanarsi nelle stucchevoli diatribe fra partiti arrestando il flusso finanziario di Bruxelles. Addio ripresa economica, addio sogni di gloria legati alla innovazione e alla modernizzazione del Sistema Paese. Una ipoteca pericolosa, piena di incognite.

Futuro incerto. In questo contesto emergenziale la politica è chiamata a fare presto e bene per superare la discordanza tra ciclo elettorale e ciclo del Pnrr. E la situazione non volge al meglio, sia per i venti guerra che soffiano impetuosi ai confini dell’Ue, sia per il rimbalzo dell’inflazione e del caro energia. Entro il 30 aprile il governo deve presentare il Def, Documento di economia e finanza, e deve scriverci i numeri programmatici per il prossimo triennio, quindi le quantità e la qualità delle stesse riforme. Serve chiarezza per riforme credibili su fisco, giustizia, concorrenza e P.A., con tempi di attuazione certi. Il rispetto delle scadenze è uno degli indicatori cui le istituzioni europee valutano l’operato degli Stati membri. Con queste riforme la crescita italiana si attesterebbe tra il 3 e il 4%, dando sostenibilità al debito pubblico che in rapporto al Pil scenderebbe di circa il 5% all’anno. In caso contrario, la crescita italiana tornerebbe all’1% dal 2024 in poi.

Occorre una notevole e coesa volontà politica per dare credibilità all’azione di governo, accantonando ogni tentazione di caccia al voto per privilegiare gli interessi superiori di un Paese in forte affanno socio-economico. La crescita non scaturisce solo da variabili economiche. Dipende dalle istituzioni, dalla fiducia dei cittadini verso di esse, dalla condivisione di valori e di speranze. Fattori che determinano il progresso di un Paese a patto di una “unità intesa non come una opzione ma come un dovere.”


22 febbraio 2022

Darke di Rick Gekoski a cura di Miriam Ballerini


 
DARKE – Non ho un lavoro e non ho una vita: nessuna occupazione, solo preoccupazione – di Rick Gekoski

© 2021 Giunti Editore S.p.A./ Bompiani

ISBN 978-88-301-0565-2

Pag. 323 € 4,95

Avete presente quando vi mettete comodi a leggere un nuovo libro e, dopo poche pagine, quasi saltate su dalla poltrona, perché vi rendete conto di essere di fronte a una scrittura geniale? Ecco, questo è quanto è accaduto a me leggendo questo romanzo.                                                   Darke è il signor James Darke (che non a caso vuol dire scuro), e lo scritto è il suo diario. Scritto in maniera irriverente, irrispettosa, antipatica tanto quanto lo è il protagonista. Eppure, dopo le prime pagine, l'antipatia si fa da parte, perché ci si trova a concordare con alcune delle cose che scrive. Non tutte, ad esempio il suo odio per i cani non lo accetterò mai, eppure, persino mentre descrive il suo astio per le povere bestiole, lo fa in modo da mostrare un lato di una personalità eclettica e unica: possiede una sorta di cinismo a tratti divertente che è davvero difficile da descrivere. Penso a quanto ne sia stato catturato lo scrittore! Per sua stessa ammissione, alla fine del libro, dice che Darke gli è entrato dentro in un modo assurdo! Quasi trasformando lo stesso scrittore nel protagonista!                                                                                                                        Solo chi scrive comprende cosa intenda dire. Spesso, scrivendo, non è lo scrittore a decidere, ma lo stesso protagonista ad accompagnare, quasi si varcasse un altro mondo. Dicevo che Darke ha un brutto carattere. Lo dimostra fin dalla prima pagina, quando ci spiega che è alla ricerca di qualcuno che gli monti una porta all'ingresso: “Un tuttofare che non può parlare? Una benedizione. Qualcuno dovrebbe aprire una ditta che li fornisca. Strappare loro la lingua o cucirgli le labbra, questo ci vorrebbe”.                                                                                    Le sue descrizioni sono precise, tagliate con l'accetta e, a volte, assolutamente spudorate: “Gli angeli hanno il buco del culo?” Non ha vergogna, parla di ogni faccenda con assoluta onestà.

