10 novembre 2017

Paratissima 13 - Marco Salvario

Paratissima 13 - Marco Salvario

Manifestazione ormai consolidata e collaudata, Paratissima si è presentata quest’anno a Torino all’insegna della continuità e, al tempo stesso, di un profondo rinnovamento.
Molto interessante la nuova locazione, la famigerata ex caserma La Marmora, oggetto negli ultimi anni di alcuni tentativi di recupero che, purtroppo non hanno avuto seguito. Come sempre i lavori fatti per rendere la sede all’altezza dell’evento sono stati rimarchevoli e questo giustifica il biglietto d’ingresso, salito a 5 euro dai 3 dell’anno scorso. Ovviamente qualche elemento al limite dell’agibilità è rimasto: Una porta bassa contro la cui architrave mi sono spettinato i capelli, mattonelle ballanti e rotte che facevano inciampare i visitatori stanchi e distratti, scalinate pericolose. Piccole pecche che, anche se non rimosse, andavano segnalate e un cartello di pericolo costa davvero poco. Ai portatori di handicap, comunque esentati dal pagamento dell’ingresso, l’accesso ai piani superiori erano precluso.
Fatte queste segnalazioni, come in passato l’organizzazione va promossa con ottimi voti. Allestire una manifestazione complessa e dalle mille facce com’è Paratissima, gestire artisti professionisti e dilettanti insieme, sponsor, problematiche tecniche, amministrative e politiche, richiede uno sforzo e una capacità eccezionali.
Il livello dell’offerta al pubblico è ogni anno più ordinato e di qualità, ne hanno fatto le spese certa creatività estrema che è scomparsa e sono mancate le provocazioni. Belle opere, tanta tecnica, personalità raramente interessanti. Ottimi tecnici e artigiani, pochi creativi veri. Proprio per questo, perdonatemi, se mi chiedete quale immagine mi sono portato dietro più a lungo dopo la visita a questa Paratissima, rispondo che mi ha colpito la grande scritta “Chi è stato bersagliere a vent’anni, lo rimane per tutta la vita”, che era impressa a caratteri cubitali nella grande piazza d’armi. Mi scusino gli artisti, purtroppo è la verità!




Paratissima 13 – Superstition.

Tredicesima edizione, che cade nell’anno diciassette, comincia il primo novembre in una locazione che tra il 1943 e il 45 ha visto torturare e giustiziare prigionieri politici, partigiani e antifascisti. Sicuramente il tema era centrato, anche se all’interno della manifestazione è stato relegato a un ruolo marginale e, perciò, dimentichiamocelo subito.
Il numero di artisti presenti a Paratissima è leggermente diminuito rispetto al 2016. Siamo però molto sopra i 500, davvero una folla arrembante. Notevole la risposta dei visitatori, 46mila, numerosi già dai primi giorni di apertura e per nulla disorientati dalla nuova locazione, da qualche difficoltà di trovare parcheggio e dalla pioggia degli ultimi due giorni.

Prima di iniziare la mia personale analisi dell’evento, lasciatemi puntualizzare:
1)     Le segnalazioni e i giudizi che leggerete in quest’articolo sono pareri personali e riguardano opere di artisti che mi hanno colpito favorevolmente. Se uno degli espositori si trova citato, è perché la sua opera mi è piaciuta. Se non si parla di lui, o non mi ha interessato, o il caso ha voluto che le sue opere mi sfuggissero.
2)     Mi sono soffermato esclusivamente su opere di pittura, scultura, grafica e fotografia, mentre non ho considerato multimedialità, moda, design, musica ecc.
3)     L’elenco che segue non è una classifica esatta ed è nato dalla sistemazione casuale delle fotografie che ho scattato.

Parallela alla manifestazione principale si è svolta Paratissima 360, con locazioni sparse per la città. Ho cercato speranzoso di curiosare su tale realtà, che sembrava volere ricreare lo spirito delle prime edizioni, ma la mia ricerca è stata distratta, faticosa e priva di soddisfazione. Peccato!

Rimbocchiamoci le maniche e iniziamo.




Fabian Albertini

Bianco Deserto. Intrigante il sistema di stampa Inkjet su lastra di cemento, perché no? Il risultato è ottimo. Forse sono veramente deserti, più probabilmente sono mari o cieli o pianure: l’importante è l’emozione che comunicano questi spazi bianchi, brucianti o nebbiosi, dove lo spettatore si perde inseguendo se stesso. Un ambiente per molti aspetti alieno, capace di assorbire e negare ogni palpito. Emozioni o, paradossalmente, assenza di emozioni, come se, cercando dentro di noi risposte alle eterne domande della vita, perdessimo i dettagli e i colori del mondo che ci circonda. Quadri da vedere per entrare e perdersi in noi stessi.




Elisa Carli

Volti di donne disegnati con tratti forti, spesso pastosi, eppure in grado di cogliere l’essenza del loro essere, del loro muoversi, pensare, interrogarsi e interrogare. Introspezione oppure slancio vitale, gioventù e freschezza: le tele dell’autrice sono creature riuscite, parlanti, che conquistano chi le osserva.
Mi ha sorpreso come tanta comunicatività avvenga sfruttando la posa del corpo, il movimento e non lo sguardo: gli occhi sono chiusi, nascosti, velati dai capelli. Una scelta coraggiosa e riuscita.





Ylenia Viola

Un trittico di fotografie, formato 60x60 cm, che mettono a confronto il nostro io esteriore e interiore in una ricerca personale e solitaria che termina con la perdita dei riferimenti e la disperazione della sconfitta. Ottimo il gioco di ombre e molto azzeccata, sia nella foto sia per la foto, la struttura grezza delle cornici di legno.
Questa brava fotografa, e fotografa è sicuramente una catalogazione riduttiva, a mio parere si è rivelata la presenza più importante di questa edizione di Paratissima.




