29 luglio 2023

Buone ferie

 


Insubria critica si ferma.

Potete intanto rileggere i pezzi che più vi hanno colpito.

Buone vacanze a tutti, a rileggerci dal 20 agosto!

24 luglio 2023

Federigo Tozzi Tre croci a cura di Marcello Sgarbi


Federigo Tozzi

Tre croci – (OMBand D.E.)


Formato: Copertina flessibile

CODICE ISBN: 9798511684970

Pagine: 100

Ci sono fuoriclasse della narrativa che meritano un posto a parte e una considerazione altrettanto particolare.

È il caso di Federigo Tozzi, autore senese del Novecento, ancora forse troppo trascurato. Uno scrittore dallo stile asciutto, e proprio per questo capace di trasmettere emozioni nette e vivide.

Venire a Tre croci, un romanzo breve dove in un centinaio di pagine è condensato tutto il vissuto di Enrico, Giulio e Niccolò Gambi: tre fratelli, proprietari di una libreria antiquaria, che schiacciati dal peso implacabile di un prestito che non riescono a onorare, falsificano una cambiale mandando alla deriva le loro vite e concludendole con un epilogo tragico.

Una storia che potrebbe essere attuale ancora adesso, raccontata con grande attenzione nel tratteggio dei protagonisti e nello scavo psicologico delle loro personalità. Non a caso Tozzi subisce l'influenza di un omologo quale Pirandello, un maestro nell'affronto delle dinamiche dell'apparenza e della sostanza, dell'identità e del tormento interiore.

Il tema della colpa, invece, avvicina inevitabilmente Tozzi a un gigante come Dostoevskij. Non meno interessanti, in questo romanzo, sono le figure di contorno. Da Modesta – moglie di Niccolò – alle sorelle Chiarina e Lola, dal colto Nissard birra cavalier Nicchioli.

 Fedele al principio per cui è giusto che uno scrittore parli solo di ciò che conosce, l'autore di Tre croci ambienta la vicenda nella sua città natale, descritta con precisione e ammantata di un alone suggestivo. E tipico della sua cifra stilistica, come già in una novecentista quale Virginia Woolf, è l'uso del punto e virgola: meno del punto, più della virgola. ONU segno di interpunzione che conferisce al periodare di Tozzi un ritmo unico, tanto che in alcune frasi, prima che si concludano sembra di avvertire un respiro trattenuto.

Un altro caratteristico elemento di stile del senese è l'impiego di verbi inconsueti, mutuati dalle espressioni locali, che avvicinando lo scritto al parlato danno al testo un anticipatore tocco di modernità. Per chi volesse leggere Tre crociè doveroso aggiungere una nota tecnica. Il libro, ormai fuori catalogo, è comunque disponibile su www.amazon.it (per esempio in questa edizione).

Dopo cinque minuti, l'orologio replicò le ore; e a Giulio parve che rispondessero proprio a lui, e fossero saporite e allegre come una leccornia.

Poi escì, camminando lentamente e strenfiando; quasi sudando, benché fosse ottobre. Gli era venuta la gotta, come agli altri fratelli; e, da quanto aveva impippiato, moveva a pena le gambe.

Andarono fino a Porta Camollia e poi in Pescaia, per rientrare in città da Fontebranda. La strada di Pescaia cala girando sotto una pioggia dirupata e sterposa, sempre più alta; e Siena si ritira e si nasconde sempre di più dietro ad essa. La campagna, a destra, divalla dentro un collineto lunghissimo e Avvignato. Ale Madonnino Scapato, si scopre soltanto San Domenico; massiccio e rosso, su un rialzo che sporge. Il cielo era tinto di una nebbiolina rosea; e il Monistero, su un'altura più ritta e più lontana, pareva dello stesso rosso, con due cipressi accanto; scuricci e acuminati. Un torrente affossato, strosciando giù per le gorate, veniva dalla sua collina fino alla strada, tra un arruffio tremolante di pioppi storti e arrembati; impolloniti.

Niccolò guardava per tutti i versi la cassapanca e la roba che c'era sopra, come se mancasse qualche cosa.

Enrico con la sua collottola dura di lardo e di cotenna, entrò anche più fosco e imbiecato degli altri giorni.

In bottega c'era il Nisard, che parlava con quella voce che viene quando ci si trova tra persone in lutto.

