Tredicianni di Umberto Lucarelli a cura di Vincenzo Capodiferro


TREDICIANNI

Bellissima storia di un amore negli anni Settanta, di Umberto Lucarelli


“Tredicianni. Una preadolescenza” è un libro di Umberto Lucarelli, pubblicato da Milieu, collana ombre rosse, nel 2025. In questo nuovo libro Umberto Lucarelli celebra l’amore. Ci parla di un amore negli anni Settanta. È un inno all’amore, all’amore vero. Come scrive l’amico di Umberto, Marco Passeri, nella prefazione: «Leggendo questo bellissimo libro di Umberto Lucarelli si sarebbe tentati di sfiorarne soltanto le pagine, di voltarle con infinito pudore tanta è la delicatezza del racconto». Si parla di un amore, di Manuela. Siamo nell’età della preadolescenza, all’inizio dello Sturm und Drang della ‘vita di un uomo’. La bellezza di questo romanzo mozzafiato, con un’unica frase, o unico periodo, come è lo stile di Umberto è che «Non c’è neppure un bacio in questo racconto, nulla che sigilli l’idillio tra i due coetanei, ma forse proprio per questo, per questa assenza, il ricordo diventa ancora più vivido, ed eterno». Non c’è quella volgarità corporea, carnale, di cui pure Eros è fatto. È un amor platonico, non perché Platone non facesse l’amore. Platone è stato frainteso, anche il suo comunismo. È stato accusato ingiustamente da Popper di essere il padre dei totalitarismi. Il comunismo non è un totalitarismo, è stato trasfigurato, o meglio sfigurato. Il comunismo non è il libero amore, come oggi vien fatto passare, ma l’amore libero e c’è una differenza di fondo. Marcuse in “Eros e civiltà” nel Cinquantacinque aveva colto il problema. La Scuola di Francoforte aveva colto il problema. Umberto vien da queste rive. L’Eros che viene presentato in queste pagine è una Maja vestida, è Eros pudico, rispettoso. L’Eros ci viene presentato sempre come passionale, violento. Freud riprende il platonico mito di Eros, ma l’ha frainteso. Ha pensato che l’amore dei piccoli fosse una perversione. No. Manuela «si era messa un po’ in disparte e ci aveva guardato mentre giocavamo a strega comanda color, a nascondino, a bum bum mago libero, a palla prigioniera o avvelenata, giocavamo a tutto, anche al pallone nel cortile anche a pallavolo, a pallacanestro anche senza rete e senza canestro, giocavamo con l’immaginazione, ogni cosa si trasformava, due indumenti a fare le porte per il calcio, un bidone della spazzatura un canestro, un pezzo di spago mezzo rotto una rete del ping pong, lei guardava...». Ci ricordiamo tutti i giochi semplici degli anni Settanta. L’amore è puro, non ha secondi fini. L’amore è la molla che fa traballare il mondo. L’Amore è il vero rivoluzionario, il Caballero. L’amore guida la Natura e non la Natura, non matrigna, non strega, usa l’amore per tendere tranelli all’umanità, come ce l’hanno dipinta alcuni autori traviati dal dolore esistenziale, come Leopardi e Schopenhauer. Tredicianni è l’età del puro ‘innamoramento’. «Tutto era così bello, nonostante la cosiddetta sensazione di gravità che avevo dietro di me e in un angolo buio dentro di me, e che non intendeva lasciarmi, quella annotazione che mi ricordava le scarpe e il cappotto e la miseria e la casa scrostata ma che andava ancora più giù, in profondità a guardare il senso della vita, che la vita potesse terminare da un momento all’altro, che non potessi più a un tratto salire queste scale a vedere Manuela, era come una sensazione di tempesta in mezzo al mare e non c’era alcun appiglio e andavo e riemergevo e bevevo acqua salata, a cosa pensi ora?,...». Non è un romanzo rosa, né un rosso, ma un romanzo blu. Si parla di nobiltà d’animo, di quei valori non negoziabili, paradossalmente