LEGGE DI BILANCIO, UNA STRADA IN SALITA di Antonio Laurenzano


LEGGE DI BILANCIO, UNA STRADA IN SALITA

di Antonio Laurenzano

Imperversa da giorni sui giornali e in tv la stucchevole bagarre dei partiti sul disegno di legge del Bilancio 2025 in un clima di grande tensione e forti contrasti che preannunciano un iter parlamentare particolarmente tempestoso. Una polemica infinita che, azzerato ogni costruttivo e civile confronto, si alimenta di mediocrità dialettica a supporto di interventi in odore di pregiudizi lontani da un realismo politico ed economico. Parole e numeri in libera uscita, sterili azioni di protesta, pretestuose dichiarazioni: rischio di una deflagrazione sociale. Accantonando ogni impulso demagogico, sarebbe tempo di ritrovare sobrietà e restituire al dialogo fra maggioranza e opposizione toni responsabili su un tema, la Legge di Bilancio, di estrema importanza per il futuro del Paese. “Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare”, ammoniva Luigi Einaudi.

In discussione una Manovra di Bilancio condizionata da un quadro economico complesso, appesantito sui flussi finanziari dei conti pubblici dagli effetti negativi dei crediti d’imposta accumulati negli anni scorsi a causa dei bonus immobiliari, un “grande buco” da oltre 160 miliardi di euro ancora da assorbire. Banche, imprese e famiglie stanno beneficiando del mancato versamento d’imposte compensate con i numerosi bonus legati agli interventi edilizi. Un impatto negativo per le casse dello Stato con minori entrate tributarie. Una contrazione del gettito fuori da ogni previsione, in aggiunta ai crescenti oneri per interessi (circa 85 miliardi all’anno) su un debito pubblico senza freni, che sfiora i 3000 miliardi di euro, pari al 143% del Pil.

Un mix allarmante. Alto debito e spesa pubblica elevata rendono sempre più corta la coperta delle risorse disponibili da destinare alla manovra. Il nodo centrale resta sempre quello delle coperture. Per non aggravare ulteriormente i conti pubblici, senza inasprire il prelievo fiscale, puntare dunque sulla crescita economica e quindi su un aumento generalizzato del livello di variabili macroeconomiche quali ricchezza, consumi, produzione, innovazione, investimenti privati. Rilanciare cioè l’economia per generare ricadute sui conti pubblici, rendendo coerente il quadro macroeconomico rispetto agli impegni presi con Bruxelles per il rispetto del nuovo Patto di stabilità e crescita, entrato in vigore quest’anno.

Pur in presenza di un rallentamento della crescita rilevato dall’Istat nell’ultimo trimestre, e di un timido segnale di Bankitalia (+0,8%), “l’Italia è tornata a crescere, il Pil nazionale è aumentato percentualmente più di quelli francesi e tedesco, l’occupazione cresce, e così i contratti di lavoro a tempo indeterminato.” Lo ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricevendo al Quirinale i Cavalieri e gli Alfieri del lavoro. Un esplicito invito alle agenzie di rating a “validare prospettive e affidabilità dell’economia italiana”, a riconoscere cioè una mutata posizione patrimoniale del Belpaese anche in relazione allo spread con i Bund tedeschi. Un differenziale di rendimento al ribasso.

Gira attorno al rapporto reperimento/impiego delle risorse pubbliche il Bilancio di previsione in stretta correlazione con l’andamento dell’economia nazionale. Dagli effetti del Pnrr, e più in generale da una netta ripresa della produttività, dovranno arrivare i segnali di una nuova stagione per i conti pubblici, ma la strada è ancora in salita. La Manovra di Bilancio varata dal Governo e trasmessa alle Camere è palesemente restrittiva. Non è una Manovra che cambierà il corso della storia economica del Paese. Prudenza e responsabilità sono le linee guida del disegno di legge del Bilancio che ha già superato il test dei mercati in termini di credibilità e sostenibilità. Espressione di “una politica economica seria e responsabile”, ha dichiarato il Ministro Giorgetti. Alle forze politiche e alle parti sociali la replica per i miglioramenti del testo.

I numeri della Manovra, nel suo complesso, parlano di 30 miliardi per il 2025, di cui 21 coperti da minori spese o maggiori entrate e 9 miliardi a deficit, che servono a confermare alcuni provvedimenti già in vigore e per introdurne di nuovi. Fra le altre misure, riduzione dell’Irpef, rimodulazione strutturale del cuneo fiscale, fondi aggiuntivi per la sanità, detrazioni fiscali con tetto, bonus 50% sulle ristrutturazioni per la prima casa, super deduzione al 120% per le assunzioni a tempo indeterminato, bonus e incentivi per le famiglie. Prevista una revisione della spesa pubblica (“spending review”) con tagli ai Ministeri, alle Amministrazioni locali e ai compensi dei vertici dirigenziali di enti e organismi a carico della finanza pubblica.

La sfida è ridurre per il 2025 il livello programmatico del deficit di bilancio in rapporto al Pil al 3% (nel 2023 7,4%) e il rapporto debito/Pil al 141,2%, nel presupposto che le previsioni economiche trovino conferma, a cominciare dalle (incerte) entrate tributarie, in primis quelle attese dal contestato Concordato preventivo biennale, discutibile e contorta operazione fiscale, per assicurare un difficile punto di equilibrio alla Manovra di Bilancio 2025. Al Parlamento l’ultima parola per scelte economiche serie proiettate nel futuro, per realizzare una rigorosa politica di risanamento della finanza pubblica e di sviluppo della nostra economia.


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