© Marcello Sgarbi


21 luglio 2023

BLESSED SADNESS - Antoni O’ Breskey a cura di Claudio Giuffrida


BLESSED SADNESS - Antoni O’ Breskey a cura di Claudio Giuffrida


Non è un disco appena pubblicato, non è un disco di un musicista re delle charts e non è neppure un disco che ha purtroppo ottenuto molta visibilità da noi, ma è un disco autoprodotto, innovativo, un disco che è difficilmente definibile in una sola categoria musicale, un disco che ha però il pregio di essere frutto di una creatività coinvolgente, fresca ed autentica in tutte le sue sfumature. Un viaggio tra musica irlandese e arrangiamenti jazz, tra canzoni e strumentali originali e tradizionali con il contributo di molti musicisti e guidato dall’affascinante pianoforte del fiorentino Antonio Breschi, in arte Antoni O’Breskey, da anni emblema di un progetto pianistico nomade attraverso suoni e culture del mondo.

Per questi motivi più che una recensione vuole essere una guida all’ascolto, condurre attraverso le atmosfere dei brani e che se riusciranno a suscitare lo stesso fascino che mi ha catturato vi conviceranno a completarne l’ascolto e magari ad includerlo nella vostra raccolta di dischi.

E’ una produzione che nasce nel momento del lockdown con la precisa intenzione di reagire a quel periodo storico di incertezza e dolore. Il titolo Blessed Sadness è stato donato ad Antonio dal musicista Davide Secondi che gli ha proposto questa sua idea musicale eseguita all’ukelele e che bene ne disegna gli arpeggi insieme al piano e alla tromba, un brano sognante, triste e delicato con cui si apre il disco. Ma come dice lo stesso Breschi nelle note di copertina non è evocata una tristezza che si compiace, ma un sentimento capace di innescare nuove forze: citando gli I Ching-il libro dei mutamenti che afferma che la forza che ci fa andare oltre gli ostacoli della vita, se usata in modo corretto, è la stessa forza che ci permette di raggiungere nuove aspirazioni.

Ma ecco gli ingredienti gustosi di questo disco.

Nuova composizione e brano strumentale 2020 Rhapsody si fa apprezzare per le atmosfere sognanti, malinconiche ma molto liriche del piano che le immagini del video cercano di interpretare. Delizioso il contributo al violino di Ultan O’ Brien (Slow Moving Clouds).


https://youtu.be/Y7pzFXRmhBM

Nel disco non mancano anche due brani tradizionalli cantati, il famoso Barbara Allen e Eighteen Years Old arrangiato da Breschi al pianoforte, con la sua struggente tromba e interpretato in modo delicato ed ispirato dalla figlia Consuelo Nerea (Varo).

https://youtu.be/w5jMQZmmpyE

Unfolding lullaby è una ninna nanna raccontata con piano e violino e che sembra uscire dolcemente dalle atmosfere fatate dei paesaggi irlandesi dalla natura incontaminata.

https://youtu.be/cAv7jfXTy2c

Breschi ritrova un filmato del 1982 dove si cimentava al dulcimer insieme all’ottimo musicista irlandese Steeve Cooney ed un insolito didgeridoo, un brano che decide di riportare in vita: Dancing on the green

Questo lo storico documento video:

https://youtu.be/vUYwQo_32v8

Doctor O'Neill's è una irish jig offerta dall’amico musicista Sean Conway ad Antoni O’ che ne ha poi curato l’arrangiamento insieme ad Ultan poco prima della scomparsa e a cui Breschi ha voluto dedicare questo disco.

The Swallow’s tail è un irish reel tradizionale reso famoso già dai Dubliners e vivacemente interpretato dal violino di Ultan e daglii originali fraseggi al piano di Antoni O’.


Ci sono altre tre muove composizioni originali: Cloudburst dove è trascinante il violino di Ultan che ben si intreccia con i fraseggi al piano di Breschi ed il flauto di Leonora Lyne in un accattivante crescendo; Baighali Khan è un brano scandito soprattutto dagli incalzanti ritmi del violino e del banjo e che ne imprimono un colore molto country, pieno di energia e di irresistibili contributi corali; c’è anche un walzer, Waltz to Forgotten Times, con piano e violino che sostengono la piacevole melodia e invitano al ballo.

Inciso il 14 luglio 2021 tra Irlanda e Italia.


