01 novembre 2020

Metamorfosi dell’abbandono Ivan Manzone / Livio Ninni a cura di Marco Salvario

 

Metamorfosi dell’abbandono

Ivan Manzone / Livio Ninni

Il Fondaco – Via Cuneo 18 - BRA

19 settembre – 17 ottobre 2020

a cura di Marco Salvario




Da più di vent’anni l’Associazione “Il Fondaco” lavora, organizzando mostre ed eventi, per valorizzare l’arte contemporanea, oltre che per far conoscere e per difendere il patrimonio storico/culturale del proprio territorio. L’attività più interessante, che ha coinvolto nel recente passato artisti e personalità molto importanti, è “La via del sale”, un prezioso itinerario di arte che trova le proprie radici nei territori di Langhe e Monferrato; spero che tale iniziativa possa riprendere e continuare una volta superati gli attuali difficili momenti legati alla pandemia.

Metamorfosi dell’abbandono” mette a confronto, sarebbe più giusto dire che affianca perché si tratta di progetti paralleli e di uguale interesse, i due artisti Ivan Mazzone e Livio Ninni.






Nella sede de Il Fondaco, la prima ampia stanza in cui si entra è quella dove erano esposti i lavori di Livio Ninni. Questo artista ricerca e fotografa immagini di costruzioni abbandonate dall’uomo e riconquistate dalla natura; la pietra e il cemento si sgretolano sotto l’azione lenta ma inesorabile del tempo e delle piante, le cui radici s’insinuano con sorprendente vigore in ogni minima crepa, conquistandola e ampliandola intanto che le pareti si coprono di foglie, sterpi e muschio. L’opera dell’uomo, egoista e senza pianificazione, dimostra tutta la sua provvisorietà e fragilità, mentre nel tempo la natura si riappropria dei suoi spazi e copre i fallimenti di chi continua a credersi il padrone di tutto mentre è solo un cieco devastatore.

Le fotografie sono impresse su basi di legno o di cemento e l’artista interviene su di esse con linee e macchie, aggiungendo un nuovo livello di alterazione all’opera originale e proponendo una superiore chiave di lettura.

Al centro della stanza di esposizione, una struttura di legno simile a un tronco d’albero, con elementi in metallo e cemento uniti da fili bianchi e rossi, riprendeva il tema usato nelle opere esposte.






Al primo piano incontriamo le emozionanti fotografie a colori e in banco e nero del secondo artista, Ivan Mazzone, il cui progetto si concentra sulla ricerca di ville e palazzi abbandonati nel territorio, denunciando le situazioni di degrado e richiedendo il recupero di tali tesori. L’eleganza architettonica, la nobiltà dei soffitti e delle scalinate, la solennità delle colonne sopravvivono nella decadenza dei marmi spaccati, degli intonaci cadenti o deturpati e degli affreschi quasi perduti.

Misura di ogni immagine è un corpo femminile spesso nudo e prostrato, forse allegoria dell’anima ferita di queste opere d’arte, forse dell’umana natura, grande nel creare e immaginare l’arte, ma incapace di mantenere quanto ha realizzato, travolta da altre passioni, rivolta ad altre mete, eternamente insoddisfatta di se stessa.

Di quale e quanta possa essere la stupidità umana è chiara prova una delle più belle delle fotografie, dove alla devastazione dell’abbandono, si aggiungo lo sfregio di un artista di street art che ha impresso su una delle pareti il proprio miserabile e ignorante sgorbio.


Possiamo concludere che “Metamorfosi dell’abbandono” trova nella tensione della sua doppia natura, un equilibrio convincente sia come contenuti artistici sia come denuncia sociale.

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