LA POESIA DI VALERIO CASCINI a cura di Vincenzo Capodiferro
LA POESIA DI VALERIO CASCINI
Una neo-simbolista voce del cuore
Rievocando, cioè ascoltando di nuovo i versi di Valerio Cascini, poeta torinese, originario di Castelsaraceno, in Lucania, di cui abbiamo apprezzato più volte le sue versificazioni vernacolari, si assaggiano sapori che ricordano la tradizione della poetica italica, soprattutto simbolista.
La maestra di storia
ha chiuso la scuola
Non teste di cuoio
ma solo di suole
Si esprime l’orror belli con un’immagine fantasmagorica che capovolge l’uomo: il capo diventa piede, anche in senso figurato, il signore diventa servo, non solo in virtù di un hegeliano procedimento dialettico, ma per scelta morale, politica, spirituale. In “Punti di svista”:
Il calciatore cannoniere
in aria la sua coppa roteava
e la folla applaudiva e non si fermava
Anche qui si esprime vivamente, trai flutti vivaci d’una filastrocca, il duplice motus di un freudiano dialettismo d’eros/thanatos nel gioco. La palla di cannone, ambivalentemente, può essere adusata per giocare, come in quella fatidica tregua di Natale del 1914.
Con palette e con secchielli
facciamo sulla spiaggia un gran castello,
con il levatoio sempre abbassato
e il portone aperto o accostato
per far entrare tutti quanti…
Il senso della pace viene accostato al castello di sabbia, che indica il “pereunte” della storia umana. L’uomo “sempre quello della pietra e della fionda” è anche un essere di luce e di pace.
La poesia di Valerio gioca sul doppio senso, sul logico paradosso, gioca – per così dire – su di un wittgensteiniano gioco verbale. E questo fenomeno è tipico del dialetto. Il verbum esprime sempre sensi contrastanti. Significato e significante convergono e divergono. La poesia è racconto che incanta i fanciulli. Questo era l’antico compito dell’aedo, del cantastorie, che girava ancora pei borghi, quando noi stessi eravamo ragazzini e non c’erano cellulari, né computer, anzi ricordiamo, c’era un’unica cabina telefonica in piazza, per tutto il paese. La poesia diventa nostalgia, ritorno nei “topoi” dell’anima.
Valerio sa esprimere in maniere autentica questo senso perduto del verso perso. Oggi la poesia si avvicina sempre più alla prosa, alla ragione, s’allontana dal sentimento autentico, quel sentimento che ancora si può assaporare nelle “Storie di nonni, di pace, di mare e di vigne” di Valerio Cascini.
Vincenzo Capodiferro

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