Antoni O’Breskey - piano, trumpet, appalachian dulcimer

Ultan O’Brien - fiddle, viola

Davide Viterbo - cello, fiddle

Consuelo Nerea Breschi - vocals, fiddle

Steve Cooney - didgeridoo

Aongus Mac Amhlaigh - cello

Leonora Lyne - flute

Paddy Cummins - banjo, mandolin

Davide Secondi - ukulele

David ‘Hopi’ Hopkins - bodhrán

Seán Conway - mandolin

Massimo Giuntini - low whistle, bouzouki

Tom Mulrooney - double bass

Giorgio Vendola - double bass



https://www.giannizuretti.com/articoli/blessed-sadness-antoni-o-breskey/

20 luglio 2023

PACE FISCALE E CACCIA AI VOTI di Antonio Laurenzano


PACE FISCALE E CACCIA AI VOTI

di Antonio Laurenzano

Ci risiamo. Un mini condono, una “pace fiscale” per contribuenti con debiti fino a 30mila euro, che preveda il pagamento solo di una parte del dovuto. E’ la proposta formulata dal vicepremier Salvini, arrivata mentre il Parlamento è impegnato nell’approvazione della Legge delega di Riforma fiscale. Del tutto inattesa e inopportuna perché mette a serio rischio il successo finale della “rottamazione quater”: quasi quattro milioni di richieste di adesione arrivate all’Agenzia delle Entrate per la cancellazione di sanzioni e interessi (circa 20 miliardi di euro), per un gettito previsto di oltre 15 miliardi di euro. Resta da vedere, però, chi pagherà le rate della definizione agevolata di cui le prime due pari al 10% dell’importo liquidato scadono a ottobre e novembre. L’annuncio di un condono che, oltre all’abbuono di sanzioni e interessi, azzera anche una parte rilevante delle imposte condiziona ogni più ottimistica previsione legata alla rottamazione delle cartelle.

Sono circa quindici milioni gli italiani con un debito fiscale fino a 30mila euro. Una grande massa, circa il 97% dei contribuenti che hanno pendenze con l’erario, anche se la maggior parte dell’evasione accertata viene da quel 3% con i debiti più elevati. Più di 7 milioni sono gli italiani che ogni anno, e da anni, ricevono almeno una cartella esattoriale per debiti pregressi non pagati. Ed è mostruoso il debito erariale accumulato nel tempo: alla fine dell’anno scorso ammontava a ben 1.153 miliardi di euro. Il 90% di questa somma viene considerata di recupero difficile, se non impossibile dalla stessa Agenzia delle Entrate Riscossione. Si tratta di debiti che fanno capo a società e ditte individuali fallite, contribuenti nullatenenti, debitori irreperibili o deceduti. Alla fine, solo il 10%, circa 114 miliardi di euro.

Il tormentone in pieno luglio sulla pace fiscale ha scatenato ovviamente reazioni diverse nei palazzi romani della politica. Se per Matteo Salvini “l’obiettivo è liberare milioni di italiani in ostaggio del Fisco mostrando un volto dello Stato diverso da quello aggressivo e punitivo”, per il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, “il contrasto all’evasione non è volontà di perseguitare qualcuno, è un fatto di giustizia nei confronti di tutti coloro che le tasse anno dopo anno le pagano”. Sulla stessa lunghezza d’onda il viceministro dell’Economia Maurizio Leo: “le tasse vanno pagate”. Sul fronte della opposizione politica, molteplici sono le voci contrarie alla tregua fiscale proposta dal leader leghista. Qualcuno parla di “caccia ai voti” in vista delle elezioni europee di primavera. Il problema di fondo legato ai condoni, come più volte ha avvertito la Corte dei Conti, è “il minore introito di risorse finanziarie nelle casse dello Stato con il conseguente aumento dell’evasione stimolata dalle continue misure agevolative”. Un sistema perverso che si autoalimenta: più i contribuenti sono consapevoli di una sostanziale impunità, più si allarga la platea degli evasori, più il sistema dei condoni priva di risorse indispensabili e costringe a tagli di spese e servizi Stato, Regioni, Province e Comuni. Un costo insostenibile per l’intera comunità.

E’ chiaro che sulla riscossione il sistema è andato in tilt, lo Stato ha permesso l’accumulo di milioni e milioni di cartelle per lunghi anni senza successo. La via d’uscita? La pax fiscale. L’inefficienza dello Stato al servizio dei furbetti. Vecchia storia in un Paese che ha praticato una lunga serie di condoni, concordati, scudi, rottamazioni, voluntary disclosure. Nulla di nuovo sotto il cielo del Belpaese, un copione più volte recitato. Una creatività normativa altrove sconosciuta. Se le discriminazioni sociali sono sempre detestabili, ancora di più lo è quella che divide i cittadini fra chi paga le tasse e chi le tasse le evade, o non le paga. Non è solo un problema di giustizia sociale e di rispetto delle regole democratiche. Al di là delle bandierine di partito sventolate al vento per catturare facili consensi elettorali con il supporto di prediche pelose, il deficit pubblico non sparisce se si prendono comode scorciatoie per sottrarsi a un preciso dovere civico richiesto per contribuire a finanziare l’istruzione, la sicurezza, la sanità, il welfare e tanto altro. E questa incapacità dell’Agenzia delle Entrate Riscossione di incassare i propri crediti, nei tempi e nei termini giusti, è stata più volte oggetto di rilievi da parte del Fondo monetario e dell’Ocse.