di quei valori aristocratici di un Nietzsche più di sinistra che di destra, di un Nietzsche trasfigurato da una sorella ingrata nazista, rinchiuso in un nosocomio/società. La società è manicomiale: tende a seguire l’esclusività, non l’inclusività. Poi gli anni Settanta sono un unicum nella storia mondiale. C’era una brezza di cambiamento, uno zefiro rivoluzionario. La rivoluzione si respirava nell’aria, scorreva nelle vene. I giovani cresciuti in quel contesto, a pane e rivoluzione, non possono dimenticarlo mai. Lo ribadisce Umberto: Non vendere i tuoi sogni mai! Amore, figlio di Poros e di Penia, è il padre del Sogno, di quella “immaginazione al potere che sognavano veramente i sessantottini, non i sessantotteschi. I rivoluzionari sono diventati reazionari. Sono vecchi, ma non solo fisicamente, moralmente, psichicamente. Sono morti dentro. Si sono arresi alla storia, una “Magistra” che boccia sempre con i sui poteri forti i rivoluzionari veri. Pasolini la chiamava “maestra bastarda” ed aveva ragione. Gli storicismi sono illusioni post-moderniste. Anche il postmodernismo è un’altra illusione. Lasciate sognare l’uomo, lasciate pascolare il “fanciullino” che brama in noi. Lasciate parlare i bambini. Mettete costoro al potere, non le mummie dorate. Scrive Giuseppe Lorenzetti nella postfazione: «Lucarelli gioca a carte scoperte. Cosa sta cercando in queste pagine? Lo annuncia fin dalla dedica: la purezza perduta. Ma cos’è questa purezza e perché è così importante parlarne oggi? Tredicianni è un viaggio, non nel tempo, non nello spazio, bensì dentro di noi. Tutti siamo stati quel giovane uomo, tutti avremmo dovuto avere il diritto di esserlo». Solo l’amore vero, non quello perbenista interessato, quello sfigurato dalle deviate passioni sociali, può salvare il mondo. Questo il vero messaggio che vuole lasciarci Umberto. E le sue pagine ci lasciano sempre un senso di vuoto e di amarezza, ci lasciano la bocca amara della nostalgia del tempo perduto, dei tempi che purtroppo sono irreversibili e non possono tornare più: come nelle età dell’uomo. L’amore se n’è andato. Perciò la società soffre, è impazzita: «Ma lei se ne andava via, se la portavano via, gli eventi e il Veneto e suo padre la conducevano lontano da me e dal cortile e dalle case della nostra infanzia e se ne andava anche l’infanzia, anzi l’infanzia se n’era già andata, ricordo, eravamo ancora sulla porta mentre lei retrocedeva piano, pianissimo, se ne andava all’indietro lentamente dai suoi genitori e io all’indietro dai miei, non ci saremmo mai più visti Manuela e io, mai più incontrati neppure per caso, mai scritti, mai sentiti al telefono, mai più niente, ma io negli anni, in tutti questi anni, me ne rendo conto soltanto adesso, anche senza il suo bacio o forse proprio senza il suo bacio, avevo conservato sempre questo suo gioiello». L’Amore se ne va quando prevale l’egoismo, l’individualismo sfrenato che si rispecchia nei quadretti dei cellulari e degli pseudo-social. L’amore se ne va quando svaniscono i sogni, la creatività e ci pensano a tutto loro, i poteri forti super-capitalistici con le loro intelligenze artificiali. Basta che noi non pensiamo più, perché pensare è reato. Anche Heidegger, il nazista, se n’era accorto: - L’uomo contemporaneo non pensa più! Ma negli anni di piombo non era così. L’amore si respirava, era in mezzo a noi. E poi: è falso! Non erano anni di piombo. Era l’età aurea che si ripete, poi viene l’argento, il ferro, il piombo. Adesso respiriamo aria plumbea, pesante. Grazie Umberto per questo tuo ultimo dono: dell’amore.


Vincenzo Capodiferro

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