30 novembre 2017

I PROBLEMI DELLA LEGGE DI BILANCIO 2018 di Antonio Laurenzano

I PROBLEMI DELLA LEGGE DI BILANCIO 2018
di Antonio Laurenzano

Snella e utile alla nostra economia per favorire crescita e occupazione”. E’ la manovra di bilancio 2018, secondo la definizione del premier Gentiloni, che dopo una serie infinita di emendamenti in commissione Bilancio al Senato è arrivata in aula a Palazzo Madama per l’approvazione parlamentare. Un iter particolarmente complesso (si concluderà a Montecitorio) che ha registrato in sede referente il classico “assalto alla diligenza” da parte dei vari gruppi politici per portare a casa non solo modifiche sui grandi temi in discussione ma anche sconti e agevolazioni in singoli settori. E’ iniziata la campagna elettorale con la caccia al voto! Presentati oltre 700 emendamenti: dagli aiuti alle famiglie (bonus bebè, voucher babysitter per le madri lavoratrici, contributi per l’assistenza ai familiari malati o disabili) alle misure fiscali (cedolare secca del 10% su affitti brevi, web tax per imprese italiane, crediti d’imposta per le librerie, alleggerimento del superticket sanitari.), agli interventi sulle pensioni (lavori usuranti esclusi dallo scatto dell’età pensionabile previsto nel 2019) e sul codice della strada (giro di vite per l’utilizzo di cellulari durante la guida).
Un mix di emendamenti approvati nell’ottica di una manovra di bilancio leggera che punta alla coesione sociale e alla crescita economica, grazie anche alla limitazione del deficit strutturale di bilancio allo 0,3% del Pil in luogo dello 0,8% fissato dal Documento di economia e finanza dello scorso aprile. Com’era prevedibile, sul Ministro dell’Economia Padoan (candidato alla guida dell’Eurogruppo) sono piovute richieste di maggiori spese, ma non tutte correlate alla realtà della precaria finanza pubblica italiana. Cifre alla mano, la Legge di bilancio 2018 “pesa” 20,4 miliardi: la copertura è assicurata per 10,9 miliardi dal deficit aggiuntivo sul Pil e per gli altri 9,5 da maggiori entrate (60%) e tagli di spesa (40%). In particolare, le entrate riguarderanno ”misure strutturali”, come concordato con la Commissione europea (lotta all’evasione) e, solo in parte “misure una tantum” (rottamazione bis delle cartelle, introiti dall’asta delle frequenze per la banda larga mobile) che comunque non potranno impattare sul deficit strutturale.
Obiettivo principale della Legge di bilancio 2018, quello più pesante che assorbe circa i tre quarti dell’impegno finanziario della manovra, è il blocco degli aumenti fiscali legati soprattutto all’Iva (aliquota ordinaria dal 22 al 25%) previsti dalle clausole di salvaguardia introdotte dalla Legge di stabilità del 2015. La promozione degli investimenti (5,1%), industriali e pubblici, completa l’elenco degli obiettivi della manovra insieme alla spinta dell’occupazione.
Tutto ok? Non proprio. Dalla Commissione Ue è già arrivata la pagella sui conti pubblici italiani: “debito troppo alto, rischio di inadempienza”. Il giudizio definitivo, per non interferire sulla prossima scadenza elettorale, non arriverà prima delle elezioni politiche di primavera. La “lettera di richiamo” pervenuta da Bruxelles parla di debito elevato e di un deficit che migliora ma solo marginalmente. Una richiesta implicita di aggiustamento dei conti con una manovra correttiva (che Padoan esclude) per evitare l’apertura di una procedura d’infrazione. Con il richiamo a un più rigoroso controllo della finanza pubblica, la Commissione ha ammonito il governo italiano a evitare “una retromarcia su importanti riforme strutturali di bilancio, specificatamente sulle pensioni che garantiscono la sostenibilità a lungo termine del debito”. Anche perché “la ripresa appare fragile, la disoccupazione è alta e il sistema bancario resta vulnerabile”. Tutti i nostri mali, al di là di ogni facile (e irresponsabile) promessa elettorale,, sono sempre riconducibili alla entità del debito pubblico (salito a novembre a 2283 miliardi di euro, circa il 133% del Pil!). Quando finirà la finanza allegra nel Belpaese?


28 novembre 2017

CINQUECENTENARIO DELL’AFFISSIONE DELLE 95 TESI. Fu vera gloria? La Riforma fu riforma o controriforma?

CINQUECENTENARIO DELL’AFFISSIONE DELLE 95 TESI.
Fu vera gloria? La Riforma fu riforma o controriforma?

