Le cannonate del Re sole a cura di Giovanni Gatto


LE CANNONATE DEL RE SOLE


Dal 18 al 28 Maggio1684, la flotta di Luigi XIV, il “Re Sole”, bombardò Genova causando ovunque nella città incendi e distruzioni: sulla città caddero circa 15.000 ordigni che distrussero o danneggiarono gravemente palazzi, chiese e abitazioni.
Le ragioni di quel terribile bombardamento vanno cercate nelle storiche ruggini tra la Repubblica e il Regno di Francia, che aveva spesso cercato di portare, con le buone o con le cattive, Genova nell’orbita di Parigi, sottraendola alla solida alleanza con la Spagna. Infatti, a partire 1520, sotto la guida spregiudicata di Andrea Doria, Genova si era legata alla monarchia spagnola in una “partnership” finanziaria, commerciale e militare.
A questo si aggiungeva il fatto che i mercanti Genovesi avessero da ormai più di un secolo ripreso i commerci con l’Oriente e stretto ottimi rapporti anche con l’Impero Ottomano, monopolizzando i traffici nel Mediterraneo orientale.
Luigi XIV approfittò di un momento di caos della corona spagnola, impegnata in una difficile situazione interna e nei guai anche sul fronte inglese, per impadronirsi di Genova, tentando, dopo il bombardamento, anche uno sbarco di truppe, che però furono sanguinosamente respinte.
Ai primi di giugno, la flotta francese fu costretta a tornare a Marsiglia ma ormai Genova era allo stremo, gli spagnoli troppo impegnati nei guai di casa loro e le grandi famiglie genovesi nuovamente in disaccordo e lotta tra loro.
A novembre, il Doge Francesco Lercari dovette recarsi a Parigi per fare atto di sottomissione alla monarchia francese. Il Re Sole lo trattò come ospite di altissimo riguardo, gli fece visitare Versailles, dove Lercari si dovette trattenere per vari giorni, facendo buon viso a cattivissima sorte, e dove fu costretto a firmare accordi di collaborazione e alleanza.
Alla fine della visita, prima di salutare il suo ospite, il Re Sole gli chiese cosa lo avesse stupito di più durante la sua visita nei suoi palazzi.
Il Doge rispose laconicamente “Mi chì”: “Io qui”.


© Giovanni Gatto

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