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Visualizzazione dei post da giugno, 2006

"Una paga da fame" di Barbara Ehrenreich

di Lagi Il sociologo americano Sennet lo aveva già dimostrato con una tabella del Congressional Budget Office: il reddito degli americani, dopo aver cambiato impiego, non migliora, solo il 18% vede un incremento del reddito, tutti gli altri si ritrovano o senza lavoro o con un lavoro pagato l’80% in meno di quello precedente. Quasi il 30% della forza-lavoro accetta di sgobbare per 8 dollari l’ora …a volte anche meno. Le drammatiche immagini di Katrina a New Orleans riportano all’attualità un dramma già noto: i poveri, coloro che sopravvivono al livello più infimo del nostro sistema economico, esistono anche nella Grande America. Sono immagini da terzo mondo … eppure siamo a New Orleans … Mi torna in mente un libro che avevo letto pochi anni fa, scritto da una giornalista, Barbara Ehrenreich, “Una paga da fame, come non si arriva a fine mese nel paese più ricco del mondo”. Un ottimo esempio di giornalismo investigativo, perché Barbara ha deciso di fare la stessa vita di milioni di ameri...

Carlo Levi e i contadini del sud

di Augusto da San Buono Durante gli ultimi vent’anni della sua vita lo studio romano di Carlo Levi fu una sorta di ambasciata dei contadini meridionali, o meglio, come un avamposto del mondo contadino… ”Le notizie che arrivano al suo studio – scrive il suo grande amico Italo Calvino - non si trovano sui giornali… Sono notizie di paesi dove prima dell’alba gli uomini sono in marcia per raggiungere i campi lontani, notizie di lutti, di arresti, di occupazioni di terre, ma anche notizie di filtri d’amore, di incantesimi, di spiriti notturni. Alla sua ambasciata si possono trovare tesori appena giunti da questi lontani re, i formaggi caprini, i vini mielati, i santini di gesso. Talvolta vi si possono incontrare messaggeri: donne nerovestite, giovani dalle scarpe polverose, come se una strada segreta collegasse quei campi e quei villaggi lontani alla casa del loro ambasciatore. E allora ci prende come una vertigine di un mondo diverso che ruota nel suo tempo diverso, in un’altra dimensione ...

"Il silenzio dei vivi" di Elisa Springer

di Lagi E’ una di quelle giornate un po’ grigie, sono in giro in centro, all’improvviso mi ricordo che devo cercare delle informazioni in biblioteca. Decido di fare una scappata. Adoro le biblioteche, ogni libro è quasi un’opera “sacra” per me, ed è bello sorprendersi di fronte agli scaffali, esaminandoli uno ad uno. Scoprire se ci sono delle novità, curiosare per vedere quanta gente ha letto quel libro che hai preso dallo scaffale, che ti affascina, e non sai neanche perché. Lo ammetto, io sono una di quelle lettrici che, in libreria o in biblioteca, sceglie i libri in base al proprio istinto: non mi soffermo troppo sull’autore o sulla trama, a volte mi colpisce il titolo, a volte la copertina. Non so, scelgo quel libro perché mi ispira, sento che devo leggerlo, che mi dirà qualcosa di importante su cui riflettere. A volte, i libri che “trovo” in questo modo così casuale, mi lasciano qualcosa dentro, qualcosa che è difficile da spiegare, un senso di smarrimento e speranza nello stesso...

Gigi Meroni

Il dribbling della farfalla di Augusto da San Buono Tra calcio e letteratura non c’è mai stato un gran feeling ; sì, il vecchio Saba ha scritto le famose cinque poesie per il gioco del calcio, ma più che altro è stato – come dice lui stesso – un inno alla squadra paesana, ossia la Triestina degli anni ’50, dove la sua “serena disperazione”, i giochi metrici, l’enfasi sentimentale s’illuminano di interne epifanie, sul rettangolo verde, dove il poeta s’unisce all’ebbrezza della folla che trabocca sul campo dopo un gol degli alabardati. Anche Giacomino Leopardi, nel 1821, scrisse un'ode dedicata a una stella del pallone, all'epoca una sorta di incrocio tra la pallavolo e il tennis, ma era costume al suo tempo dedicare odi e carmi ai nobili delle zone. Poi dobbiamo ricordare Vittorio Sereni, che presagì, in tempi non sospetti, gli eccessi e i veleni del calcio miliardario, nonché le tribolazione della sua amata Inter . Ma i veri poeti del calcio sono stati Niccolò Carosio, Gianni ...
18 agosto 2005 Alla cieca di Augusto da San Buono - Chieti Con " Alla Cieca", Claudio Magris fa incetta di premi. Dopo aver vinto il Premio Giuseppe Tomasi Lampedusa , ha vinto il «Premio del mare» , per la narrativa, con la seguente motivazione della giuria: " Magris nel suo romanzo Alla cieca celebra il mare come metafora della vita, rappresentando le vicende dei suoi personaggi come una sofferta navigazione nelle tempeste della storia. Attraverso la propria vita e quella dell'avventuriero che in lui si sarebbe incarnato, il protagonista - un alienato mentale, o presunto tale - ci racconta gli impazzimenti della storia: il fascismo, il comunismo, le guerre. E ci propone una lucida e dolorosa riflessione sull'infinita schiera di naufraghi che essa ha provocato e provoca. Un'opera, quella di Magris, che appare destinata a rappresentare una pietra miliare della narrativa italiana.Nel nuovo libro dell'autore di "Danubio" e "Microcosmi"...

