Il mondo secondo Cipputi. Ironia, lotta e disillusione nell’Italia del lavoro a cura di Marco Salvario

 Il mondo secondo Cipputi. Ironia, lotta e disillusione nell’Italia del lavoro

Ci sono tanti personaggi che, da giovane, non riuscivano a convincermi. Posso citare Fantozzi, ad esempio, poi Bobo di Staino e Cipputi di Altan. Non li accettavo perché erano personaggi perdenti, costretti a fare i conti con una realtà dura, feroce, ingiusta e amara. Io volevo eroi forti e vincenti.

Poi gli anni passano, si fanno esperienze di lavoro, si capisce che la vita è un'avventura poco entusiasmante, che la carriera sognata si dissolve in un accumulo di poche soddisfazioni e molte delusioni. Si scopre che i personaggi di Villaggio, Staino e Altan non solo raccontano verità scomode, ma a volte ci assomigliano. Più di Zorro e Superman.




Dal 21 giugno al 6 luglio 2025, l’Archivio di Stato di Torino ospita nei locali di Piazzetta Molino 1, accanto al Teatro Regio, la mostra “Al (nuovo) lavoro Cipputi!”.

L’esposizione, promossa da Filcams-Cgil, propone un ampio repertorio di immagini dello storico operaio metalmeccanico, affiancate da nuove tavole dedicate ai nuovi e alle nuove Cipputi: badanti, camerieri, commesse, vigilantes, rider, impiegati… cioè la maggioranza dei lavoratori di oggi. Spesso precari, sfruttati, senza diritti.

In una vignetta, la telefonista di un call-center chiede:

Basta precariato. Voglio essere sfruttata a tempo indeterminato.”




Francesco Tullio-Altan nasce a Treviso nel 1942, inizia a studiare come architetto, ma presto si orienta verso sceneggiature e scenografie per il cinema e la televisione. Nel 1970 è in Brasile, dove crea fumetti per bambini. Tornato in Italia, inizia collaborazioni con numerose testate e con il mensile Linus. Nel 1975 dà vita a uno dei suoi personaggi più noti: la cagnetta Pimpa.

Disegna per i libri di Gianni Rodari e, orientandosi a un pubblico meno giovane, per le biografie illustrate di Cristoforo Colombo, Casanova e San Francesco.

E soprattutto, crea Cipputi: il metalmeccanico disilluso che osserva con sarcasmo e lucidità la società italiana.

La mostra divide l'opera di Altan - posso scrivere del maestro Altan? - per sezioni temporali.

Il primo periodo è quello post 1968. Il mondo operaio impone all'attenzione della politica le sue esigenze e protesta per rivendicare i propri diritti. L'analisi di Altan è cinica, indignata. Un operaio ha una mano tranciata da un macchinario; il collega - che già ha due uncini al posto della mani - lo rincuora:

Sono cose che capitano al massimo due volte.”

Nel 1970 è approvato dal Parlamento lo Statuto dei lavoratori e nel '72 i sindacati dei metalmeccanici si uniscono. Il decennio è ricco di conquiste sindacali e di importanti accordi, come quello firmato nel 1975 tra il segretario della Cgil, Luciano Lama, e il presidente della Fiat, Gianni Agnelli.

In campo sociale la società diventa più moderna: divorzio, tutele per le lavoratrici madri, la scuola diventa obbligatoria e gratuita per i bambini.

Sono anche anni di violenza e sangue a opera dei contrapposti terrorismi, fino al salto di livello delle Brigate Rosse, che nel 1978 rapiscono e assassinano l'onorevole Aldo Moro.

Cipputi inizia a sentire il peso della delusione.

E allora, Cipputi: avere o essere?”

Loro hanno e noi non siamo, Pillóri.”

Oppure, ancora più amaro:

Poteva andare anche peggio.”

No.”

