Karina Chechik. Quando la luce viene catturata dalla tela. A cura di Marco Salvario
Karina Chechik. Quando la luce viene catturata dalla tela.
A cura di Marco Salvario
Testimoniare la bellezza della luce che s'insinua tra piante e fitti cespugli, seguendo il ritmo regolare e armonioso di un'architettura classica, riflettendosi sui vetri e sull'acqua, scivolando sui marmi della facciata di una chiesa, diventando spettacolo vivo nel gioco spento delle ombre.
Una bravissima artista che riesce a padroneggiare il gioco, incomprensibile anche per la scienza, dei raggi di sole, è l'argentina Karina Chechik, nata a Buenos Aires nel 1966, ma che ha cambiato spesso la sua residenza, acquistando così una conoscenza multinazionale eppure restando al tempo stesso strettamente radicata alla propria terra. Attualmente la sua vita ruota intorno a due centri principali: la sua città natale e Torino, dove a settembre del 2024 ha esposto nella galleria 'Febo e Dafne' in via Vanchiglia il suo ultimo progetto dal titolo: 'Oasis Sagrados'; ultimo soltanto per il momento, dopo che in passato l'artista ha esposto un po' ovunque negli Stati Uniti, nell'America Latina e in Europa. Le sue opere sono esposte in decine di collezioni pubbliche e private.
Chechik è attualmente Professore di Pittura e Storia dell'Arte al Museo Nazionale di Arti Decorative di Buenos Aires.
Pittrice e fotografa, sacerdotessa della luce, le sue opere sono sempre un divenire tra vicino e lontano, un oscillare che fa pensare al soffio del vento, una vertigine ritmata dai chiaroscuri, un piacevole brivido.
Se da una parte l'uomo, presenza sempre sottintesa ma raramente rappresentata, è prigioniero all'interno di un limite formato dalla natura o dall'architettura delle sue realizzazioni più ispirate, la luce, come i tagli su una tela di Fontana, lo porta oltre, fuori, verso una dimensione divina, infinita, sacra, anzi 'sagrada'. Una nuova religiosità pagana, che venera la natura e l'infinito.
Intorno a noi tutto è creato, anche le opere d'architettura con i loro spazi appartengono con la loro bellezza a una dimensione che ci trascende e va oltre l'umano. Non cambia l'emozione del nostro animo, quando i passi si posano rispettosi sui sentieri di un bosco o sui marmi lucenti di un palazzo, regalandoci la sensazione di inoltrarci in un percorso, che conduce verso il soprannaturale.
A volte lo sguardo si alza cercando un sole che non si fa vedere, nascosto dalle fronde; altre volte si abbassa a contemplare le macchie di luce proiettate sul terreno oppure corre in avanti, prigioniero tra siepi e muri, cercando di lasciarsi il buio alle spalle.
'Sagrada': non so se è solo il mio individuale percepire o anche al lettore sembra che la parola in spagnolo abbia un contenuto diverso, più condiviso e spirituale?
La luce per Karina Chechik è vibrazione, respiro della natura. I raggi del sole danno un brivido di freddo, come se nella propria essenza avessero assorbito il gelo degli spazi cosmici attraversati e delle spesse mura delle cattedrali.
Luce che, soprattutto osservando le opere da lontano, sembra reale, arrivata da una finestra socchiusa, e che invece è la magia della tela, il suo segreto.
Le ultime opere dell'artista, mostrano una ricerca più incentrata sul colore e su architetture moderne. La luce ha sempre il suo ruolo, ma è come polarizzata dietro vetri che l'attenuano e disperdono.
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