Tracy Chevalier – La ragazza con l’orecchino di perla a cura di Marcello Sgarbi

 


Tracy Chevalier La ragazza con l’orecchino di perla – (Edizioni Giunti)

Collana: Beat Bestseller

Formato: Brossura

Pagine: 240

ISBN: 9788865595947


Proprio alle soglie del nuovo millennio – per essere più precisi nel 1999 – a scapito dell’atmosfera avveniristica con cui si guardava il duemila, usciva in tutte le librerie un piccolo grande capolavoro destinato a un ampio successo e ambientato nei Paesi Bassi, nell’Olanda del Seicento.

La ragazza con l’orecchino di perla, meglio conosciuto come La ragazza col turbante e soprannominato anche la “Monna Lisa olandese”, è un quadro a olio su tela di Jan Vermeer databile fra il 1665 e il 1666. È però anche il titolo di questo insolito romanzo ambientato a Delft, nella patria delle ceramiche blu e bianche dipinte a mano, cittadina nella quale si svolge la storia raccontata da Tracy Chevalier. Nonché dell’omonimo film, diretto nel 2003 da Peter Webber e interpretato fra gli altri dai due celebri attori Scarlett Johannson e Colin Firth.

In una casa della zona protestante della città abita la giovane Griet. La ragazza, figlia sedicenne di un decoratore di piastrelle diventato cieco per un incidente sul lavoro, svolge i suoi semplici compiti domestici. Un giorno, mentre in cucina come di solito è intenta a disporre nei piatti delle verdure tritate abbinandone i colori, sente provenire delle voci dall’ingresso dell’abitazione. Appartengono al famoso pittore olandese Johannes – Jan - Vermeer e alla moglie Catharina, che compaiono sull’uscio. Griet non sa ancora che da quel momento la sua vita cambierà in modo radicale perché andrà a servizio del grande artista, nel Quartiere dei papisti, dove abitano i cattolici di Delft.

La ragazza non è stata scelta a caso da Vermeer. Oltre a sbrigare le faccende di casa dovrà occuparsi della pulizia dell’atelier, e c’è una ragione precisa del perché Griet possa accedere a quel luogo, precluso a chiunque altro, si può dire quasi sacro per un artista di quell’epoca. Tanto che la sua possibilità di entrarci susciterà l’invidia di Tanneke, cuoca e fedele governante di casa Vermeer. La figlia del piastrellista, allenata dalla cecità del padre, è l’unica persona che dopo avere riordinato una stanza è in grado di mettere gli oggetti nel posto esatto in cui stavano. Con l’andare del tempo, Griet acquista confidenza con l’ambiente dell’atelier. Nello stesso tempo, comincia a comprendere le dinamiche delle relazioni fra le persone che abitano la casa. Ma c’è di più, perché la ragazza conquista a poco a poco la fiducia di Jan Vermeer. Al punto che il grande artista le permette di imparare molte cose sulla pittura. E secondo il mio modesto parere, questo passaggio è fra i più interessanti di tutto il romanzo.

Mentre Vermeer decide di ritrarre Griet, la giovane vive il suo momento di maggiore inquietudine. Da una parte viene corteggiata dall’altrettanto giovane Pieter, un macellaio. Dall’altra è irretita da Van Rujven, un committente del pittore, un impenitente donnaiolo che vorrebbe sedurla.

Quanto al quadro, in corso d’opera Griet – con l’affinarsi del suo senso estetico – si rende conto che al ritratto sembra mancare qualcosa. Ed è la stessa cosa che pensa Vermeer, tanto che in segreto decide di fare indossare alla ragazza gli orecchini di perle appartenenti a sua moglie.

È questo il punto in cui il romanzo di Tracy Chevalier raggiunge il suo acme. Griet, suggestionata dal pittore e dal suo mondo, nonostante il dolore arriva a forarsi i lobi degli orecchi. Un giorno, però, non trovando i propri orecchini la moglie di Vermeer accusa la ragazza di furto. Entrata nell’atelier, poi, la donna scopre il ritratto ormai terminato. Inferocita, vorrebbe distruggere il quadro e si scaglia contro suo marito e contro Griet. La ragazza fugge dalla casa dei Vermeer per non tornarci mai più. La vicenda sembrerebbe concludersi qui, invece termina con un epilogo sorprendente. Se già non lo conoscete perché avete visto il film, lascio a voi il piacere di scoprirlo leggendo questo romanzo che avvince un poco alla volta, evocando la bellezza e il mistero. Una notazione di stile va secondo me riservata all’uso sapiente che Tracy Chevalier fa di similitudini e paragoni insoliti. Qui ne trovate qualche esempio.

La ragazza con l’orecchino di perla sembra quasi lanciare un avvertimento a non lasciarsi suggestionare, perseguendo i miraggi di allettanti promesse e perdendo così di vista sé stessi e quello che è davvero importante nella vita.

«Il viso della donna sembrava un piatto da portata ovale, a tratti scintillante, a tratti opaco».

«Portava il cappello calcato sui capelli, che erano rossi come i mattoni bagnati dalla pioggia».

«“Otto stuiver al giorno non sono poi granché”. La sua voce era velata come se avesse

delle ragnatele in gola».

«I platani lungo il canale erano perfettamente fermi, come sentinelle in attesa del mio arrivo».

«L’uomo sorrideva alla giovane come chi palpa le pere al mercato per vedere

se sono mature».

«Quando incominciò a stendere vaste zone con i colori di base, credetti che il petto mi si sarebbe squarciato come un sacco di farina troppo pieno».



© Marcello Sgarbi

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