Tomyris, la regina che uccise Ciro il Grande a cura di Marco Salvario

 Tomyris, la regina che uccise Ciro il Grande

Nel VI secolo a.C., Ciro II di Persia costruisce uno dei più vasti imperi dell’antichità. Lo fa per merito della disciplina ferrea del suo esercito di cui fa parte il corpo d’élite dei diecimila “Immortali”, per l’abilità dei suoi generali e con una politica sorprendentemente illuminata: rispetto per i popoli conquistati, libertà di culto, tolleranza verso le tradizioni locali. Con diplomazia e forza alternati alla saggezza, Ciro divide e sconfigge i nemici uno per volta, allargando sempre più il suo dominio.

Raggiunti i sessant’anni, età venerabile per l’epoca, il “re dei re” non ha alcuna intenzione di fermarsi. Attorno al 530 a.C. rivolge lo sguardo a nord-est, verso i territori vasti e selvaggi della Scitia, e decide di sottomettere i Massageti, una popolazione nomade che viveva nelle steppe dell’Asia centrale.

Secondo Erodoto, i Massageti erano un popolo fiero e indomito. Combattevano a cavallo, armati di archi, giavellotti e asce, avevano costumi che agli occhi dei Greci apparivano esotici e persino scandalosi: pare consumassero i cadaveri dei propri parenti per “preservarli” dentro di sé e che uomini e donne vivessero in legami liberi, senza famiglie stabili. Le donne, in particolare, godevano di una libertà eccezionale: partecipavano alle battaglie, sceglievano i propri compagni e, se il loro valore era riconosciuto, potevano perfino diventare regine.



Tomyris, infatti, regna non per diritto ereditario, ma per merito. Si è guadagnata il comando sul campo, conquistando rispetto e timore. Quando Ciro le propone un matrimonio politico - un’unione che avrebbe sottomesso il suo popolo senza bisogno di guerre - la regina rifiuta con decisione. È facile immaginare che la vita nell’harem persiano non le si addicesse: una donna abituata alla libertà delle steppe non era fatta per vivere vestita di veli raffinati e controllata da guardie.

Lo scontro tra i due popoli diventa inevitabile. Nel primo combattimento, contro ogni previsione, i Massageti hanno la meglio contro un nemico molto più numeroso ed esperto: Tomyris combatte in prima linea e trascina i suoi con ferocia e coraggio.

Ciro allora ricorre all’astuzia. Finge un ripiegamento, abbandonando un accampamento colmo non tanto di ricchezze, quanto di enormi otri di vino. I Massageti non conoscono quella bevanda – sono consumatori abituali di hashish – e rimangono rapidamente storditi. È il momento che l’esercito persiano aspettava: contrattacca e travolge i nemici ubriachi.

Tra i prigionieri c’è anche il figlio di Tomyris che, pur di non diventare un ostaggio utile ai persiani, si toglie la vita. Altre versioni lo considerano ucciso nella mischia.

Per Tomyris è un colpo formidabile.

La regina, sfuggita alla trappola, riorganizza i suoi guerrieri e trasmette un messaggio di fuoco al nemico: accusa i persiani di vigliaccheria e li sfida a una battaglia vera, in campo aperto.

Ciro, sicuro della superiorità delle sue truppe, accetta. Non immagina che sta per affronta la sua ultima battaglia.

Lo scontro è descritto dalle fonti come un massacro feroce, combattuto senza regole. A un certo punto, un giavellotto colpisce Ciro a una coscia: la ferita è grave, il re perde molto sangue e muore poco dopo. Persa la guida del loro sovrano, i persiani si sbandano. I Massageti li respingono, infliggendo perdite pesantissime. L’invasione è fallita e la Persia, provata dalla sconfitta, rinuncia temporaneamente ai suoi progetti di espansione.

Tomyris ordina di cercare il corpo di Ciro tra i caduti. Una volta trovato, lo decapita e immerge la sua testa in un grande otre colmo di sangue: “Saziati del sangue di cui fosti assetato!”, grida.

Le versioni sulla morte di Ciro non concordano. Alcuni racconti lo vogliono catturato vivo, spogliato, torturato e infine affogato nel sangue dei caduti. Con il suo cranio Tomyris avrebbe fatto forgiare un calice - episodio che anticipa di oltre un millennio la leggenda del re longobardo Alboino.

Comunque sia andata, Tomyris sopravvive al suo avversario e regna ancora a lungo. Sotto di lei, i Massageti raggiungono l’apice della loro potenza prima di indebolirsi progressivamente nella guerriglia con le altre tribù nomadi della regione.


La figura della regina guerriera ha colpito l’immaginazione per secoli.

Dante Alighieri la cita nel XII canto del Purgatorio come simbolo di vendetta implacabile:

Mostrava la ruina e ’l crudo esempio

che fe’ Tamiri, quando disse a Ciro:

“Sangue sitisti, e io di sangue t’empio.”

Shakespeare la ricorda nel secondo atto dell’Enrico VI, paragonando un’impresa sanguinosa alla sua vendetta contro Ciro:

“... diverrò famoso per questo fatto, quanto la scita Tomiri per la morte di Ciro.”

Pittori come Peter Paul Rubens, Andrea del Castagno, Mattia Preti e Jean Simon Berthelémy hanno immortalato nei secoli la drammatica scena della sua vendetta.

Il suo nome compare anche nel mondo moderno:

Nel videogioco Civilization IV è chiamata Tomiri ed è descritta come una sovrana temuta e rispettata;

Nel 2019 il regista kazako Akan Sataev le dedica il film “Tomiris - Principessa guerriera”.

Ecco quindi la storia della regina delle steppe che affrontò il più grande re del suo tempo e ne uscì vincitrice: Tomyris rimane una delle figure più affascinanti e ferine dell’antichità. Una donna che scelse la libertà invece della sottomissione e che fece della sua ira un monito eterno ai conquistatori.


© Marco Salvario

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