07 novembre 2023

L’ARCHITETTURA ORGANICISTA DI GIUSEPPE SOMMARUGA

 


L’ARCHITETTURA ORGANICISTA DI GIUSEPPE SOMMARUGA

Quando parliamo di bello cosa intendiamo? A livello estetico il bello esige un’indipendenza come ideale, per questo affermiamo che il bello non è il vero, non è il bene, non è l’utile - come sosteneva Socrate (il “kalagathon”), non è l’onesto - come sostenevano Socrate, Platone, Kant, Schiller (“anima bella”). Non è il nuovo, non è l’abitudinario, non è il grande. Ricordate il sublime matematico di Kant: ciò che è assolutamente grande. Quel sublime in qualche modo richiama subito alla mente l’Id quo maius cogitari nequit di Anselmo, quell’Id tanto contestato dallo stesso Kant nella Critica maggiore. Abbiamo detto ciò che il bello non è, seguendo forse in parte una specie di Teologia (o meglio Calologia negativa), ma partiamo da ciò che è. In questo seguiamo sempre la kantiana Critica del Giudizio: il bello è in sintesi ciò che produce un piacere disinteressato e di conseguenza un giudizio estetico. Kant in pratica sostiene che il bello è un universale trascendentale. E qui viene il bello? Ciò che Kant non dice: può essere considerato allora anche il bello un apriori? Esiste cioè una forma pura del senso, metempirica e quindi di conseguenza metafisica? Bel problema! Il bello è legato al finito, il sublime all’infinito, all’apeiron. Platone definisce il bello come lo splendore del Bene, Plotino, lo splendore del Vero, Agostino lo splendore dell’Ordine. Agostino: «Tardi ti amai, o Bellezza sempre antica e sempre nuova, tardi di amai». Cioè il bello invita alla contemplazione, il Bello assoluto alla visione insaziabile. Bello e sublime anticipano quello che Nietzsche definirà come arte apollinea e arte dionisiaca, in pratica Apollo e Dioniso. Il genio è la facoltà di produrre il bello artificiale, quindi distinto dal bello naturale ed è diverso dal talento: il genio crea, inventa, il talento è l’abilità esecutoria. L’arte è appunto l’opera del genio. In base al senso cui l’opera d’arte si rivolge abbiamo, alla vista: architettura e scultura (arti plastiche), o pittura, o all’udito, musica e poesia. Ora nell’ambito dell’architettura Giuseppe Sommaruga (Milano 1867-1917) rappresenta un genio tutto italiano ed un esegeta del Liberty.

L’organicismo è al confine tra bello e sublime: le parti geometriche si accostano a quelle dinamiche in bugnato, seguendo un’armonia di opposti: determinato e indeterminato.

Giuseppe Sommaruga è un sublime interprete dello stile Liberty. È un esegeta - seguendo l’interpretazione di un’ermeneutica dell’arte - del nuovo verbo architettonico che si impone stilisticamente nel tardo Ottocento. Come ogni stile, anche il Liberty ha un alfabeto, una grammatica ed una sintassi. Partiamo dal presupposto che i Libertyni si pongono in accesa rottura colla cultura dominante, cioè il positivismo, ricollegandosi idealmente al romanticismo. È chiaro, però, che il rapporto col positivismo è ambivalente: da un lato utilizzano i nuovi materiali suggeriti dall’industria, come ferro, ghisa, dall’altro, rifiutando decisamente i prodotti industriali come scadenti, sostengono la libera iniziativa dell’artigianato. L’Art Déco riprenderà fortemente questo tema. D'altronde è indubbio l’influsso dell’architetto inglese socialista William Morris (1834-1896) sull’Art Nouveau. Anche qui, però, se da un lato s’intravede un sottofondo rosso, che si connette all’utopismo del primo Ottocento, dall’altro possiamo dedurre che la borghesia stessa si appropri dei motivi socialisti: infatti i prodotti artigianali non sono a portata di tutti, ma solo dei più abbienti. Il Libertynismo pertanto si presenta come un movimento problematico, dai contorni non ben definiti ed in Italia poi non dimentichiamo la radice sempre neo-rinascimentale, che si ritrova anche nell’utilizzo di forme rinnovellate.

Questo variegato movimento si ricollega alla grande rivoluzione artistica europea, che prende varie nomee: l’Art Nouveau, la Secessione, lo Jugendstil, il Liberty.

