CRISI POLITICA E ISTITUZIONALE di Antonio Laurenzano
CRISI POLITICA E ISTITUZIONALE
di Antonio Laurenzano
Si è chiuso
all’imbrunire di una domenica di maggio, nelle austere sale del
Quirinale, il Libro dei sogni con le mirabolanti promesse elettorali.
E’ stata scritta la parola fine a ottantaquattro giorni di lunghe
trattative che hanno evidenziato, con il “casus belli” del
ministro dell’Economia, le contraddizioni di un illusorio
“contratto di governo” farcito di euroscetticismo. Taglio delle
tasse, assistenzialismo, crescita in deficit in barba ai vincoli e ai
trattati europei: un mix pericoloso per il precario quadro
economico-finanziario del Paese. Contrarre debito pubblico, sforando
il tetto del 3% del rapporto deficit/Pil, significa firmare una
nuova cambiale da far pagare alle future generazioni, significa
sfidare i mercati per la sostenibilità finanziaria dei nostri conti
e la credibilità internazionale della nostra governance politica.
Spread alle stelle, capitali in fuga con rovinose ricadute sull’
economia che smette di crescere, sulla produttività e la
competitività delle imprese che si arresta, sui livelli
occupazionali al ribasso. Famiglie e risparmiatori in difficoltà.
Prima di oltraggiare la
Costituzione e il suo fedele garante che, nel rispetto di precise
prerogative, l’ha difesa sul piano istituzionale, gli statisti del
“rinnovamento”, per fugare i timori crescenti di rischi economici
e finanziari, avrebbero dovuto indicare le risorse per sterilizzare
l’aumento dell’Iva, per fronteggiare le minore entrate dalla flat
tax, per sostenere il reddito di cittadinanza e la riforma della
Legge Fornero. Un fabbisogno di bilancio di oltre 100 miliardi di
euro. Qualcuno avrebbe dovuto rassicurare i partner europei, nella
consapevolezza che gli interessi nazionali non si difendono con le
crociate contro l’Europa, contro i “cattivi eurotecnocrati” di
Bruxelles, contro le agenzie di rating che ci ricordano il gigantesco
debito pubblico del 132% del Pil! Si rimane isolati nella richiesta
di revisione dei Trattati per “un’Europa diversa, più forte ma
più equa”. Non scarichiamo sugli altri i nostri mali causati da
anni di allegra finanza, di latitanza politica, di improvvisazione
programmatica o, ancor peggio, di mancanza di ogni progettualità
politica ed economica.
Per uscire dalla gabbia
del patto di stabilità europeo e del fiscal compact con il pareggio
di bilancio blindato nella Costituzione non servono scomposte
spallate ma negoziati da condurre con responsabilità e lucido
pragmatismo. Al “nazionalismo da talk show” e ai “sovranismi
anarcoidi” si risponde con la presenza nei luoghi dove si decide e
non con minacce e proclami al popolo! L’instabilità economica e
politica potrebbe avere costi devastanti per la comunità nazionale.
Un salto nel buio...
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