Darke è un insegnante, o perlomeno, lo era, prima di ritirarsi nella sua casa, come una vecchia tartaruga che si rintani nel proprio guscio, escludendo tutto il mondo esterno.                    Rifiuta la posta, i contatti, le mail, le telefonate. Tutto quello che gli serve se lo fa portare e assume una donna per le pulizie; ma tentando di avere anche con lei il minimo contatto possibile.                                                                                                                                                Perché?                                                                                                                                                            Ce lo spiegherà proseguendo nella scrittura, non prima di aver distrutto qualche mito come Gibran, Virginia Woolf o altri. La moglie, Suzy, è mancata dopo lunga malattia e lui sta semplicemente proteggendosi dal lutto. Nel suo diario c'è la verità, c'è la vita, la morte, le riflessioni, frasi originali: “Sono una doppia elica formata da emozione e dall'assenza della stessa”.                                                                                                                                                        Molte frasi sono “rubate” dai grandi della letteratura, dai filosofi, e vengono riportate in fondo al libro per eludere una qualsivoglia accusa di plagio! La sua sincerità non giunge al lettore per vie placide, anzi, ci colpisce, a volte ci ferisce pure; eppure, anche in questo è geniale il modo di scrivere di Gekoski. Ci sono descrizioni che sfiorano il poetico, come questa dei libri: “Logori mazzolini di saggezza da annusare quando il puzzo della vita diventa opprimente”.     Quando il suo isolamento pare ingoiarlo, interviene la figlia e, tra litigi e abbracci, piano piano Darke lascia l'oscurità per tornare alla vita. Più di tutti ad aiutarlo è il nipotino, una giovane vita in cambio di quella della moglie che l'ha lasciato. Le emozioni espresse sono così intense, mai banali, originali e condivisibili da ogni lettore che, bene o male, le ha provate sulla propria pelle. Anche quando parla dell'agonia della moglie, mostra una gamma di emozioni sorprendenti, così umane: dal ribrezzo alla paura, dalla vicinanza alla vera pietas. Eppure, ecco insorgere ancora la sua onestà: “I ricordi ci rendono tutti romanzieri, e di seconda categoria”.                                                                                                                                                    Un libro che ho amato, che mi ha scrollato dal mio posto a sedere, mi ha concesso vedute nuove su scene già viste. Una scrittura che ho ammirato e che, più volte, mi ha sorpresa mentre esclamavo: che “genialata”!

© Miriam Ballerini

fonte: https://oubliettemagazine.com/2021/12/05/darke-di-rick-gekoski-non-ho-un-lavoro-e-non-ho-una-vita-nessuna-occupazione-solo-preoccupazione/


19 febbraio 2022

Luciana Littizzetto – La principessa sul pisello a cura di Marcello Sgarbi

 


Luciana LittizzettoLa principessa sul pisello – (Mondadori)

Pagine: 168

Formato: Brossura

ISBN 9788804532774

Luciana Littizzetto è così popolare che non ha bisogno di presentazioni. È passato del tempo dalla pubblicazione di questo divertente La principessa sul pisello”, ma la verve dell’attrice comica torinese non perde di attualità, come si può constatare dal suo costante successo televisivo.

Qui ci propone una serie di quadretti di vita sui temi che sono il principale oggetto della sua vena comico-satirica: la figura femminile, nel cui tratteggio dimostra sempre una fine ironia e autoironia. Il rapporto tra uomo e donna - con pagine a volte esilaranti –, con il sesso e infine quello con gli oggetti di consumo e la pubblicità (peraltro un po' contraddittorio, perché lei stessa è stata testimonial di più di una marca). All’autrice, regina delle similitudini, insuperabile nelle “letterine” (ne ha dato ampie prove nella trasmissione “Che tempo che fa” e qui si esprime al meglio in una missiva a Babbo Natale), sembra essere indispensabile dare sempre un soprannome alle persone o comunque connotarle. E anche questo le riesce benissimo, con grande inventiva. Tra i capitoli, considerata l’evoluzione tecnologica trascorsa dall’uscita del libro a oggi, fa quasi tenerezza quello dedicato ai cellulari.

Quando la malinconia di essere sole vi blocca il gozzo e non riuscite a mandar giù neanche un goccio di succo di frutta, fate così. Guardate i fidanzati o i mariti delle vostre amiche. Guardateli bene. E poi domandatevi se c’è ancora da piangere perché siete da sole”.

Ho scoperto di avere le misure classiche 90-60. Ma non di seno e fianchi. Per adesso solo di pressione”.

La coppia è come la maionese. A chi riesce al primo colpo e a chi non riesce mai”.