Il fisco italiano è una giungla inestricabile in cui è difficile avventurarsi, irta di norme a volte contraddittorie, di difficile applicazione, nell’ambito di una frantumazione della legislazione tributaria e di una ipertrofia legislativa. Il nostro Paese ha il non invidiabile record della onerosità degli adempimenti fiscali con un basso rapporto costo-beneficio in termini di lotta all’evasione. L’assenza di una pur minima visione strategica e della reale capacità di governare la complessa macchina fiscale genera grande confusione sul piano operativo. Il contrasto all’evasione va condotto con una normativa chiara, estremamente semplice. Più complicato è un sistema fiscale, più facile sarà nascondere reddito nelle sue pieghe oscure e sottrarsi a ogni pagamento.

Da tempo si parla di semplificazione, di taglio netto di balzelli e inutili adempimenti per puntare su un’equa distribuzione del carico impositivo attraverso adempimenti semplici, con meno burocrazia e più qualità. Dalla Riforma fiscale si attende un salto di qualità che superi populismi e strategie elettoralistiche e privilegi nell’azione di governo l’autentico senso dello Stato.



16 luglio 2023

La pittrice Mariell e la modernità dei Maestri del passato A cura di Marco Salvario

La pittrice Mariell e la modernità dei Maestri del passato

A cura di Marco Salvario



Mariell, il cui vero nome è Maria Grazia Chirone Guglielminetti, è una pittrice torinese che sta percorrendo un cammino artistico raffinato e coerente, dopo essersi perfezionata in anni di studi e di importanti esperienze artistiche. Il suo sguardo intelligente confronta e analizza i grandi maestri di ogni tempo nelle loro opere più rappresentative, con una particolare attenzione al periodo rinascimentale, per cercarne i segreti e reinterpretarli con una moderna visione.

Dal 19 Aprile al 4 Maggio 2023 il Museo Internazionale Italia Arte, MIIT, ha ospitato nella sua sede in Corso Cairoli a Torino l'ampia antologica “Mariell Chirone Guglielminetti. Mnemosyne”; e che la divina Mnemosyne, figlia del Cielo e della Terra, amata da Giove, madre delle nove Muse, personificazione della memoria e del ricordo, ci protegga tutti.



Il concetto di bello, il gusto umano, la capacità di affascinare e sedurre di un'opera d'arte, sono cambiati nel corso dei secoli. La nostra epoca dove la multimedialità, i mezzi di comunicazione e la possibilità di viaggiare e raggiungere velocemente ogni angolo del mondo ci sottopongono a un bombardamento continuo di emozioni e sollecitazioni, ci rende assuefatti a tutto e uccide la meraviglia. Che cosa sia la bellezza, che cosa sia l'arte, diventa oggetto di discussioni spesso sterili e di affermazioni estreme che annunciano la morte della pittura, la superiorità del marchio sulla qualità del prodotto, l'esaltazione della provocazione e del provvisorio. Può essere vera arte, il caso è di questi giorni, l'opera dal grande valore commerciale che esponeva una banana matura? Un visitatore affamato, non sapremo mai quanto innocentemente, l'ha presa e divorata, lasciando solamente la buccia. Credo che la vera arte debba essere capace di sopravvivere, non dico ai secoli, ma almeno al momento.

Mariell si nutre di quella che ai miei occhi è arte vera, la esamina, la assimila e la ripropone in un linguaggio rispettoso e moderno. Arte da arte, bello da bello. La sua ricerca finisce per concentrarsi sui particolari, quando è in un dettaglio che la pittrice percepisce la forza e l'ispirazione. Gli sfondi scompaiono, si fondono in un colore appena elaborato, come un drappo di tessuto. C'è fedeltà nella riproposizione, ma non è tanto una fedeltà di immagine, quanto di spirito.

Nel momento in cui la nostra artista si sofferma sulla statua del Laocoonte, il sacerdote che nell'Eneide avverte i troiani di diffidare del cavallo di legno che i greci hanno lasciato davanti alle mura della città, e viene divorato con i figli da due enormi serpenti marini, Mariell sulla tela cattura soltanto il volto dell'uomo, gli occhi cavi e bui, l'espressione di un dolore estremo che si dissolve e trova tragico abbandono nella morte. La testa di Laocoonte è di pietra, mentre il collo e le spalle hanno il colore della carne, lo sfondo scuro ha spesse bordature di tinta luminosa e inattesa. Siamo di fronte a un processo di più trasformazioni: da statua a tela, da carne a marmo, da vita a morte, da passato a presente, da dolore ad abbandono, da lotta a impotenza.