Siamo a cinquecento anni dalla Riforma protestante. Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza. Fu una rivoluzione o un’involuzione? Da un lato la Riforma spezza gli involucri feudali del Papato e dell’Impero, erede della tradizione umanistica, già forbita da Erasmo (“Ubi Erasmus innuit, ibi Lutherus irruit”), sposta il potere soteriologico al singolo, all’intimo, dà una forte importanza all’interpretazione dei testi sacri. Importante è parallelamente alla rivoluzione culturale della stampa di Gutenberg, la traduzione dei testi. Denuncia l’abuso dei mezzi di salvazione e la corruzione ecclesiastica. Con Calvino esalta l’arricchimento ed il lavoro borghese, dando l’incipit alla forma mentis che porterà al moderno capitalismo: Weber docet. Eppure riflettendoci e facendo un bilancio arriviamo forse a conclusioni anche discutibili, che ci inducono, a proporre delle riflessioni sulle 95 tesi, tenendo anche presente la posizione del Concilio Tridentino: 1) Sola fides. Siamo sicuri che solo la fede basti per la salvazione? I riformatori erano ossessionati dal problema della salvezza, che già aveva, tra l’altro assillato Agostino, il quale, per sfuggire agli estremi del manicheismo e del pelagianesimo, era giunto ad una posizione intermedia tra libertà e grazia: qui creavit te sine te, non salvabit te sine te. Ma siamo sicuri che basti la sola fede? Senza il concorso delle opere? San Giacomo è chiaro – la fede senza le opere è morta (2,18) - eppure il testo è stato espunto, insieme ad altri che andavano contro il regime teologico generale, apposta dai luterani dal corpus biblico. È un’illusione credere che l’uomo possa salvarsi per sola fede. Allora potrebbe fare tutto: uccidere, darsi alla pazza gioia e poi subito si converte. Il caso di Paolo, di Agostino, sono casi eccezionali della bontà e provvidenza divina, ma non sono la norma. Anche i demoni hanno fede! Eccome! 2) I sacramenti sarebbero soltanto due: il battesimo e l’eucaristia. O meglio sarebbe soltanto uno (solus baptisma), infatti non tutti erano concordi sull’eucaristia: Zuinglio crede che sia solo la celebrazione commemorativa simbolica dell’ultima cena; Calvino crede che serva a creare un legame spirituale con Cristo; Lutero che sia la rappresentazione corporea di Cristo. E gli altri, che fine hanno fatto? Il matrimonio, ad esempio, non ha valore sacramentale? E così si potrebbe ammettere anche il divorzio. 3) Nessuno mette in dubbio il sacerdozio universale, eppure è impossibile che non vi sia un ordine ministeriale, del resto lo prevede la stessa “Istituzione cristiana” di Calvino: pastori, dottori e diaconi. 4) Lutero nega la libertà individuale (De servo arbitrio). Anzi poi nella pax augustana del 1555 la libertà viene riconosciuta solo ai principi (cuius regio eius religio). Dio avrebbe creato così dei manichini, senza libertà. Così torniamo al manicheismo, allo gnosticismo ed al fatalismo tipici del modello orientale, dove sono liberi solo i re, tutti gli altri sono sudditi (lo dirà Hegel). 5) Di conseguenza non esiste differenza tra religione e stato. Tutti i modelli riformati propongono non tanto un modello laico, ma un modello totalitario religioso – tipico a proposito quello calvinista – dove società e religione si identificano – oggi ne abbiamo degli esempi in quelli proposti dagli islamisti (non gli islamici). Il passaggio dal totalitarismo religioso a quello ateo, o neopagano, o laico è così bello e spianato. Così si spiega la mentalità tedesca che in altri tempi ha potuto favorire l’ascesa del nazismo. Contro il principio evangelico date a Cesare quello che è di Cesare ed a Dio quello che è di Dio, si riafferma, invece, il cesaropapismo. Ma la religione non può dipendere dai Cesari di turno, sennò torniamo all’adorazione dei faraoni e degli augusti. Il capo religioso è solo Dio, o i suoi ministri, non può essere un Kaiser. Esempi di questi tentativi furono, oltre all’anglicanesimo: il gallicanesimo, il giuseppinismo ed antri. 6) Lutero avrebbe potuto effettuare una forte riforma religiosa senza dividere la Chiesa. Lo stesso fecero i grandi riformatori religiosi della storia, come San Francesco ed altri e nella stessa età della Controriforma. Un esempio lampante e significativo fu quello dei Gesuiti. ma un vero riformatore cosa fa? Prendete un Enrico VIII: fece uccidere tutte le mogli e gli oppositori. Lutero si fece abbindolare dalla politica: fece gli interessi dei principi e della borghesia. La sua fu una rivoluzione borghese. 7) Lutero fece massacrare tutti i contadini, che credevano in lui. E perché non fece massacrare i ricchi? La riforma esalta i ricchi borghesi. Con Calvino la teologia sarà accordata agli interessi del capitalismo. Mammona si può conciliare con Dio. Perché il povero Muntzer fu decapitato e Lutero no? Perché il primo era un riformatore che andava contro gli interessi dei principi, il secondo era un riformatore borghese. La costituzione agraria rimane immutata fino al XIX secolo. Il contadino-servo è spogliato di ogni diritto politico. Il Principe, immagine perfetta del “principe” machiavellico, rinvigorito dal principio luterano della passiva sottomissione al capo - fuhrer-prinzip – (non a caso i nazisti veneravano Lutero, mentre i comunisti Muntzer), diviene la forza dominante della modernità. Il moto religioso si trasforma in moto politico dando luogo alle guerre di religione. Siamo sicuri che Dio volesse una “Riforma” del genere? 