L'autista della russa di Umberto Lucarelli a cura di Vincenzo Capodiferro
L’AUTISTA DELLA RUSSA
Romanzo multiforme di Umberto Lucarelli alla soglia del desiderio
«L’autista della russa, racconto lungo o romanzo breve,» scrive Marco Passeri nella prefazione, «giallo, noir, spy story o che dir si voglia, queste definizioni, si sa, lasciano ampiamente il tempo che trovano, costituisce un unicum nel lungo percorso letterario dell’autore, caratterizzato fondamentalmente da romanzi autobiografici a sfondo politico ed esistenziale che culmina nell’ultima stagione della sua attività in libri in cui il tema della memoria è del tutto preponderante».
L’autista della russa è un romanzo sui generis, in cui il protagonista anonimo, piena e speculare riflessione dell’autore in cerca di pirandelliane maschere, si trova coinvolto in una storia strana. Si trova, senza saperlo e senza volerlo, a fare l’autista di una miliardaria russa, anche essa anonima, altro polo dello specchio della forma. La materia cerca forma incessantemente: questo è il desiderio onnipotente ed onni-facentesi che si esprime nella sublimità dell’arte. Questo è il vero senso dell’ilemorfismo: Dioniso cerca Apollo per rappresentarsi, e così Volontà cerca Rappresentazione, e Noumeno cerca Fenomeno, ed Es cerca Io. È l’eterno ‘personaggio in cerca di autore’. Nella narrativa di Umberto il piano ideale, fantasioso, di amor platonizzante, tipico del lady’s man degli anni Settanta che si esprime nel rapporto tra il personaggio e Sonja, o Katia, non si sapeva come si chiamasse, giovane figliola della russa, si fonde e tozza con una realtà dura, fatta di “cuoricini” ma di pietra, fatta di rapimenti e di tradimenti. Da questi scontri tra principio di piacere e principio di realtà scaturiscono frantumi di emozioni, di situazioni, di essere, di erlebnis. Questo “vissuto” prende corpo nel flusso coscienziale e subcoscienziale che fluisce nelle righe del romanzo.
«Luca tergiversava, guardava da una parte, guardava da un’altra e diceva che era una cosa molto riservata, si trattava di fare, come dire, d’autista a una russa, una signora anziana, probabilmente una miliardaria, prese a dire, una che vuole prendere qualcuno con cautela, poi ti dà un mucchio di soldi al mese in incognito, era una russa che viveva a Lugano…».
Luca è l’amico inquieto e maldestro. È Pietro e Giuda: entrambi traditori, ma in modo diverso, del Cristo. Ecco che compare il personaggio misterioso: una signora altolocata che gira per Lugano. La Svizzera era stata sempre terra di rifugio dei dissidenti russi, dai tempi della rivoluzione. Ricordiamo Lenin e il vagone piombato.
Ecco un ritratto perfetto del letterato scapigliato, del bohémien: «Io avevo fatto di tutto, ora avevo quarant’anni, ero sempre piaciuto alle donne, perlomeno a qualcuna ma ero incostante, in tutto. Ero stato incostante a scuola e poi nel lavoro, cercavo sempre qualcosa o qualcuna che non esisteva. Così era stato per la professione, avevo fatto il fattorino, il muratore, l’imbianchino, l’elettricista, il pony express, il barista, le consegne con il furgone, il cameriere ai tavoli, l’aiuto archivista bibliotecario, il postino, il verniciatore di oggetti nelle camere di aspirazione in cui si soffocava, l’operaio, il tornitore, il pellicciaio, le pulizie e non mi ero mai trovato bene in nessun posto, all’inizio sì, una settimana, due, poi accadeva come con le donne, iniziavo a pensare che doveva esserci di meglio, che stavo perdendo il mio tempo, il mio e il loro, s’intende, e mi mettevo alla ricerca di altro, ma era sempre più difficile e Luca mi aveva di fatto salvato da un periodo di disoccupazione offrendomi di guidare per la miliardaria».
La società come non ha bisogno di questi personaggi al limitar dell’uscio del mondo della fantasia, di questi borderline? La vita è sogno! Lo hanno predicato tanti poeti, scienziati, letterati e filosofi.
«Luca non chiedeva per favore, si sintonizzi su una stazione di musica classica, risposi di sì e dopo un po’ l’accontentai, era Schubert, l’Ave Maria, e lei approvò. Purtroppo una vocina registrata di donna s’intrometteva interrompendo Schubert e indicandomi la strada a destra e a sinistra…».
Quell’Ave Maria ammaliava la stessa Rosa Luxemburg, che intonava senza volerlo e senza saperlo l’Ave Maria di Gounod. Gramsci prima di morire aveva baciato Gesù bambino. Che fascino il cristianesimo ha sui rivoluzionari! Il cristianesimo aveva sempre predicato il comunismo, l’eguaglianza e la libertà prima che sul piano civile.
L’estetismo predicato da Umberto ci pone innanzi agli occhi un Don Giovanni diverso, idealista, rivoluzionario, puro nei sentimenti, non volgare, intriso d’amor platonizzante. Questo estetismo lo scorgiamo anche in un altro romanzo di Lucarelli: “Tredicianni”.
«Una volta i nostri sguardi si incrociarono, i suoi occhi erano azzurri, acquosi, quasi senza espressione, come persi nel vuoto. Mi guardava allora senza sorridere e senza mostrarsi seria quasi non mi vedesse nemmeno».
Alla fine questo amor puro, quasi neo-stilnovista, si trova intorbidato in un complotto tra gli amici degli amici: Luca, Lermontov, Evgenij. Il sogno è infranto. Si torna alla realtà: la fuga dalla Svizzera, l’interdizione. Ma ogni sogno è giammai vano. “Non vendere i tuoi sogni mai!”. Un sogno infranto è come uno specchio infranto: ogni frantume riflette l’intero mondo, lo stesso, sempre.
«Come ci ricorda George Bataille nel suo saggio sull’ erotismo il desiderio caratterizza la vita interiore dell’individuo» scrive nella postfazione Fabrizio Fogliato, “L’enigma del desiderio”, «ma l’oggetto del desiderio è sempre posto nella vita esteriore; la sua scelta è condizionata dall’inafferrabilità: l’immagine come surrogato e alternativa alla concretezza. Così, nel racconto di Lucarelli i tratti dell’inafferrabilità innervano il lavoro, la relazione “genitoriale” e la sfera sessuale».
Umberto mette in viva luce le ferite dell’uomo moderno, il borghese, che come Odisseo, «tappa le orecchie ai compagni con la cera e ordina loro di remare a tutta forza», mentre egli «il signore terriero che fa lavorare altri per sé», «ode, ma impotente, legato all’albero della nave, e più la tentazione» delle sirene «diventa forte, e più strettamente si fa legare, così come, più tardi anche i borghesi si negheranno più tenacemente la felicità, quanto più, crescendo la loro potenza, l’avranno a portata di mano» (Da Horkheimer-Adorno “Dialettica dell’Illuminismo”).
Vincenzo Capodiferro
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