Paratissima 13 - Marco Salvario
Paratissima 13 - Marco Salvario
Manifestazione ormai consolidata
e collaudata, Paratissima si è presentata quest’anno a Torino all’insegna della
continuità e, al tempo stesso, di un profondo rinnovamento.
Molto interessante la nuova
locazione, la famigerata ex caserma La Marmora, oggetto negli ultimi anni di
alcuni tentativi di recupero che, purtroppo non hanno avuto seguito. Come
sempre i lavori fatti per rendere la sede all’altezza dell’evento sono stati rimarchevoli
e questo giustifica il biglietto d’ingresso, salito a 5 euro dai 3 dell’anno
scorso. Ovviamente qualche elemento al limite dell’agibilità è rimasto: Una
porta bassa contro la cui architrave mi sono spettinato i capelli, mattonelle
ballanti e rotte che facevano inciampare i visitatori stanchi e distratti,
scalinate pericolose. Piccole pecche che, anche se non rimosse, andavano segnalate
e un cartello di pericolo costa davvero poco. Ai portatori di handicap,
comunque esentati dal pagamento dell’ingresso, l’accesso ai piani superiori
erano precluso.
Fatte queste segnalazioni, come
in passato l’organizzazione va promossa con ottimi voti. Allestire una
manifestazione complessa e dalle mille facce com’è Paratissima, gestire artisti
professionisti e dilettanti insieme, sponsor, problematiche tecniche,
amministrative e politiche, richiede uno sforzo e una capacità eccezionali.
Il livello dell’offerta al
pubblico è ogni anno più ordinato e di qualità, ne hanno fatto le spese certa
creatività estrema che è scomparsa e sono mancate le provocazioni. Belle opere,
tanta tecnica, personalità raramente interessanti. Ottimi tecnici e artigiani,
pochi creativi veri. Proprio per questo, perdonatemi, se mi chiedete quale
immagine mi sono portato dietro più a lungo dopo la visita a questa
Paratissima, rispondo che mi ha colpito la grande scritta “Chi è stato
bersagliere a vent’anni, lo rimane per tutta la vita”, che era impressa a
caratteri cubitali nella grande piazza d’armi. Mi scusino gli artisti,
purtroppo è la verità!
Paratissima 13 – Superstition.
Tredicesima edizione, che cade
nell’anno diciassette, comincia il primo novembre in una locazione che tra il
1943 e il 45 ha visto torturare e giustiziare prigionieri politici, partigiani
e antifascisti. Sicuramente il tema era centrato, anche se all’interno della manifestazione
è stato relegato a un ruolo marginale e, perciò, dimentichiamocelo subito.
Il numero di artisti presenti a
Paratissima è leggermente diminuito rispetto al 2016. Siamo però molto sopra i
500, davvero una folla arrembante. Notevole la risposta dei visitatori, 46mila,
numerosi già dai primi giorni di apertura e per nulla disorientati dalla nuova
locazione, da qualche difficoltà di trovare parcheggio e dalla pioggia degli
ultimi due giorni.
Prima di iniziare la mia
personale analisi dell’evento, lasciatemi puntualizzare:
1)
Le segnalazioni e i giudizi che leggerete in quest’articolo
sono pareri personali e riguardano opere di artisti che mi hanno colpito
favorevolmente. Se uno degli espositori si trova citato, è perché la sua opera
mi è piaciuta. Se non si parla di lui, o non mi ha interessato, o il caso ha
voluto che le sue opere mi sfuggissero.
2)
Mi sono soffermato esclusivamente su opere di pittura,
scultura, grafica e fotografia, mentre non ho considerato multimedialità, moda,
design, musica ecc.
3)
L’elenco che segue non è una classifica esatta ed è nato dalla
sistemazione casuale delle fotografie che ho scattato.