© Marcello Sgarbi


HORTUS CONCLUSUS Mostra personale di Ilaria Simeoni a cura di Marco Salvario

 HORTUS CONCLUSUS

Mostra personale di Ilaria Simeoni

a cura di Marco Salvario

Chiono Reisovà Art Gallery - CRAG – Via Giolitti 51/A, Torino

10 febbraio – 26 marzo 2022



Eccoci ancora volta a visitare una mostra organizzata dalla CRAG, galleria d'arte che ha come missione il valorizzare giovani artisti italiani e stranieri; una vocazione coraggiosa che richiede intuizione, capacità, pazienza e sacrificio.

Ilaria Simeoni è una talentuosa artista ventiseienne della provincia di Treviso, diplomata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, scuola viva di cui la CRAG segue molte promesse. Nonostante la giovane età, ha già ottenuto significativi riconoscimenti per le proprie opere e Hortus Conclusus è la sua prima mostra personale.



L'atmosfera creata dalle opere presentate, ci trasporta fuori dai ritmi esasperati e inquinati della vita moderna, in luoghi di silenzio, di quiete, di riflessione, dove i colori della natura hanno toni umidi e autunnali. Non ci sono presenze viventi, uomini o animali, non ci sono neppure fiori e la luce del giorno filtra ovattata dagli strati fitti delle foglie; tutto è immobile, solo la voce della natura parla oppure è in attesa e ascolta i nostri pensieri. Una natura che è rigogliosa ma non selvaggia o disordinata, a suggerire un controllo rispettoso e pianificato, l'armonia tra la meditazione e un lento, rilassato respiro.

Le opere realizzate in olio su tela, con una tecnica di perfezionamento e sovrapposizione che le rende dense e corpose, hanno dimensioni che spaziano da pochi centimetri ad alcuni metri e, queste ultime, per essere esposte al visitatore, hanno avuto necessità di ampie pareti; eppure tutte, piccole e grandi, hanno la stessa coerenza e completezza.

È stato scelto per praticità, di presentare le opere più ampie senza cornice, come appena uscite dalla bottega dell'artista, libere e non tese, creando qualche problema con l'illuminazione, ma rendendo così accessibile quel momento intermedio, spesso dimenticato, in cui la tela pur finita, non è ancora diventata quadro.



Abituati ai paesaggi veneti che grandi pittori del passato hanno immortalato usando colori unici e irripetibili, ci troviamo ora a confortarci a piante e foglie diverse; questo è perché la natura sta modificandosi, cambia il clima e piante sviluppatesi per altri ecosistemi, adesso colonizzano i nostri boschi. Al tempo stesso questa diversità dalla realtà, vera o aspettata, ci permette di spostarci in una dimensione meno definita, tra sogno e fantasia, tra presente e futuro. Dobbiamo soffermarci senza fretta, abbandonare lo sguardo senza opporre resistenza, e lasciare che i nostri pensieri, i nostri progetti, prendano forma nella serenità della contemplazione.




16 febbraio 2022

La mafia nello zaino di Alessandro Cortese: un omaggio a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a cura di Alessia Mocci


La mafia nello zaino di Alessandro Cortese: un omaggio a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino


«E come gli altri non ha visto niente?».

«Maresciallo, ma voi di dove siete?» chiese mia madre.

«Siciliano, signora… proprio come quelli ancora nei paraggi».

«E siciliano come me, non avete ancora capito che in Sicilia pigliamo tutti la pensione?».

«E questo cosa c’entra?».

«C’entra, c’entra, maresciallo. Perché in Sicilia siamo muti, ciechi e sordi. Avete capito? Menomati siamo, ma questa è solo mezza verità».

«E l’altra mezza?».

«L’altra mezza sta alle vostre spalle, sotto quel lenzuolo. Là c’è tutto quel che vi serve sapere… non vi basta?».”

La scena si svolge in strada, il paese è accorso dopo aver sentito “un boato, breve ma dall’eco persistente”, Melina parla con il maresciallo: è stanca di sentire le solite domande e, dopo poche battute, si allontana con passo spedito tenendo stretta la mano del figlio.

Fra tutti, l’unico ad essere stupito dal corpo steso a terra e dal lenzuolo è proprio lui, l’Io narrante, il figlio, un picciriddu di appena dieci anni che, durante quella torrida estate, dovrà forzatamente abbandonare le corse in bicicletta con gli amici e diventare adulto.