"Miseria dello storicismo" di Karl. R. Popper

di Lagi La tesi del libro di Popper, così come da lui riportato nella prefazione all’edizione italiana, è che la credenza diffusa nel determinismo storico e nella possibilità di predire il corso storico razionalmente o “scientificamente” è errata.Si tratta non solo di una critica alla filosofia storicista della storia, ma Popper nella sua analisi cerca connessioni tra storicismo e modo utopistico di concepire le cose, “ossia il sogno di portare il paradiso sulla terra”: una critica alle idee utopistiche di una pianificazione centrale e di un’ economia centralmente pianificata, più dal punto di vista della logica e del metodo piuttosto che da quello dell’economia.Scrive Popper: “Credo che un’economia competitiva sia più efficiente di un’economia centralmente pianificata, ma non ho mai creduto che questo fosse un argomento decisivo contro la pianificazione centrale dell’economia: se una tale pianificazione potesse produrre una società più libera e umana o anche solo una società più giust...

Il tema della laicità dello Stato

di Angelo Bruno Protasoni (tratto da La Prealpina del 23 novembre 2005) Il tema della laicità dello Stato, e quello dei limiti d'intervento da parte del Vaticano e della gerarchia ecclesiastica, sono già stati ampiamente analizzati dal suo giornale. Questo dibattito ha però in qualche modo trascurato le recenti parole di Benedetto XVI, "la Chiesa non intende rivendicare alcun privilegio ma adempiere alla propria missione nel rispetto della laicità dello Stato", che sono purtroppo passate quasi inosservate perchè sovrastate, e in qualche modo contraddette, da una serie di successive prese di posizione di ben altro tenore da parte di alcuni rappresentanti dei vescovi italiani. Ed è un peccato perchè le parole del Papa sono invece importanti, pesanti e soprattutto impegnative.Noi pensiamo che, al di là di dichiarazioni strumentali dettate da contingenti (spesso miserabili) interessi di parte, sia oggi evidente a molti la necessità per lo Stato italiano e per la Chiesa Cattol...

"L'editore fortunato" di Carlo Caracciolo

L’editore partigiano di Max Lodi (tratto da La Prealpina del 22 novembre 2005) C’era una volta il Caracciolo partigiano sulle rive del Lago Maggiore, del Cusio e nelle valli dell’Ossola. Caracciolo Carlo, oggi ottant’anni, presidente del gruppo editoriale Repubblica - L’Espresso, protagonista innovativo e ardito degli ultimi decenni di vicende della stampa italiana. E’ lui a raccontare del suo lontano e poco conosciuto passato. Lo fa nella conversazione con Nello Ajello che va sotto il titolo di "Carlo Caracciolo, l’editore fortunato", libro appena messo in circolazione da Laterza e ove si narra di un’avventura professionale d’eccezione assieme a curiosi fatti e fatterelli personali. Di babbo napoletano (diplomatico di carriera e sottosegretario agl’Interni del secondo governo Badoglio in rappresentanza del Partito d’Azione) e di madre americana, fratello di Marella che sposerà Gianni Agnelli, il giovanissimo Carlo approdò in Svizzera nel ’41 al seguito del genitore nominato...

"Morire col sole in faccia" di Vincenzo Podda

(tratto da La Prealpina del 18 novembre 2005) Il ridotto alpino repubblicano (Rar) doveva essere l’ultima, gloriosa sacca d’una sorta d’epopea fascista della sconfitta. E cioè un cadere a schiena dritta al cospetto dell’avanzare delle truppe alleate e dei militanti del Cln. E quindi una trincea dove immolare, incrociando senza paura il fuoco nemico, ideali nei quali i fedelissimi della Causa credevano fortemente tanto da reclamare in loro nome, se non un “bella morte”, almeno una “fine giusta”. A capeggiare la Schiera era Alessandro Pavolini, figura su cui s’è dilettata molta letteratura storica, soprattutto per denunciare l’inafferrabile volatilità del progetto valtellinese dei “duri” della Rsi. E invece adesso, nel libro “Morire col sole in faccia” edito da Ritter, il saggista milanese Vincenzo Podda dà dell’idea e della sua possibile esecutività un’interpretazione diversa, fondata sul ritrovamento e l’analisi di documenti numerosi corredati da particolari inediti. La sintesi che se ...

