24 maggio 2019

Il referendum per l’Europa del futuro di Antonio Laurenzano

Il referendum per l’Europa del futuro
di Antonio Laurenzano
Un voto, quasi un referendum! Azzerata ogni discriminante ideologica del passato fra destra e sinistra, le elezioni di domenica 26 maggio rivestono un chiaro significato referendario: un voto a favore o contro il progetto di integrazione europea. Nel segreto dell’urna la scelta per il futuro dell’Europa, il “redde rationem” tra chi è europeista e chi non lo è. Una novità assoluta per le elezioni europee. L’Europa, pur con le sue contraddizioni, non ha mai rappresentato, nelle varie tornate elettorali dal 1979 in avanti, un tema politico su cui confrontarsi o fare propaganda partitica. Non è mai stato terreno di divisione nelle comunità nazionali, di scontro fra le forze politiche.
Lo scenario è ora cambiato. La crisi economica, il disagio sociale e i flussi migratori hanno generato un rigetto dell’establishment, una domanda di sovranismo quale risposta ai guasti dell’Europa dell’austerità, della mania normativa, lontana dai bisogni della gente. Un sovranismo che è espressione della crisi di fiducia dei cittadini europei nei confronti della politica dell’Ue, dell’euroburocrazia di Bruxelles, delle istituzioni comunitarie in balia dei veti incrociati per gli interessi dei Paesi membri. Ma vagheggiare frontiere chiuse, monete nazionali, isolazionismo e autarchia sotto la bandiera di una surreale “internazionale nazionalista” è una ricetta illusoria che ipoteca la marginalizzazione degli Stati in mercati finanziari globalizzati. E’ un sovranismo che non ha futuro, perché rompere con l’Ue sarebbe fatale per l’economia reale e la stabilità politica.
Con una buona dose di demagogia populista, l’Unione europea e la sua forma più avanzata di integrazione, la moneta unica, sono diventate il capro espiatorio dei mali nazionali di Paesi che, per incapacità politiche e limiti strutturali, non sono riusciti a garantire livelli di crescita economica sostenibile e duratura, a creare le condizioni per uno sviluppo sociale equilibrato. E’ troppo facile far risalire ritardi e inefficienze nazionali alle istituzioni comunitarie, sollevando i governi nazionali da responsabilità antiche e recenti. Vittima di amnesia storica, l’euroscetticismo continua a disconoscere i meriti del progetto europeo, consolidati in settant’anni di pace: dal mercato unico alla libera circolazione delle persone, dalla politica di coesione sociale agli scambi culturali e studenteschi, dalla cooperazione per lo sviluppo alla tutela della concorrenza, alla privacy.
Che l’Europa unita sia un’opera incompiuta, un progetto in divenire, è evidente! Vanno corrette asimmetrie importanti. In primis, quella di una moneta unica senza una governance economica, senza una unione di bilancio e una unione bancaria. Uno spazio comunitario privo di una difesa comune, di strumenti di protezione dei confini esterni. Serve un big bang in grado di rilanciare, con lo spirito originario dei Padri fondatori, la costruzione della comune casa europea per riavvicinare l’Europa ai suoi cittadini: potenziare il welfare state e le politiche ambientali, stabilizzare il ciclo economico, armonizzare i sistemi fiscali e previdenziali nazionali per azzerare paradisi fiscali e dumping sociale. La sfida è la “sovranità europea condivisa”, l’interdipendenza delle politiche nazionali sui temi di generale rilevanza, con soluzioni europee. Non un super Stato europeo, né un’associazione di Stati da tenere in vita con accordi intergovernativi, ma una unione federale con sovranità su un nucleo forte di questioni comuni, lasciando alle sovranità nazionali la gestione degli altri problemi, nel rispetto delle singole identità. Alle Istituzioni comunitarie la mission di dare all’Ue una voce unica nel contesto internazionale, di recuperare la centralità del suo ruolo, fattore di stabilità politica, di sviluppo economico e di contrasto alla globalizzazione selvaggia.
Sono in gioco le sorti del Vecchio Continente. Per l’Italia, l’Europa integrata costituisce la condizione primaria della sicurezza politica, economica e sociale. Da Paese fondatore rischia di scivolare nell’oblio della storia, emarginata nell’assetto istituzionale europeo. Il “nemico” dell’Italia non è l’Europa ma, per l’enorme debito pubblico, sono i mercati finanziari! Resistendo alle suggestioni del sovranismo nostrano e alle sue fake news, l’interesse nazionale si difende con scelte ponderate, prive di emotività, nel ricordo dei tragici nazionalismi del passato e con il pensiero rivolto al futuro per un’Europa unita intorno ai valori della sua millenaria civiltà.

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono moderati e controllati quotidianamente.
Tutte le opinioni sono benvenute. E' gradita la pacatezza.

I sette peccali capitali sotto l'obiettivo di Sauar Articolo di Marco Salvario

I sette peccali capitali sotto l'obiettivo di Sauar Articolo di Marco Salvario Formatosi all'Accademia delle Belle Arti di Cune...