25 giugno 2024

“IL QUADERNO DI MANUEL” di Umberto Lucarelli a cura di Vincenzo Capodiferro

IL QUADERNO DI MANUEL” di Umberto Lucarelli


Dopo trent'anni la ristampa di una testimonianza toccante di un rapporto docente-discente


Nel 1994 esce alle stampe “Il quaderno di Manuel”, di Umberto Lucarelli, editore Tranchida. Veniva anche tracciato un filmato, regia di Fabrizio Trigari. A trent’anni riesce una ristampa. Per l’occasione Scrive Marco Passeri: «Il quaderno di Manuel è un libro scritto da Umberto Lucarelli trent’anni fa ed è un libro toccante. Un libro da leggere e rileggere, perché nulla dell’intensità con cui viene raccontata la storia propria e dei ragazzi e delle ragazze della scuola per “disabili”, in cui l’autore aveva lavorato in quegli anni ormai lontani, è andata perduta. Con una voce da sottosuolo dostoevskiano, lo scrittore racconta il congedo dalla propria esperienza di insegnante.... »."Il quaderno di Manuel" nasce da un'intensa atmosfera d'amore che viene a crearsi tra un insegnante ed un suo allievo. Esprime una vera voce di cuore che dovrebbe caratterizzare l'insegnamento sempre. L’insegnamento è fondato sull’odio, sull’oppressione, non sull’amore. È come nel rapporto di lavoro: tra imprenditore e dipendente. Il voler ‘aziendalizzare’ a forza la scuola, la sanità, porta a questo. Ogni allievo è una persona, non un numero, non un vuoto voto: «Manuel è venuto a trovarmi. Non è stato necessario aprire la porta, né sentire il campanello. È apparso dall’angolo del corridoio e mi ha sorpreso al tavolo seduto, mentre scrivevo, e scrivevo di lui….». Oggi assistiamo alla conseguenza ultima e mortale del rapporto docente-discente: un rapporto freddo, impersonale, asettico. La freddezza della ragione borghese congela tutto. Non c'è spazio per l'uomo. L'Italia è la patria dell'umanesimo, eppure a scuola, ancora, c'è tanto ‘dis-umanesimo’. Le cattedre sono sempre là. I banchi sono sempre quelli delle scuole del Fascio. I muri tagliano Berlino, sempre! Le mura circondano la Polis. Scrive Angelo Fasani nella prefazione: «L’incontro tra Manuel, un ragazzo disabile, e un suo insegnante poteva essere come tanti altri incontri che non acquistano un particolare significato e che non lasciano molto nella vita: ore nella trincea delle aule di un istituto professionale, lezioni e compiti… ma dopo… ognuno per la sua strada. Con Manuel, invece, il rapporto si fa più stretto e, quando il ragazzo muore, il legame diviene indissolubile». La cultura non deve mai essere impersonale. L'impersonalità favorisce l'appiattimento, l'omologazione, contraria alla critica. Non si insegna a pensare, ma ad obbedire. Il sistema è sempre lo stesso: le competenze! Le competenze! A chi interessa il tuo pensiero? La tua visione del mondo? Siamo noi che costruiamo il mondo. Invece, ci viene imposta una visione onnicomprensiva. I cellulari sono come quadretti su di un mondo preconfezionato, standardizzato. Schelling formulava la teoria del riquadro: un quadro è una finestra sull'altro mondo. Qui il Sistema ha costruito un mondo che impone alla massa fantasma. Nessuno legge più. Nessuno scrive. La massa viene ipnotizzata, istupidita. E noi stiamo attaccati ore ed ore lì. Questo vuole il Sistema. Privarci di pensare. Pensare con la propria testa significa essere liberi, coltivare la libertà. «In un istituto professionale, un giovane e polemico insegnante stringe un intenso rapporto con uno studente handicappato psichico di nome Manuel. Quando il ragazzo muore, l'insegnante prova una crescente insofferenza verso una routine scolastica che non sa avvicinarsi ai veri problemi e sentimenti dei ragazzi con handicap. L'insegnante vuole, invece, capire meglio Manuel e inizia perciò a scrivere ...». Il Sistema vuole creare degli esecutori. Al Sistema non interessano i pensatori. La democrazia è solo