8) Basta leggere i “Discorsi a tavola” che non provengono dall’infamia cattolica, per rendersi conto della dirittura morale dei riformatori. Un riformatore che si dà alle crapule ed ai ristori, che si concede agli amori carnali può essere autentico? Lo stesso vale per Enrico VIII. Tutti i grandi riformatori religiosi, pur nei limiti della perfezione umana, hanno cercato sempre di essere moralmente impeccabili, ciò vale ai profeti sino ai santi. Fate un confronto tra Lutero e Francesco di Sales. A chi credereste? 9) Oltre la vendita delle indulgenze e la corruzione ecclesiastica, certamente temi discutibilissimi, d'altronde la Chiesa è casta meretrix, e non è perfetta in virtù degli uomini, ma in virtù della Grazia che la sostiene, altrimenti sarebbe decaduta da tempo, con tutti i papi del Rinascimento (tipo Borgia), il problema risiede nella dignità sacerdotale, che procede ex opere operatur: cioè questo pretende che i sacerdoti fossero dei santi, mentre lui poteva fare tutto quello che voleva (mangiare, bere, sesso, etc.) e Dio che salva per sola fede, e non per i meriti (potrebbe a questo punto salvare anche un Hitler, od un Mussolini, l’importante che non fossero atei), perché non dovrebbe elargire le sue grazie sacramentali a mezzo di ministri anche moralmente indegni? 10) Il culto dei santi e della Vergine sono proibiti. D'altronde questo culto è secondario rispetto a quello dovuto verso Dio: si parla infatti di venerazione, non di adorazione. Una religione senza santi è morta. Avete mai visto un Lutero, o Calvino, o Enrico VIII fare dei miracoli? Una riforma senza santi è puramente umana. Al culto dei santi viene sostituito il culto della personalità – vedete come veniva celebrato Calvino – e ciò a lungo andare si tramuterà nei culti laici, come ad esempio, le proposte parareligiose di Robespierre, Comte, e – perché no? – i culti dei dittatori del Novecento (Hitler, Stalin, …). 11) Il libero esame dei testi sacri, che fu più che altro una trovata illuministica, non ci assicura la retta comprensione dei principi teologici. A parte che Dio non solo si incarta in un libro, dal quale sono stati espunti molti testi scomodi dai riformati, quanto si mantiene vivo nella traditio. È l’Evento, cioè l’incarnazione, il fulcro della vita religiosa e non solo il testo sacro, che potendo essere interpretato a piacimento può essere poi accomodato ai propri interessi ed i propri comodi: ad esempio il divorzio, la guerra santa, l’intolleranza religiosa. Così 1000 pastori e 10.000 fedeli potrebbero dare interpretazioni diverse del testo sacro. 12) La Riforma su parimenti intollerante quanto la Controriforma. Un esempio lampante fu il rogo di Serveto. Perché tutti i movimenti religiosi non ebbero eguale espressione nell’età della riforma? A quale movimento faceva parte Serveto? Dio può stare dalla parte dei potenti? 13) Oltre al fuhrerprinzip, aleggia nel luteranesimo un forte antisemitismo, che poi troverà massima espressione nella cultura tedesca (Hegel e company) e nel nazismo. 14) Il vittimismo: Lutero pecca di vittimismo nei confronti di Dio. L’uomo è schiavo del peccato, dunque sarebbe legittimato a fare di tutto e poi ad affidarsi a Dio. è vero che la Chiesa ha abusato dei mezzi di salvazione, ma lui ha abusato dei mezzi di non-salvazione. Quindi riassumendo, i capisaldi della Riforma andrebbero riformati: 15) Sola Fides. in realtà solo la fede non basta, come abbiamo visto, quindi andrebbe riformato in Sola Fides cum Opera, anche non per merito. 16) Sola Scriptura. Sacra Sriptura interpretes sui ipsius. Solo la Scrittura non basta. Dio non si è incartato in un libro e finisce tutto là. Poi la Scrittura non interpreta sé stessa, ed i testi, come già Galilei aveva evidenziato, hanno bisogno di interpretazione. Un libro morto non può interpretare sé stesso. Sarebbe il caso di citare Nietzsche: i fatti sono stupidi senza l’interprete. Così i testi sono stupidi senza l’interprete (Gadamer). D'altronde anche nella scuola protestante ci sono le cosiddette “tradizioni” ed i teologi. Ed ognuno interpreta a modo suo: così i testimoni di Geova fanno riferimento solo alla Bibbia ammessa dal loro centro, i Mormoni oltre al testo sacro ammettono il libro di Mormon, etc. Quindi Sola Scriptura cum traditione. 17) Sola Gratia. Ridurre tutto a sola Grazia significa fare di Dio un dittatore. Tutto dipenderebbe dalla provvidenza e dalla predestinazione. Così Dio vorrebbe le guerre mondiali e i campi di sterminio. Il problema risale ad Agostino, il quale per evitare i due estremi del manicheismo – sola gratia – e del pelagianesimo – sola libertas – si barcamenò su di una via di mezzo. D'altronde Lutero riprende Agostino e Paolo. Quindi: sola gratia cum libertate. 18) Solus Christus. Certo va benissimo, però cum christiano. 19) Dei soli honor et gloria, va benissimo, però cum glorificatis. Queste note critiche vogliono solo offrire uno spunto per la riflessione storica. Del resto la Riforma è stato un movimento importantissimo dell’età moderna.