I fatti di Cefalonia

19 ottobre 2005 La memoria che si fa storia di Augusto da San Buono “Non dimenticate tutto ciò ch’è successo. No, non dimenticatelo; scolpite queste parole nel vostro cuore”. (Primo Levi ) In certi casi la storia è “senza memoria”. Sembra esserci una sorta di tacito accordo nel voler ignorare, rimuovere, o addirittura nel negare “certi fatti scellerati”, certi eventi criminosi, ma anche l’eroismo di tanti morti trucidati, ad esempio a Cefalonia. Ma se questa reticenza era in qualche modo comprensibile da parte della Germania, che doveva faticosamente risalire dalle nefandezze, dalle brutture, dai genocidi, dai miasmi, dagli orrori del nazismo, assai meno comprensibile è stata la “rimozione” italiana per ben cinquantotto anni. Il paradosso è – diceva Rochat - che non è la Storia, così come è avvenuta, ad alimentare la Memoria, ma la memoria, volutamente o inconsciamente distorta o silente, a "costruire" la Storia. Ed è proprio per questo “mondo senza memoria” – scrive Bruna De...

"Il Sempione – Strada napoleonica, galleria ferroviaria" di Virginia Lodi

15 ottobre 2005 Traforo del Sempione: la storia Fornire uno spaccato quanto più preciso ed obiettivo di fatti, persone e avvenimenti che hanno portato alla realizzazione di una fra le gallerie ferroviarie più importanti del panorama europeo. E’ quanto si propone il volume “Il Sempione. Strada napoleonica – galleria ferroviaria. Ferrovie e tramvie nel Verbano Cusio Ossola” (presentazioni di Paolo Ravaioli, Presidente della Provincia del Verbano Cusio Ossola, e di Claudio Zanotti, Sindaco di Verbania), pubblicato per mano degli editori Alberti e Grossi nel centesimo anno dall’apertura dell’omonimo tunnel, capolavoro dell’ingegneria ferroviaria di inizio secolo che, con la lunghezza di 19803 metri, riuscirà a conservare il primato fino ai giorni nostri. L’autrice, Virginia Lodi, offre un quadro vasto e dettagliato del valico del Sempione, a partire dall’età romana sino ad oggi. Si comincia dunque dal 47 d.c., quando l’imperatore Claudio decide di realizzare una mulattiera come alternativa...

Il Duecento letterario italiano

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Nota enciclopedica E’ alla corte di Federico II di Svevia , come noto, che si può per la prima volta parlare di una scuola poetica italiana, sia pur nell’ambito di una volgarizzazione colta della lingua latina. Per i siciliani della corte federiciana, tuttavia, la lirica era una semplice fonte di svago, di evasione, per nulla lontana, almeno dal punto di vista stilistico, dalla cultura poetica provenzale e dalla tradizione trobadorica, della quale risultava anzi essere una riduzione tematica. Nei siciliani, che erano notai , funzionari e magistrati di corte , la lirica era infatti ristretta all’amore cortese, volutamente lontana dunque dagli argomenti politici e satirici tipici dei rimatori provenzali precedenti, nonché di quelli dei poeti toscani a loro immediatamente successivi. Sono ben note le corrispondenze epistolari ed i legami professionali tra i poeti della corte siciliana e quelli dei primordi della scuola toscana che seguì le sue orme, come ad esempio le lettere tra Mazzeo ...

"Giuseppe Mazzini" di Roland Sarti

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Giuseppe Mazzini, la politica come religione civile Roland Sarti Laterza Editore pagg. 232 Parlare di Giuseppe Mazzini all’inizio del terzo millennio può apparire anacronistico oltre che scevro di significato. Eppure proprio oggi più che in altri periodi storici, a duecento anni esatti dalla nascita del patriota genovese, si sente forte l’esigenza di un pensiero politico laico che sappia nuovamente intendere e quindi scrivere e discorrere di Dio . Questo è l’aspetto dominante della visione politica, e ad un tempo ascetica, di Mazzini. Figlio di un medico massone dedito alla cura dei bisognosi e di una adorata madre vicina al giansenismo, studente modello, dottore in giurisprudenza a 22 anni, fu egli stesso adepto di una di quelle società segrete che nel XIX secolo sobillarono nuovamente alla rivolta i popoli dell’Europa restaurata, la Carboneria . Personaggio eclettico per eccellenza, seppe mirabilmente coniugare il rigore del capo cospiratore con la grande stravaganza e sensibi...

