24 marzo 2023

RIFORMA FISCALE, LUCI E OMBRE di Antonio Laurenzano

 


RIFORMA FISCALE, LUCI E OMBRE

di Antonio Laurenzano

Dopo oltre cinquant’anni dalla riforma di Bruno Visentini dell’ottobre 1971, il sistema tributario si avvia verso un profondo cambiamento strutturale. Nel disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei ministri sono fissati i principi cardine della riforma 2023: riduzione della pressione fiscale (oggi al 43,5%) per cittadini e imprese, lotta all’evasione, rapporto tra Stato e contribuente meno vessatorio e più collaborativo con una semplificazione degli obblighi dichiarativi e uno sfoltimento della normativa, nel rispetto dello Statuto del contribuente e della certezza del diritto.

L’asse portante della legge delega, divisa in 4 parti e 21 articoli, è rappresentato dalla flat tax per tutti entro la fine della legislatura, anticipata da quella “incrementale” solo per i dipendenti. Un’imposta sostitutiva dell’Irpef in luogo delle aliquote per scaglioni di reddito per garantire l’equità orizzontale con aliquota unica di prelievo, come nei Paesi dell’Est, sull’imponibile delle persone fisiche (autonomi, dipendenti e pensionati). Una misura contestata da Sindacati (“subito il taglio del cuneo fiscale”) e opposizione, perché ritenuta lesiva del principio costituzionale di progressività dell’imposta, a tutela dei redditi più bassi. Un principio che sarà garantito, assicurano a Palazzo Chigi, modulando detrazioni, deduzioni e crediti d’imposta che saranno inversamente proporzionali al reddito. La tassa piatta sarà preceduta da una fase transitoria con la riduzione delle aliquote da quattro a tre: aliquota al 23% per i redditi fino 28mila euro, 35% per i redditi fino a 50mila euro e 43% per i redditi oltre i 50mila euro. In cantiere l’unificazione della no tax area tra dipendenti e pensionati (8.500 euro).

Per le società è prevista la modifica dell’Ires con un’aliquota agevolata al 15% per investimenti in beni strumentali e in occupazione, la trasformazione dell’Irap in sovrimposta sull’Ires. Particolarmente significative altre misure della riforma: la razionalizzazione delle tax expenditures, ovvero delle agevolazioni fiscali (una giungla di circa 600 voci, con una perdita di gettito di 165 miliardi l’anno), la revisione delle aliquote Iva e dei suoi presupposti impositivi in funzione dei panieri di beni e servizi. Saranno velocizzate le procedure relative ai rimborsi. Novità anche per le imposte indirette minori con la sostituzione dell’imposta di bollo, delle imposte ipocatastali e dei tributi speciali con un tributo unico, in misura fissa. Previsti interventi legislativi per i tributi regionali ai fini dell’attuazione del federalismo fiscale e per quelli locali, con l’attribuzione del gettito Imu dei capannoni industriali e produttivi direttamente ai Comuni.

Per quanto riguarda le piccole e medie imprese, con il superamento graduale degli indicatori sintetici di affidabilità (Isa), viene istituito il “concordato preventivo biennale”. Si tratta di un rafforzamento dell’adempimento collaborativo con l’idea di riscrivere le regole della lotta all’evasione fiscale che diventa preventiva e non più repressiva. Ai fini delle imposte, si paga quanto pattuito in anticipo con l’Agenzia delle Entrate per due anni, senza rischi di accertamenti, nel segno della trasparenza e del dialogo per recuperare l’inefficienza del sistema legato a sanzioni e riscossione (i crediti non riscossi sono circa 153 miliardi di euro).

Obiettivo del Governo, ha dichiarato la premier Giorgia Meloni, è di “riordinare tutto il sistema tributario per rendere il nostro ordinamento coerente con quelle che sono le regole dell’Ue e internazionali e rilanciare l’Italia sul piano economico e sociale”. I decreti delegati, che conterranno la disciplina attuativa dei principi espressi nella delega, saranno adottati entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della Legge delega. Sul tappeto restano le tante incognite sui risultati finali dell’operazione “Fisco nuovo”, legati ai temi più controversi della riforma: dalla lotta all’evasione (un buco di circa 100 miliardi di euro annui) alla spending review, dalla riforma dei bonus e delle tax expenditures alla tassazione dei redditi di capitale, temi a rischio perché connessi a rendite di posizione elettorale dei partiti, difficili da scardinare.

Nell’articolato disegno di riforma fiscale il grande assente è il Catasto, già terreno di scontro politico con il Governo Draghi: azzerata ogni ipotesi di attribuzione di un “valore patrimoniale” agli immobili basato su valori reali di mercato, cancellata ogni azione di mappatura immobiliare con la caccia alle “case fantasma” non censite, congelati ai fini della tassazione i valori catastali rilevati nel biennio 1988-89. Tutto finito su binario morto.

Non secondario per una riforma come quella tratteggiata nella delega il problema della copertura. La riforma non può certo realizzarsi in deficit mentre i tassi sui titoli di Stato salgono e la politica monetaria si restringe. Serviranno molti miliardi, almeno cinque nella fase transitoria, secondo le prime stime del Mef, e una quindicina con la introduzione della flat tax a regime. La strada è tracciata: puntare su una seria lotta all’evasione, anche attraverso l’utilizzo delle banche dati, per assicurare il giusto equilibrio dei saldi di finanza pubblica. Il futuro della riforma, e in particolare la riduzione della pressione fiscale, è legato a una volontà politica chiara e responsabile. Al Governo Meloni il compito di conciliare progetti e realtà per un Fisco in sintonia con i principi di equità e capacità contributiva sanciti dalla Costituzione.

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