La mafia nello zaino – Il bimbo, il nano e l’assassino” è un romanzo di Alessandro Cortese (Messina, 1980), edito da Il ramo e la foglia edizioni (gennaio, 2022). La copertina è opera dell’artista palermitano Giulio Rincione. Sono trascorsi ben otto anni dalla pubblicazione di “Polimnia. Di 300 Spartani, una Grecia e dei Persiani di Serse” (Edizioni Saecula, 2014), un romanzo storico che racconta di avvenimenti umani che “non devono dissolversi nella dimenticanza1” ma, anche in “La mafia nello zaino”, Cortese ripropone l’importanza del tema della dimenticanza perché i mortali devono continuare a narrare per far in modo che le nuove generazioni comprendano il valore di una singola azione compiuta da un singolo essere umano.

La finzione letteraria diventa così occasione per ricordare due grandi uomini, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che, nella Sicilia raccontata da Cortese, diverranno il giudice Falco Di Giovanni ed il suo collega Paolo. I due personaggi, con la stessa tenacia che li ha resi celebri e che li ha anche condannati a morte, cercheranno di modificare quel viziato modus vivendi perché convinti oppositori di un sistema di corruzione che dall’isola arriva sino a Roma.

«Sono cose grosse, Paolo, che partono da qua e arrivano su» disse il giudice Di Giovanni all’altro, prima che insieme si fermassero a un passo dagli scogli in cui mi nascondevo. «Mafia e politici hanno scavato questa galleria che, dalla Sicilia, attraversa sotterranea tutto il sud Italia e va dritta fino a Roma, dentro le stanze della VIII commissione, per infiltrarsi nelle grandi opere e nei lavori pubblici, facendo fare ai soldi avanti e indietro. Gli appalti, vinti a tavolino dai mafiosi, diventano mazzette che tornano nelle tasche della politica… e i nostri onorevoli che ci fanno dopo con quei soldi? Altre mazzette per altri mafiosi che, finanziando lo spaccio di droga per evitare il pizzo, danno al tessuto sociale la sensazione che nulla stia accadendo e infatti, in superficie, nulla accade: è tutto sotto, dove ci va soltanto chi sa e gli altri restano all’oscuro».”

Attraverso gli occhi di un picciriddu, lo scrittore messinese pone sul piatto il significato di innocenza per poi frantumarlo lasciando il lettore quasi incredulo per la crudezza della realtà, per la consuetudine degli eventi che si susseguono. Situazioni aberranti diventate una sorta di tradizione (e/o costrizione) per gli adulti ma non per il nostro piccolo eroe che, in emulazione di Nero Wolfe, protagonista degli sceneggiati Rai, si mette in testa di scoprire il colpevole dell’omicidio del ladro Giulio e dell’avvocato Cantarò.

«Mafiusi! Tutti mafiusi semu! Tutti muti ma u sapemu! Lo sappiamo, chi è che l’ha ammazzato! Ma la lingua ci si ferma non appena pensiamo a quel nome! Picchì vigliacchi semu! E davanti a Diu ni facemu u cuntu!».”

Una società di maschere, una comunità che, nella vita reale, recita una parte così come fanno i burattini dell’Opera dei Pupi e, nel medesimo modo, i siciliani che Cortese descrive, per paura o per esigenza, si affidano ai fili del puparo senza poter uscire dal turbinìo che, a dire il vero, essi stessi creano.

«Mafiusi! Tutti mafiusi semu! Tutti muti ma u sapemu!».”

“La mafia nello zaino” è narrazione che amalgama fantasia letteraria ed eventi reali come, ad esempio, la tragica morte di Giulio ritrovato con le mani mozzate perché aveva rubato, reminiscenza di un omicidio avvenuto nel 1999 di un ladro di 21 anni2 il cui corpo è stato rinvenuto nel torrente Idria in contrada Lando (Barcellona Pozzo di Gotto) con la testa fracassata e gli arti superiori monchi.

Mentre scorrono le pagine il picciriddu affronta ciò che lo psicoanalista James Hillman ha individuato nel contrasto Puer-Senex nel quale “il Puer Aeternus è quella struttura di coscienza e quel modello di comportamento che rifiuta e combatte il Senex […] e che è spinto a ricercare, a domandare, a viaggiare, a inseguire, a trasgredire ogni limite3. Limiti che il “bimbo” trasgredisce quando nella sua mente emergono le prime domande sulla mafia che, con un’ingenuità che non si presenterà successivamente, estende ai suoi compaesani, limiti che insegue senza freno a causa della forte curiosità di “sollevare il velo”, di scoprire i segreti che nascondono i suoi genitori, il sindaco Vito Massimino, il barbiere Santo Freni, padre Pippo e Don Nino detto Ninu u nanu. Trascinato da un innato sentore di giustizia diverrà, infine, portavoce dell’eredità etica del giudice Falco Di Giovanni.