Vincenzo Capodiferro

11 novembre 2017

NOVEMBRE, IL FISCO BATTE CASSA! di Antonio Laurenzano

NOVEMBRE, IL FISCO BATTE CASSA!
di Antonio Laurenzano

In attesa dell’approvazione della Legge di bilancio con le relative novità fiscali, per imprese e famiglie è arrivato il mese delle tasse con una lunga lista di scadenze e numerosi adempimenti. Il Fisco batte cassa! Tra Iva periodica, contributi INPS, ritenute d’imposta, addizionali e acconti di Irpef, Ires e Irap i contribuenti sono chiamati a versare all’erario entro novembre circa 55 miliardi di euro. Un gettito tributario che, secondo le stime dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre, sarà assicurato dall’ imposta sul reddito delle società di capitali (Ires) con 14 miliardi di euro, dall’ IVA dei lavoratori autonomi e imprese con 13 miliardi di euro, dalle ritenute Irpef di lavoratori dipendenti e collaboratori con 10,9 miliardi di euro, dall’acconto Irpef con 7,7 miliardi di euro, Irap con 6,8 miliardi di euro e infine dall’addizionale regionale Irpef e dalle ritenute dei lavoratori autonomi con circa 2 miliardi di euro. Una girandola impressionante di entrate per alimentare la spesa pubblica, in primis gli interessi sul crescente debito pubblico e la previdenza.
La “longa manus” del Fisco colpisce soprattutto le imprese il cui carico fiscale non ha pari nel resto d’Europa: nel 2015, circa il 15% del gettito fiscale totale (490 miliardi) rispetto al 14,8% dell’Irlanda, al 12,9 del Belgio, al 12,7 dell’Olanda, all’11,8% della Spagna, all’11,6% della Germania e dell’Austria. La media dell’Ue si attesta all’11,5%. A fronte del gravoso prelievo tributario, le imprese lamentano da tempo la inadeguatezza dei servizi erogati dallo Stato, il debito della Pubblica amministrazione nei confronti dei propri fornitori (oltre 64 miliardi di euro) e soprattutto il peso economico del deficit infrastrutturale e della cattiva burocrazia che incide fortemente sulla competitività internazionale a livello di costi di produzione. Un impatto che frena anche gli investimenti stranieri nel nostro Paese.
Dopo il caos di ottobre legato allo spesometro e alle sue difficoltà operative (si sta ora rimediando con la Legge di bilancio), per le partite IVA in particolare è iniziato un mese impegnativo sul piano della liquidità, con crediti in bilancio non facilmente esigibili e rapporti bancari sempre più precari, senza ignorare la stretta sulle compensazioni d’imposta in via di drastico rafforzamento. In pieno clima pre-elettorale non mancano promesse di tagli di imposte e tasse: la solita fantasiosa rincorsa verso il libro dei sogni in presenza di un ingombrante debito pubblico. La realtà è ben diversa, è sotto gli occhi di tutti. Ogni anno, già con le vecchie Leggi finanziarie, ai contribuenti vengono chiesti nuovi sacrifici attraverso nuove imposizioni , a volte cambiando il nome del balzello. Si opera senza una politica fiscale improntata a una tassazione di equità. Conciliare gettito tributario e capacità contributiva del contribuente sarebbe fondamentale per l’affermazione dei principi di civiltà giuridica e per contenere la diffusa “evasione da sopravvivenza”.

