Raymond Queneau – I fiori blu – (Einaudi)
Collana: ET Scrittori
Pagine: 288
ISBN 9788806219185
Premesso che secondo me il capolavoro assoluto di Raymond Queneau resta “Esercizi di stile”, in questo geniale romanzo l’autore si spinge con evidenza nel surrealismo, corrente della quale da giovanissimo era stato esponente.
A tratti, con gusto teatrale, sembra quasi evocare una commedia di Ionesco.
Libro sul sogno e fatto di sogni, “I fiori blu” è un tourbillon di situazioni improbabili in cui, con uno scarto temporale abissale – e qui si gioca uno degli aspetti fondamentali della narrazione - s’intrecciano senza soluzione di continuità le vicende dei due personaggi principali: il Duca d’Auge e Cidrolin. Fra calembour e nonsense, con uno stile fresco e scattante Queneau sembra farsi beffe persino del lettore.
E come per “Esercizi di stile”, tradotto da Umberto Eco, anche in questo caso la curatela è magistrale perché porta la firma di Italo Calvino (di cui vi consiglio di leggere anche la postfazione).
“Gli Unni cucinavano bistecche alla tartara, i Gaulois fumavano Gitanes, i Romani disegnavano greche, i Franchi suonavano lire, i Saracineschi chiudevano persiane”.
“L’istruzione! Vede cos’è l’istruzione, signore? S’impara quel tanto a scuola, si fatica, e non poco, per imparare quel tanto a scuola, e poi, vent’anni dopo, o magari prima, non è più così, le cose son cambiate, non se ne sa più niente. Allora non valeva la pena. È per questo che mi piace più pensare che imparare”.
“Rifletta un momento; e non voglio qui far uso del verbo pensare che forse la spaventerebbe, le chiedo solo di riflettere, non nel senso in cui il verbo riflettere è usato a proposito degli specchi, il che denoterebbe una riflessione assai superficiale per quanto più consueta, me ne rendo ben conto, a voialtre fanciulle”.
© Marcello Sgarbi
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