PALESTINA EROICA DI UMBERTO LUCARELLI a cura di Vincenzo Capodiferro
PALESTINA EROICA DI UMBERTO LUCARELLI
Testo denunciativo, racconto di una duplice sofferenza, quella nostra e quella loro
«Il testo di Umberto è denunciativo. Non intende ripercorrere sistematicamente le tappe di una storia – quella palestinese – intrisa di sangue e di ingiustizia. È il riassunto invece di due anni di puro orrore, veloce, concitato, affannato e desolato. È il racconto di una duplice sofferenza – quella nostra e quella loro – che si intreccia in una serie di flash rievocativi. Il loro sangue. Le nostre piazze. Le loro bombe. I nostri cortei. I loro pescatori. Le nostre Flottille … I loro corpi, devastati. I nostri, tesi nello sforzo sovrumano di sostenere tanto dolore. Voci che urlano, le loro. Voci che denunciano, le nostre». Scrive Rossella Ahmad nella prefazione.
«Avrei voluto scrivere un libro sulla guerra, sulle brutture che stavo vivendo, che il mondo, ora, stava vivendo, Israele, la Palestina, le guerre della Nato contro la Russia, i bombardamenti a tappeto sui palestinesi, i libanesi e gli altri popoli arabi, l’ipocrisia di quasi tutti i governi europei, il bullismo americano, il nazismo israeliano, e sopra ogni cosa la sofferenza dei bambini, gli occhi dei bambini, pieni di stupore e di dolore, gli occhi dei bambini senza braccia, senza gambe, fatti a pezzi dalle bombe, la carestia indotta, la fame, i loro corpi gonfi e viola, e tuttavia i loro incredibili sorrisi …».
L’opera di Umberto non intende fare una disanima storica, ideologica, astratta della questione palestinese, ma vuole porre sotto gli occhi la questione umana. Risponde all’invito degli amici: «… scrivi il libro senza respiro senza pause senza punteggiatura con le lacrime agli occhi … scuoti coscienze sopite … scrivi per tutti noi e per tutti coloro che rischiano di cadere nel baratro dell’indifferenza …».
Sulla questione palestinese si gioca tutta al questione umana, se possiamo ancor oggi dirci uomini o non-uomini, se la storia ha fatto dei progressi nella corsa verso l’umanesimo, o verso il dis-umanesimo. Questo lo ben chiarisce Umberto: « … nel grido Palestina libera vi era l’urlo condensato di tutte le frasi di ogni tempo e di ogni epoca contro l’oppressione, ¡No pasarán!, ¡Hasta la victoria siempre!, Liberté, Égalité, Fraternité, Ni šàgu nazàd! …», riprendo dal testo tumultuoso e futuristico di Umberto, il cui animo esuberante ed appassionato, genera sovente una vera tempesta di rapsodie tutte d’un fiato, senza punteggiatura. Umberto è un genio impulsivo, dotato di fervida immaginazione, di slancio irruente, di sanguigna espressività.
Nella questione palestinese si gioca tutta l’umanità, tutta la storia mossa fin ora. Qui si gioca tutto quello che abbiamo condannato fin ora: i genocidi, i lager, i gulag, le foibe. Hegel potrebbe ben dire: «Tutto ciò che l’uomo ha imparato dalla storia, è che dalla storia l’uomo non ha imparato niente»? Pasolini chiamava la storia maestra bastarda!
La storia fatta fin ora è storia della violenza, rossa, o nera, bianca o turchina. Speravamo che dopo il quarantacinque qualcosa fosse cambiato. E cita Craxi, Mazzini, Ovadia e tanti altri sulla questione palestinese.
La questione palestinese crea un grave paradosso storico. Dov’è la destra? Dov’è la sinistra? Il cantante canta. La destra antisemita e la sinistra antisionista rischiano di creare una bomba atomica, un nuovo ordigno sociale di razzismo. Il tutto viene ben condito con l’indifferenza: un’arma letale per la resurrezione del Duce.
Voi che vivete sicuri
Nelle
vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo
caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Il vero problema è questa tiepidezza umana di fronte ai problemi che attentano all’uomo. Questo “silenzio dei buoni” non in senso platonico è il dramma: è quel silenzio dinnanzi alla morte di Socrate, di Cristo, o di fronte alla morte di un popolo. Umberto cita il Dhammapada: «Restare liberi dall’odio anche in mezzo a chi odia è vera felicità». Non basta! Non tutti hanno raggiunto uno stadio etico di forte autocoscienza. Più si sale nell’ascesi più si vede, è come salire su di una montagna. Ma la società attuale ha rinnegato la virtù. Quale giustizia storica si richiede? Si dovrebbe fare un Norimberga al contrario. Il profeta del servo-padrone non aveva previsto che il popolo oppresso possa diventare oppressore. Questa stessa malattia ha distrutto il socialismo: la classe operaia è diventata opprimitrice, non “va in paradiso”. L’atteggiamento del Dhammapada produce ancora indifferenza. Dio ce l’ha contro i tiepidi: «Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca». Naturalmente alle flottiglie, alle crociate degli innocenti non ci aspettiamo che seguano le crociate dei cavalieri.
Il libro di Umberto scuote, il suo stile è come uno stilo trafiggente. La lingua non è osso, ma rompe le ossa. Si spera che la questione palestinese non finisca adesso nel Lete globalizzante, o sia relegata alle frizzanti esternazioni dei propal. Rischiamo così non di propalare la questione palestinese, ma di propalare dei propellenti sociali. Umberto medita, incide, stride. Così il Logos Pharmacos dovrebbe guarire questi mali dell’anima.

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