E’ stretta la strada da percorrere per arrivare a una reale diminuzione della pressione fiscale a causa dei vincoli europei imposti ai nostri dissestati conti pubblici. Nel Belpaese un taglio delle tasse, se pur minimo, resta strettamente legato alla spending review, alla moralizzazione della vita pubblica, a una finanza pubblica trasparente, non inquinata dal malaffare a qualsiasi livello, istituzionale e territoriale. Il quadro macroeconomico e finanziario del Paese non consente errori: il rischio è che potremmo essere “costretti” a ripianare buchi di bilancio con manovre correttive dure da assorbire. Si impongono scelte serie e coraggiose, proiettate nel futuro. Non misure tampone, ma finalmente una rigorosa politica di risanamento della finanza pubblica e di sviluppo della nostra economia con una organica riforma fiscale. Vorremmo condividere l’ottimismo del Ministro Padoan: “l’Italia è nel mezzo del treno della crescita europea, in un paio d’anni saremo in testa”. Segnali di ripresa ci sono, ma la crescita economica italiana rimane la più bassa dell’Unione: siamo il fanalino di coda! E speriamo che l’imminente scadenza elettorale non ci regali instabilità politica ed economica. Sarebbe un salto nel buio!

10 novembre 2017

Paratissima 13 - Marco Salvario

Paratissima 13 - Marco Salvario

Manifestazione ormai consolidata e collaudata, Paratissima si è presentata quest’anno a Torino all’insegna della continuità e, al tempo stesso, di un profondo rinnovamento.
Molto interessante la nuova locazione, la famigerata ex caserma La Marmora, oggetto negli ultimi anni di alcuni tentativi di recupero che, purtroppo non hanno avuto seguito. Come sempre i lavori fatti per rendere la sede all’altezza dell’evento sono stati rimarchevoli e questo giustifica il biglietto d’ingresso, salito a 5 euro dai 3 dell’anno scorso. Ovviamente qualche elemento al limite dell’agibilità è rimasto: Una porta bassa contro la cui architrave mi sono spettinato i capelli, mattonelle ballanti e rotte che facevano inciampare i visitatori stanchi e distratti, scalinate pericolose. Piccole pecche che, anche se non rimosse, andavano segnalate e un cartello di pericolo costa davvero poco. Ai portatori di handicap, comunque esentati dal pagamento dell’ingresso, l’accesso ai piani superiori erano precluso.
Fatte queste segnalazioni, come in passato l’organizzazione va promossa con ottimi voti. Allestire una manifestazione complessa e dalle mille facce com’è Paratissima, gestire artisti professionisti e dilettanti insieme, sponsor, problematiche tecniche, amministrative e politiche, richiede uno sforzo e una capacità eccezionali.
Il livello dell’offerta al pubblico è ogni anno più ordinato e di qualità, ne hanno fatto le spese certa creatività estrema che è scomparsa e sono mancate le provocazioni. Belle opere, tanta tecnica, personalità raramente interessanti. Ottimi tecnici e artigiani, pochi creativi veri. Proprio per questo, perdonatemi, se mi chiedete quale immagine mi sono portato dietro più a lungo dopo la visita a questa Paratissima, rispondo che mi ha colpito la grande scritta “Chi è stato bersagliere a vent’anni, lo rimane per tutta la vita”, che era impressa a caratteri cubitali nella grande piazza d’armi. Mi scusino gli artisti, purtroppo è la verità!




Paratissima 13 – Superstition.

Tredicesima edizione, che cade nell’anno diciassette, comincia il primo novembre in una locazione che tra il 1943 e il 45 ha visto torturare e giustiziare prigionieri politici, partigiani e antifascisti. Sicuramente il tema era centrato, anche se all’interno della manifestazione è stato relegato a un ruolo marginale e, perciò, dimentichiamocelo subito.
Il numero di artisti presenti a Paratissima è leggermente diminuito rispetto al 2016. Siamo però molto sopra i 500, davvero una folla arrembante. Notevole la risposta dei visitatori, 46mila, numerosi già dai primi giorni di apertura e per nulla disorientati dalla nuova locazione, da qualche difficoltà di trovare parcheggio e dalla pioggia degli ultimi due giorni.

Prima di iniziare la mia personale analisi dell’evento, lasciatemi puntualizzare:
1)     Le segnalazioni e i giudizi che leggerete in quest’articolo sono pareri personali e riguardano opere di artisti che mi hanno colpito favorevolmente. Se uno degli espositori si trova citato, è perché la sua opera mi è piaciuta. Se non si parla di lui, o non mi ha interessato, o il caso ha voluto che le sue opere mi sfuggissero.
2)     Mi sono soffermato esclusivamente su opere di pittura, scultura, grafica e fotografia, mentre non ho considerato multimedialità, moda, design, musica ecc.
3)     L’elenco che segue non è una classifica esatta ed è nato dalla sistemazione casuale delle fotografie che ho scattato.

