16 settembre 2023

Valerio Varesi Il fiume delle nebbie a cura di Marcello Sgarbi


Valerio Varesi

Il fiume delle nebbie – (Sperling& Kupfer - Frassinelli)


Formato: Brossura

ISBN: 9788882748043

Pagine: 256


Il catalogo della giallistica italiana è ormai ricco di nomi eccellenti. Fra gli autori meno noti, ma non per questo meno interessanti – tutt’altro – secondo me spicca per la sua straordinaria capacità di scrittura Valerio Varesi.

Parmense, è il padre del commissario Soneri, protagonista di diversi gialli di Varesi fra cui questo noir ambientato in una non meglio precisata piccola cittadina sulle sponde del Po.

Soneri, molto vicino al Maigret di Simenon, deve vedersela con un caso strano: le morti di due fratelli, avvenute in momenti diversi, che sembrano avere più punti in comune di quanto si possa pensare. In un livido autunno, battuto da una pioggia così incessante da far temere una piena del fiume e ammantato dalla nebbia, fra golene, case quasi sommerse e strade allagate, il commissario sembra perdere l’orientamento.

Ma, come accade spesso nei gialli, è grazie a un particolare in apparenza trascurabile che Soneri ritrova la bussola. Così, le indagini prendono una svolta che lo porta a scoprire la soluzione, nascosta fra le pagine di un passato legato al fascismo e alla Resistenza.

Ho trovato godibile e intrigante questo noir di Varesi, perché, ferma restando la sua abilità nel gestire il registro narrativo, l’ambientazione curata porta diritta al cuore della mia terra: l’Emilia Romagna. E in tempi come questi, data la terribile alluvione che la regione ha subìto, la realtà supera la fantasia.

Il fiume delle nebbie si fa anche apprezzare per l’estrema competenza con cui l’autore – in particolare attraverso la voce di Barigazzi, uno degli anziani protagonisti del romanzo - disserta sulle caratteristiche della navigazione fluviale e sulla cultura popolare.

Barigazzi continuava a immaginare il fiume, così largo nella corrente di mezzo che non si intuivano le sponde. Un ondeggiare lieve di foglia nell’unico gemito dello scafo in una marcia orba tra schiaffi improvvisi d’acquate, nel buio. S’immaginava gli argini popolati di rivieraschi in piedi sotto l’acqua come sentinelle a salutare il lumino sul fiume, appena percettibile come il fanale di una bicicletta lenta che passa sulla strada alzaia in una notte di nebbia. Intuiva lo spostamento di lato della chiatta ogni volta che incontrava una gavona o un vortice largo, il suo marciare sghembo di cane per un tratto per poi riprendere l’assetto infilando la corrente motosa.

Il commissario aveva in testa un alveare di maggio. Angela stava quasi urlando nel telefonino, ma i pensieri lo rendevano sordo.

Passò lungo i borghi e la città vecchia gli parve una spugna impregnata d’acqua. Le case avevano perso la pallida allegria paglierina dei giorni di sole e si mostravano sudate, appiccicose come se fossero appena approdate dal torrente gonfio che scorreva lì vicino.

L’acqua continuava a scendere uguale da nubi basse, sfrangiate verso terra, che gli ricordarono le interiora lanose dei materassi sventrati dalla Narcotici nelle perquisizioni. Gli pareva che l’unico punto asciutto fosse la brace del sigaro. Persino le sue ossa, nei primi passi del mattino, s’erano addolcite come i manici dei badili messi a mollo.

Sembrò che i quattro avessero bevuto un bicchiere di torchiatura. I loro volti terrei e impassibili esprimevano un’indifferenza ostile, marmorea. Lui li guardò a uno a uno, fermandosi negli occhi di Barigazzi come la pallina della roulette.

Il sole gracile d’autunno si appannò, tanto che lo si poteva guardare in faccia.

Il fiume si saldò col cielo come fa la neve d’inverno sui colli. E fu in quel momento che una sagoma lunga e scura apparve controcorrente e cominciò una manovra lenta d’attracco. Quando passò di fronte a loro, un banco più fitto ne offuscò i contorni.

Il motore borbottava sommesso con un rumore che ricordava la cottura della polenta.

Soneri rimase in silenzio e gli parve così profondo da sentire l’urto degli aghi di ghiaccio che continuavano a cadere sulle foglie secche.


© Marcello Sgarbi




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