Soprattutto è nelle opere del Rinascimento che Mariell rende più attenta e sistematica la sua indagine, volta a catturare l'essenza del bello assoluto ed eterno, il respiro divino che trascende i limiti umani. Il miracolo inspiegabile che trasforma l'artigiano in artista e l'artista in genio.

Molte sono le opere ispirate da Michelangelo, e non è certo una scelta che si può mettere in discussione, ma i nomi famosi che vengono affrontati, sono davvero tanti: Leonardo, Caravaggio, Antonello da Messina, Raffaello ecc

Alla fine rimane in sospeso una domanda fondamentale e maliziosa: se, considerata la bellezza indiscussa degli originali, che hanno attraversato generazioni senza mai smettere di affascinare, questa riscrittura ha senso. La risposta ovviamente è positiva, perché la rilettura permette di affrontare le opere in un modo nuovo e autentico e perché l'abilità tecnica e artistica di Mariell è davvero sorprendente e innovativa. Non si tratta di sostituire antichi capolavori, bensì di plasmare nuove opere che ne riflettano la bellezza con rispetto, ma anche con un coraggioso ricreare.


FONTE:
"La pittrice Mariell e la modernità dei Maestri del passato - OUBLIETTE MAGAZINE"

14 luglio 2023

Presto verrai qui di Giorgio Glaviano a cura di Miriam Ballerini


PRESTO VERRAI QUI
- “Crediamo di avere un caso” abbozzò d'impronta l'ispettrice – di Giorgio Glaviano

© 2022 Marsilio Editori

ISBN 978-88-297-15435-9

Pag. 350 € 14,00


Il giallo ha inizio con una maglietta sporca: “Difficile a dirsi se di sangue, vernice o sugo”.

Un romanzo con protagonista l'ispettrice Melina Pizzuto, che ricorda i tanti libri tradotti in film per la tv, con una stilla di “Camilleri” e la sua Sicilia, con anche qui delle frasi dialettali, anche se ben lontane da quella che è una vera e propria lingua tutta sua del Camilleri.

Ambientato a Palermo: “Le strade di Palermo a volte erano vuote senza una ragione: succedeva, così come senza un motivo capitava di imbattersi in ingorghi apocalittici”.

Quello che ha di originale è che non sarà il solito giallo, con omicidio e risoluzione, magari fra la malavita siciliana. Qui gli elementi sono diversi, e verranno scovati a poco a poco, vivendo con Melina la sua vita complicata. Tornata a Palermo da Roma, dopo che, per onestà, ha denunciato altri poliziotti che si facevano giustizia da soli, tra i quali anche il suo compagno: “Erano dei violenti e basta, dei razzisti ignoranti e maneschi da curva ultras dello stadio”.

Anche a Palermo le cose non vanno bene per lei, trattata come la stronza che ha denunciato i suoi, viene tagliata fuori da tutto e da tutti, fino a quando non arriva quella maglietta, sembrando un caso assurdo da dispetti di vicinato.

Invece Melina segue il suo istinto, fino a trovare, uno per uno, tutti gli elementi, aiutata da Angelica, una collega.

Glaviano è una buona penna, con una scrittura descrittiva e originale: “ Avviluppate tra i banchi di pesce, carne, frutta e verdura, e investite dal traboccare di voci, occhi e mani, vennero digerite fino a una stretta traversa interna in un silenzio irreale”.

Con intrecci linguistici particolari: “... trovando rifugio su una vecchia poltrona a dondolo che dalla casa della sorella di suo nonno, dopo chissà quale risacca di successioni ereditarie, era finita lì”.

Intelligentemente ci sono anche delle parti spiritose: “Melina lo seguì delusa: si aspettava un bronzo di Riace, e si era ritrovata davanti una specie di canna da pesca”.

Le indagini sono ben inserite nel contesto sociale e odierno. Ma la soluzione del caso, ci porterà indietro nel tempo, addirittura trovando negli archivi persone defunte eppure ancora vive! So che è un paradosso, ma lo scoprirete solo leggendo!

A pagina 300 il capitolo è intitolato come il romanzo “Presto verrai qui”, ed è la frase che Melina lancerà per invitare l'assassino a farsi avanti e potersi spiegare.

Mi è piaciuto che un autore maschio abbia scelto una donna per il suo ruolo da protagonista e che l'abbia saputa comprendere, compenetrando nelle spirali di pensiero a volte ostiche per un uomo!


