L’ EUROPA DI MARIO DRAGHI di Antonio Laurenzano


L’ EUROPA DI MARIO DRAGHI

di Antonio Laurenzano

Quo vadis Europa? E’ forte il grido d’allarme lanciato da Mario Draghi a Bruxelles in occasione della presentazione del suo rapporto sulla competitività dell’economia europea. Un chiaro messaggio per un’Europa più forte per continuare ad esistere, un appello alla leadership europea a uscire dalla sua paralisi e rilanciare le istituzioni europee nel segno di un maggiore coordinamento e di una più efficace cooperazione.

Impietoso lo spaccato della situazione economica evidenziato nel rapporto, nei numeri il declino dell’Europa. Il divario di crescita fra Stati Uniti ed Unione europea, a causa del rallentamento della produttività, è passato dal 15% nel 2002 al 30% nel 2023. La quota di settori nei quali la Cina compete con l’Ue è salita dal 25% al 40%. E’ drasticamente diminuita l’incidenza dell’Unione europea nel pil globale. Non ci sono più le condizioni che hanno finora garantito la prosperità ai cittadini europei. La mancanza di competitività è la principale debolezza dell’Unione, con ricadute economiche e sociali rilevanti. “Se l’Europa non riesce a diventare più produttiva, ammonisce Draghi, non potremo diventare attore indipendente sulla scena mondiale, non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale, dovremo ridimensionare le nostre ambizioni.” Siamo di fronte a una emergenza esistenziale, sono in gioco i valori fondanti dell’Unione: modello sciale inclusivo e crescita sostenibile.

L’obiettivo del report è quello di delineare una nuova strategia industriale per l’Europa per superare gli ostacoli, anche burocratici, che la frenano. “Urgenza e concretezza” sono per Mario Draghi le due parole che sintetizzano il suo rapporto sul rilancio della competitività dell’Ue. Servono enormi investimenti, “doppi rispetto al Piano Marshall”. Quelli in ricerca e sviluppo sono tornati ai livelli di 20 anni fa. “Dobbiamo investire ogni anno tra i 750-800 miliardi di euro”, da indirizzare in tre settori chiave: innovazione, decarbonizzazione e sicurezza. “L’Europa ha il compito di colmare il gap creatosi con la Cina e soprattutto quello con gli Stati Uniti.” In particolare, il divario di produttività con gli Usa è in gran parte spiegato dal settore tecnologico: solo quattro delle 50 principali aziende tecnologiche del mondo sono europee. Ecco perché l’innovazione rappresenta il pilastro centrale del rapporto, il volano per la produzione e commercializzazione di tecnologia, funzionale a recuperare il dinamismo dell’economia europea e a competere con quella americana e con quella cinese. Ma non è facile la strada da percorrere.

Gli strumenti per il “cambiamento radicale”, secondo l’ex Presidente della Bce, devono essere a livello europeo per poter usufruire dei vantaggi su larga scala in termini di efficienza e di costi. Un approccio che presuppone una governance dell’Ue adeguata, flessibile ed efficiente tale da prevalere su interessi nazionali contrastanti. Una nuova visione della cooperazione sia nella rimozione degli ostacoli che nell’armonizzazione di regole e leggi, così come nel coordinamento delle politiche. In tale ottica si pone la necessità di completare il mercato unico, rendere più coerenti tra loro politiche industriali, commerciale e della concorrenza, finanziare in comune beni pubblici europei. “Emissione regolare di strumenti di debito comune per consentire progetti di investimento congiunti tra gli Stati membri e contribuire alla integrazione dei mercati dei capitali”. L’Ue deve cioè continuare sulla strada intrapresa per il programma Next Generation Eu, i Pnrr, messo in cantiere dopo il Covid per sostenere sia gli investimenti privati che quelli pubblici. Una proposta, questa del “debito pubblico comune” particolarmente controversa, nella consapevolezza che senza una mobilitazione di risorse comuni le politiche d’innovazione prospettate nel rapporto non hanno gambe per camminare. Un mix che dovrà trovare attuazione nella revisione dei processi decisionali dell’Ue, fortemente condizionati dal meccanismo dell’unanimità.

Il rapporto Draghi sarà discusso dai Paesi membri dai quali, in un momento esistenziale che richiede una forte discontinuità, è auspicabile attendersi una ragionevole e responsabile valutazione per fermare il declino. Ma se dovessero prevalere incentivi politici perversi, interessi di bottega, antichi pregiudizi dobbiamo aspettarci un forte ridimensionamento sia politico che economico dell’Europa e una drastica riduzione delle ambizioni dell’Unione in tema di integrazione. E sarebbe davvero la fine di un sogno.

Commenti

Posta un commento

I commenti sono moderati e controllati quotidianamente.
Tutte le opinioni sono benvenute. E' gradita la pacatezza.

Post popolari in questo blog

"Giuseppe Mazzini" di Roland Sarti

Eugenio Montale: dove era il tennis

UN AEREO CADUTO SUL MONTE RAPARO A FINE GUERRA