Parallela alla manifestazione
principale si è svolta Paratissima 360, con locazioni sparse per la città. Ho
cercato speranzoso di curiosare su tale realtà, che sembrava volere ricreare lo
spirito delle prime edizioni, ma la mia ricerca è stata distratta, faticosa e
priva di soddisfazione. Peccato!
Rimbocchiamoci le maniche e
iniziamo.
Fabian Albertini
Bianco Deserto. Intrigante il
sistema di stampa Inkjet su lastra di cemento, perché no? Il risultato è
ottimo. Forse sono veramente deserti, più probabilmente sono mari o cieli o
pianure: l’importante è l’emozione che comunicano questi spazi bianchi,
brucianti o nebbiosi, dove lo spettatore si perde inseguendo se stesso. Un
ambiente per molti aspetti alieno, capace di assorbire e negare ogni palpito. Emozioni
o, paradossalmente, assenza di emozioni, come se, cercando dentro di noi
risposte alle eterne domande della vita, perdessimo i dettagli e i colori del
mondo che ci circonda. Quadri da vedere per entrare e perdersi in noi stessi.
Elisa Carli
Volti di donne disegnati con
tratti forti, spesso pastosi, eppure in grado di cogliere l’essenza del loro
essere, del loro muoversi, pensare, interrogarsi e interrogare. Introspezione
oppure slancio vitale, gioventù e freschezza: le tele dell’autrice sono
creature riuscite, parlanti, che conquistano chi le osserva.
Mi ha sorpreso come tanta
comunicatività avvenga sfruttando la posa del corpo, il movimento e non lo
sguardo: gli occhi sono chiusi, nascosti, velati dai capelli. Una scelta
coraggiosa e riuscita.
Ylenia Viola
Un trittico di fotografie,
formato 60x60 cm, che mettono a confronto il nostro io esteriore e interiore in
una ricerca personale e solitaria che termina con la perdita dei riferimenti e
la disperazione della sconfitta. Ottimo il gioco di ombre e molto azzeccata,
sia nella foto sia per la foto, la struttura grezza delle cornici di legno.
Questa brava fotografa, e
fotografa è sicuramente una catalogazione riduttiva, a mio parere si è rivelata
la presenza più importante di questa edizione di Paratissima.
Non posso non soffermarmi anche
su un altro splendido lavoro di Ylenia Viola, “La Caduta”. Anche qui siamo di
fronte alla sconfitta, al tentativo di Icaro di superare i propri limiti umani
e all’amaro ritorno alla terra. Bisogna seguire gli artisti nelle indicazioni
che danno alle proprie opere: io avevo pensato alla superbia di un Lucifero
vinto, però il messaggio forte e diretto dell’opera non cambia.
La Direzione artistica ha scelto
di acquistare un’opera dell’artista per
la collezione permanente di Paratissima. Ottima scelta!
Roberta Capello
Corpi nudi la cui immagine è
divisa, senza interromperne la continuità, tra pittura e fotografia. Figure
femminili passive, stanche, esposte e mai ostentate, senza seduzione, nascoste
dalle ombre pesanti e tradite dai riflessi di luce. Donne alla ricerca di se
stesse mentre intorno a loro nulla esiste, se non una notte buia e fredda. Non
esiste l’ambiente, non esistono altri uomini o donne. Come in molte altre opere
esposte, uno dei temi dominanti è quello della solitudine accettata e subita
senza nessuna capacità di ribellione.
Germano Casone
Le sue crete lasciano il pubblico
con la contrastante sensazione di opere grezze e di una raffinata perfezione.
Pile di libri, in equilibrio
instabile, sostenute con fatica da uomini soli e stremati, rifugio per qualche
ragazzino che su esse sale per vedere il mondo da una prospettiva di sapere,
che ormai è un lusso prezioso di quei pochi che non si rassegnano a quella
ignave mediocrità che tanto è comoda per le nuove generazioni, senza speranze e
senza aspirazioni.
