10 ottobre 2023

Una prodigiosa malinconia di Marco Passeri a cura di Vincenzo Capodiferro


UNA PRODIGIOSA MALINCONIA

Un labirinto dove ogni biforcazione è quella positiva” di Marco Passeri


Una prodigiosa malinconia” è un libro di Marco Passeri, edito da Bietti, Milano 2023. Marco Passeri è nato a Milano nel 1964. Pubblicazioni: “Il contratto d’affitto” (2011); “I quindici” (2013); “Il nonno” (2016). In questo libro Marco si tuffa in sezioni della personalità con uno stile semplice, eminentemente neo-edipico. Segue il flusso di coscienza, già adottato da vari artisti e letterati, tra cui Joyce. Questi flussi coscienziali naturalmente si innestano nel substrato inconscio dell’autore che corre sempre agli anni dell’adolescenza e precisamente al fatidico 1978. Prendiamo un esempio: «La prima volta che tornai negli anni Settanta fu il 29 marzo del 1994. Non ricordo (come potrei, d'altronde?) come avvenne il passaggio, il trasferimento. Svenni, credo; e caddi…». Sic incipit. Il 1978, ricorrente, è un anno peculiare la fine del processo rivoluzionario decennale che comincia nel 1968, il ritorno alla normalità, la fine dei sogni. E poi il “sedici marzo” 1978 che cita Marco è un giorno particolare: il rapimento Moro. Per un giovane rivoluzionario nell’animo, come Marco Passeri, e tanti altri giovani che credevano in quei valori, traditi, trafitti dai poteri forti, è stato un evento traumatico, un dramma difficile da rielaborare. Marco si trova nei “Topoi”, i luoghi dell’anima, ove è presente una figura determinante della sua personalità, il nonno. Per questo rimandiamo all’altro suo bellissimo libro, “Il nonno” (2016). Oggi i nonni rivestono un ruolo centrale nella cura e l’educazione dei nipoti, laddove hanno fallito i padri, le famiglie sono decadute. Pensate a quei tempi? Il nonno per Marco è un modello non solo umano, ma politico, sociale. Il delitto Moro segna la fine di un sogno, un sogno alternativo che avrebbe cambiato le sorti dell’umanità in piena guerra fredda, negli anni di piombo. L’Italia aveva già inventato il fascismo. Adesso inventava il terzo polo, fondato sull’armonia degli opposti, la coincidentia oppositorum. Noi siamo un popolo di santi, di poeti e di navigatori, ma soprattutto di inventori, di navigatori. Ma quel sogno fu infranto, spento nel nascere. Moro fu ucciso. Varie figure si alternano in questa “prodigiosa malinconia” che attanaglia tanti giovani, come Marco, vissuti in quegli anni forieri: il nonno, il dottor Moscatelli, il dottor Goldzmir. Sono figure di strizzacervelli antropomorfi che scandagliano l’anima. Solo l’anima è la custode del tempo, non del tempo matematico, per dirla con Bergson, ma di quello dinamico, ove il presente è colmo di passato e gravido di avvenire, secondo il principio leibniziano caro ai positivisti. Questi svenimenti, decadimenti dell’essere in incisi di passato, deiezioni di esseri nel nulla eterno, stando a Sartre, si ripercuotono in alcune occasioni. La seconda accade il “14 maggio del 2001”. In questo secondo viaggio cosmico, quasi dantesco, compare un’altra figura portante, a Virgilio succede Goldzmit. Questi viaggi intrapsichici concludono all’8 maggio del 1978, vigilia dell’omicidio Moro. E poi… il nulla: «Mi voltai. Il muro (la parete) era crollato. Il dottor Moscatelli era in piedi, immobile, con l’indice ancora puntato, e guardava. Non v’era nessuno (nulla)»: il nihilismo liquido odierno, che ha liquidato tutti i valori. Il linguaggio di Marco Passeri è semplice ma sconcertante. È il linguaggio dell’inconscio individuale, ma anche collettivo, junghiano, un cinguettio pascoliano, penetrante, difficile a volte da interpretare, perché si ricollega a quel linguaggio originario dell’umanità. Ogni vita ripercorre nel suo piccolo la storia del mondo intero.

Vincenzo Capodiferro

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Immagini immaginarie al MIIT di Torino