25 settembre 2023

“EPPURE QUALCUNO MI DOVEVA ASCOLTARE” di Aurelio Pace a cura di Vincenzo Capodiferro


EPPURE QUALCUNO MI DOVEVA ASCOLTARE”

Storia di un’ordinaria ingiustizia della Giustizia italiana, di Aurelio Pace


Quello che il giovane avvocato Aurelio Pace ci racconta in questo libro, “Eppure qualcuno mi doveva ascoltare” - edizioni Osanna, Venosa -, è una storia drammatica, vera, anche se un po’ romanzata, accaduta nella Basilicata del Novecento. Aurelio parte da un tema agostiniano, riprendendo Epitteto: Dio ci ha dato due orecchie, ma una bocca sola, proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà. Aurelio, giovane ed avvenente avvocato, un po’ come il grande Aurelio Agostino, viene interpellato da un anziano signore: Salvatore di Brindisi di Montagna. La richiesta è un absurdum logico: rivedere uno storico processo a carico del padre, Agostino Lacerenza, ingiustamente accusato di parricidio e di omicidio di un giovane. Due accuse falsissime, perché il poveruomo si era trovato alle strette, e vedendo il padre in fin di vita, lo aveva caricato sul mulo e portato all’ospedale San Carlo di Potenza, facendo fronte tra l’altro alle intemperie: ed allora nevicava! E di brutto! Il padre arriva morto. E il figlio viene accusato. La maldicenza fa poi la parte sua: nei paesi piccoli come i nostri, i marchi della lingua restano eterni, anche se sei innocente. Diceva il proverbio: la lingua non ha ossa ma rompe le ossa. E riprende il Libro del Siracide: «Se una frusta ti colpisce, ti lascia il segno
sulla pelle, ma se ti colpisce la lingua, ti spezza le ossa. La spada uccide tante persone,
ma ne uccide più la lingua che la spada». Così la famiglia di Agostino viene ad essere tutta compromessa. Accade un altro omicidio, resa di conti tra allevatori, ed ecco che subito il giovane Agostino si trova alle prese con un’altra accusa infondata: aver ucciso il compagno di caccia, o di uccellagione. Siamo nei paesaggi meravigliosi in cui Federico II stilava le “Tavole della Legge” (
Costituzioni Melfitane), esempio grandioso di legislazione che nulla ha da invidiare ai grandi codici storici, come quello giustinianeo e quello napoleonico che arriverà molto più tardi. Federico era anche un valido uccellatore: esperto di caccia coi falchetti. Anche Federico II, se vogliamo, come Napoleone, è un vincitore: ma finiscono per essere dei vinti dalla storia. E per i vinti non c’è scampo, Verga docet. La storia di Aurelio è avvalorata dagli atti dei processi: un vero e proprio romanzo storico, di un verismo sconvolgente. Per in vinti non c’è alcuna redenzione, né storica, né sociale, né economica, né giuridica, purtroppo! Alla fine, il povero Agostino indossa il vestito del padre e si getta nel pozzo, cavato dallo stesso padre. A pagarne le spese la moglie e i figli, che portano sempre il marchio: figli di carcerati! La giustizia, a quei tempi, procedeva per sentito dire, il più delle volte: ex auditu, ex signo, ex experientia vaga, secondo Spinoza. E per di più con l’avallo di maghe fattucchiere, amanti di ufficiali. E chi non ha soldi, non può difendersi! La storia non è cambiata, perché di queste storie di ordinaria ingiustizia della Giustizia italiana ne sentiamo molto spesso. Eppure, questo valido lavoro è di una modernità sconvolgente, perché rappresenta un atto di un revisionismo giuridico. La verità sarà evangelicamente proclamata sui tetti, o per dirla sempre con Aurelio Agostino: «La verità è come un leone. Non avrai bisogno di difenderla. Lasciala libera. Si difenderà da sola». E di quanto revisionismo storico abbisogna la Basilicata. Tra le accuse storiche segnaliamo la grande favola del brigantaggio e quella dell’arretratezza che attirò i vari sociologi, come De Martino e Banfield. Ci tacciarono di familismo amorale. Ma quale familismo amorale? Per il lucano credo che ancor oggi la famiglia sia un valore non negoziabile tanto facilmente. Anche Levi fu affascinato da quella civiltà contadina e fa da eco Albino Pierro: - Qui parlano anche le pietre! Questa toccante storia descritta da Aurelio sarà rappresentata nei teatri dall’artista Ulderico Pesce e sarà oggetto di un film. È veramente un lavoro serio, affascinante e soprattutto che rende giustizia ad un povero padre, che, dopo tante angherie subite, poteva esclamare: - Finalmente posso morire in pace.

Aurelio Pace, Avvocato. Nato a Melfi nel 1976, vive a Filiano (Pz). Rappresentante delle Istituzioni, è stato Consigliere Provinciale di Potenza e Regionale della Basilicata; Presidente dei Lucani nel Mondo e della Scuola di Formazione Politica Forma Pop – School of life. Pubblicazioni: Giovani emozioni, Salerno 1996; Goccia a goccia, Salerno 1998; Il cappello sugli occhi, Salerno 2000; Global, no Global, new Global, Pozzuoli 2008; Sales, un sogno giovane, Matera 2009; Gender: ascesa e dittatura della teoria che “non esiste”, 2016. 


V. Capodiferro

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Immagini immaginarie al MIIT di Torino