Muriel Barbery – L’eleganza del riccio – a cura di Marcello Sgarbi


 
Muriel Barbery L’eleganza del riccio (Edizioni e/o)

Collana: Hardcover

Formato: Brossura

Pagine: 318

EAN: 9788866324782


A volte fra adulti e ragazzi si instaurano rapporti che somigliano a quelli stabiliti da un maestro con i suoi alunni. È quello che succede anche in questo insolito romanzo, che ha avuto un grande successo e dal quale nel 2010 è stato tratto il film omonimo, diretto da Mona Achache.

La storia, ambientata a Parigi, è imperniata sulle figure delle due protagoniste. La prima, Renée Michel, è la portinaia di un elegante palazzo di rue de la Grenelle nel quale risiedono soltanto inquilini dell’alta borghesia.

Un personaggio molto particolare, visto che - soprattutto nei condomìni, abitati da un certo numero di famiglie - di solito si è portati a considerare di scarsa cultura la persona che si occupa della guardiola dello stabile. Anzi, ancora peggio. Si tende a valutarla una specie di passacarte della posta depositata nelle cassette, quando non addirittura un’importuna ficcanaso. Nel migliore dei casi, in misura direttamente proporzionale alla propria ricchezza – come per i borghesi di rue de la Grenelle - la si ignora.

Capita anche a Renée, che al contrario sarebbe una persona da coltivare. L’unico che la capisce e la rispetta è il signor Kakuro Ozu, il personaggio che completa la triade intorno alla quale ruota la narrazione. E non soltanto, perché avrà una notevole importanza nello sviluppo e ancora di più nella conclusione della storia.

All’apparenza sciatta e teledipendente – e qui ci vorrebbe un altro scrittore francese come Daniel Pennac a dire quanto si giudichino in fretta gli altri soltanto in base alla loro esteriorità – la signora Michel è in realtà un’accanita divoratrice di libri. Amante dell’arte, della filosofia, della musica, della cultura giapponese, al suo vasto sapere unisce un basso profilo e una raffinatezza che le conferiscono ulteriore dignità.

Ci sarebbe poi non poco da disquisire sulla logica e sul contrasto tra apparenza e sostanza, vi invito a scoprirlo leggendo L’eleganza del riccio. Un titolo azzeccato in pieno, considerato che Renée Michel si può proprio paragonare al mammifero. Come del resto viene detto nel romanzo di Muriel Barbery: «Madame Michel ha l’eleganza del riccio: fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti».

Nel palazzo parigino custodito dalla portinaia abita anche Paloma, figlia dodicenne di un ministro un po’ tardo di mente e di una madre insulsa, a quanto parrebbe. La ragazzina, in lotta con i genitori e con la sorella Colombe, afflitta dal male di vivere e convinta di essere incompresa, si ficca in testa la malsana idea di suicidarsi il 10 giugno, nel giorno del suo tredicesimo compleanno. E fino a quel momento, decide di vivere con mediocrità.

Sarà l’incontro con Renée a cambiare la sua prospettiva sul modo di vedere la vita. Paloma troverà nella donna un nuovo punto di riferimento, una specie di guida saggia un po’ madre e un po’ amica, una persona di cui potersi fidare. La portinaia, attraverso un rapporto confidenziale con la giovane, rivivrà forse emozioni perdute con l’andare degli anni. E grazie al signor Ozu Renée metterà a nudo i suoi più riposti sentimenti e i suoi segreti più intimi, mentre Paloma arriverà a comprendere cose che fino ad allora le erano sconosciute.

«Non vediamo mai al di là delle nostre certezze e, cosa ancora più grave, abbiamo rinunciato all’incontro, non facciamo che incontrare noi stessi in questi specchi perenni senza nemmeno riconoscerci. Se ci accorgessimo, se prendessimo coscienza del fatto che nell’altro guardiamo solo noi stessi, che siamo soli nel deserto, potremmo impazzire. Quando mia madre offre degli amaretti di Ladurée a madame de Broglie, non fa che raccontare a sé stessa la storia della sua vita, sgranocchiando il proprio sapore; quando papà beve il caffè leggendo il giornale, si contempla in uno specchio tipo auto-suggestione cosciente del metodo Coué; quando Colombe parla delle conferenze di Marian, blatera davanti al riflesso di sé stessa, e quando le persone passano davanti alla portinaia, non vedono nulla perché lì non si vedono riflesse».

«Fatevi una sola amica, ma sceglietela con cura».

«Non c’è niente di più spregevole del disprezzo dei ricchi per il desiderio dei poveri».

«Sarà una banalità, ma l’intelligenza in sé non ha alcun valore e non è di nessun interesse. C’è gente molto capace che ha speso una vita sulla questione del sesso degli angeli, per esempio. E molte persone intelligenti hanno una specie di bug: credono che l’intelligenza sia un fine. Hanno un’unica idea in testa: essere intelligenti, e questa è una cosa stupidissima. E quando l’intelligenza crede di essere uno scopo, funziona in modo strano: non dimostra la sua esistenza con l’ingegno e la semplicità dei suoi frutti, bensì con l’oscurità della sua espressione».


© Marcello Sgarbi

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