apparente. Nel mondo del lavoro, nel mondo della scuola, vige ancora il fascismo, l'inquadramento, l'etichettatura. La scuola-fabbrica è fatta di orari, campanelle, sistemazione del tempo, l'unica risorsa che l'uomo ha. La valutazione è diventata il fine della sapienza, quando, invece, dovrebbe essere solo un mezzo. Ma cosa produce il principio di verificazione applicato alla scuola? Alienazione. Umberto diviene l'emblema del "giovane e polemico insegnante", colui che in altri tempi (nel Sessantotto, che ad Umberto sta a cuore!) veniva definito come il "cattivo maestro". Un Socrate! «Le foto di Manuel… Attendevo il quaderno per scrivere, per poter raccontare. Il suo grosso taccuino, la computisteria, il quadernone. L’avrei preso, fatto girare tra le dita. Sfogliato. Avrei letto in alto, sulla prima pagina dopo la copertina (plastificata, tenuta bene, con cura), avrei letto il mio nome, come se fosse mio il suo quaderno». Il quaderno è una cosa umana, totalmente umana, con tracce umane, non è un impersonale cellulare! Non è un libro. Anche il libro è standardizzazione, fossilizzazione, morte della cultura. Ma qui abbiamo bisogno di cultura viva, non morta! Socrate odiava i libri! Perché? Bisogna stare attenti ai libri. Ma non: non leggerli! Leggerli con occhio critico. Ci sono libri che aiutano a pensare ed altri che uccidono il pensiero. I cellulari uccidono il pensiero. Questa era la "filosofia della prassi". Mancata. «Mi sono alzato con la parola quaderno che mi girava in bocca, il lungo corridoio, la cucina, le bottiglie non c’erano più, lo sguardo mi è andato lì, da solo, a cercare proprio quelle. Il bagnetto, il suo. La maniglia che si abbassa, la porta si richiude. Eccomi solo, la luce accesa, i suoi libri sul mobile: in fila, i libri. Dove sarà il quaderno?». I docenti, soprattutto quelli autentici, hanno dato sempre fastidio. Non i maestrini e le maestrine: le minestrine scaldate del Regime. Il Regime c'è sempre, cambia solo casacca. Oggi è diventato democratico. Tutto ad un tratto? Dopo una guerra mondiale? E ci voleva una guerra? Il Regime ha messo così i docenti fuori uso. Gli intellettuali danno fastidio, non servono, vanno schiacciati, come Socrate, il tafano. Vanno schiacciati. Sono tafani inutili! La Democrazia ha ucciso Socrate, mica una tirannia, o un monarca assoluto! La Democrazia, a volte, è più pericolosa dei totalitarismi, perché ti fa credere di essere libero. Si tratta solo di un totalitarismo perfetto. Comanda sempre una minoranza, un’élite. «Devo andare a cercare il suo quaderno, così mi ha chiesto Manuel, scrivere di loro, raccontare, mi ha detto. Non posso più registrare, adesso. Devo sbobinare, non posso più impacchettare, devo spacchettare. Tirare fuori tutto». L'esperienza che Umberto ci ripropone è veramente toccante, come commenta Marco, anche a distanza di trent'anni. Le cose non sono cambiate, anzi, sono peggiorate. Vogliamo riportare, infine, una lettera-testimonianza degli alunni, i "sette cavalieri": «Il professore è un giovane solo. Leggendo un suo libro parla della solitudine della sua vita. Il professore si sente solo cioè non ha nessuno e alle volte pensa dentro di se la voglia di vivere, La voglia di scrivere i suoi sentimenti che prova in lui stesso, dice che la scuola ci aiuta tantissimo, Li voglio bene come un vero padre». I docenti, gli intellettuali sono sempre soli e sempre più oberati di carte. La burocrazia: un potere eterno. Cambia regime, dal Fascio alla Repubblica: gli uffici restano intatti! "Il quaderno di Manuel" - come tutti i libri di Umberto - non è banale, ma ci invita a pensare... ripensare. Umberto è uno degli ultimi rivoluzionari dell'ultima, grande rivoluzione mondiale che c'è stata: il Sessantotto. Chissà se ce ne sarà un'altra!?

Vincenzo Capodiferro

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