Gli anni Ottanta si aprono con un nuovo scontro tra la Fiat e il sindacato. Un massiccio sciopero di 35 giorni si chiude con una insanabile frattura tra i lavoratori, quando 40.000 quadri intermedi manifestano a loro volta, chiedendo di riprendere il lavoro.

Prendono forza i sindacati autonomi avanzando rivendicazioni spesso corporativiste.

Nel 1989 la caduta del muro di Berlino sancisce la vittoria delle democrazie occidentali e la sconfitta del sogno del socialismo reale. Altan sa cogliere il momento:

Marx morto e sepolto da un pezzo.”

E noi qui in tuta a far la classe operaia come dei pirla.”

Sì, la classe operaia sta perdendo la sua dignità e la voglia di lottare per i propri diritti.

Due operai guardano desolati un piccolo televisore:

Non so cosa pensare, Cippa.”

Cerca di soffrire con la tua testa, Pillazzi.”

E ancora:

Noi non abbiamo niente di cui vergognarci, Cippa.”

Pare che è arrivato il momento di colmare questa lacuna, vecchio Busdazzi.”


Altan sente che gli anni passano e comincia il confronto con le nuove generazioni. Molto spesso, il suo personaggio non è un padre, ma un nonno.

Un nonno con baffi e bastone è spinto in avanti dal nipote:

Coraggio nonno, si ricomincia da capo!”

Oppure consiglia la nipotina:

Nonno, da grande farò la lotta di classe.”

Avrai bisogno di alleati. Magari un buon marito della borghesia produttiva.”

Quanta tristezza! Quanti sogni infranti!

Il cinismo si tinge di melanconia:

Mi dimetto. Che ci provi qualcun altro, a fare il cittadino italiano!”

E ancora:

Noi italiani siamo molto longevi. Mi chiedo: a che scopo?”

Il muro di Berlino cade ma gli anni novanta non sono anni di pace.

L'Italia rischia la bancarotta. La lira - lo ricordi chi la rimpiange tanto - svaluta il suo valore del 25 per cento. I sacrifici per uscire dalla crisi, li devono fare soprattutto i lavoratori.

Due operai ormai pensionati e senza più nome, siedono su una panchina:

Depresso?”

Magari! Infelice.”

E sempre il confronto con il nipote:

L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro?”

Una volta, quando ero giovane.”

Altan capisce il declino della classe operaia:

L'interesse si sposta sui quadri. E noi?”

Aspettiamo che arriva un principe con una scarpetta di vetro numero quarantasei.”

Le elezioni fanno paura:

E se vince la destra?”

Finisce il welfare e per fare l'antifascismo toccherà pagare il ticket.”

Arriviamo così al 2000. La globalizzazione vede i paesi ricchi diventare sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Il mondo del lavoro e quello sindacale mutano profondamente. Per i giovani e per i sempre più numerosi immigrati, il lavoro è precario e senza diritti.

I due operai si guardano negli occhi:

A scioperare ci perdiamo, Cippa.”

Che invece, a lavorare, ci guadagniamo un casino!”

Però un operaio di colore proclama fiero:

Abbiamo scioperato, Cipputi!”

La risposta è quella di chi ha visto il suo mondo sconfitto troppe volte:

Beati voi che ci credete ancora al futuro.”

Detto senza ironia, piuttosto con l'invidia per chi ancora vuole lottare.

Così al giovane pieno di entusiasmo che promette:

Sono giovane: lavorerò alacremente e vi manterrò tutti.”

Non esageriamo. Siamo nell'economia di mercato, mica nel libro Cuore.”

A Cipputi, dopo una vita di fatica e di sacrificio, resta solo lo sconforto:

Dobbiamo ritrovare un'anima, Cippa.”

Qua, in una fabbrica sconsacrata.”

Una stoccata, sempre tragicamente valida, ai partiti progressisti:

Uniti, questa destra si può batterla.”

Troppo comodo.”

Un'ultima vignetta tenera e disillusa:

L'Italia si merita un po' di felicità.”

Ma sì, povera vecchia.”




© Marco Salvario

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