Caratteri portanti, comunque, di questo nuovo stile architettonico sono riconosciuti: l’architettura ornamentale, il ripristino del romanticismo, l’accostamento di elementi decorativi, spesso di matrice naturalistica (florealismo) alle strutture portanti, la sintesi tra arte e mondo industriale, attraverso l’uso di materiali provenienti dall’artigianato, se non dall’industria, come ferro battuto e vetro. Questa fu l’arte modernista, o Liberty

Il Liberty contrapponendosi in parte alla cultura dominante ripropone un ritorno al romanticismo, che significa ritorno alla Natura. L’architetto John Ruskin (1819-1900), ad esempio, sosteneva che per arrivare alla bellezza bisogna partire direttamente dalla Natura, però in una disposizione d’animo raggiungibile soltanto nella virtù. La sua fu arte che si fonde con l’etica, così ce la propone nello scritto Le sette lampade dell’architettura (1849). Ogni attimo nasce e muore e l’uomo non può opporvisi. La concatenazione degli eventi, di ciò che accade, cioè gli heideggeriani accadimenti, o atomi temporali, sono connessi secondo un senso che Bacone chiamerebbe latente. C’è uno schematismo latente nella Natura o Essere, che si manifesta e si asconde agli animi attenti. Ai dormienti, come dice Eraclito non appartiene il mondo, ma solo il proprio mondo parallelo. E torna il principio di Leibniz caro ai positivisti: ogni attimo è carco di passato e di avvenire, dipende dallo sguardo sinottico che noi abbiamo. L’artista guarda al tutto, ed il tutto è più della somma delle parti, secondo il canone gestaltista

Il concetto di Liberty ne risulta oltremodo districato alle più variegate e variabili interpretazioni: «La vicenda italiana del cosiddetto stile Liberty è una pagina di storia dell’arte, o anche soltanto di storia del gusto, che sembra sfuggire ad una precisa indagine critica e scoraggiare ogni volontà di definizione, per la sua duplice ambiguità. Essa subisce infatti da un lato le contraddizioni, vistose o sottili, drammatiche o maliziose, di tutta l’area storica e geografica del movimento “modernista” – e cioè dell’avanguardia europea tra il 1890 e il 1914 all’incirca – pur senza condividerne le punte più alte ed inquietanti e perciò i significati più ardenti. Patisce dall’altro una sua intima contraddizione, tra l’ansia di aggiornamento in senso europeo e l’ansia di affermarsi come indipendente voce nazionale, impacciata, poi, da provincialismi in Italia particolarmente pervicaci, che in sé non sarebbero stati pericolosi, se non avessero mantenuto una speciale virulenza in un paese sprovveduto di un adeguato schieramento teorico» (R. Bossaglia, Il Liberty in Italia, Charta, Milano 1997, p. 9).

«Anche l’Art Nouveau italiano derivò da Vienna, ma nell’architettura prese dall’Inghilterra, e lo dice il nome di stile Liberty, che esso assunse in Italia, dal nome della ditta londinese di decorazioni Liberty. L’Art Nouveau italiano, ad ogni modo, fu più che altro una merce di importazione. Gli italiani si valsero dei particolari stilistici dell’Art Nouveau, senza giungere essi stessi ad uno stile unitario e neppure ad una singola opera d’arte esemplare» (R. Schmutzler, Art Nouveau, Il Saggiatore, Milano 1966, p. 242).

Vorremmo fermarci solo qui sulla riflessione sul Liberty italiano, d'altronde una trattazione su questo complesso sistema richiederebbe degli ambiti più estesi, che qui non possiamo concederci. Veramente questo giudizio di Schmutzler è sommario, ambiguo, mistificatore e non dà merito dell’eccezionale ricchezza del Liberty. Non è una novità che i moti italiani siano fortemente sottovalutati da questi saccenti: ricordiamo il Kristeller che voleva far passare tutto l’umanesimo per un esercizio di copiatura. Il Liberty riflette tutta la spiritualità del Positivismo, che anche in Italia, ebbe il suo particolare lato: 1) la sintesi tra spirito, cioè Natura, e materia, cioè progresso; 2) la sintesi di passato, presente e futuro, secondo il principio leibniziano; 3) il rapporto tra unità originaria, cioè naturalità, e molteplicità; 3) il riconoscimento dell’interna divinità d’ogni ente. L’animismo si riconosce soprattutto in Gaudì, ma anche in Sommaruga: ad esempio l’arco a collo di cigno. Si procede ad una forma di umanizzazione della natura, ad esempio la lanterna a forma di libellula. La natura compare o in forma astratta o in forma diretta; 4) il volontarismo, ripreso dal Burckhardt, ma anche da quello kantiano-fichtiano che porta all’attivismo, cioè alla riconsiderazione dell’homo faber; 5) l’adempimento del tempo. La storia è sempre progressiva, il passato è carico d’avvenire, significa che il futuro ha le radici nel passato

