23 febbraio 2024

IL CONCORDATO DELLA DISCORDIA di Antonio Laurenzano


IL CONCORDATO DELLA DISCORDIA

di Antonio Laurenzano

A un mese dalla sua approvazione da parte del Consiglio dei ministri, il concordato preventivo biennale continua a tenere banco nel dibattito politico. Luci e ombre sul nuovo strumento di compliance dell’Amministrazione finanziaria, una delle novità più controverse del progetto di riforma fiscale del Governo. Un provvedimento dagli esiti incerti legato a un meccanismo (opzionale) per la tassazione di lavoratori autonomi e piccole imprese che fa molto discutere, su versanti opposti, le forze politiche. Restano molte criticità sull’approccio complessivo di questo strumento normativo.

Per 4,5 milioni di partite Iva (che applicano gli ISA e con debiti erariali sotto la soglia di 5mila euro) è arrivato un “patto” con il Fisco: per due anni potranno vedersi congelato il blocco della base imponibile e sospeso
ogni accertamento se accetteranno la “proposta vincolante” di pagamento delle imposte nei due anni successivi elaborata dall’Agenzia delle Entrate. I titolari di partita IVA che aderiranno al concordato preventivo biennale sapranno quindi in anticipo le imposte dovute per il 2024 e il 2025. L’intesa, di natura volontaria, prevede che l’Agenzia delle Entrate proponga al contribuente una quantificazione della base imponibile delle imposte sul reddito (Irpef o Ires) e sul valore della produzione (Irap). Un accordo preventivo fra fisco e contribuenti con la quantificazione di una somma predefinita a titolo d’imposta da versare a prescindere dal reddito effettivo. Un concordato sull’imponibile da tassare che mira a rendere “collaborativo e di fiducia”, e meno litigioso, un rapporto da sempre segnato da reciproca diffidenza. Per ambo i soggetti in campo una scommessa: il Fisco punta sul concordato per recuperare nuovo gettito (una ipotesi di incasso di 760,5 milioni di euro) per completare le fasi successive della riforma fiscale, il contribuente attende una “proposta congrua e non una caccia alle streghe” per il recupero di equità, chiarezza e trasparenza. Ma, senza un formale contraddittorio (come da più parti era stato richiesto), il software dell’Agenzia delle Entrate sarà in grado di formulare una proposta coerente e accettabile rispetto alla situazione reale del contribuente? Intelligenza artificiale al servizio del Fisco… nella lotta all’evasione. Come sarà “istruita”, e da chi?

Non sarà un’operazione facile. La scelta di allargare il perimetro del concordato alle partite Iva con le pagelle fiscali peggiori, e cioè con gli indici sintetici di affidabilità con punteggio inferiore all’8, ha suscitato non poche riserve. Secondo alcuni osservatori, è una legittimazione dell’evasione fiscale, una sorta di condono mascherato. Un premio a quei contribuenti con punteggio ISA basso che, avendo finora nascosto al Fisco parte rilevante di reddito, folgorati sulla via di Damasco, si convertono alla fedeltà fiscale accettando una vantaggiosa base imponibile. Per il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, ispiratore della Riforma fiscale, l’obiettivo è al contrario quello di contrastare l’evasione e fare emergere reddito sottratto alla tassazione, in considerazione che, a causa della “carente capacità operativa” dell’Agenzia delle Entrate, “al momento in media solo il 5% delle partite IVA soggette agli ISA riceve un controllo del Fisco”. Oggi in Italia, ha ricordato Maurizio Leo, ci sono quasi 1,3 milioni di autonomi fuori dalla flat tax al 15% e 453.429 società di persone che evadono il 69,2 per cento dei redditi per 32,4 miliardi di euro e 674.551 società di capitali che evadono il 23,8 per cento per 8,98 miliardi di euro. Oltre un milione sono le partite IVA che dichiarano, secondo le rielaborazioni di Sogei, un reddito annuo inferiore a 15mila euro. Una situazione fortemente critica per l’Erario, difficile da rimuovere se non attraverso misure di tax compliance in linea con la effettività della capacità contributiva e con l’attuale contesto economico. Una strada già percorsa in passato, l’ultima volta nel 2003, con scarso successo.

Una partita dunque tutta da giocare per fare emergere redditi non dichiarati e far crescere progressivamente la fedeltà fiscale dei contribuenti, rendendo accettabile la proposta dell’imponibile da dichiarare e quindi le imposte da pagare. Impossibile prevedere quale sarà l’esito finale del concordato preventivo che, se non gestito con equilibrio, rischia di portare dentro il sistema fiscale ulteriori elementi di iniquità, ingiustizia e disparità di trattamento. Attraverso richieste del Fisco giuste e calibrate alla specifica “pericolosità fiscale” del singolo contribuente smentire che il concordato, per avere adesioni e successo, debba necessariamente diventare un condono preventivo. Sarebbe un clamoroso autogol: il pericolo sarebbe l’impunità di fatto per chi continuerà a nascondersi nella zona d’ombra dell’evasione, a danno degli altri contribuenti. La campanella del Fisco suonerà il 15 giugno quando sarà possibile acquisire on line la proposta di concordato e…. meditare fino al 15 ottobre se aderire o meno alla base imponibile presuntiva formulata dall’Agenzia delle Entrate con la liquidazione delle imposte da pagare per gli anni 2024 e 2025. Una scelta difficile sulla quale pende minacciosa la spada dei controlli fiscali all’interno di una rinnovata strategia operativa dell’Amministrazione finanziaria.


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