Sicuramente riuscita anche la
testa con cappello in creta rossa “A Socrates piace il blues”, dove passato e
presente, omaggio e ironia, si fondono insieme.
Roberto Tartaglino
Nel suo sito leggo con sorpresa
che si tratta del primo lavoro che espone. Ottima partenza!
Nelle sue foto la crisi esistenziale
di una ragazzina sospesa tra il mondo dell’infanzia e quello degli adulti.
Immagini in bianco e nero di grande efficacia, costellate con esperta
leggerezza di simboli. Disagio, smarrimento e sofferenza. Occhi grandi e
innocenti, jeans attillati, unghie colorate, un grande orsacchiotto bianco che
viene abbandonato e verso cui, la ragazza, pur allontanandosi, ancora guarda. E
i simboli del tunnel da cui si sta uscendo o delle sbarre cui le mani si
aggrappano. Il volto perso e incerto.
Le luci e le ombre espertamente
dosate aumentano l’emozione dello spettatore, che non può che fermarsi e
riflettere.
Marcello Silvestre
I suoi quattro Pulcinella in ABS,
nella mia foto ne vedete solo tre e manca il più grande, dimostrano come la
stampa tridimensionale al computer possa fornire nelle mani di chi sa usarla
risultati eccezionali. Ci si può chiedere se è vera arte quella che è prodotta
da raffinati strumenti e non dalla mano dell’uomo e, a mio parere, la risposta
è affermativa. L’idea è nell’uomo e non nella macchina.
Oltre a tutto, finalmente, opere
che rispondono al messaggio scelto per Paratissima 13. Quale migliore risposta
alla superstizione del cornetto di Pulcinella? Nessuno si stupisce a scoprire
che l’autore è nato a Napoli!
Cristina Saimandi
Che cosa sono le Didi, creature
dalle forme spiacevoli e malate? Sono le nostre anime senza armonia, senza
slanci e senza più passioni? Sono la proiezione nel futuro dei nostri figli,
creature bruciate dall’inquinamento e dalle radiazioni? Sono esseri di altri
pianeti? Sono folletti del bosco che ancora riescono a nascondersi ai nostri
occhi? Forse siamo noi stessi, quando siamo osservati con uno sguardo senza
indulgenze e non possiamo nascondere la nostra pochezza. Anime colpevoli e
perse, come dovremo presentarci al Giudizio Finale nell’Ultimo Giorno.
Gina Metitieri
Vanità. Olio su tela intenso e
vivo, il volto proteso con quel collo lungo da cigno che sarebbe stato la gioia
di Modigliani. Mi ha molto colpito la frase con cui l’artista, stranamente
dimenticata nel sito di Paratissima, presenta il proprio lavoro: “Quando con la
matita e il colore da forma alle emozioni … ecco questa è la felicità”. Che
cosa aggiungere a tanto entusiasmo? Auguriamoci che sia sincero e che si spenga
mai!
“Marimma” (Maria Ritorto)
Ho perso il conto di quante volte
Paratissima ha visto la presenza in continua evoluzione di questa brava scultrice.
Ogni anno sono tentato di non parlare di lei e, ogni anno, le sue opere si
rinnovano e mi affascinano.
Lo slancio verticale, l’apparente
fragilità al limite dell’equilibrio impossibile, lo slancio dinamico, il grido
di gioia o di dolore che sembrano emettere... Come non citarla anche in quest’occasione?
Viviana Rametta
Il senso di allegra facilità e
spontaneità generata dai disegni di questa artista dimostra una capacità
tecnica e un’abilità di scomposizione notevoli. Atmosfere da favola eppure tese
e meditate. Ne “La bambina”, il cerchio che disegna la figura tesa verso la
scacchiera è di rara eleganza ed efficacia.
Valerio Vada
Corpi e volti femminili disegnati
a matita, privilegiando il nero e il rosso. La sensualità è violenta,
esplicita, però senza volgarità. Il tratto è sicuro, pulito, curatissimo.
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