26 marzo 2023

Il geniale provocatore Salvador Dalí in mostra alla Palazzina di Caccia di Stupinigi A cura di Marco Salvario

Il geniale provocatore Salvador Dalí in mostra alla Palazzina di Caccia di Stupinigi

A cura di Marco Salvario

Ogni mattina, al risveglio, provo un piacere supremo, il piacere di essere Salvador Dalí.”

Io la mattina, al risveglio, mi trascino in bagno davanti allo specchio, cerco di mettere a fuoco la mia immagine spettinata e provo un mal trattenuto desiderio di sputarmi in un occhio. In verità, non credo che l'affermazione di Dalí sia sincera, la ritengo una delle tante provocazioni da lui escogitate per aggiungere al suo mito, abilmente costruito e alimentato, un tocco in più di superiorità. Eppure, devo riconoscerlo, è una frase che denota il carisma di una personalità eccezionale e che lascia intimiditi.



Artista celebrato in tutto il mondo, Salvador Dalí nasce a Figueres in Catalogna nel 1904 e muore nella stessa città nel 1989. Figueres lo ricorda con un museo frequentatissimo, creato dallo stesso artista, dov'è stata costruita la cripta sotterranea che accoglie i suoi resti mortali.

Personaggio sopra le righe già da diciottenne, viene espulso prima di finire gli esami dall'accademia di belle arti di Madrid, per avere asserito che nessuno dei docenti aveva sufficienti qualità per poterlo giudicare.

Dadaista e successivamente surrealista, ha saputo assorbire nelle sue opere la bellezza e l'armonia dei grandi artisti classici. Escluso dal movimento surrealista per non avere preso posizione contro l'ideologia fascista, anzi il suo atteggiamento verso il franchismo è stato spesso di palese approvazione, continua un proprio percorso personale che chiama, con la consueta immodestia, “dalinismo”. Il suo credo politico e religioso è un continuo oscillare tra le tendenze più diverse, cercando ovunque elementi estremi e rivoluzionari; egli stesso si è definito al medesimo tempo anarchico e monarchico, lodando istituzioni come la Santa Inquisizione spagnola.

Amato fino al fanatismo dai suoi sostenitori e attaccato con durezza estrema dagli oppositori, Dalí ha lasciato un'impronta di sé profonda, forse superiore al genio innegabile delle sue opere.



Dal 12 novembre 2022 al 19 febbraio 2023, la Palazzina di Caccia di Stupinigi, una delle splendide residenze dei Savoia, dichiarata nel 1997 patrimonio dell'umanità dall'Unesco (Residences of the Royal House of Savoy - UNESCO World Heritage Centre ), ha ospitato “Salvador Dalí. The Exhibition.” Si tratta di una mostra che potrebbe essere intitolata “L'altro Dalí”, perché non presenta nessuno degli oltre 1.500 dipinti che hanno dato gloria all'artista spagnolo, bensì sculture, illustrazioni di libri, oggetti in pasta di vetro, incisioni, litografie, filmati.



Sono le sculture in bronzo, realizzate con l'antica tecnica a cera persa, l'elemento più interessante, dove troviamo temi carissimi all'artista. Non ho potuto non soffermarmi a lungo davanti alle due opere “Danza del tempo II” e “Nobiltà del tempo”, dove compare “l'orologio molle”, uno dei temi più intensamente sentiti ed elaborati da Dalí. Il tempo così rigido, implacabile, esatto, si distorce, perde ogni valore assoluto, scivola in dimensioni fantastiche, si arresta; non è più un valore condiviso, ma una sensazione personale e relativa. L'attimo e l'eternità coincidono.

Nella prima scultura, realizzata nel 1979, l'orologio, uno di quei pesanti orologi da taschino che si portavano in passato, sembra avvolgersi con una lenta danza al tronco della pianta arida che lo sostiene. Tanto duro e immobile è il tronco, altrettanto fluido e lieve è lo scorrere dell'orologio.

Nella seconda scultura di due anni precedente, l'albero è più grande, ha foglie sul tronco e l'orologio sembra afflosciarsi verso le radici, come un corpo crocifisso e morente. Ai lati dell'albero, uno per lato, un angelo seduto in sofferta meditazione e una donna nuda, che sta per drappeggiarsi sul corpo un lungo e stretto tessuto. Sull'orologio una corona riconosce la nobiltà del tempo, pur nel momento in cui il suo dominio sembra arrestarsi come le lunghe lancette.



Tutte le sculture di Dalí cercano di fare evolvere in tre dimensioni le opere su tela.

Nella “Donna in fiamme”, nel corpo modellato quasi completamente divorato da un fuoco che non lo consuma, simbolo della passione, si aprono cassetti che rappresentano i contenitori normalmente chiusi dell'inconscio umano. La figura non ha volto, perché il volto può essere quello di ogni donna.

In “Elefante spaziale”, l'elefante dalle zampe sottili che trasporta un obelisco, è un gioco irreale di contraddizioni e simboli. Tutto diventa un'allegoria di inattesa leggerezza e possiede un potente slancio verso l'alto. Il soggetto era stato rappresentato da Dalí in uno dei suoi dipinti più noti e rivoluzionari: “La tentazione di sant'Antonio” del 1946.

Dalla figura di Venere è ispirato il bronzo “Venus à la girafe”, dove la statua classica della dea, priva di braccia, viene a mutare con il collo lunghissimo da giraffa, la pelle reticolata, e con gli irrinunciabili cassetti di cui uno spropositatamente sporgente. È puro surrealismo, ma nel massimo rispetto dell'eleganza classica.



Tra le opere esposte, mi fa piacere segnalare inoltre: le incisioni “Les Amoures Jaunes”, create per illustrare un'antologia del poeta francese Corbière; le acquetinte e incisione dei “Neuf Paysage”, realizzate nel 1980; le illustrazioni delle storie morali di La Fontaine, “Le bestiaire de La Fontaine”, e, infine, le 25 litografie ispirate dalla Carmen di Bizet.


FONTE: “Salvador Dalí. The Exhibition”: in mostra il geniale provocatore alla Palazzina di Caccia di Stupinigi sino al 19 febbraio 2023 - Oubliette Magazine


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