Non posso non soffermarmi anche su un altro splendido lavoro di Ylenia Viola, “La Caduta”. Anche qui siamo di fronte alla sconfitta, al tentativo di Icaro di superare i propri limiti umani e all’amaro ritorno alla terra. Bisogna seguire gli artisti nelle indicazioni che danno alle proprie opere: io avevo pensato alla superbia di un Lucifero vinto, però il messaggio forte e diretto dell’opera non cambia.
La Direzione artistica ha scelto di acquistare un’opera dell’artista per la collezione permanente di Paratissima. Ottima scelta!




Roberta Capello

Corpi nudi la cui immagine è divisa, senza interromperne la continuità, tra pittura e fotografia. Figure femminili passive, stanche, esposte e mai ostentate, senza seduzione, nascoste dalle ombre pesanti e tradite dai riflessi di luce. Donne alla ricerca di se stesse mentre intorno a loro nulla esiste, se non una notte buia e fredda. Non esiste l’ambiente, non esistono altri uomini o donne. Come in molte altre opere esposte, uno dei temi dominanti è quello della solitudine accettata e subita senza nessuna capacità di ribellione.




Germano Casone

Le sue crete lasciano il pubblico con la contrastante sensazione di opere grezze e di una raffinata perfezione.
Pile di libri, in equilibrio instabile, sostenute con fatica da uomini soli e stremati, rifugio per qualche ragazzino che su esse sale per vedere il mondo da una prospettiva di sapere, che ormai è un lusso prezioso di quei pochi che non si rassegnano a quella ignave mediocrità che tanto è comoda per le nuove generazioni, senza speranze e senza aspirazioni.
Sicuramente riuscita anche la testa con cappello in creta rossa “A Socrates piace il blues”, dove passato e presente, omaggio e ironia, si fondono insieme.




Roberto Tartaglino

Nel suo sito leggo con sorpresa che si tratta del primo lavoro che espone. Ottima partenza!
Nelle sue foto la crisi esistenziale di una ragazzina sospesa tra il mondo dell’infanzia e quello degli adulti. Immagini in bianco e nero di grande efficacia, costellate con esperta leggerezza di simboli. Disagio, smarrimento e sofferenza. Occhi grandi e innocenti, jeans attillati, unghie colorate, un grande orsacchiotto bianco che viene abbandonato e verso cui, la ragazza, pur allontanandosi, ancora guarda. E i simboli del tunnel da cui si sta uscendo o delle sbarre cui le mani si aggrappano. Il volto perso e incerto.
Le luci e le ombre espertamente dosate aumentano l’emozione dello spettatore, che non può che fermarsi e riflettere.




Marcello Silvestre

I suoi quattro Pulcinella in ABS, nella mia foto ne vedete solo tre e manca il più grande, dimostrano come la stampa tridimensionale al computer possa fornire nelle mani di chi sa usarla risultati eccezionali. Ci si può chiedere se è vera arte quella che è prodotta da raffinati strumenti e non dalla mano dell’uomo e, a mio parere, la risposta è affermativa. L’idea è nell’uomo e non nella macchina.
Oltre a tutto, finalmente, opere che rispondono al messaggio scelto per Paratissima 13. Quale migliore risposta alla superstizione del cornetto di Pulcinella? Nessuno si stupisce a scoprire che l’autore è nato a Napoli!




Cristina Saimandi

Che cosa sono le Didi, creature dalle forme spiacevoli e malate? Sono le nostre anime senza armonia, senza slanci e senza più passioni? Sono la proiezione nel futuro dei nostri figli, creature bruciate dall’inquinamento e dalle radiazioni? Sono esseri di altri pianeti? Sono folletti del bosco che ancora riescono a nascondersi ai nostri occhi? Forse siamo noi stessi, quando siamo osservati con uno sguardo senza indulgenze e non possiamo nascondere la nostra pochezza. Anime colpevoli e perse, come dovremo presentarci al Giudizio Finale nell’Ultimo Giorno.



Gina Metitieri

Vanità. Olio su tela intenso e vivo, il volto proteso con quel collo lungo da cigno che sarebbe stato la gioia di Modigliani. Mi ha molto colpito la frase con cui l’artista, stranamente dimenticata nel sito di Paratissima, presenta il proprio lavoro: “Quando con la matita e il colore da forma alle emozioni … ecco questa è la felicità”. Che cosa aggiungere a tanto entusiasmo? Auguriamoci che sia sincero e che si spenga mai!




“Marimma” (Maria Ritorto)

Ho perso il conto di quante volte Paratissima ha visto la presenza in continua evoluzione di questa brava scultrice. Ogni anno sono tentato di non parlare di lei e, ogni anno, le sue opere si rinnovano e mi affascinano.
Lo slancio verticale, l’apparente fragilità al limite dell’equilibrio impossibile, lo slancio dinamico, il grido di gioia o di dolore che sembrano emettere... Come non citarla anche in quest’occasione?




Viviana Rametta

Il senso di allegra facilità e spontaneità generata dai disegni di questa artista dimostra una capacità tecnica e un’abilità di scomposizione notevoli. Atmosfere da favola eppure tese e meditate. Ne “La bambina”, il cerchio che disegna la figura tesa verso la scacchiera è di rara eleganza ed efficacia.




Valerio Vada

Corpi e volti femminili disegnati a matita, privilegiando il nero e il rosso. La sensualità è violenta, esplicita, però senza volgarità. Il tratto è sicuro, pulito, curatissimo.


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