Parallela alla manifestazione principale si è svolta Paratissima 360, con locazioni sparse per la città. Ho cercato speranzoso di curiosare su tale realtà, che sembrava volere ricreare lo spirito delle prime edizioni, ma la mia ricerca è stata distratta, faticosa e priva di soddisfazione. Peccato!

Rimbocchiamoci le maniche e iniziamo.




Fabian Albertini

Bianco Deserto. Intrigante il sistema di stampa Inkjet su lastra di cemento, perché no? Il risultato è ottimo. Forse sono veramente deserti, più probabilmente sono mari o cieli o pianure: l’importante è l’emozione che comunicano questi spazi bianchi, brucianti o nebbiosi, dove lo spettatore si perde inseguendo se stesso. Un ambiente per molti aspetti alieno, capace di assorbire e negare ogni palpito. Emozioni o, paradossalmente, assenza di emozioni, come se, cercando dentro di noi risposte alle eterne domande della vita, perdessimo i dettagli e i colori del mondo che ci circonda. Quadri da vedere per entrare e perdersi in noi stessi.




Elisa Carli

Volti di donne disegnati con tratti forti, spesso pastosi, eppure in grado di cogliere l’essenza del loro essere, del loro muoversi, pensare, interrogarsi e interrogare. Introspezione oppure slancio vitale, gioventù e freschezza: le tele dell’autrice sono creature riuscite, parlanti, che conquistano chi le osserva.
Mi ha sorpreso come tanta comunicatività avvenga sfruttando la posa del corpo, il movimento e non lo sguardo: gli occhi sono chiusi, nascosti, velati dai capelli. Una scelta coraggiosa e riuscita.





Ylenia Viola

Un trittico di fotografie, formato 60x60 cm, che mettono a confronto il nostro io esteriore e interiore in una ricerca personale e solitaria che termina con la perdita dei riferimenti e la disperazione della sconfitta. Ottimo il gioco di ombre e molto azzeccata, sia nella foto sia per la foto, la struttura grezza delle cornici di legno.
Questa brava fotografa, e fotografa è sicuramente una catalogazione riduttiva, a mio parere si è rivelata la presenza più importante di questa edizione di Paratissima.




Non posso non soffermarmi anche su un altro splendido lavoro di Ylenia Viola, “La Caduta”. Anche qui siamo di fronte alla sconfitta, al tentativo di Icaro di superare i propri limiti umani e all’amaro ritorno alla terra. Bisogna seguire gli artisti nelle indicazioni che danno alle proprie opere: io avevo pensato alla superbia di un Lucifero vinto, però il messaggio forte e diretto dell’opera non cambia.
La Direzione artistica ha scelto di acquistare un’opera dell’artista per la collezione permanente di Paratissima. Ottima scelta!




Roberta Capello

Corpi nudi la cui immagine è divisa, senza interromperne la continuità, tra pittura e fotografia. Figure femminili passive, stanche, esposte e mai ostentate, senza seduzione, nascoste dalle ombre pesanti e tradite dai riflessi di luce. Donne alla ricerca di se stesse mentre intorno a loro nulla esiste, se non una notte buia e fredda. Non esiste l’ambiente, non esistono altri uomini o donne. Come in molte altre opere esposte, uno dei temi dominanti è quello della solitudine accettata e subita senza nessuna capacità di ribellione.




Germano Casone

Le sue crete lasciano il pubblico con la contrastante sensazione di opere grezze e di una raffinata perfezione.
Pile di libri, in equilibrio instabile, sostenute con fatica da uomini soli e stremati, rifugio per qualche ragazzino che su esse sale per vedere il mondo da una prospettiva di sapere, che ormai è un lusso prezioso di quei pochi che non si rassegnano a quella ignave mediocrità che tanto è comoda per le nuove generazioni, senza speranze e senza aspirazioni.
Sicuramente riuscita anche la testa con cappello in creta rossa “A Socrates piace il blues”, dove passato e presente, omaggio e ironia, si fondono insieme.




Roberto Tartaglino

Nel suo sito leggo con sorpresa che si tratta del primo lavoro che espone. Ottima partenza!
Nelle sue foto la crisi esistenziale di una ragazzina sospesa tra il mondo dell’infanzia e quello degli adulti. Immagini in bianco e nero di grande efficacia, costellate con esperta leggerezza di simboli. Disagio, smarrimento e sofferenza. Occhi grandi e innocenti, jeans attillati, unghie colorate, un grande orsacchiotto bianco che viene abbandonato e verso cui, la ragazza, pur allontanandosi, ancora guarda. E i simboli del tunnel da cui si sta uscendo o delle sbarre cui le mani si aggrappano. Il volto perso e incerto.
Le luci e le ombre espertamente dosate aumentano l’emozione dello spettatore, che non può che fermarsi e riflettere.