© Miriam Ballerini


fonte: https://oubliettemagazine.com/2023/04/12/presto-verrai-qui-di-giorgio-glaviano-un-interessante-romanzo-ambientato-a-palermo/


12 luglio 2023

Nessun fraintendimento


cliccare per ingrandire
articolo fornito per gentile concessione della rivista bellunesi nel mondo

 

11 luglio 2023

TUTTO IL TEMPO SUL PETTO di Carla De Angelis a cura di Vincenzo Capodiferro


TUTTO IL TEMPO SUL PETTO

Raccolta che trasuda “coerenza e consapevolezza”, di Carla De Angelis



Tutto il tempo sul petto. Poesie (2006-2021)” è una raccolta poetica di Carla De Angelis, edita da Fara, Rimini 2021. Contiene varie raccolte: “Salutami il mare”(2006); “A dieci minuti da Urano” (2010); “I giorni e le strade” (2014); “Mi fido del mare” (2017); “Fra le dita una favilla sembra sole” (2019); “Tutto il tempo sul petto “(2021). Come scrive Stefano Martello nel saggio introduttivo “Indagine su una poetessa”: «Della raccolta di tutte le opere amo la funzione di riconoscimento, nel momento in cui quelle stesse pagine legittimano il nome e cognome dell’Autore… certificandone le parole in una dimensione spaziale ampia ed estesa. … Nello stesso modo e con la stessa intensità, dell’opera omnia odo la capacità di fotografare il percorso compiuto… di motivarne la scelta, di tradirne la fragilità. E, qualche volta, di tradirne la fragilità».

Si tratta dunque di un’opera omnia, che rivela tutto il percorso di una vita dedicata all’arte, alla poesia. Perché i poeti nel tempo della povertà? Cantava l’elegia di Hördelin “Pane e vino”. E come noi potevamo cantare i canti di Sion in terra straniera? Cantava il salmo, ripreso da Quasimodo. I poeti non hanno appeso ai salici le loro cetre, anche in questo tempo in cui trionfa la tecnica e l’arte dell’architettura con le opere mastodontiche ed assistiamo alla hegeliana morte dell’arte.

Come scrive la stessa autrice per “I giorni e le strade”: «Volevo ordinare il mio lavoro per argomento, o almeno aggrupparlo in sezioni. Man mano che procedevo, però, qualcosa non andava, perché le emozioni, che ogni volta mi hanno suggerito le parole non potevano subire mutamenti. E così è per questa raccolta».


Le nevi non si sciolgono

Il tempo rimane nel tempo


Il tema del tempo è fortissimo. C’è un immanentismo insormontabile che ci lega alla temporalità dell’esserci. È impossibile uscire dal tempo e dal mare dell’esistenza che ci circonda nella sua profonda gettatezza che ci lega all’essere, con le sue possibilità, le sue angosce, le sue disperazioni. Il tema del mare, poi, è ricorrente nella poesia della De Angelis. Il mare indica apertura, “mondo” in senso heideggeriano, contrapposto alla terra, al solito. Oggi viviamo nella società liquida baumaniana.


Alla sera il sole si spande nel mare

lentamente per non offendere le onde.


Ci ricorda “Ed è subito sera” di Salvatore Quasimodo, la caducità dell’esistenza, il suo inevitabile, ma felice - leopardianamente – naufragio.

Carla De Angelis è nata e vive a Roma. Suoi testi sono presenti in riviste ed opere collectanee, edite da vari editori. Con Fara ha pubblicato “Salutami il mare” (2006); “A dieci minuti da Urano” (2010); “I giorni e le strade” (2014); “Mi fido del mare” (2017); “Fra le dita una favilla sembra sole” (2019); “Mi vestirei di mare” (Progetto Cultura); saggi: “Il resto (parziale) della storia” (2008); “Il valore dello scarto” (2016); “Diversità apparenti” (2017).


Vincenzo Capodiferro

09 luglio 2023

Piccoli particolari - on my way Il nuovo libro del Racconta Storie Bianco in uscita in questi giorni.

                            


Un libro da leggere, ma soprattutto da vivere.

Piccoli particolari - on my way

Il nuovo libro del Racconta Storie Bianco in uscita in questi giorni.

 

 

Esce in questi giorni per la Montag Edizioni, il nuovo libro del Racconta Storie Campano, Giuseppe Bianco.

Dopo qualche romanzo, il Bianco torna al suo genere d’esordio: il racconto.

In questo volume ci sono tredici piccoli particolari, semi caduti per caso o chi per lui nel suo terreno, rimasti lì fino a poi germogliare.

Anche se lo stile è quello solito, diretto, scorrevole e piacevole da leggere, è sempre dura la scorza da masticare. Il Racconta Storie si autodefinisce un cronista, non inventa nulla, si limita a raccontare storie di vita reale. Anche se la realtà non assomiglia sempre a una  favola,  una storia vera ti lascia comunque  qualcosa, un’esperienza da fare tua.

