UN RICORDO DI DON MARIO NUZZI Un vivace ed autentico prete-imprenditore degli anni Ottanta
UN RICORDO DI DON MARIO NUZZI
Un vivace ed autentico prete-imprenditore degli anni Ottanta
Don Mario nasce il 12 luglio del 1933 a Oriolo Calabro. I genitori sono Filippo e Maria. Nel 1946 entra nel Seminario di Taranto, ove frequenta la scuola media. Nel 1950 passa poi presso il Seminario di Potenza, ove frequenta la scuola ginnasiale. Nel 1952 infine approda al Seminario di Salerno, ove completa gli studi classici. Nel 1955 s’iscrive alla Facoltà Teologica di Posillipo, eccelso Ateneo che ha forgiato per lustri menti e cuori, retto dai padri Gesuiti, dove consegue il Baccalaureato. Il 12 luglio del 1959 è ordinato sacerdote da S.E. Mons. Secondo Tagliabue, presso la Cattedrale di Tursi. Nel 1959 esercita la carica di vicerettore del Seminario di Potenza. Il 2 ottobre del 1962 viene nominato Parroco della Chiesa “Santo Spirito” di Castelsaraceno, in Provincia di Potenza, ove è rimasto fino agli anni Ottanta. Il 14 ottobre 1984 è nominato da S.E. Mons. Francesco Pala, Parroco della Chiesa della Visitazione a Rocca Imperiale. Don Mario era un prete molto attivo, un educatore energico e incisivo.
Dopo la morte di don Giuseppe Iacovino, il 2 ottobre del 1961, la parrocchia di Castelsaraceno resta vuota. Ecco che arriva quest’uomo straordinario. A quel tempo Oriolo faceva parte della Diocesi di Anglona e Mons. Secondo Tagliabue inviava questo giovane parroco, ricco di doti e di energie in un paese remoto dell’entroterra lucano, paese ancora legato ad un’atavica tradizione agro-silvo-pastorale ed a quella civiltà contadina, tanto celebrata da Carlo Levi, cantore dei contadini accanto al vate Rocco Scotellaro. Questo prete rivoluzionario ha veramente innovato in pochi anni tutto il paese. Aveva rinfocolato le Acli coi circoli ricreativi. Siamo nei bollenti anni di piombo ed il Nostro si attiva, anche a livello politico per sostenere la DC, sostenendo, contro Senatro Lauletta, il sindaco Luigi Fontana, nel 1965, quando sale al Comune con la lista civica “Il Giglio”, rimanendo in carica fino al 1981. La Chiesa che immaginava don Mario non era solo contemplativa, ma attiva, vicina alle esigenze reali, anche materiali della popolazione. È sempre stato disponibile. Egli stesso si prodigava per trovare una sistemazione dignitosa per i giovani, un posto di lavoro. Bussava alle porte dei potenti ed otteneva. Andava nel nome di quel Cristo che in fondo anche egli, per lui, era stato un grande rivoluzionario. Don Mario è stato sempre dalla parte dei deboli, dei poveri, degli emarginati. Quando c’era da controbattere i poteri forti, dispotici, che opprimevano la popolazione, l’ambone dell’altare diventava un pulpito comiziale. Bisognava darsi da fare per risollevare le sorti delle masse contadine ed operaie. Ed egli in prima linea era sempre in trincea, non si tirava mai indietro. La mattina celebrava due messe una dopo l’altra e poi partiva: sempre al lavoro, per la scuola, per la cooperativa, per la costruzione di un mondo nuovo. Era un prete sognatore, sempre attivo, energico, impulsivo.
Don Mario era anche un brillante educatore e dimostra queste doti pedagogiche, anche nel periodo in cui era vicepreside presso la scuola media Ciro Fontana di Castelsaraceno. Ha aiutato tantissimi giovani a trovare la loro strada, anche sporcandosi le mani e impegnandosi di persona, quando i politici contavano, perché la loro voce veniva ascoltata. Negli anni Settanta aveva avuto un’intuizione straordinaria: era stato il promotore di una cooperativa edile, denominata “Castelveglio”. La cooperativa Castelveglio era stata fondata il 1° aprile del 1973 e fu sciolta nel 1989. Trai fondatori vi erano Cirigliano Rosario, Cirigliano Mario ed Egidio Pugliese. Prendeva a quei tempi un sacco di lavori. Siamo in un periodo di forte espansione. Tra gli amministratori di questa cooperativa vi era il compianto Egidio Pugliese, cui è stato dedicato il campo sportivo del paese. Questa realtà straordinaria dava lavoro a molta gente. Don Mario, il prete imprenditore, aveva risolto il problema dell’occupazione in tutta la zona, aveva mostrato la strada da seguire: la cooperazione. Come in Emilia eccome poteva funzionare anche qui! E grazie all’intermediazione dell’onorevole Emilio Colombo, quel sogno diventa realtà, la cooperativa parte.
Se tutti i pastori che c’erano allora si fossero messi in cooperativa, altro che Grana! Ma è prevalso come al solito l’individualismo, il familismo! Hanno fatto fallire il sogno di questo prete straordinario, meraviglioso. Don Mario era un sognatore, ma era anche uno che non solo inseguiva le sue benefiche fantasie, ma le metteva in pratica.