Adesso ero sicuro che fossimo noi, io e quelli con me nel piazzale, a vivere nel mondo che Colapesce andava visitando quando si tuffava. Ero sicuro che fossimo rimasti intrappolati perché forse Colapesce non aveva mai voluto sostenere la Sicilia: aveva deciso d’affondarla, invece, e continuava a premere col piede sulle nostre teste, tenendoci qua sotto senza darci modo di riemergere.”


L’autore, Alessandro Cortese, oltre al già citato romanzo storico “Polimnia”, ha pubblicato la storia “Ore 1: Barcellona P.G.” (antologia “E tutti lavorammo a stento”, Arpanet, 2013), “Ad Lucem” (Arpanet, 2012), il racconto “A Mani Strette” (antologia “Fedeltà&Tradimento”, Arpanet, 2011), “Eden” (Arpanet, 2010), “Vita e ricordo di Mary Ann Nichols. Prostituta” (antologia “Concept – Storia”, Arpanet, 2007).


Written by Alessia Mocci


Info

Acquista “La mafia nello zaino”

https://www.amazon.it/mafia-nello-zaino-bimbo-lassassino/dp/B09GQJLG4V


Fonte

https://oubliettemagazine.com/2022/02/06/la-mafia-nello-zaino-di-alessandro-cortese-un-omaggio-a-giovanni-falcone-e-paolo-borsellino/


Booktrailer su Youtube, voce Alessandro Cortese

https://www.youtube.com/watch?v=ez002UEFais


1 “Questa è la storia di avvenimenti umani che, col tempo, non devono dissolversi nella dimenticanza. È la storia di imprese grandi e meravigliose, compiute tanto dai Greci quanto dai Persiani, ed è la storia di come gli uni e gli altri vennero in guerra tra loro.” Tratto da “Polimnia. Di 300 Spartani, una Grecia e dei Persiani di Serse”, capitolo Clio, pagina 7.

2 Fonte Repubblica: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1999/05/06/ruba-al-boss-mani-mozzate.html

3 James Hillman, Saggi sul Puer, Raffaello Cortina editore, 2021, capitolo Pothos, pagina 17.

15 febbraio 2022

“IL VOLO” DAVIDE CHIONNA a cura di Maria Marchese

 


IL VOLO” DAVIDE CHIONNA

a cura di Maria Marchese

L’opera “IL VOLO” nasce come atto celebrativo, rivolto alle Frecce Tricolore e alla Nazione Italiana. Nasce concepita in acciaio, ma l'autore va ben oltre. 

In essa, Davide Chionna infonde altresì la liberazione di un pensiero triadico: l'essenza si rivela, addivenendo da nucleo assoluto a rivelazione trina.

“ … Spiegami come hai fatto a far volare il falco? Forse sei un mago?’ Tra felicità, timore e imbarazzo, l’omino spiegò: ‘Non è stato difficile, Altezza, ho semplicemente tagliato il ramo su cui era poggiato il falco. Una volta che l’animale si è reso conto di avere le ali, ha cominciato a volare’.”

L’artista e l’uomo sono indi protagonisti e artefici di quel taglio e, medesimamente, del dispiegamento alare di un immaginifica creatura reale.

Essa è pregna dell’integrità necessaria per compiere il volo esistenziale…

L’artista Pugliese coglie la naturalezza del velo cartaceo, annichilendone la precaria fragilità con polvere e acqua: questo sodalizio ne suggella la fermezza, mentre le capaci mani dell’autore ne plasmano il plastico e aulico dinamismo intrinseco.

La perfezione, indovata nei calibrati equilibri del cerchio, sposa la liberazione e il movimento dell’alata essenza, nello spazio cosmico.



Tre sono gli impalpabili “credo”, che scivolano e si confessano, cautamente, laddove il nulla è portavoce dell'arche primo e onnicomprensivo.

Tra le loro trame, è custodita la gemmazione di altrettanti nuclei: promanati dall’energia originaria, evolvono in simbiosi con la linfa, che vivifica l'atto scultoreo.

“Assoluzione” e ritorno, molecola unica o universale: tutto si gioca nel sublime crescendo e calando di pieni e silenzi, orchestrato, magistralmente, dall’autore di Francavilla Fontana, tra “non limiti” di un suolo spaziale, scandito da millesimati istanti.

Quel candido sangue scorre, carsico, nel microcosmo materico della pienezza artistica, nutrendola di levità e intimità.