Un libro da leggere oltre le righe, vivendo in prima persona le coinvolgenti emozioni dei vari protagonisti, gente come noi.

Come nelle canzoni di De Andrè, in tutti i racconti c’è la vita della gente comune: lavoratori, camionisti, prostitute, impiegati frustrati senza saperlo, ma tutti ubidienti a una sola legge: la loro passione.

Un ottimo lavoro, un piccolo gioiello di equilibri emotivi non solo da leggere, soprattutto da vivere. 

 

 

Rita Esposito

04 luglio 2023

MES, UNA STORIA INFINITA di Antonio Laurenzano


MES, UNA STORIA INFINITA

di Antonio Laurenzano

La telenovela continua. Presentata dalla maggioranza parlamentare la sospensiva di quattro mesi per l’esame del disegno di legge di ratifica del Mes, per “maggiori approfondimenti”. “Tanto rumore per nulla”, a distanza di oltre quattro secoli rivive in Parlamento la brillante commedia di William Shakespeare. Una vicenda tragicomica come quella del travagliato iter di approvazione da parte dell’Italia della riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Certo, il Mes rievoca i fantasmi del passato, quelli della Grecia e della Troika, e getta ombre sul presente legate alla ristrutturazione del debito per i Paesi con finanza pubblica in sofferenza. Se l’Italia, unico Paese a non averlo ancora fatto, non ratifica il nuovo Trattato del Mes la riforma non potrà entrare in vigore il primo gennaio 2024. Rischiano di azzerarsi i suoi punti principali: l’attribuzione al Mes della funzione di garanzia nelle crisi bancarie, una sorta di paracadute finale (“backstop”) del fondo salva-banche Srf, e soprattutto la cancellazione delle “linee di credito precauzionali” per accedere alle risorse finanziarie del Mes, meno rigide e vessatorie rispetto alle contestatissime “condizionalità rafforzate”, del passato. Restano sul tappeto le forti criticità del meccanismo: la semplificazione delle “clausole di azione collettiva” da parte dei creditori di uno Stato per chiederne la ristrutturazione ordinata del debito, nonché il carattere intergovernativo del Mes, un organismo autonomo che non risponde al Parlamento europeo, fuori dalle istituzioni comunitarie. Un fondo privatistico, privo di controlli, esposto ai veti dei Parlamenti nazionali.

Il Mes, una storia infinita. Una diatriba fra Italia e Bruxelles che da anni anima il dibattito politico e le interlocuzioni comunitarie. E’ stato il primo governo Conte (M5S e Lega) a respingere inizialmente l’approvazione. Il Conte II (M5S e PD), nel giugno 2019, raggiunse un accordo politico preliminare sulle proposte di modifica al Trattato che, grazie anche alla generosità del Recovery fund, si concretizzò nel voto a favore nell’Eurogruppo del gennaio 2021. Con Mario Draghi alla guida di Palazzo Chigi la strada per la ratifica parlamentare sembrava ormai in discesa, ma nella sua variegata compagine governativa non fu mai trovata una comune linea d’azione. E così la patata bollente della ratifica del Mes è finita nelle mani del nuovo inquilino di Palazzo Chigi: Giorgia Meloni. Alla vigilia del Consiglio europeo, la premier ha ribadito in Parlamento la linea politica del suo Governo: ”L’interesse dell’Italia è affrontare il negoziato sulla governance europea, prima ancora di una questione di merito, c’è una questione di metodo.” Chiaro il riferimento ai dossier aperti a livello comunitario: il Patto di stabilità, l’Unione bancaria, il Pnrr, l’escalation dei tassi d’interesse. In particolare, per il nuovo Patto di stabilità e i relativi parametri deficit-debito/Pil ci sono forti contrasti sulle future regole europee di bilancio per la riduzione del debito rapportata al taglio della spesa pubblica. Un tema delicato per la nostra finanza pubblica legato al capitolo dello spread: per rispondere alle spinte inflazionistiche, la BCE ha intrapreso un percorso di rialzo dei tassi d’interesse che sta mettendo sotto pressione il debito pubblico italiano, con ricadute sulla nostra economia.

