24 ottobre 2008

Letteratura: Dante: "Egloghe"

  Le “Egloghe” di Dante (1319-20) rappresentano una disputa linguistica sull’uso del volgare, scritta volutamente riprendendo il tema pastorale tanto caro ai classici. Si tratta in sostanza di una forma compositiva ereditata, nei suoi tratti strutturali, da autori come Teocrito e Virgilio: alle “Bucoliche” di quest’ultimo venne infatti attribuita anche la denominazione di “Egloghe”, da cui il temine entrato nell’uso letterario.
Ad accendere la disputa è il bolognese Giovanni del Virgilio, che nel 1319 invia a Dante un carme nel quale polemizza sulla manifesta intenzione del fiorentino di utilizzare la lingua volgare per trattare argomenti non comprensibili dal volgo. Del Virgilio riconosce in Dante il genio poetico, ma proprio per questo lo accusa di “prodigare le perle ai porci” e gli chiede dunque di ravvedersi dal suo intento.
Dante risponde con un’egloga in stile virgiliano, nella quale usando nomi di fantasia lascia intendere di voler cercare la gloria poetica proprio con la lingua volgare, portando cioè la conoscenza classica al livello della lingua e della parlata comune.
Alla replica del bolognese che, pur abbassando il tono polemico, lo invita a Bologna, dove potrà trovare intere schiere di discepoli, lo stesso Dante risponde con una seconda egloga, nella quale pur ricambiando gli elogi e la considerazione esternatagli dal del Virgilio, rifiuta cortesemente. Questo breve scambio epistolare può essere considerato significativo per capire l’uomo Dante, evidentemente poco interessato ed anzi timoroso della considerazione accademica che Bologna avrebbe voluto porgergli.
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Autore: A. di Biase
Revisioni: 04-02-13
Fonti:
-La letteratura italiana, Vol. II , Edizione Corriere della Sera, 2006
-Enciclopedia universale, Vol VIII, Edizione Sole 24 ore, 2006
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