La cooperativa fallisce e la colpa a chi è data? Naturalmente a Don Mario! Così anche egli vive il dramma della condanna, della falsità, dell’ipocrisia, della crocifissione. Si addossa egli tutta la colpa. Porta la sua croce con dignità innanzi ai tribunali. La cooperativa fallisce sempre per colpa dell’egoismo. Chi più voleva comandare! Chi più arraffava. Quante case furono costruite dal nulla! Per un certo periodo il grandioso sacerdote viene allontanato.
Eppure, accade un miracolo straordinario, che forse è stato taciuto a suo tempo dai periodici per la vergogna, ma noi oggi non ci sentiamo più di omettere. Siamo nel settembre del 1984: don Mario, accusato, viene allontanato dal paese per disposizione dall’allora Vescovo, Mons. Gerardo Pierro. Don Mario è molto legato alla nostra comunità: il Vescovo di persona si reca a Castelsaraceno e la popolazione insorge per difendere il parroco contro il Vescovo. Nella piazza divisa vi era una prima parte che accoglieva il Vescovo e batteva le mani, nell’altra parte vi era invece una folla inferocita che lo assalta. La sua macchina viene presa d’assalto. La gente volta le spalle al suo passaggio, sputa per terra. Mons. Gerardo Pierro ha vissuto forse uno dei momenti più drammatici del suo mandato episcopale nella Diocesi di Tursi. Tanto è vero, che come raccontano le testimonianze, quando era giunto alla fontana di Mazzambreta, sulla strada del ritorno, ancora tremava per la paura. È stata una grande rivoluzione! Il popolo ha sostenuto il suo pastore, come agli arbori della Chiesa, quando i vescovi venivano eletti. Agostino veniva acclamato dal popolo: la Chiesa era democratica, non solo gerarchica! È stato un gesto forte, un gesto d’amore, anche se selvaggio, ribelle. Dopo che don Mario andava via, la popolazione era ancora molto turbata, ecco perché il Vescovo mandava un altro don Mario, don Mario Lacolla, un santo prete, che ha saputo con la sua pazienza e la sua mitezza conciliare gli animi. E dopo ancora veniva un altro don Mario ancora, don Mario Tempone, un altro prete energico, effusivo. Il solo nome “don Mario” è rimasto per anni nella parrocchia Santo Spirito. Tanto risuonava forte questo nome, tanto segno aveva lasciato nei cuori. Don Mario è stata la bandiera dei giovani. Ha rincuorato le masse. Ha sostenuto i cuori affranti. Ha confortato tante famiglie oppresse. Ha risollevato le condizioni economiche di tanti poveri, dando tanto lavoro con la cooperativa edile Castelveglio. Fu tradito, come Gesù, dai suoi intimi. Di lui possiamo dire le parole del salmo: «Se mi avesse insultato un nemico, l'avrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente; ci legava una dolce amicizia, verso la casa di Dio camminavamo in festa». Don Mario con grande ed eroica pazienza ha sopportato la caduta della sua via crucis, la caduta dell’onta, della condanna, del tradimento.
Anche dopo questa difficile parentesi della sua vita, quando don Mario trova ricetto a Rocca Imperiale, non si ferma mai, ricomincia daccapo, come annota Franco Lofrano in Notizie sull’Alto Jonio: «E da qui parte il suo estro da “Architetto di fatto e senza laurea”. La Santa Messa veniva celebrata all’interno di un capannone, oggi ristrutturato dall’amministrazione Ranù, per nulla adatto ad una Chiesa. Don Mario ha cominciato ad ingegnarsi e, giorno dopo giorno, il suo progetto di dotare di una Chiesa nuova la sua comunità religiosa prendeva corpo. Seguì con entusiasmo le varie fasi della costruzione e affrontò di petto il problema di reperire le risorse necessarie per portare a termine l’opera. Riuscì nell’ardua impresa e inaugurò con orgoglio la nuova chiesa che tutti frequentano, apprezzano e ammirano. È riuscito a dare vita al Coro Parrocchiale, avvicinando tanti giovani alla fede, alla formazione Cattolica».
Dal 2016 don Mario era rettore del Santuario di Santa Maria di Cesine e gli succedeva don Pasquale Ziparri. Don Mario aveva un carattere affabile, era sempre sorridente e positivo e sapeva guidare con ardore la comunità. Questa montagna rende omaggio a questo valente curato, riconosce i suoi meriti, è grata per tutto il suo zelo profuso in quel ventennio proficuo. Questa montagna non può dimenticare questi valenti uomini, zelanti sacerdoti. Dio ha inviato questi profeti per guidare il suo popolo, non solo nel progresso spirituale, ma anche in quello materiale. Ma spesso il popolo non ha seguito, non ha ascoltato. Non importa. I segni restano nei cuori che hanno potuto sperimentare la grandezza di questo piccolo, ma grande uomo, un po’ basso di statura, ma un gigante a livello morale, sociale e storico.
Don Mario Nuzzi è venuto a mancare il 20 giugno del 2020. Viveva a Policoro da tempo, ma esercitava a Rocca Imperiale, ove ha lasciato un’orma indelebile negli ultimi anni del suo ministero sacerdotale.
Vincenzo Capodiferro
Penso che ci sia sempre più bisogno di preti così. Alla Don Milani, per capirci
RispondiEliminavero Marcello, grazie!
Elimina