Marcello Silvestre

I suoi quattro Pulcinella in ABS, nella mia foto ne vedete solo tre e manca il più grande, dimostrano come la stampa tridimensionale al computer possa fornire nelle mani di chi sa usarla risultati eccezionali. Ci si può chiedere se è vera arte quella che è prodotta da raffinati strumenti e non dalla mano dell’uomo e, a mio parere, la risposta è affermativa. L’idea è nell’uomo e non nella macchina.
Oltre a tutto, finalmente, opere che rispondono al messaggio scelto per Paratissima 13. Quale migliore risposta alla superstizione del cornetto di Pulcinella? Nessuno si stupisce a scoprire che l’autore è nato a Napoli!




Cristina Saimandi

Che cosa sono le Didi, creature dalle forme spiacevoli e malate? Sono le nostre anime senza armonia, senza slanci e senza più passioni? Sono la proiezione nel futuro dei nostri figli, creature bruciate dall’inquinamento e dalle radiazioni? Sono esseri di altri pianeti? Sono folletti del bosco che ancora riescono a nascondersi ai nostri occhi? Forse siamo noi stessi, quando siamo osservati con uno sguardo senza indulgenze e non possiamo nascondere la nostra pochezza. Anime colpevoli e perse, come dovremo presentarci al Giudizio Finale nell’Ultimo Giorno.



Gina Metitieri

Vanità. Olio su tela intenso e vivo, il volto proteso con quel collo lungo da cigno che sarebbe stato la gioia di Modigliani. Mi ha molto colpito la frase con cui l’artista, stranamente dimenticata nel sito di Paratissima, presenta il proprio lavoro: “Quando con la matita e il colore da forma alle emozioni … ecco questa è la felicità”. Che cosa aggiungere a tanto entusiasmo? Auguriamoci che sia sincero e che si spenga mai!




“Marimma” (Maria Ritorto)

Ho perso il conto di quante volte Paratissima ha visto la presenza in continua evoluzione di questa brava scultrice. Ogni anno sono tentato di non parlare di lei e, ogni anno, le sue opere si rinnovano e mi affascinano.
Lo slancio verticale, l’apparente fragilità al limite dell’equilibrio impossibile, lo slancio dinamico, il grido di gioia o di dolore che sembrano emettere... Come non citarla anche in quest’occasione?




Viviana Rametta

Il senso di allegra facilità e spontaneità generata dai disegni di questa artista dimostra una capacità tecnica e un’abilità di scomposizione notevoli. Atmosfere da favola eppure tese e meditate. Ne “La bambina”, il cerchio che disegna la figura tesa verso la scacchiera è di rara eleganza ed efficacia.




Valerio Vada

Corpi e volti femminili disegnati a matita, privilegiando il nero e il rosso. La sensualità è violenta, esplicita, però senza volgarità. Il tratto è sicuro, pulito, curatissimo.


06 novembre 2017

Picasso – Stile e innovazione tra diversità e unitarietà” di Meyer Schapiro, Christian Marinotti

Dai primi di novembre, nelle librerie di tutta Italia si può trovare “Picasso – Stile e innovazione tra diversità e unitarietà” di Meyer Schapiro, Christian Marinotti Edizioni (Collana “Il pensiero dell’arte” – pagine 78 – 10 euro).

L’arte di Picasso ci appare oggi come esempio del lavoro di una vita che non può essere descritto secondo una singola serie di caratteristiche.
Se l’opera di Picasso non fosse identificata direttamente con il suo nome, se fosse esposta in un’unica grande mostra, sarebbe difficile poter dire che essa è l’opera di una sola persona.
Eppure noi non guardiamo a Picasso come a un artista eclettico, ma come a un uomo di straordinaria originalità e forza.
Non esiste in tutta la storia, l’esempio di un altro pittore che sia stato in grado di creare una tale diversità di opere e di dare loro la forza del successo.
Come dobbiamo quindi considerare la sua unitarietà? Dove la possiamo trovare?

Meyer Schapiro (1904-1996), uno dei più importanti storici dell’arte di tutti i tempi, è stato professore emerito alla Columbia University, che ha frequentato prima da studente e poi da docente per oltre cinquant’anni, con parentesi a Oxford nel 1967 e ad Harvard nel 1996. Grande sostenitore degli artisti del suo tempo, ha goduto della stima di tutto il mondo dell’arte americano del dopoguerra.