L’autore, che è altresì docente e architetto, ammanta la sua creatura di un assolo cromatico, simbolico di un periodo conoscitivo, contraddistinto dal cambiamento e dall’intelligenza intuitiva.

La fenice appare come composizione, ove si concretano le nozze di sottili intuizioni, che ravvivano la verità di una raggiunta compostezza.


14 febbraio 2022

I VENTI ANNI DELLA MONETA UNICA, FRA LUCI E OMBRE Di Antonio Laurenzano

 


I VENTI ANNI DELLA MONETA UNICA, FRA LUCI E OMBRE

Di Antonio Laurenzano

Passato inosservato il compleanno dell’euro. Per le tante incertezze operative legate alla pandemia, nessuna celebrazione per i venti anni di vita della moneta unica. Nel 2002 l’euro era stato salutato come il simbolo della integrazione monetaria del Vecchio Continente, garanzia di stabilità e prosperità, preludio alla costruzione politica della comune casa europea. Da Lisbona a Helsinki ad Atene un festoso changeover per il passaggio da dodici monete nazionali all’euro. Oggi è la moneta ufficiale di 340 milioni di cittadini europei in 19 Stati membri dell’eurozona ed è la seconda valuta più utilizzata a livello internazionale. Sulla scia dell’espansione del mercato unico, l’euro è diventato uno dei risultati più tangibili dell’integrazione europea insieme alla libera circolazione delle persone e al progetto Erasmus per gli studenti universitari.

Sono stati venti anni non sempre facili, una corsa ad ostacoli iniziata all’insegna della diffidenza dei mercati e dello scetticismo di alcuni economisti, superata nei primi anni grazie al concorso di due fattori: la Cina che, producendo merci a basso costo, ha impedito l’inflazione a livello mondiale e la Fed (la banca centrale americana) che, immettendo enormi liquidità nell’economia globale, ha tenuto bassi i tassi d’interesse. Un mix finanziario di grande effetto interamente assorbito dalla crisi dei subprime 2007-2008 con lo scoppio negli Stati Uniti della “bolla” immobiliare, punto di partenza della recessione mondiale. Senza la liquidità degli anni precedenti i mercati hanno richiesto rendimenti sempre più alti per comprare i titoli del debito dei Paesi più deboli per finanziarne i bilanci in rosso. La crisi finanziaria si è poi estesa con gravi ripercussioni nel 2010-2012 sul debito sovrano europeo, mettendo a nudo il problema dell’euro: essere una moneta senza un governo, senza uno Stato, senza una banca capace di garantire un intervento illimitato in caso di difficoltà. E’ l’anomalia di un’Europa unita sotto il segno della moneta, con la Banca centrale europea, unica istituzione federale, priva del sostegno di una politica economica comune e un coordinamento delle politiche fiscali e previdenziali. Fuori da un comune ombrello protettivo, ogni Paese risponde da solo dei debiti del suo Governo, delle sue banche, delle sue imprese con la conseguenza che l’assenza di aiuti da parte di Bruxelles e Francoforte provoca l’aumento dei tassi d’interesse, la rarefazione del credito, l’arresto della crescita. Senza una reale unione economica Paesi forti sempre più forti, Paesi deboli sempre più deboli, con economie nazionali troppo diverse fra loro, cicli economici asimmetrici e fattore di mobilità molto basso.

Dalla disastrosa tempesta finanziaria, ne sono conseguiti la riforma del quadro di governance dell’area dell’euro, l’istituzione del meccanismo comune di sostegno per i Paesi in difficoltà finanziaria e un sistema di vigilanza comune per le banche europee: si è riconosciuta cioè la necessità di rafforzare il ruolo di una cabina di regia a livello comunitario. Tutto questo ha portato l’euro a fortificarsi, a dotarsi di una buona forza d’urto contro le manovre speculative dei mercati e a renderlo una moneta di elevato standing internazionale, caratterizzata da una solida stabilità del cambio e, fino al pre-Covid, da una discreta stabilità dei prezzi.

In questa rinnovata dimensione comunitaria, azzerato ogni rigurgito nazionalistico, è stata significativa la risposta collettiva per fronteggiare i rovinosi effetti economici della pandemia: l’Ue ha adottato decisioni senza precedenti per proteggere vite e mezzi di sostentamento, integrando le politiche monetarie di sostegno della Bce. Particolarmente efficaci l’assistenza finanziaria SURE che ha contribuito a proteggere circa 31 milioni di posti di lavoro e l’innovativo piano per la ripresa dell’Europa, Next Generation EU, uno straordinario volano di crescita e sviluppo verso il futuro. Ma c’è ancora molto da fare.