L’immagine che ci riporta la Bairati su Sommaruga, in Giuseppe Sommaruga, un protagonista del Liberty italiano, Mazzotta, Milano 1982, è di un uomo schivo, quasi un leopardiano passero solitario, innanzi alle «magnifiche sorti e progressive»: «Egli, intuendo che l’architettura è innanzitutto materiata di masse bene raggruppate più che di minuzie ornamentali, superò tosto quanto negli istituti di insegnamento era ancora diffuso come metodo: ricercarsi la bellezza formale del particolare, innestandolo su scomparti architettonici dell’arte passata. E tentò accanto ad una nuova intuizione della disposizione dell’insieme, ricche decorazioni plastiche non appiccicate alle ossature costruttive, ma avviluppate in esse e con esse organicamente incorporate». L’architettura poggia su fondamenti materici ben stabili. Potremmo dire, in altri termini, che gli architetti, badano alla sostanza, mentre le decorazioni accidentali servono da rifiniture della struttura e sono organicamente, cioè hegelianamente disposte in un tutto ben congeniato. Il Sommaruga esprime così un originale intento che si pone a cavallo tra il classicismo, che in qualche modo viene recuperato nella struttura portante e i nuovi sviluppi dell’architettura che sfoceranno nel razionalismo. Quando fu eretto il palazzo Castiglioni, sottolinea Ugo Monneret, in L’architettura di Giuseppe Sommaruga: «a noi giovani, allora giovanissimi, appariva quell’opera come una rivelazione». E precisa: «In tempi come i nostri, particolarmente negli ultimi quattro lustri, di frequenti e capricciose vuote manifestazioni architettoniche venute purtroppo dall’art nouveau francese o dal florealismo indigeno di poco lieta memoria, il ritrovare ora dopo quindici anni nell’esame del bel palazzo Castiglioni ancora tutte le belle doti che si erano rivelate al primo suo apparire, è segno visibile della sua vitale organicità». Potremmo definire allora la prospettiva del Sommaruga organicistica: si tende ad un insieme unico, da cui si stagliano particolari conformazioni. In Italia comunque l’Art Nouveau assume un significato proprio, per cui diventa il Liberty. Un esempio dei diversi stili lo possiamo trovare, sempre in provincia di Varese, nel birrificio Poretti, laddove lo Judgendstil della fabbrica si contrappone alla Villa Magnani, in stile Liberty. Il Liberty diventa una moda: sorgono ville dappertutto. Vero è che il Sommaruga era figlio del suo tempo e si faceva prendere dalla tentazione florealista: «Talvolta la sua fantasia ricercatrice di ricchezze plastiche lo portò a sovrapporre un’abbondanza di elementi ricavati dalla flora naturale, menomando la squadrata originalità delle masse». Le strutture sommarughiane includono intrecci strepitosi tra toni neoclassicisti e forme plastico-dinamiche. I tetti trapezoidali, e poligonali, tipicamente Liberty, sono sormontati da camini che paiono torrioni medievali (perfetta sintonia tra efficienza pratica ed estetismi), i pluviali sono sormontati da stili, simili a pagode, o a strutture moresche. In sintesi, allora riportiamo i caratteri fondamentali dell’architettura sommarughiana: 1) Funzionalismo degli edifici: ad esempio i Grand Hotel riecheggiano le strutture termali dell’epoca. Il colonnato del Palace Hotel ricorda il colonnato di Marienbad; 2) astrattismo e slancio in alto: come ipotesi assumiamo che vi sia l’influsso della Teosofia, riscontrabile anche nel capolavoro di Frazer, il ramo d’oro (1890). Lo strutturalismo fondale lo riscontriamo anche nella nascente semiologia barthesiana; 3) pre-futurismo: dinamismo, linea dinamica, es. balconata del Grand Hotel; 4) neo-barocchismo, evidentissimo, ad esempio, nel Palazzo Castiglioni. Ciò che viene sperimentato a Varese è prefuturista.