"La guerra civile" di Giovanni Pellegrino

19 agosto 2005 di Augusto da San Buono L'ultimo libro di Giovanni Pellegrino è difficile da "digerire", un libro che farà discutere. Parliamo de La guerra civile (Bur-Rizzoli, pp.176 ), un libro che ricostruisce per grandi linee la storia del dopoguerra, intrecciando un "filo rosso" che parte da Salò e arriva all'ascesa di Berlusconi al potere passando, inevitabilmente, per la fine della Prima Repubblica, che - secondo l'autore - coincide con la morte di Moro. La "guerra civile" è, naturalmente, quella che ha caratterizzato sessant'anni di storia repubblicana. Ovvero una guerra potenziale, che solo grazie a due grandi personaggi come Togliatti e De Gasperi , non è passata ad una situazione di guerra fratricida. Nel libro, Pellegrino è fortemente autocritico nei riguardi della sinistra e del suo partito (DS) : «Berlusconi è nato perché a sinistra in tanti erano convinti che la magistratura poteva essere una leva per arrivare al governo, e c...

Sandro Penna e i fanciulli

20 gennaio 2006 di Augusto da San Buono Sandro Penna era un poeta dai versi semplicissimi e perfetti (nacque a Perugia il 12 giugno 1906, vi frequentò le scuole con risultati alterni fino al conseguimento del diploma in ragioneria, quando ormai aveva superato i vent’anni), e come tale era assolutamente inadatto alla vita, come la maggior parte di coloro che la vita la "scrivono" invece di viverla (Pirandello docet). Penna trascorse quasi tutta la sua scassatissima vita in modo schivo e anonimo, a Roma, tranne un breve soggiorno a Milano, dove lavorò come commesso in una libreria del centro, ma lo cacciarono dopo meno di un anno, per scarso rendimento e inettitudine. Quando ormai aveva quasi trent’anni, trovò un modestissimo impiego a Roma (praticamente gli facevano fare il fattorino) presso l’ufficio di un avvocato. Lo pagavano talmente poco che era costretto, per arrotondare lo stipendio, a vendere oggetti i più disparati presso le varie osterie della capitale. Praticamente ...

Clemente Rebora, allodola di Dio

di Augusto da San Buono Clemente Rebora, un grande poeta da riscoprire, ”un autore ancora per pochi”, diceva Giovanni Raboni. E se ne rammaricava. Quei pochi sono coloro che non hanno un’ideologia dichiarata, ma contenuta, “come un oggetto”. Ad esempio, la poesia di Pasolini sta all’opposto, e dice soprattutto ciò che dice; non è un vero discorso poetico, ma ideologico. Quello di Rebora è invece “polisemia” della grande lirica. Teso al cielo per il quale è fatto, ma legato alla terra, il poeta è un’allodola che canta l'elegia dello schiavo consapevole. E ogni slancio verso il cielo della felicità pare destinato a ricadere dolorosamente al suolo: “O allodola, a un tenue filo avvinta, schiavo richiamo delle libere in volo, come in un trillo fai per incielarti strappata al suolo agiti invano l'ali”. Le parole della sua poesia, continua Raboni, “continuano a significare qualcosa che hanno già significato prima, segnate come sono, anzi “deformate” da un uso anteriore, tratto che si ...

Il fascino magnetico di Eugenio Barba

di Augusto da San Buono Eugenio Barba è ritenuto oggi uno dei più grandi registi e teorici dello spettacolo del nostro tempo, uno che ha insegnato nelle Università di Torino, Bologna, L'Aquila, La Sapienza di Roma, uno che ha scritto una trentina di libri sul teatro, che ha girato tutto il mondo e "si confronta direttamente con la storia del proprio tempo, eludendo le cronache teatrali, polemiche, tendenze, protagonisti mediatici". Uno che potrebbe essere insignito (perché no?) del Nobel per la letteratura, e non a caso tra poco a Londra gli verrà assegnata l’ennesima laurea honoris causa. Ma quando lo vidi per la prima volta, in un capannone degli ex cantieri della Giudecca di Venezia, giusto trent’anni fa, (23 ottobre 1975) era – come disse Cesare Garboli, - un mediterraneo ispido e selvaggio, cotto di sole, uno sciamano di uno spettacolo - processione, qualcosa di transitorio, di fragile e di leggero, ma di gran peso: era una pantera pronta allo scatto… “Il suo corpo e...