Archiviata la stagione dell’austerità con le sue ricadute negative sul ciclo economico, è auspicabile una reale riforma del Patto di stabilità in grado di legittimare la governance economica dell’Ue, rafforzarne il suo ruolo nell’economia globale per uno sviluppo sostenibile. Per consolidare la ripresa dell’economia, serve una finanza pubblica espansiva con misure e sostegni concreti d’immediata attuazione a supporto della capacità del sistema produttivo dell’eurozona. Una finanza pubblica che non può più svilupparsi a debito con ricorrenti scostamenti di bilancio, ma che deve essere alimentata da una crescita economica stabile. Dalla revisione delle ferree regole del Patto di stabilità si attendono politiche economiche in grado di affrontare le sfide future dell’Ue. E quella più imminente è l’impennata dell’inflazione che peserà parecchio sulle tasche dei consumatori. La combinazione caro bollette-carrello della spesa sta già producendo un drammatico effetto povertà. Chiara la direzione di marcia dell’euro in prospettiva: puntare con unità di azione al mercato dei capitali unico, all’unione fiscale e al completamento di quella bancaria per assicurare sviluppo e coesione sociale. Per spazzare via i proclami folli di chi pensa di difendere l’interesse nazionale tornando alle vecchie monete, ignorandone le drammatiche conseguenze per investitori e risparmiatori, e per la stessa sovranità finanziaria dell’Europa.

11 febbraio 2022

ERBE SELVATICHE - LE DELIZIOSE ERBACCE a cura di Françoise Dully

 


ERBE SELVATICHE - LE DELIZIOSE ERBACCE

Pagina Etnobotanica:

Oggi vi parlerò di una piccola pianta inappariscente ma molto robusta, sopravvive all'inverno e sboccia anche sotto la neve. E' la pianta di questa stagione cioè già da fine gennaio in avanti e ci dice “mangiami” che è adesso il momento se vuoi purificarti dall'inverno.



E' dunque la “Valeriana locusta”. E' una piccola pianta erbacea timida e gracile, arriva subito dopo la neve e rimane fino a metà aprile. Da noi in Ticino la chiamiamo "Formentin"; "Soncino" in italiano; “Doucette ou mâche” in francese; “Nüsslisalat” in Svizzera tedesca, e tanti altri soprannomi che variano a seconda delle regioni.



All'inizio ci vuole occhio per scoprirla, ma poi una volta scoperta esistono zone intere di Valerianella. La si puo trovare nei campi, nelle vigne e nei muretti ben esposti al sole. Forma piccole colonie di rosette. Il suo vero nome è "Valerianella locusta", della famiglia delle Valerianacea, che significa, piccola ma robusta.

E' una pianta selvatica sana e di forma allungata. Le foglie dette anche a spatola , sono brillanti e morbide, hanno una forma semplice, intere e le cime sono rotondate. La valerianella selvatica ha un colore verde chiaro ed è molto tenera, quelle coltivate sono di un verde più scuro e spesse. A marzo/aprile la pianta produce delle ombelle con piccoli fiori dal bianco al blu.



Alla Valerianella sono riconosciute tante proprietà, rinfrescanti, digestive in quanto stimola le attività del fegato, dei reni e dell'intestino. Si tratta di un alimento dalle proprietà depurative e diuretiche e rivitalizzanti. E' una pianta officinale dunque commestibile in tutte le sue parti, ma di solito si raccolgono solo le foglie per una insalata primaverile per eccellenza. E' buonissima mangiarla da sola o eventualmente con noci, frutta secca, mela, mandarino , arancia.



Una vera delizia

"Or formentin, on'insalatina ch'a ra pürga quáand a tórna 'r bel”.....