Ci deve essere sempre una predisposizione innata. La tecnica è la forma dell’arte che va scissa dalla poetica e dall’inventiva, come la scrittura dai prodotti l’istinto alla creazione, lo stato nascente è innato. L’arte è innata: oseremmo dire! L’arte non può essere insegnata, s’insegna solo la tecnica e poi l’arte non è trasmissibile sempre da padre in figlio, anche se gli influssi certamente ci sono. Potremmo dire che Sommaruga è un pre-futurista ed è al contempo un post-passatista. Nella dimensione ultra-temporale, a volte, passatismo e futurismo si fondono e si confondono. Ciò può avvenire solo nel mondo ideale, pro-gettuale. Pensando ad Heidegger potremmo dedurre che l’architetto è il pro-gettante per eccellenza, è colui che si oppone maggiormente alla gettatezza esistenziale. La gettatezza è la passività dell’esserci: la progettatezza, invece è il momento attivo, di intuizione mistica dell’Essere. L’esistenza stessa è un pro-getto, un’opera architettonica unica. Un esempio d’un concetto teosofico ripreso dall’architettura è quello di euritmia, adusato anche dallo Steiner in pedagogia ed in arte da tanti. L’euritmia è uno dei caratteri fondamentali di tutte le opere sommarughiane. Per capire questo concetto rileggiamo alcune note, riprese dai Principi di Architettura Civile del 1785: «L’Unità consiste che tutte le parti d’un edificio, e tutti i suoi ornati, si riferiscano all’oggetto principale, e formino un tutto insieme unico, e solo. Ecco là un altro Palazzo di un Sovrano col portone in un angolo, dal mezzo della sua facciata scappa, come un budello, una casa triviale situata obliquamente; mentre ad un altro lato attacca una lunghissima fabbrica bassa, quasi Cappuccinesca. Si vede in un colpo d’occhio tanto sterminio, dell’Euritmia, dell’Ordine, della Unità, e in una situazione più vantaggiosa. In moltissimi edifici sono impiegati diversi Ordini di Architettura, in uno stesso piano: addio unità! L’unità richiede che non si debbano ammettere né più generi, né differenti espressioni nella decorazione, né collocare alcun membro di Architettura, e di Scultura, che non sia cavato dalla stessa sorgente, cioè dal carattere conveniente a quel dato edificio».

Le mura esalano armonia d’insieme. Il colpo d’occhio unitario, cioè sinottico, coglie il tutto prima della parte. I principi gestaltici, provenienti indirettamente dal formalismo kantiano, in architettura hanno un valore altisonante. Il tutto è più della somma delle parti. L’organicismo è la nota primale che caratterizza tutte le costruzioni del Sommaruga, preludio al razionalismo che s’imporrà alle vette dell’architettura contemporanea. Qui non solo diversi ordini, o stili architettonici, ma anche arti diverse, come scultura e architettura si fondono nell’armonia dell’insieme. Nell’insieme cogliamo la struttura, non nei dettagli, che pur non mancano. Abbiamo dei riflessi quasi impressionistici in architettura: i palazzi del Sommaruga vanno ammirati da lontano.

Seguiamo sempre il pregevole commento del Monneret: «Si sentiva il bisogno di qualcosa di serio, di dignitoso, di profondo: il momento era favorevole perché un nuovo architetto portasse al popolo italiano una nuova parola. È sorta allora l’architettura nuova del Sommaruga… Come i grandi architetti barocchi egli ha compreso che lo scopo primo d’ogni architettura è quello di esprimersi con un poderoso gioco di masse: il significato tutto d’ogni architettura, il suo animo ed il suo spirito, devono prima che con ogni altro mezzo esplicarsi in un rapporto di piani e di volumi. È un gioco di luci e di ombre». E torniamo un attimo alla preoccupazione dell’Angelini, giovane sconvolto dalle forme sommarughiane: l’opera architettonica è dapprima pittorica, poi scultorea. L’architettura è la sublime sintesi dell’arte somma. È l’arte delle arti. Non un caso che le logge primitive della sana massoneria, prima che fosse deviata, fu fondata da mastri e da architetti. Gli antichi mastri costruttori erano dei geni. Il Sommaruga si fa profeta di una novella arte tutta italiana. Si fa l’interprete del nostro genio, come fecero gli architetti del Rinascimento, ed in primis l’Alberti: l’uomo non è nato per marcire giacendo, ma per stare facendo… ecco la nuova rinascita dell’arte promossa da questo grande uomo. Sulla sua scia poi sviluppa il Futurismo. L’architettura futurista s’avvale di questo cromatismo accentuato e della dinamicità. L’edificio deve dare l’idea del movimento, della velocità. Già le strutture sommarughiane, plastiche, cominciano a muoversi in questo senso. Gli anni Dieci sono un crocevia di filoni artistici: astrattismo, cubismo, espressionismo, futurismo. Il manifesto marinettiano coinvolge un po’ tutti, letterati, artisti, come Boccioni, Balla, architetti. Antonio Sant’Elia deve molto, se vogliamo, al nuovo verbo architettonico annunciato dal Sommaruga. Ed il Nostro vive appieno quest’epoca rivoluzionaria di inizio secolo.


© Vincenzo Capodiferro

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Immagini immaginarie al MIIT di Torino