06 novembre 2023

I MALI DELLA SANITA’ PUBBLICA di Antonio Laurenzano


I MALI DELLA SANITA’ PUBBLICA

di Antonio Laurenzano

Emergenza Sanità pubblica. Di forte impatto la recente inchiesta del Sole 24 Ore sui mali del Servizio sanitario nazionale. Pronto soccorso al collasso, lunghe liste d’attesa, medici e infermieri in fuga: sintomi di una grave malattia sociale, con tanti malati a rischio. Terapia difficile. La manovra economica per il 2024 approdata nei giorni scorsi in Parlamento prevede un rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale di 3 miliardi, in parte destinati a finanziare “l’indennità per medici e altro personale sanitario impegnati nella riduzione dei tempi delle liste di attesa”. Una … “terapia d’urto” che non regge e che, al di là di illusori obiettivi governativi, rischia di fare flop non intervenendo sulla causa reale dei mali (ormai cronici) del Servizio sanitario: mancanza di personale. Una missione impossibile per chi è in servizio.

Secondo le stime del Sole 24 Ore mancano all’appello 20mila medici e oltre 70mila infermieri. Numeri allarmanti che spiegano chiaramente le tante lacune del Servizio sanitario e quindi le quotidiane proteste legate all’ “accesso universale all’erogazione equa delle prestazioni sanitarie, in attuazione dell’art.32 della Costituzione”. Una situazione fortemente critica, drammatica in alcune Regioni del Paese, generata dal blocco delle assunzioni introdotto nella stagione della spending review: una misura che fissa la spesa sul personale medico e paramedico a quella del 2004. Organici sottodimensionati rispetto alle obiettive esigenze di servizio, peggiorati ulteriormente negli ultimi anni difronte alla grande fuga dalle corsie degli ospedali a causa di turni massacranti e stipendi troppo bassi. Una fuga cominciata da oltre un decennio, cresciuta a dismisura con il Covid. L’allarme carenza riguarda in generale gli ospedali dove ci sono 10mila posti vacanti, in primis quelli di anestesisti e pneumologi.

Sono 2mila i medici, tra dimissioni e pensionamenti, che annualmente lasciano gli Ospedali per nuove vie: lavorare nel privato o all’estero. Lo rivela l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) secondo il quale in tre anni hanno superato il confine 15.109 infermieri e 21.397 medici. Ma c’è anche chi sceglie la strada del “gettonista” che, grazie a compensi di mille euro per turno, consente di guadagnare come un medico dipendente, con meno di 100 giorni di lavoro effettivo. E le previsioni nel breve termine non sono incoraggianti: entro il 2025 è prevista l’uscita per pensionamenti di ben 40mila medici, non bilanciata da nuovi ingressi per lo scarso appeal di alcune specializzazioni mediche (chirurgia, medicina d’urgenza) da parte dei giovani laureati in Medicina. A rischio la figura ospedaliera dei camici bianchi.

Sono i pronto soccorso a pagare maggiormente le conseguenze di questa emorragia medica, sono al collasso e, in quanto presidi sanitari di prima linea, sono costretti a rispondere ai tanti problemi ricorrendo appunto ai “gettonisti” nelle cooperative, pagati oltremisura, a danno delle scarse risorse economiche. La musica non cambia per la medicina di base, gli studi dei medici di famiglia: in 5 anni se ne contano oltre 5mila in meno, una insostenibile desertificazione per milioni di cittadini che, senza adeguata assistenza medica, sono costretti a rivolgersi ai Pronto soccorso, intasandoli ulteriormente e prolungandone i tempi di attesa. Una storia infinita.

“Cambiare rotta”, ha dichiarato il presidente dell’Ordine dei medici Filippo Anelli, “è ora che il tetto di spesa fermo al 2004 sulle assunzioni venga eliminato o quanto meno innalzato”. Turn over limitato ma anche una programmazione sbagliata dei posti a Medicina e nelle specializzazioni. Un percorso formativo da ridisegnare completamente, rivedendo l’impostazione del servizio reso alla comunità. Significativo il j’accuse lanciato dall’Anaao Assomed, la sigla sindacale dei medici ospedalieri: “il rapporto medico-paziente è ormai un rapporto economicistico di venditore-acquirente e la salute è diventata un prodotto, occorre restituire all’operatore sanitario la centralità del rapporto, con il giusto riconoscimento professionale ed economico”, garantendone la sicurezza personale in corsia.

In attesa di interventi strutturali sull’intero sistema sanitario nazionale, le Regioni corrono ai ripari, puntando su misure tampone. La Lombardia, complice la vicinanza territoriale, è tra le regioni che vede il maggior esodo di medici e infermieri verso la Svizzera. L’assessore regionale lombardo al welfare Guido Bertolaso ha annunciato l’intenzione di introdurre “un’indennità di confine contro la fuga” per frenare il personale sanitario attratto dal Ticino. Una misura che dovrebbe integrare la delibera regionale del 2022 che prevede la messa a disposizione per il personale sanitario di alloggi a prezzi calmierati, un incentivo per un professionista della sanità per trasferirsi a lavorare in Lombardia. Una sfida da vincere per garantire il rispetto dei principi fondamentali su cui si basa il SSN dalla sua istituzione nel 1978: universalità, uguaglianza, equità. Investire cioè in sanità, tornando a considerarla un bene e non un prodotto.

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