(c) Françoise Dully

09 febbraio 2022

Joe R. Lansdale - Mucho mojo – a cura di Marcello Sgarbi

 


Joe R. Lansdale - Mucho mojo
(Einaudi)

Collana: Super ET

Pagine: 288

ISBN 9788806240417

In questo noir – il secondo che ha come protagonisti Hap Collins e Leonard Pine – l’indagine della coppia di insoliti investigatori parte dal ritrovamento dello scheletro di un bambino sotto le assi di un impiantito. Dopo avere ereditato da uno zio centomila dollari e una casa fatiscente, Leonard invita Hap a trasferirsi nella dimora per ristrutturarla e rivenderla. Ed è proprio durante i lavori che i due fanno la macabra scoperta. Ma ancora più agghiacciante è scoprire che, da dieci anni a quella parte, nel mese di agosto scompare dal quartiere un bambino di colore, povero e quasi sempre figlio illegittimo di una prostituta.                                                La faccenda si complica quando gli indizi raccolti sembrano coinvolgere alcuni personaggi influenti della comunità. Abile soprattutto nel condurre i dialoghi e nello stemperare con calibrata ironia l’atmosfera al limite dell’horror che permea il romanzo, Lansdale ritrae con efficacia anche le situazioni d’ambiente del profondo sud degli States, che da bravo texano conosce bene.

Il fumo di sigarette e sigari era talmente denso da poterci appoggiare sopra un boccale di birra”.

In effetti, scrutava me con la stessa attenzione che un bird watcher potrebbe dedicare a un usignolo con due becchi”.

Ha una fedina penale più lunga delle gambe di un giocatore di basket”.

Il cielo era acquattato a ovest, scuro come uno stivale militare, ed era scosso da tuoni avvelenati”.

Notai le macchie di fegato sulle sue mani. Perché non me n’ero mai accorto prima? Sembravano vecchie monetine viste sotto un bicchiere di caffè slavato”.


© Marcello Sgarbi


08 febbraio 2022

“L'ANIMA DELLA PIANTA” CARLO RIVA a cura di Maria Marchese

 


“L'ANIMA DELLA PIANTA” CARLO RIVA a cura di Maria Marchese

“La conclusione di tutte le nostre ricerche sarà di arrivare dove eravamo partiti e di conoscere il posto per la prima volta. ” (Thomas Stearns Eliot)

Quasi al culmine della ricerca, Carlo Riva percorre, apparentemente, a ritroso, la via del ricongiungimento alla sublimità.                                                       Nell’immaginario comune, essa si rivela in cilestrini aneliti di cielo: tra impalpabili e mutevoli altezze, l’individuo indova il senso dell’interezza. Il ciglio dell’autore di Sirone, invece, la percepisce risolversi addentro la lignea vita; ivi ha la consapevolezza di trovarla.

E come il vento / odo stormir tra queste piante, io quello / infinito silenzio a questa voce / vo comparando: e mi sovvien l’eterno, / e le morte stagioni, e la presente / e viva, e il suon di lei. Giacomo Leopardi, L’infinito

Un ventoso e irrequieto pensiero incontra il drappo, che è vela di una metaforica navigazione, nello scorrere esistenziale: ne intride le trame, riempiendole di irragionevolezza al punto tale da condurre questo spirito nel mare della ricerca.                                                                     L’autore, come un moderno e poetico Ulisse, supera il confine conoscitivo…



Carlo Riva frange indi l’orizzonte, sospinto dal vivo ascolto del silenzio; compara ciò che vive oltre la finitezza di quella linea, allora, alla propria voce interiore, e approda ad un’immaginaria realtà acquea e melliflua. Nasce così la necessità astrarre, concretamente, il privilegio di una ritrovata estasi e l’unità di quest’ultima. L’autore identifica quello spazio uterino, nel proprio oblio boschivo: nel legno dimora, poi, la quiescenza amniotica, ove cresce una realtà ineffabile e essenziale.

Così l’autore ritorna all’archè, impugnando una carezzevole lama, per figurare la visitazione e vita, insita nell’assoluto. Fiorisce una molteplicità di volti femminei o maschili, esperienze intime e personali, in costante gestazione; pieni seni ammiccano prepotenti e fecondi, come riservati e misteriosi dorsi, dissolvenze appaiono al ciglio… L’autore asseconda gli umori del suolo materico, che si manifesta tra asprezze e levità: la sensatezza di un cangiante crescendo e digradando echeggia, nel leitmotiv di una continua scoperta. Gli spazi sono così travolti da marosi e bonacce, abbracciando la verità di un’esperienza piena. L’osservatore viene così coinvolto non da un atto scultoreo bensì da un centellinato viaggio di scoperta, laddove si confronta con se stesso, con l’altro, con l’artista e con più pagine conoscitive, passate, presenti oppure ancora da scrivere.


I sette peccali capitali sotto l'obiettivo di Sauar Articolo di Marco Salvario

I sette peccali capitali sotto l'obiettivo di Sauar Articolo di Marco Salvario Formatosi all'Accademia delle Belle Arti di Cune...