IL PRIMO “RED LIGHT DISTRICT” DELLA STORIA a cura di Giovanni Gatto
IL PRIMO “RED LIGHT DISTRICT” DELLA STORIA
“A l’è cöita ‘na bagascia in-tê
l’ægua!”
Questo modo singolarmente colorito, usato per
indicare stupore e rimarcare una cosa fuori dal comune, ormai non lo
si ascolta più tra i vicoli di Genova e ben pochi genovesi lo
ricordano e ancor meno sanno da dove deriva.
La traduzione è
abbastanza ovvia: l’esclamazione riguarda il fatto che una…
“signorina” sia caduta (“cöita“) in acqua, intendendo
ovviamente l’acqua del porto.
Ma perché un tuffo nelle acque
della darsena da parte di una ragazza che esercita un antico mestiere
dovrebbe stupire così tanto?
Per scoprirlo dobbiamo fare un salto
indietro nel tempo e cominciare la nostra storia intorno agli inizi
del 1300 o anche un po’ prima.
Genova era diventata una potenza
marittima, con basi commerciali, fondaci e colonie un po’ dovunque
nel Mediterraneo e nel Mar Nero, e aveva consolidato la sua presenza
mercantile nell’area dei Paesi Bassi e in l’Inghilterra.
Ogni
giorno, nel porto, attraccavano navi cariche di mercanzie, di
mercanti e di marinai, che trovavano ad accoglierli gli astuti
commercianti e i cambiavalute genovesi, che si piazzavano sotto i
portici di Sottoripa per svolgere i loro affari.
Anzi, Genova
intera era un grande mercato, e praticamente tutte le case di un
certo tenore disponevano di una loggia coperta, fatta apposta perché
il padrone di casa potesse condurre i propri affari al riparo da
Giove Pluvio!
(Mi chiederete voi: “Ma dove sono queste logge?
Oggi noi non ne vediamo…” Della trasformazione architettonica del
Centro Storico nel 1400 ne parliamo un’altra volta, magari
passeggiando insieme nei vicoli!)
Ma torniamo alle nostre
“signorine”, la cui attività era regolamentata dal Comune e
rigidamente tassata : 5 Genovini al giorno per esercitare l’antica
professione!
Come si può facilmente immaginare, esse attendevano
le navi con non meno ansia e aspettative dei mercanti! Per
raggiungere Genova dall’Inghilterra infatti ci voleva non meno di
un mese e poco meno per arrivarci dai porti del Mar Nero, sempre che
tutto filasse liscio senza tempeste e senza pirati.
Quali potevano
essere le priorità a bordo: mercanzie o…?
Immaginatevi quindi
la ressa, il vocio e le grida che si creavano sulle banchine per ogni
nave che gettava l’ancora nella darsena, davanti a Palazzo San
Giorgio, che allora sorgeva su degli scogli, in mezzo a due
arenili.
Agli inizi del 1300 i mercanti genovesi, disturbati nei
loro redditizi affari, cominciarono a mugugnare con la “Compagna
Communis”, il Comune, un po’ come fecero secoli dopo le “Comari
del Paesino di Sant’Ilario” nella canzone di De André “BOCCA
DI ROSA”.
Alla fine il Comune cedette, e intorno alla metà del
secolo XIV istituì un primo “QUARTIERE a LUCI ROSSE” che andava
pressappoco da Via della Maddalena fino ai piedi della Collina di
Castelletto e alla Chiesa di S. Francesco (non cercatela: non c’è
più…).
Una seconda zona fu successivamente istituita nei pressi
di Porta Soprana, da Via di Carabaghe (originariamente “Via dei
Calabraghe”… indovinate perché) fino alle “Mura del
Barbarossa”.
Le signorine non potevano assolutamente uscire da
queste zone se non la domenica, che era il giorno di riposo
obbligatorio, ed era loro comunque fatto divieto di avvicinarsi al
porto, pena una multa pecuniaria e qualche frustata!
Inoltre, per
evitare anche che qualcuna di loro usasse la scusa di andare a messa
in qualche chiesa vicina alla darsena, fu per loro riadattata una
vecchia cappella del mille, che oggi è la Chiesa della
Maddalena.
Gli editti di metà del 1300 furono poi riveduti e
rivisti nel tempo, adattandoli ai cambiamenti urbanistici: per
esempio, nel 1550 i bordelli furono sfrattati dalla base della
collina di Castelletto per far posto a Via Nuova e ai grandi palazzi
dei Rolli, ma fino al XVII secolo rimase sempre il divieto, per le
prostitute, di avvicinarsi alle navi.
Ecco perché una “signorina”
che cadesse in acqua era un evento davvero incredibile!
© Giovanni Gatto

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