Ecco perché intorno alla riforma dell’ex fondo salva Stati, al quale l’Italia ha contribuito con un capitale sottoscritto di 125 mld di euro, c’è un reticolo complicato di questioni aperte. La premier Meloni vorrebbe usare il Mes come “strumento negoziale” per ottenere passi avanti sul Patto di stabilità (esclusione dai vincoli di bilancio delle spese per investimenti relativi a Pnrr, transizione energetica e digitale). L’Italia richiede maggiore flessibilità per trasformare il Mes da strumento per la protezione dalle crisi del debito sovrano e bancarie a un volano per gli investimenti e il sostegno contro le recessioni economiche. Un’impresa non facile fare accettare ai partner europei (Germania e Olanda) il tentativo di scambio (“spericolato”, secondo alcuni osservatori) tra la ratifica del Mes e l’alleggerimento delle future regole comunitarie di bilancio del Patto di stabilità e crescita, riducendo dimensioni e tempi di rientro del debito pubblico.

Il nodo politico da sciogliere è piegarsi alla regola della solidarietà europea (mutualizzazione del rischio) o isolarsi in una forma di (insostenibile) autarchia, tanto più rischiosa con il debito pubblico italiano esposto ai “capricci” del mercato. Uno scenario non certamente semplice. Di fatto, qualora l’Italia a novembre dovesse ratificare il Mes si ritroverebbe ad accettare le modifiche proposte in sede europea e dovrebbe sottostarvi qualora avesse necessità di usufruire di tale strumento, con l’alea della ristrutturazione come condizione obbligatoria in caso di debito ritenuto non sostenibile, con conseguente drastica impennata dei tassi dei titoli di Stato. Ma bloccare una riforma europea da soli è uno scenario che l’Italia non può permettersi se vuole avere spazi di bilancio. Il danno reputazionale, in termini di credibilità, rischia di indebolire la posizione italiana su altri tavoli del negoziato sulla riforma della governance economica europea, Pnrr compreso. Uscire presto dall’ambiguità e da un imbarazzante temporeggiamento ritrovando risposte adeguate per rafforzare la coesione europea e l’immagine di affidabilità del nostro Paese. Difficile, se non impossibile, emendare il Trattato di riforma del Mes, ma auspicabile per novembre la presentazione a Bruxelles di un progetto italiano per il rilancio dell’integrazione politico-economica dell’Unione europea, delle sue istituzioni, dei suoi meccanismi decisionali, dei suoi assetti funzionali. E’ questa la vera sfida dell’Ue del futuro.


03 luglio 2023

Ipotesi di misura di Francesca Bavosi a cura di Vincenzo Capodiferro


IPOTESI DI MISURA

Raccolta dalla “lettura emozionante e piacevole” di Francesca Bavosi

Ipotesi di misura” è una raccolta poetica di Francesca Bavosi, edita da Fara, Rimini 2022. È stata classificata prima ex aequo al concorso “Faraexelsior 2022”. Tra le motivazioni della giuria leggiamo: «Un bel ritmo scandisce immagini evocative, sintesi di un’intima e profonda ricerca spirituale. Lettura emozionante e piacevole che stimola riflessioni senza mai imporle». Ilaria Maria D’Urbano ha colto in poche battute il recondito senso di questa raccolta.

Qual è il peso di questa storia

sui piatti della bilancia?...

forse un sasso, forse una piuma.

Si dice che Historia magistra vitae. Ma non è sempre così. Come diceva Pasolini, la storia è una maestra bastarda, è una Cassandra inascoltata che dice sempre la verità.

Tutti ci siamo stranieri

sulla plaga convessa

del mondo.

Siamo tutti stranieri! “Tutti abbiamo perso/ una patria, un tesoro, / un affetto”. È l’ideale cosmopolitico al contrario che vede il mondo come ostile, non più il “mare nostrum”. È l’insofferenza dell’intellettuale che si sente incompreso spesso dal mondo. Ogni poeta è profeta. E nemo propheta

Non illudetevi. Non si esce mai

incolumi da questo continuo

mutare a volte come un fiume…

È l’uomo avvolto nell’eracliteo Panta Rei. L’osservatore crede di essere fermo in riva al fiume, ove l’acqua che scorre non è più la stessa. Ma mentre l’acqua scorre anche egli è scorso un po’.

La poesia di Francesca si presenta come esistenziale, riflessiva. Invita al pentimento, allo scandaglio della coscienza. Bisogna tornare in sé stessi: Noli exire. In interiore hominis habitat Veritas.

Francesca Bavosi è nata e vive a Fano (PU). Laureata in Lettere Classiche all’Università di Urbino, insegna in una scuola della sua città. Alcune sue opere sono state selezionate in concorsi letterari, quali “Premio De Palchi Raiziss”; “Premio Nazionale Novella Torregiani”; “VI Premio Città di Conza”; “Premio Zeno 2021”.


Vincenzo Capodiferro

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano

ADDIO AL PATTO DI STABILITA’ STUPIDO di Antonio Laurenzano Addio al “Patto di stu...