09 marzo 2023

BONUS EDILIZI E MALUS POLITICI di Antonio Laurenzano


BONUS EDILIZI E MALUS POLITICI

di Antonio Laurenzano

Un provvedimento imprudente, non replicabile, con un costo di 2000 euro per ogni italiano”. Nel giudizio tranchant del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti la sintesi della telenovela tutta italiana legata al superbonus 110% con le opzioni di cessione del credito/sconto in fattura. La misura, fiore all’occhiello del governo Conte 2, è stata introdotta con il “Decreto Rilancio” nel maggio 2020 per dare ossigeno all’economia, in particolare al settore edilizio strozzato dalla pandemia da Covid 19, con l’ambizioso obiettivo del milione di nuovi posti di lavoro. La spinta c’è stata. Ma anche una speculazione senza precedenti in termini di evasione e frodi. Dai controlli svolti dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza sono stati individuati 9 miliardi di crediti d’imposta irregolari di cui circa 3,6 miliardi oggetto di sequestro da parte dell’Autorità giudiziaria. Un dato significativo che pone l’Italia in testa alla classifica dei Paesi dell’Ue con il maggiore stock di frodi al fisco, evidenziato nel primo bilancio annuale presentato dalla Procura europea.

Una “legge scellerata” che ha consentito ai cittadini di spendere a totale carico dello Stato, senza alcun controllo sulla congruità e necessità della spesa e sulle diversità reddituali dei contribuenti. Una “patrimoniale alla rovescia”, l’ha definita Mario Monti sulle colonne del Corriere della Sera: un tributo a carico dello Stato tale da accrescere il valore dei beni di coloro che, in gran parte, ne posseggono di più. Inevitabile la ricaduta sui conti pubblici: scattato il codice rosso. I crediti fiscali derivanti da bonus edilizi generati dal 2020, secondo i dati forniti dal direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Ruffini in occasione della recente audizione alla VI commissione Finanze della Camera, ammontano a circa 111 miliardi di euro, di cui ben 62 miliardi derivanti dal superbonus, e il resto dalle altre agevolazioni edilizie (facciata, ristrutturazione, ecobonus, fotovoltaico, ecc.). Il primo a lanciare l’allarme per la tenuta dei conti è stato l’ex premier Mario Draghi, rimasto vittima della ferma opposizione del M5S a qualsiasi intervento modificativo. Al Governo Meloni quindi è toccato il lavoro sporco. Improvviso ma non inatteso il decreto legge del 16 febbraio che ha cancellato il sistema dei bonus, colpevolmente intossicato: stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura. Una bomba dal punto di vista economico per le imprese del settore edilizio che hanno in portafoglio 19 miliardi di euro di crediti “incagliati” e per una vasta fascia di proprietari di immobili che, per recuperare il credito d’imposta, una ventina di miliardi, dovranno fare ricorso alla detrazione diretta con la dichiarazione dei redditi, con rate annuali. Crediti sulla carta difficili da smaltire se non a un compratore di ultima istanza (Cassa depositi e prestiti?). In tilt anche il sistema bancario con la capienza fiscale azzerata.

Un provvedimento opportuno, migliorabile in sede di conversione in legge, emanato per fronteggiare un fenomeno ormai da tempo fuori controllo, con pericolose zone d’ombra diffuse in tutto il Paese. L’erogazione a piene mani di bonus di ogni genere, figlia dei malus delle passate stagioni politiche, ha avuto un impatto sui conti pubblici ben oltre le previsioni, con un surplus di 40 miliardi di euro. La conferma del danno prodotto ai saldi di finanza pubblica è arrivata dalle rilevazioni dell’Istat su Pil e sul deficit pubblico diffuse nei giorni scorsi. Per effetto della revisione dei criteri di contabilizzazione delle mancate entrate prodotte dal superbonus e dagli altri incentivi fiscali all’edilizia, concordata con Eurostat, è stato rivisto al rialzo il deficit 2021 che dal 7,2% del Pil passa al 9% e quello del 2022, previsto al 5,6% che sale all’8% del Pil.

Il perdurare della telenovela “Paga lo Stato” avrebbe messo a serio rischio la Legge di bilancio 2023. L’inversione di rotta decisa dal Governo sul superbonus rende meno problematica la trattativa con Bruxelles sui tanti dossier aperti a livello comunitario, dal Pnrr alla revisione del Patto di stabilità, alla proroga a fine 2024 delle concessioni balneari. Un’agenda particolarmente impegnativa per Palazzo Chigi che richiede prudenza e abilità negoziale e soprattutto stabilizzazione del percorso di riduzione del debito, attraverso una efficace spending review, per recuperare credibilità e affidabilità sui mercati finanziari. Elemento chiave per un futuro meno incerto è la crescita dell’economia, depurata dai miraggi illusori dei bonus, supportata da un costo di finanziamento del debito pubblico compatibile con gli equilibri di finanza pubblica e con l’aumento dichiarato dei tassi d’interesse. Una politica economica refrattaria a demagogici populismi e a scelte scellerate.


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