Morena Marilli, dietro la maschera tra Shakespeare e Pirandello. A cura di Marco Salvario

 Morena Marilli, dietro la maschera tra Shakespeare e Pirandello. 

Giovane e talentuosa artista, Morena Marilli lavora a Riccione, dove ha fondato la galleria d'arte MoMarte Marilli; è figlia d'arte, suo padre Tiberiano (1947-2022) è stato uno degli allievi più estrosi e interessanti del grande Renato Gottuso.

La nostra artista è un personaggio attivo, attento alle proposte di questo periodo che, dopo la crisi della pandemia, ha visto nascere molte nuove iniziative come 'Artàporter Con/Temporary Spaces', su cui già mi sono soffermato in precedenti articoli. Proprio Artàporter le ha dato gli spazi per una mostra personale e il risultato è stato un successo, se posso giudicare dal numero di opere che sull'App di Artàporter risultano non più disponibili in quanto vendute.



Diverse sono le tecniche utilizzate da Morena Marilli. 'Attimi' è un acrilico su tela, dove si affollano volti che richiamano guerrieri di tribù africane dipintiper spaventare i nemici e allontanare gli spiriti malvagi. Gli occhi sono chiusi oppure sembrano guardare altrove, lontano. Questo modificare il proprio viso, il rendersi irriconoscibile o, in modo complementare, essere in qualche modo personaggi diversi per ogni individuo con cui entriamo in contatto, ci porta al concetto delle maschere nelle opere del ciclo 'Estrapolazioni degli immutabili inganni', stampe su Forex in piuma bianca. Questa è la tragica incomunicabilità espressa dal pensiero pirandelliano e resa con la sua massima chiarezza nel romanzo, pubblicato nel 1925 dopo una lunga serie di rivisitazioni, 'Uno, nessuno e centomila'.



L'insieme delle maschere richiama lo scomporsi del volto nelle sue diverse realtà interpretative, quel perdere univocità in un gioco di specchi che restituiscono molteplici sfaccettature di quell'Uno originale, che dall'esterno ognuno vede, modifica e giudica con occhi, o piuttosto con cuore, diversi.

Il sovrapporsi, il movimento che sfoca e confonde, tutto è reso dall'artista volutamente con un'estrema economia di colori, riducendo il ritratto alla sua essenzialità, come se eliminando ogni elemento superfluo di un volto, si riuscisse a cogliere quella minima matrice comune a tutti coloro che con esso interagiscono, interpretandolo secondo la propria capacità di decodificazione.

Scendiamo a una maschera che, alla fine, è un cranio scarnificato e meno ancora. Il nostro essere e quello degli altri, fuori da noi, non è più essere ma diventa non essere, un cranio scarnificato come quello di Yorik, guardando il quale inutilmente tanti, troppi, confusi Amleto cercano di leggere i segreti della vita.

Non so quante delle persone che hanno ammirato le 'Estrapolazioni degli immutabili inganni' hanno provato gli stessi miei brividi e ricordato quello che forse è il più celebre monologo della letteratura classica; davvero questo affascinante percorso che da Shakespeare ci porta a Pirandello, affrontando pagine di letteratura così diverse e al tempo stesso così uguali che affrontano l'incertezza esistenziale su cui troppo spesso gli uomini moderni, presi e persi nella loro morale che li spinge a tutto volere e tutto ignorare, non riescono ad avere l'onestà di fermarsi e riflettere, capaci di scegliere semplicemente per sé il 'non essere' e applicando agli altri la maschera dell'essere 'nessuno'.

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