28 giugno 2006

"Miseria dello storicismo" di Karl. R. Popper

di Lagi

La tesi del libro di Popper, così come da lui riportato nella prefazione all’edizione italiana, è che la credenza diffusa nel determinismo storico e nella possibilità di predire il corso storico razionalmente o “scientificamente” è errata.Si tratta non solo di una critica alla filosofia storicista della storia, ma Popper nella sua analisi cerca connessioni tra storicismo e modo utopistico di concepire le cose, “ossia il sogno di portare il paradiso sulla terra”: una critica alle idee utopistiche di una pianificazione centrale e di un’ economia centralmente pianificata, più dal punto di vista della logica e del metodo piuttosto che da quello dell’economia.Scrive Popper: “Credo che un’economia competitiva sia più efficiente di un’economia centralmente pianificata, ma non ho mai creduto che questo fosse un argomento decisivo contro la pianificazione centrale dell’economia: se una tale pianificazione potesse produrre una società più libera e umana o anche solo una società più giusta di una società competitiva, la patrocinerei anche se la pianificazione fosse meno efficiente della competizione. E’ mia opinione, infatti, che dovremmo essere pronti a pagare un alto prezzo per la libertà. Come altri prima di me, pervenni, comunque, alla conclusione che la pianificazione centrale dell’economia, o l’ingegneria sociale in grande stile (che io ho chiamato “ingegneria sociale utopistica”) un “fuoco fatuo”. Essa ci fa affondare in una palude estremamente pericolosa, la palude dell’illimitata burocrazia e dell’illimitato potere dello stato. Se tentiamo superbamente di portare il paradiso sulla terra, riusciamo soltanto a trasformare la terra in un inferno”.Secondo Popper occorre abbandonare il sogno di un mondo perfetto, non esiste un dio nascosto che dirige gli eventi né una legge dialettica che possa garantire l’esito delle nostre azioni. Un vero e proprio attacco allo storicismo e alle filosofie profetiche della storia; un invito a stare sempre attenti, a creare un forte spirito autocritico per correggere gli errori in tempo e per cambiare direzione. E infine, l’ultima provocazione: “Non potrebbe darsi che gli stessi storicismi siano riluttanti al cambiamento ? Non è forse la paura del mutamento che li rende assolutamente incapaci di opporsi razionalmente alle critiche e che induce altri ad accogliere il loro insegnamento? Si direbbe quasi che lo storicista cerchi di consolarsi per la perdita di un mondo che non cambia attaccandosi a questa idea: che il mutamento può essere previsto perché è governato da una legge che non cambia”.

(Karl. R. Popper, Miseria dello storicismo, Universale Economica Feltrinelli, euro 8, 2 edizione, pp 162, 2003)

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