04 novembre 2017

RIVOTRILL Un film avvincente, tratto dall’omonimo romanzo di Umberto Lucarelli

RIVOTRILL

Un film avvincente, tratto dall’omonimo romanzo di Umberto Lucarelli

Sabato 2 dicembre, alle ore 10.30, presso lo spazio Oberdan di Milano, sarà presentato il film tratto dall’omonimo romanzo di Umberto Lucarelli, Ritrovill, regia di Umberto Lucarelli. Riprendiamo un attimo la descrizione che ne è stata fatta: Ritrovill «racconta di un incontro tra due persone. Una è un cosiddetto “normodotato” e l’altra è una persona con disabilità. Più che un incontro è uno scontro: Ritrovill viene urtato dall’automobile di Ciglione, professore di filosofia. Da quel momento si sviluppa la storia. i due non riescono più a muoversi dal luogo dell’incidente, restano in mezzo alla strada loro malgrado a confrontarsi, a parlare, a raccontarsi, senza riuscire a prendere l’iniziativa per separarsi. È come se all’improvviso fossero caduti in un incantesimo: sono infastiditi uno dall’altro, ma con lo scorrere del tempo e attraverso la conoscenza si apre un reciproco interesse». Il film è stato realizzato dalla cooperativa Matrioska. L’attore protagonista è Danilo Reschigna, disabile attore, regista e scrittore. Rai Tre ha realizzato anche un documentario sulla sua storia d’amore. Ritrovill dal romanzo all’ideazione cinematografica diventa l’emblema del disagio sociale, dell’incompatibilità tra normale ed anormale, dell’identificazione, a volte deleteria, se non manichea, in forme di gruppismo che fanno capo ai “sani” ed agli “andicappati”, come ai buoni ed ai cattivi. Freud già aveva messo in guardia non solo sul noto “disagio” della civiltà, ma sul sottile confine che divide i normali dagli anormali, sul continuum normale-anormale. Se poi prevale la cristallizzazione in gruppi sociali contrapposti, ben condita da forme di giustificazione ideologizzata, che fanno capo al darvinismo sociale ed, ad esempio, all’eugenetica nazista, è facile cadere di nuovo in forme di estremizzazione. Non è un caso che Hitler volesse far fuori tutti i disabili. Ma queste concezioni eugenetiche sono davvero sparite dalla nostra cultura? Germania capta ferum victorem coepit. Lo scontro tra Ritrovill e Ciglione vuole rappresentare proprio questa dialettica, ancor oggi, molto viva e sentita tra mondo normale e mondo dei diversamente abili. È l’eterno conflitto tra il disabile marchiato dal demonio e l’eletto da Dio. È una denunacia sociale di questo perenne disagio, questa vista “distorta” dell’altro – al disabile si accoda l’extracomunitario. Prima quando ancora il comunismo era vivo, si aveva paura dello spettro dei compagni che si aggirava per l’Europa. Oggi si ha paura dello spettro dei musulmani, degli extracomunitari. Prima c’erano le BR, oggi c’è l’Isis. Dal disabile allo straniero, si sviluppa sempre questa fobia del “socialmente altro”, del “socialmente inutile”. La civilizzazione è pericolosa, ha portato e porta a volte al razzismo: le tre razze, la nera - gli schiavi -, la bianca - gli ariani e la gialla - i semiliberi -. Ritrovill ci dimostra come, attraverso una dialettica da odi et amo,  si può superare questo contrasto nella promessa di un mondo libero, dove tutti sono cittadini del mondo: dal cosmopolitismo geopolitico si deve passare al cosmopolitismo geosociale. Umberto Lucarelli oltre a presentarsi come spiccato scrittore qui si presenta come valido regista. L’altro personaggio che emerge è proprio Danilo Reschigna, amico di Umberto, attore e scrittore… pare proprio che Ritrovill sia la trasposizione letteraria del bellissimo rapporto che c’è tra Umberto e Danilo. Bellissimo! Chi vuole andare, soprattutto le scuole, a vederlo al debutto può andare, ne vale veramente la pena … e poi è gratis!

Vincenzo Capodiferro

02 novembre 2017

Corso di dizione, comunicazione e public speaking

Corso di dizione, comunicazione e public speaking «Con precise parole», a cura di Davide De  Mercato, L’open day di presentazione del corso si terrà nella mattinata di sabato 4 novembre, dalle ore 10 alle ore 12, al cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio. Anche per questo progetto abbiamo scelto un filo conduttore: «1978, un anno su cui riflettere». Il saggio-spettacolo conclusivo sarà sulle lettere scritte da Aldo Moro durante i cinquantacinque giorni della prigionia. 
 
Si fa, inoltre, presente che l'associazione sta lavorando all’avvio di un corso di musical per bambini dai 7 ai 15 anni, a cura di Serena Biagi e Anna De Bernardi, insegnanti rispettivamente di danza e canto per «Culturando», entrambe fresche di studi all’«MTS – Musical! The School», accademia professionale di spettacolo con sede a Milano.

per info:

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano Addio al “Patto di stu...